la Fiera Letteraria - XI - n. 40 - 7 ottobre 1956

Pag. ;g. conoscete, se frequentate il cinema: An– dré Tourneur •· • Un ranocchio, eh?• ( 4 ), interruppe Akers. • Silenzio, Jim •• ammoni Emilia. « Que– sta non é una cosa da ridere•· E vi lo che Susy aveva Urato fuori il fazzoletto, aggiunse: « E neppure da piangere•· « Ma é una cosa ... così.. cosi pazze~a! •, Sue disse, ma non sembrava molto con– vinta. Proseguendo nella lettura, la voce di Emilia cominciò a tremare: « "Mentre si occupava tanto affettuosamente degli altri, debbo <lire, con grande dispiacere che Ge– remia è rimasto ... u. Oh! "E' rin1asto ... pro– fondamente ferito ... "•· Susy trattenne il respiro; Emilia strinse la mano della sCtrella; Akers si accostò al marciapiedi proprio davanti alla chiesa episcopale, e spense il motore, senza che le due sorelle se ne avvedessero. • Non si è mica rotte le ossa, spero! •• balbettò. • Ha subito una forte del,usione, ma sta ~-[acquistando il suo equilibrio da vero uomo». Dunque, fisicamente, Geremia stava bene. Nella macchina si udirono, si– multaneamente, tre lunghi sospiri di sol– lievo. Però l'atmosfera rimaneva carica di apprensione. Emilia prosegui: "Credo sia bene che voi sappiate fa verità. Geremia si è innamorato. E poiché anch'io sono in– namorata, e felice, credo di essere in grado di comprendere il suo• stato d'animo. Que– sto suo primo amore è stato intenso e pro– fondo, quale a pochi adulti é dato pro– vare. Si è innamorato sul serio. Lo ab– biamo saputo dalla zia della ragazza. E credo sia opportuno non forzare Geremia a parlarne. Non per adesso, almeno" •· Lentamente, con dita tremanti, Elmilia piegò la lettera e la infilò nella busta. • Nient'altro?•• domandò Sue con una vocetta sottile, sottile. « Nient'altro. Sal<vo i saluti e cose del ,2e– nere ,,_ Seguì un lungo silenizo. Era lmpossibilo commentare avvenimenti così incredibili e al di fuari della propria esperienza di vita. Akers ~i strofinava il naso pensosa– mente quan<lo Emilia si accorse che stavano ferml. « Difficilmente troveremo un melù nel– la chiesa di San Mar-tino, Jim •, disse se– veramente. Akers accese il motore e si avviò verso il mercato del paese. Il mercoledi andarono a prendere Ge– remia all'aeroporto. Mentre aspettavano. osservavano i passeggeri che ~endevano dall'apparecchio: le due sorelle erano In– certe, eccitate, in uno stato di appren– sione come se dovessero accogliere un i'l– lustre personaggio mai <visto prima. E, se– condo la loro abibudine, per non rivelare questo stato d'animo, sim1J>lavano alle– gria, cinguettavano come ,uccelletti in pri– mavera, atteggiavano le labbra a ri·gidi sorrisi stereotipati. Ma non appena Gere– mia appar<ve sulla passerella e salutò con la mano, la loro trepidazione svani. Geremia ave<va l'aspetto ta'1e e quale al giorno in oui corag,giasamente, de zie lo avevano lasciato partire. Non era nè più abbronzato, né !Più a1to, né più grosso. Ed era ancihe legge=ente 'l'aflfreddato. Quan– do fu a terra, de zie si slanciarono ad ab– hracciarlo e non finivano di agitarsi e di dare in esclamazioni, mentre Akers aspet– tava, rassegnato. Quando finalmente <Venne il suo turno, strinse <Vigorosamente la mano a Geremia, dopo d1 che, senza proMerir pa– rola, andò a prendere Qe vaO~!e. In maochma, come sempre, Geremia sedette davaruti, a'OC87ltoa Jim. Tutto era come sempre. O quasi. Unica ecce2lÌone: il viaggio. Non gli era sbato possibile in– serire una sola parola nel dialogo de!Oe zie. Ci fu un momento però, in cui la mano ruvida di Akers si posò sul r;-inoc– chio di Geremia. Il vecchlo e il ragazzo si scambiarono un • sorriso, e la mano si ritirò. Le zie parlavano senza sosta. Quando Emilia sembrava avesse fìn•ito. Suzy at– taccava; e viceversa. E cosi Geremfa ap– prese quant'era accaduto durante la sU'a assenza: fra l'altro, che il signor Mellon era dovuto ricorrere al veterinario, per– chè aveva ingoiato un gomitolo di lana grosso come un pugno; che Jim era caduto dalle scale della cantina; che ! pomodori nelil'orto vicino al fiume cre– scev-ano; e che i ragazzi dei Saunders a,vevano provocato un incendio. Erano già a metà strada quando Emilia ritenne che bisognava finalmente parlare della Cali– forni~. Domandò notizie de1 tem1>0 e riel dlima. T.!'A' FTER A L E T T E R 'lt R T rN • C'era una nebbia!•, rispose Geremia. • E come sta la cugina Marta?•, az– zardò Susy. Geremia rispose che Marta stava bene, e l'argomento cadde. Non tanto per la timidezza delle sorelle Bradford, quanto per una innata loro ~vver~ionP. ed inda– gare nelle cose altrui. Se e quando Ge– remia lo avesse voluto. ne ~vtebbe par– lato spontaneamente eg'J! stesso: !e zie lo avrebbero ascoltato con affettuosa com– prensione e, se necessario, lo avrebbero ~onfortato e aiutato- Avvenne però che Geremia, di quelle settimane trascorse lontano da casa, parlò alle zie molto più tardi, e naturalmente, aveva già supe– rato ogni bisogno di aiuto e di compren– sione. Jim Akers non provava la stessa ri– luttanza ad indagare. Voleva sapere con precis\one come erano andate le cose, e non tardò a darsi da fare. Gli si pre– sentò l'occasione i1 pomeriggio del giorno seguente, trovandosi solo col ragazzo nel– la stalla. Geremia stava seduto sul banco da lavoro e Akers lucidava la Cadillac rhe già brillava come uno specchio. Nel giro di un'ora, con molta saggezza, ora con una domanda discreta, ora tacendo, nra Incoraggiando, Akers era riuscito a mettere insieme tanti particolar! quanti gliene occorrevano per comporre un qua– dro abbastanza chiaro di quello che era accaduto. r.urvo sul parafango, disse: « Questo mi ricorda un viaggio che ho fallo una volta. C'era con me un ragazzo, un po' più piccolo di te. Avev-amo una barca sulla spiaggia a Kennebunkport. Dovrei dire una mezza barca, perchè era fradicia per metà. Ma facemmo una stupenda crocie– ra. Senza donne tra i piedi, o cose del genere•· Diede una sbirciatina a Geremia per scoprire eventuali segni di fastidio o di irr!gldlrnento. Non ne vide. Inconsape<vole di trovarsi sotto !nch!e- sta, Geremia gioiva nell'udire la voce di Akers, Indipendente da ciò che gli rac– contava. Era contento di trovarsi nena vecchia stalla assolata, piena di oggetti conosci u u· e cari; sentirne gli odori, i rumori. Da fuori arnvava hl canto dei grill!, acuto e stridulo come le note alte della vecchia fisarmonlca Dall'orto dei Saunders giungeva appena, attenuato dalla distanza, il rumore del– l'lrrigatore, un rumore non più forte del bablito delle ali della libellula sul vetro, velal'o di fuliggine, alle sue spalle. Se– riutc, a1la turco, come a bordo del clipper, Geremia rifletteva che, dove batteva ù sole, le assi del pavimento della stalla ermo molto simili a quelle della copel"la del·l'Anna Fior di Loto. Akers intanto gli diceva: « Tu, però, se! andato a sbattere il muso contro una sirena dei Mari del Sud •· E siccome la frase gli piacque, Ia 1i.petè: • Già, una sirena del Mar! del S'ld, per– bacco!•· « Hal rag1one, Jim •• rispa-,e C"rerem!a somm~amente. « E cosi•, prosegui Akers, che aveva smesso di lucidare e sl era appoggiato a!l parafango « che 11uccede? Torni a casa col cuore spezzato •· Quelle parole richiamarono r.-eremia a\lla realtà. • Credi davvero?•· « Potrebbe darsi, Comunque, guarirai •· «Quando?•· «Col tempo•. Il vjgo di Geremia si velò di disappunto, ma per poco. Si chinò in avanti e chiese B'l suo amico. « Hai avuto mai il r.uore spezzato, tu?•· « No-o. Direi di no •· « Allora come fal a sapere che il mio guarirà?•· Co1to alla sprovvista, Jlm esitò, ma si riprese subito e affermò decisamente. • Il buon senso me lo dice •· Geremia riflettè un istante. « Il dottor Gio1,gio contava sempre sul buon senso. Però gli è servito poco nei confronti di Marta•· Per ~hermirsi da quell'attacco, Akers agitò lo straccio che usava per lucidare !a macchlna. e A quanto pare, tua cugina dev'essere una- .. frivola pettegola. Ohe roba! Andar– sene via ... ad Hollywood con quel .tran– cese eh~ porta quel ridicolo berretto! •· « Sono andati per la prepal'az!one del film • spiegò Geremia. « poi torneranno a casa per girarlo a bordo dell'Anna Fior di Loto. Un ragazzo attore fairà la mla parte. André ha detto ohe a me non in– teresserebbe fare la parte nel film. Ha ragJone, naturalmente. Perchè niente di quanto farà questo ragazzo sarà vero. Solo recitazione•· Akers lo guardò un attimo in silenzio. « Hum-m •• grusni. Tacque per un !stan– te, e poi domandò: • Ci sarà anche la ragazza? •· « Certamente. Tutto era sta,to ideato per lei. M.a André dice che ora ha solo metà delda parte principale, o poco meno della metà•· «Chissà•, disse Akel"lJ. « Forse un glor– no andremo a vedere quel film a1 cinema Ancora. Che ne dici?•· Domenica 7 ottobre 1956 « E che c'è di male? Io lo taccio quasi sempre questi giorni. E' cosi che i! pre– sente e il !uturo diventano più interes– santi. Naturalmente, si deve stare at– tenti, e scegllere le cose a cui guardare. Come hai detto che sl chiama?•· « Mi,rita. Ma non l'avevo detto. Non è un bel nome? •· « Lo è davvero•, mormorò Geremia. « Nessun'altra sarà mal tanto bella•· « Be', !orse si •· Akers gettò lo straccio. « Ma lasciati dire una cosa dal tuo vec– chio Jim. Non c'è ragazza al mondo ... ». E s'interruppe bruscamente. Un po' a cau– sa dell'espressione di Geremia, e un po' perché era sicuro della verità di quanto slava per dire. « Mi aveva dato un nome•, prosegui Geremia, con un filo d' \"OCeche si udiva appena. Gli si era illuminato il volto di felicità al pensare che, nonostante tutto, una cosa ancora gli rimaneva. Una cosa che assolutamente non poteva basarsi su tatti prosaloi; una cosa che innega!lmente deliziosamente, rimane<va magica, miraco– losa. Ne aveva avuto la prova due volte: una i1 giorno del suo arrlvo, quando Mar– ta lo aveva lasciato solo nella villetta; l'altra, quella mattina, quando ~veglian– dosi, aveva trovato terra e mare avvolti in un manto di nebbia. La cosa magica era la voce nel silenzio che aveva sus– surrato il suo nome: • Sceramì •. Senza accorgersi di aver parlato ad alta voce, ora lo udi nuovamente, quel nome. E lo aveva udito anche il suo amico Jim, del cui senso pratico non si poteva discutere. • Ecco un altro be1 nome•, gli d::ceva J!m, con voce chiara, inequivoca!mente 11manè\. Geremia si guardò attorno nella vecchia stalla, soffermando lo sguardo su ogni rosa: sulla mangiatoia fuori uso, sulle travi de1 tetto, sul solaio vuoto. Anche Questa volta, la voce misteriosa sembrava essere nata dall'aria ed era rimasta so– s,pesa come cosa concreta, vivente. Ri– condotto lo sguardo su Jim ed alla realtà ,ìel presente, trovò naturale il perfetto accordo tra il canto dei grilli e il ronzio del motorino dell'irrigatore nell'orto lon– tano. Si sorrisero, il vecchio e il ragaZJo- E allorchè Geremia segui, muovendo la te• sta, U ritmo di quélla musica agreste, Akers fece &ltrettanto. « Non è Sopra !e Onde? •• domandò il vecchio. • Bella! Molto bella! •· Geremia guardava Jim con lnflnita gra– titudine. E in un impeto di affetto, saltò giù dal banco, andò a buttargli le braccia al collo, e ~i si strinse forte al petto. « Oh, J,im •• singhi=ò. « Sei il migliore amico che si possa avere al mondo•. Akers, con la fronte leggermente ag– grottata, mormorava parole incomprensi– bili di conlorto, e gli carezzava i capelli. A lungo rimasero cosi abbracciati, guar– dando da41a porta spalancata della stalla, in ascolto. Fuori, l'orizzonte lontano invitava, ricco d, promesse. FIN E WILUAM S. STONE Da , Castelli di SM>bla •. un romanzo di W!Warn S. Stone. ohe Ul!IC!ràprossimamente In ltalia. pubblicato da Bomplanl. Jim non aveva aperto bocca durante tu-tto Charles Shecler: "Tbc Web" - (Biennale di Venezia) Geremia staccò una scheggia di legno da4 banco e la esamjnò pensosamente. • Credo che preferirò non vederlo, Jim. Preferirei ricordare tutto come l'ho vls– suto •· Gettò a terra la schewa e levò lo sguardo. «Ma ciò vorrebbe dire guar– da'!'e indietro, no? •· (') In America i tranc<>s! hanno per sopran– nome e ranocchio •. perch.è in FranC'\8. iJ. man– giano le rane. UNASPETTO DELGRANDE SCRITTORE T DESCO SCOMPARSO * TRASFORMAZIONE DICABOSSA •• La sua conc(!zione ieratica e medianica della poesia si traduce necessariamente in lirìcjtd * di GIOVANNI NEUUO In una lirica di Hans Carossa, intitolata MisteTo dell'amore, si legge: « La vita generosa vuol farsi erede di se stessa, vuol morir trapassando libera– mente nell'oggetto amato e risorgere in nuova guisa ». Il momento più alto della vita è pel Carossa l'atto in cui avviene un trapasso: dal nulla all'esistenza, quando scocca la scintilla per cui si nasce; dalla vita alla morte, quando scocca l'altra scintilla per cui forse si rinasce, « si risorge in nuova guisa », crune dice il poeta. Il compito più sublime della poesia è appunto quello di penetrare nel mistero di queste metamorfosi (tTasformazione è una parola prediletta dal Carossa), e cantarlo, nelle sue apparenZe con– crete, coi plastici mezzi di cui dispone: questo è il demonico miracolo della poesia in cui il Carossa crede fermamente. Ora questa concezione ieratica e medianica della poesia si traduce necessariamente in liricità. Tutta l'opera del Carossa è biografia idealiz– zata, vale a dire obiettivata nella forma lirica. Se ciò si può dire delle prose, ancor più si deve affermare delle liriche propriamente dette. Di esse esistono due edizioni: una maior che raccoglie tutte le poesie pubblicate fino al 1948 ed aveva raggiunto a quel– l'epoca il 45° migliaio, una minor (scelta, curata dallo stesso poeta) che nel 1949 aveva raggiunto il 117° migliaio. La realtà è intuita dal Carossa in una specie di stuporoso presentimento che ha del sogno e della ve– glia. Il sogno (stato ambiguo tra la realtà e l'irrealtà, momento crepuscolare che accenna ad una « trasfor– mazione» e in sè compendia verità e poesia) è un altro motivo prediletto del Carossa. A volte, come nella lirica Erdgelst (Gnomo) esso si intorbida di incubi che cacciano bruscamente il sonno, altre volte, come in Stella mystica, culmina in una visione fan. tastica che continua ad esaltare lo spirito dell'uomo ridesto: a volte si attenua in fantasticaggine, altre volte s'infosca nel delirio febbrile di immagini ma– cabre (L'ammalato). Si può dire che nella poesia del Carossa il mistero scanda il ritmo della creazione e della morte. Il mistero governa l'impulso amoroso per cui « un dolce trastullo si converte in un evento inflessibile». Neanche l'arcano che è adombrato dalla morte può incutere paura, perchè esso è strettamente ricollegato a quello che avvolge le nostre origini. La voluttà erotica dà un duplice brivido di vita e di morte: « O morte, noi amanti ci scrutiamo bene in fondo. Noi vediamo l'astro che in te rotea e posa! Ma quando in impetuosi flutti ci ricongiungiamo e crediamo ormai di toccare la bella stella, essa preci– pita con la nostra voluttà nel nulla, e noi, tristi, ci copriamo il volto ». La maternità è per Io più ritratta in una grigia atmosfera di languore. (Si veda, in proposito, la lirica «Primavera»). Ma questa aura grigia e meschina adombra l'avvento luminoso della vita. GIOVANNI NECCO Carossa romano NOVE LIRIUDE DI HANS CAROSSA IL DÌ DI SANTA BARBARA La ragazza dalla landa bml!a e Tigida reca rami di ciliegio. Nella notte è trapassato i! di crepuscolo. Il villaggio brilla com e un lustro fregio. Giù dal cielo canta un an.ge !o: - Scelta sia !a stipa oscura , or che i fiori sono polvere nell'aria, e il giardino e !a ca.mpagna i! gel.<, inli1Lra. Verdeggiando rivivro11110 i bei -r.imusco!i, se anche !'erba in terra muoia. Schiuderà la notte sacra i fior dal boccio, trasfondendo negli spiriti lei gioia. Un estremo baglior -rosso al bosco sfuma. Trema in aria, dileguando, un suono lieve. Il rovaio manda l'alito sulla landa incappucciata, e annunzia neve. S'ERA ACQUATTATO SULLA SPONDA ... S'era acquattato su.Ila sponda boscosa i! sole mattutino. l'{oi ci staccammo dalla proda, P. lui d'un salto fu nell'onda. E tragittammo !a conente ron la sua scorta luminosa. LA VIA DEL RITORNO Il giardino balugina? Già mugghia la coTTente? E ancora del tuo bacio la mia vita è rovente, ancor l'occhio mi sfolgora, e ne! cosmico incanto beve so!o i! tuo fascino, beve te, te soltanto. La !una giù coll'alito il suo sogno trasfonde. Un nembo ragna e sbiancasi: l'orlo in verde si fonde. Giù dalla notte l'acqua fluendo, zolle adduce: ogni zo!la convoglia masse enormi di Luce. Un'arpa manda murmuTl dai fili de! viale. Tracce di ruote brillano di tra i! bianco nivale. Brillano, e sante accennano a tornare all'amata. So che ancora sei sveglia, P. tutta in te beata. Lo schermo delta lampada il viso t'invermig!ia. Tu sofJi,sopra il ghiaccio che i tuoi vetri smeriglia. Trasognando il tuo occhio qua verso il fiume tende: ora tutta dal bacio mio la tua vita pende. * AD UNA FARFALLA Il sole già sfolgora sopra !'incenso che esala dal bosco, e ancora tu gemi, fa.rfa!la, rattratte da gelide iti!le le alucce sì lievi. Da languidi sensi turbata, aneli a dissolverti. Ma veglia e pazienta! I! -raggio che avviva s'accosta. rasciuga d'un tratto i serici grani dell'ali. Più caldo e profondo reSJ)tro traendo, faTfalla novella, non pur delibata dà morte, ti libri nell'aria de! giorno che l'anima applen ti {matura. DOPO UNA NOTTE ANGOSCIOSA Come ansima il convoglio che invola i! tuo bambino! E vampano le nuvole Come al tocco divinu i! campo, fino al m_argine riel bosco, /Teme e bri!la: eppure neve rigida nel solco ancor scinti!!a. Gli occhi tu volgi la1111utdi, ma che bagliore sale sopra il matento, pallido tt10 viso virginale! CANTO D'ASTRI Domani !n cielo stelle a mille a mille, ma per me stilleran !e tue pupiL!e, spiando verso il muto davanzale. Poi fuggirai nello splendore di que!!p lontananze, e !e mille stelle, t-u.tte le placide e piccole stelle, <ittraverso due chiari lucciconi, vedrai tremare, grandi come soli. UNA PALLIDA LUNA CON L'ORLO BLlJ SFUMATO ... Tlna pallida luna con !'or!o b!t1 sfumato pendea su un paesaggio a giorno illuminato. Ma, disceso clte fui a bere nel burrone, 1m più vivo bagliore mandò il su.o queto aloni,. Qua, ne! buio profondo 0111 ro de!!a sorgente, or la luna tramanda un grigiore' pa!!ente. LE NEBBIE Le nebbie si levanu rial fosco pianoro, e sfumano in ceruli Tiverberi d'oTo. Fulgendo scompaiono, e un muro di bruma !e serra. Lì nembi ti intridono, o prospera ter-Ta. Poi sorge i! di bron:eo, si sbiancano i cieli, nel piano la polvere dissecca gli steli. ,, Una nota lmmaglne di Hans Carossa PRIMAVERA Di nuovo abita il sole sulla piazza del duomo, di nuovo bimbi giocano attorno al pozzo a11tico. Un cupreo scintillio su pei gradini manda uno stuo! di colombi, e '1Tevi come spugne gonfie di luce, nubi pendono. E' primavera. A una finestra aperta sulla piazza de! duomo sta ogni di seduta una fanciulla smorta. Ella non vede nubi, non vede i bei colombi. PeT donne che di lei nulla non sanno, tutto il dì e spesso metà deUa notte vegliar deve peT arzigogolare nuovi vestiti e fronzoli di se-r!ci cappelli: e fredda e seria è sempre in viso. Solo a volte, quando il suo ge-rmogliante bimbo !e pulsa sotto al cuore, quasi la cieca animula annaspasse ormai verso la luce, s'accendono !e labbra amaTe. E' primavera. HANS CAROSSA (Versione di Glovanni Necco)

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