la Fiera Letteraria - XI - n. 40 - 7 ottobre 1956

Domenica 7 ottobre 1956 LA FT ERA r F,TTERARTA Pag. 3 ----------------------------------- A i\iTEPB.liJIA DI llill il/OTEIIOLE SCRITTO li.E A i\iGL(JSASSOJ\TE * DA ••UASTELLI -DI SABBIA,, XVI Per Geremia, quel pomeriggio, sarebbe stato più facHe volare che fare la sirena. Mufios, ligio ai propri ordini, russava comodamente nella sua cuccetta. Era na– turale che fosse stanco, disabituato co– m'era a vivere. Mamma Sofia schiacciava un pisolino seduta sulla poltrona, e Vava si era accoccolato in un angolo. Persino Mirita Si era distesa al sole, sul ponte di prua, con le mani intrecciate sotto la te– sta. Geremia le si era seduto accanto, <illa turca. L'aria fresca del mare lo spettinava R gli solleticava le gote; il sole gli 'l"iscal– dava la schiena e le spalle. Stava vicino ;il ,parapetto, in modo che bastava spor– gersi un tantino per rimanere abbagliato dal mare che carezzava il vecch:.i scafo dell'Anna Fior di Loto, &retta chissà quanto lontano! Un mare come qucilo, bianco come bambagia, morb:do e leggero come l'aria, non si era mal v:s,o. (:'era da aspettarsi che uno stormo di ;iesci vo– lanti affiorasse alla superficie da un mo– mento all'al,tro, dardeggiasse sulle mor– bide onde e scomparisse nello spazio. Geremia si voltò a guardare Mirita. In riposo, la sua bel>lezza era di una pel'fe– zione di sogno; egli avrebbe voluto toc– carla per assicurarsi che era vera. Sape– va che era vera. Non v'era dubbio che tutto lì fosse vero. Egli non aveva mai sentito prima la vita pulsargli così vigo– rosamente i.n ogni fibl'a. « Mirita •, chiamò dolcemente. « Miri– ta ... Mirita ... •. « Che c'è? », domandò Mirita senza apri– re gli occhi. «Dovresti ubbidire agli or– dini e fare la siesta». « Non riesco,,. « Perchè? Perchè non riesci? •. « Sono troppo eccitato». E con la coda • dell'occhio osservava la poppa immersa sotto un'onda enonne, e lo spruzzo che si spargev:, nell'aria. • Non sei eccitata an– che tu, all'idea di andare nella tua Typee? •. Ella si stiracchiò, si giro, e si mise boc– coni. « Nor, eccessivamente•· « Come! Quando siamo partiti era ecci– tata quanto me». Geremia si alzò e la guardò con apprensione. • Non sei più contenta di andare? •. « Oh-o! Sceramì! ». Apri gli occhi, al– zandosi a sedere. « Voglio andare, sl, ma non è possibile rimar.ere sempre ecci– tati! •. Geremia non era dello stesso parere; egli credeva lnvece che si potesse, ma non ebbe il tempo di dirlo. Mirita si e:·a alzata in piedi. « Andiamo a vedere se riusciamo a far parlare Vava », suggeri. Geremia come si fanno certi nodi, gli diede un pezzo di corda, e gli ordinò di esercitarsi. Poi cominciò a confezionare 'a l(onna di Mirita. Il resto della giornata passò veloce co– me nessun'altra per Geremia. Tranne il fatto che Mil,ita era stata con Munos più affabile del necessario, sia a pranzo che mentre lavorava alla gonna. egli ricordò sempre quel giorno come il più felice e meraviglioso. Al calare del sole, tutti, come presta– bilito, si riunirono sul ponte di pru:i.. L'aria era limpida, piena di mute promes– se. La brezza leggera che sfiorava l'Anna Fior di Loto era tiepida e carica dell'odore della terra calda, del profumo di erbe, di germogli. Era facile supporre che· le isole dei loTO desideri fossero distanti appena poche leghe; appena oltre l'orizzonte. Da un momento all'altro le fronde delle pal– me sarebbero apparse sopra il livello del mare, come un dolce richiamo. I raggi del sole erano quasi orizzontali GJUandoapparve mamma Sofia. EJ,la Si se– dette in coperta, e come prima, si acco– modò la vestaglia a ruota. Mufios, seduto, con la schiena appoggiata al verricello arrugginito, lavorava ancora sulla gonna. Aveva quasi finito. La chitarra di Sofia e la fisat'monica di Fabio giacevano a te1·– ra fra i due. Al solito Vava stava acco– vacciato. Aveva davanti a sè due latte vuote che nessuno sapeva a che cosa ser– vissero. Mil'ita e Geremia stavano in· pie,– di accanto a Mufios, intenti ad osservarlo mentre dava gli ultimi tocchi alla gonna « Ecco fatto, pupetta », disse quand'eb– be fini,to. E gliela porse. Mirita la prese; gli occhi le br1llavano di gioia. « Grazie, Fabio. Come sei bravo!»– « Non è niente», egli disse modes\a– mente. Geremia era dello stesso parere di Mu– fios. Chiunque, pensava, aV1·ebbe saputo sfilacciaTe un po' di corda. E poi andò di corsa a vestirsi. Mufios Si carezzò la guancia, sorriden– do. « C'è ancora del buono, nel vecchio; che ne dice. signora? ». « Non t'illudere», rispose Sofia. • C'è quasi un quarto di rumedio, ecco che cosa c·è ». « Per cui le sono gratissimo•, egli ri– spose garbatamente. « Che gioia!», riflettè Geremia. « Anche _gli adulti sono sensibili alla bellezza pe,·– febta di questé serata•· E si agganciò alla stanga dell'argano dondolandosi avanti e indietro. Era anche quello un modo ;er sfogare la propria felicità. « Stai attento! Non sbattere contro 11 freno•, ammonì Mufios. « Basterebbe toc_ cario per sfascia11e tutto». }Ji f . -~,:- -,,. ,.,.,,,,.. John Mario: '• Il Palazzo dei Telefoni" Geremia si rasserenò. « Andiamo. Fino adesso non ha detto nulla di veramente interessante, non ti pare?•· . Vava sorrise al vederli, ma non era m vena di parlare. Si limitò a s?rride~-e in risposta alle domande che gh vemvano fatte. Era chiaro però che il sonno aveva calmato la sua paura. Poco dopo, tutti e tre tornarono sul ponte, e si affaccia– rono al parapetto a guardare il m,m' lontano. Mufios li raggiunse. rinvigorito e di ottimo umore. • C'è nulla di nuovo? •· « No. Non ancora », rispose Geremia. e Hai Mcune cose da imparare, ragazzo. ,e vuoi fure il marinaio. Sappi che un marinaio non risponde semplicemente "no" al suo capitano•· Geremia abbassò la testa. e Non te la prendere•, prosegui Mufios l(entilmente. « Impara, piuttosto. 1"inte– gno io. Che diresti se cominciassimo cnt · uodi? •· Con suo grande piacere, GPre– mia approvò. Vava ricevette l'ordine di andare a prendere una cima, e ubbidì immediata– mente. Il vecchio marinaio fece vedere a Geremia si fermò. Sofia alzò la testa, si fece attenta un attimo, e disse a Muiios: « Quel ciuff-puff– puff del motore non va per ìl ballo di Mirita •· « No? E' tempo di valzer; la specialità nel mio vecchio motore. Ma quelche volta riesce a fare anche la polka •· « Neppure la polka va bene». • Non ti preoccupare. Ci penso io », pro– mise Mufios. Si alzò e si avviò verso il castello di prua. « Perchè non dici a Pedro di cambia– re? », gli gridò Geremia. Muiios aveva già un piede sul gradim,. Si voltò e disse: "Buona idea. E' proprio quello che farò •. E sparì. Poco dopo l'Anna Fior"'d,i Loto, improv– visamente, accelerava il ritmo. Il tubo di scarico ora batteva quatto solidi ciuff-c:ul'! per ogni misura. Sofia accordava la chi– tarra, e Vava, raccolti i barattoli, ne te– neva uno per mano dalla parte del fondo. Muìios tornò, sorridente e soddisfatto. sedette al suo posto e prese la fisarmo– nica. « Posso prender parte anch'io? • do- * di W.ILLIAJ;I S. STOJlTE mando. Sofia annuì. « E' facilissimo. Vedrai che ti accorderai presto •· Le grosse dita volavano sulle corde con tale rapidità che sembravano una macchia sola. La chitarra rispondeva, rapida, con accordi vivaci, al ritmo più eccitante cn<: Geremia avesse mai udito in vita sua. • Tamurè. tamurè •, cominciò a cantare Sofia. « Tamurè, tamurè ... •. Vava batteva a tempo, sulla coperta, I barattoli vuoti, producendo un doppio clap-clap netto e staccato che dava im– peto e s1gni;ficato aHa rudimentale melodia a ripetizione. Dopu poche battute Muiios aveva affenato i,l ritmo, e la fisarmonica si unì all'orchestra, con slancio. Geremia ansimò. Il leit-motif che all'ini– zio aveva fatto andare l'Anna Fior di Loto a « gonfie vele•, per quanto vivace, sem– brava tranquillo ora, a confronto dell'im– peto sfrenato di questa musica febbrile Induceva Geremia a battere i piedi, gli faceva girare la testa, gli riscaldava il san– gue, gli eccitava i sensi. Si sentiva caduto improvvisamente in un torrente vertis;:i– noso che lo trascinava, lo travolgeva, e, senza opporvi resistenza, egli si lasciava portar lontano ... sempre più lontano. As– sorto in,quel senso vertiginoso di felicità. aveva dimenticato lo scopo della musica, fino a quando non vide gli altri voltarsi simultaneamente, verso la scala del ponte. Si girò anche lui. giusto in tempo per ve– dere Mirita lanciarsi. a piedi nudi, sulla coperta di prua. In assoluto ab~;.mdono e in perfetto accordo all'irresistibi;e ri-tmo, iniziò Ja danza. «Accipicchia», sospirò Geremia. e Ac– cipicchia ... •· E ammutolì. Più di Vava. Poichè men– bre MirJta ballava, avvicinandosi, i raggi del sole, che all'orizzonte si era trasfor– mato in una sfera fiammeggiante, :a in– vestivano in pieno, e il suo esile corpo color dell'oro. si accendeva, si animava di luce: più che una ballerina in carne e ossa una visione fantastica. Visione che li Geremia sa1·ebbe riapparsa cost...nte– mente, sino all'ultimo giorno della ~ua vita. Però era difficile afferrarne i dett 0 - gli. Animata dal ritmo primitivo nella musica, Mirita era tutta e soltanto movi– mento, e di lei Geremia afferrava solo aspetti fuggevoli, indistinti, forse anche deformati. Le foglie di sedano che Mirita aveva appuntato sui capelli, gli sembravano U più raro fiore tropicale; i cerchi che le cingevano polsi e caviglie, non erano fo– glie intrecciate di carote ..btmsì p :ar.te ma– rine, di un verde sma~liante, a;,pcna c~l– te· la stn:iscia gialla di cotone che le fa– sciava il ,petto, era un tessuto d, fii' d'ore: la gonna di fi,lacce di corda era tutta :t1ce e leggiadria. La stessa Mirita, animata a quel modo, era di una bellez:,:a da far male al cuore. In nessuna isola, 'n nes– suna parte del mondo, se ne 'lrebbe tro– va-te l'eguale. • Ai-iai-iaià •, gridava Muilos in falset– to, all'avvicinarsi di lei. Il ballo la portò al centro del cei:chio che formava:10 i mu– sicisti e Geremia, tuttora incantato. Sofia elevò il tono del suo canto. « Ta– murè, tamurè-e! ». Mirita sorrideva rivelando i be: denti nuovi; gli oc<ihi le °brillavano, tntto il suo cot1po vib1-ava. BaHava di fronte a lui e per lu,i, Geremia, una danza che parlava di meraviglie e delizie che egli non aveva mai sognate, e che neppure adesso era in grado di comprendere. Purtubtavis senti– va che qualche cosa di intime si agitava in lui bisognosa di esprimersi, di e pan– tiersi. di prendere vita e fom1a. e di es– sere compresa. Sopratutto, di esser com– presa. Il ragazzo guardava Mir"ta in un trasporto di ammirazione e di ;;tupore, un po' con.fuso, e un po' anche impaurito. Ma ebbe il dolore di vederla a11onta– narsi per ballare, come aveva fatto per lui, con lo stesso ardore e con la stessa grazia, davanti a Muìios. Un istante do~o la danza si•nuosa e provocante era dedt– cata a Vava, e s_ubito dopo, a mamma Sofia. E daccapo, a lui. Immediatamente Geremia scartò il sospetto che Mrri1a bel– lasse nelJo stesso modo per tutti. Non era vero! Ballava solo per lui. Il sole ora toccava l'orlo del ma,·e al– l'orizzonte, simile a una immeusa lanter– na pendente dal cielo. La nuvola ché poc'anzi lo aveva leggermente velato, era svanita, lasciando il disco iuminoso più infocato di prima. Raggi scal'latti fiam– meggiarono attraverso il Pacifico, investi– rono l'A11.11aFior di Loto nel momento preciso del vortice finale della danza, quando Mirita, inebbriata, avvo:ta da quel bagliore ulbraterreno, in assoluto accordo col ritmo frenetico• dell'orchestra, rag– giungeva il culmine del suo delino. E finì di colpo. Inaspettatamente. In perfetta sintonia, il solo sprofondò nel maTe. Nell'esasperato, silenzio crepuscolare che seguì, si udiva solo un profondo f.nsl– mare misto alla voce del motore. Mirita. sfinita, sussuiltava tra i fili imbrog~iati del– la sua gonna. Aveva nascosto la té5ta fra le IYraccia. Sofia ruppe in una risata larga e conta_ giosa, che echeggiando per tut_ta la barca, fece tremare il suo corpo voluminoso da ca,po a piedi. Seguì quella di Mufios. bas– sa e profonda come tuono. Vava s: don– dolava avanti e indi~tro sui tallo,,:, s01·– rideva e il sorriso _gli spaccava il voltri da un orecchio a'l1l'altro. Mirita levò la testa. Anch'ella rideva convulsa. Si asciugò le lacrime dagli occhi e H sudore dalla fronte, e guardò Gere– mia. « Non ti ... non ti è piaciuto ... Sce1·'1· mì? », domandò ansimante. Geremia era il solo a non ridere, ma rimaneva immobile, con gli occhi sp'.llan cati ed un'e pressione solenne, come 5e avesse assistito a un rito sacro. 'l'utti si voltarono a guardarlo. Ma egli vedeva solo Mirita, il suo sguardo, gli occhi neri che lo deridevano, le labbra che gli sorride– vano pietose. Sapeva che Mir~ta aspettav'l da lui una parola, almeno un grazie. Des:– derava tanto ringraziarla. Sì. Mirita aspet_ tava, e anche gli altri, calmatisi, aspetta– vano. «Suvvia», ripeteva dentro di sè Geremia. « Dille quant'è meravigJ.iosa, dille che non avevi mai sognato una meraviglia come lei, o come le cose che fa. e che ti fa sentire!». Ma la lingua non _gli si scioglieva; egli rimaneva so– praffatto dalla timidezza e dal senso della propria solitudine. Continuava a guardare Mirita stupito Era ridiventata un·estranea per lui, come il primo giorno che l'aveva vista sulla punta, seduta, quando, preso dal panico. se l'era data a gambe. Non che ora volesse Jiuggire come allora. Non ci pensava nean– che. Però sareobe stato comodo potersi nascondere per qualche minuto quanto bastava per schiarire la mente. Ohis ·à. dopo forse avrebbe capilo perché tutti avevano ,;so, e perchè, con quel riso, sl erano allontanati da lui, lasciandolo solo. Ma probabilmente, Geremia non avrebbe mai nisolto quel mistero. Com'era possi– bile che una cosa tanto bella da strazia– re il cuore suscitasse ilarità? Ansioso di scusa•rsi per la propria incomprensione. e di essere ammesso nel mist-ero, atteggio le labbra a un sorri.so timido, incerto, non appena Mirita cominciò a battere le man\. « Non gli è piaciuto! A sceramì non e 1 piaciuto!», gridava Mirita, scoppiaod" nuovamente in una risata. Ma questa vol– ta, essa era priva di musicalità, ed anche sprezzante. « Non lo tormentare» rimproverò Sofia severamente. « Non essere idiota •· « Oh, no», protestò Geremia _al quale di colpo era tornata la favella. « Sono io l'idiota, mamma Sofia. Lo so e mi dispia– ce molto. Il guaio è che non so che fare». Muìios stese la mano col pollice intatto, afferrò Geremia [1el ·ginocchio. e lo scosse gentilmente. « Non hai nulla da rimpro– verarti, tu•, lo cond'ortò. « Sei a posto. Il tuo solo difetto è la giovinezza. Quella si che è un guaio. Parola mia!•· «'"Bravo, siin,or Follia», disse Sofia co-r– dialmente. « Mi sorprendi. Davvero. dav– vero». Mufios la rine:raziò del complimento con un cenno della testa, ma guardava :1 mare, mentre diceva a Geremia. • Ti ri– cordi che cosa ti ho detto a proposito del chiaro di luna?•· Geremia ricordava perfettamente. Segui lo sguardo di Mufios e vide l'a•rco sotti!e deHa luna crescente, che già era apparso nel punto in cui poco prima era calato il sole. « Perché bu e pu,pelta nc,n vi arrampicate fino alla cof>fa, e scoprite cosa c'è in vi ta? ». « Vuoi Mirita? •, domandò Geremia, un po' ince;·to. Ancora non si sentiva a suo agio con lei. « Va bene•, disse Mirita, senza entusia– smo. Si alzò e andò alla draglia di gabbia.. a babordo. Geremia andò di corsa allli dra,glia a tribordo. Si arrampicarqnc Pn- t,rambi satendo verso il parrocchetto. ,. Sofia' li g,uarda,va e ,·ideva tra sé. Prese fa ,botti.glia e chiese a Mufios: « Credi che sia il caso di fare un brindisi per iJ no.~tro prossimo attracco, si-gnor Follia? •· Ottima idea, signora. E direi che è an– cihe ora di preparare la cena •· Immediatamente, Vava depose i barat– toli che ancora teneva in mano, e se ne andò •in cucina. Mufios ,guardò in a'lto, ai due ohe s'incontra.vano sulla co<ffa. e Fate attenzione, voi due due! •, gridò. « Guardate sempre avanti!». E ,poi chiese a Sofia: « Sa per caso, signora, quella can– zone del chiaro di Juna? •· Sofia la sapeva, e mentre Geremia e Mi– rita si infila·vano nella minuscola gabbia, le nc,te della chitarra e della fisarmonica cominciarono a spandersi ne'll'aria. Si era fatta notte. Va,va evidentemente aveva tro– vato g:li inten'llttori, perchè, '1'una <lopo l'altra, si accesero le luci verd•i e quelle rosse. Successi,vamente si accese anc'he una l•uce sul ponte, che illuminava a stento i due accanto al verricello. Non arrivava, però, in alto, e non dissipava il buio che di-ventava sempre più denso attorno alla vedetta. Mirita a,ppari,va ca•lma a'1,punto da sern– brare caduta -in leta1,go. J:l suo eccitamento di ,poc'anzi si era trasfoso in Geremia. Si vedeva anclhe al buio ohe gli occhi g,li plendevano. Ne1'la coffa c'era rpoohissimo spazio, sicohè egJ.i doveva starsene stretto a Mi,·ita. Sia per questo, sia perohè si trova,va sospeso a quell'altezza, il ragazzo prova•va un senso di estasi che gli !faceva persino dimenticare le sh·am!berie di Mi– rita. Mentre ballava, e1'1a si era ritirata in un mondo , proibito, un mondo dove però l'a,vevano seguita gH adutti, ù.asciando lui fuori. Invece lassù i'1 mondo era uno solo, senza barriere, e Geremia si sen– ti,va ,felice. La fantasia nuovamente accesa, eg:li immggimwa di vola1·e sotto il cielo stellato. La gabbia di canovaccio a ibran– dem e di sotti,li cerchi di ferro, non era aLtaccata aLl'a,J,bero e sorretta da strag.Jie, non era neppure una galjbia, ibensi una na•vi"ceNasospesa a un lontan areostato in– visi1bi'le.Lassù, Geremia si senti,va meravi– gliosamente libern e possente, 'l"edel mondo intern, con la sua regina• al fianco. Sotto, l'immenso oceano dormiiva; all'orizzonte non si scorge-va nulla ohe si potesse Chia– mare un'isdla. 01.'unque solo tl ,gran mare di nebbia, bianca come neve, su cui bat– tevano i raggi della luna, iridescenti. «Fosforo!», esclamò Geremia. « E' prodotto da picco1issimi insetti•, af– fermò Mirita. Egli cercò i'1 sorriso sul volto di Mìrita, ma non lo t,·ovò. Dunque aveva detto sul serio. Non importava. Nulla, in verità importava ora, neppure le isole che non si scorgevano am:ora all'orizzonite, né la navigazione incerta di Pab'lo. L'intimità della gabbia racchiudeva tutto ciò che po– teva de~ìderare. Pablo aveva ragione quando diceva che non bisogna dare ec– ce·ssi,va impo·rtanza a determinate isole; che ciascuno di noi si cc,struisce '1a pro– p·ria, e q; vive. In quel momento Gere– mia stava facendo esa·ttamente così. An– che se la sua non era un'isola vera e pro– pria, circondata dal mare, e con le ra– dici a•fil'ondate nell'oceano; anche se non vi C1ìescevano palme ondeg:gianti, né ,rami di cora'1ilo, anche se non a,veva nome e non era indicata sull'atlante, che cosa impor– tava? Im,portava soltanto che queJil'iso– la era la sua, se pur piccina come un punto e perduta nel vuoto deJila notte stel– lata. Non desiderava altro. Mirita gli era vicina, molto vicina... sua prigioniera, e come si legge nei 'libri, eg:li avrebbe po– tuto .far di lei ciò che voleva. ,. In quel momento Geremia desiderava so– lo, ardentemente, di ,poter passare il resto della sua vita nella coffa ..col mol'bido cor– po di lei a contatto col suo. « Perohè non dici qualche cosa?», do– mandò Mirita ,pigramente. Aveva poggiato i gomiti. sul pa:rapetto, e il mento sulle palme delle mani; con gli occhi socchiusi guardava giù in coperta. « Perchè sto pensando», rispose. E dopo una breve pau a: e Sai a che sto pen– sando?». Mirita scosse la testa. «Ate•· • Si? •, e sollevò impercettibilmente le palpebre, solo per indicare ohe, nonostan– te il suo torpore, era sempre conscia del • proprio !ascino. « Ti penso sempre•, proseguì Geremia « Mentre mi lavo i denti, mentre lavo i piatti, mentre mi allaccio ,le scarpe •· « Invece si dovrebbe pensare a quello che si sta facendo •, sentenziò Mirlta. « Lo so ». Ma, vedi, è perchè quando non sono con te. vorrei stare con te ». Ellla sorrise. • Vuoi troppo, 'liu•· E chiu– se gli occhi. « Mirita !Non ascolti neppure quello che dico•· « Non è vero. Ti ascolto •· La danza -l'aveva immersa in un languore che non Tiusciva a scuotere. Tuttavia, ,fece uno sforzo, e si drizzò per guardarlo. «Tu vuoi il mondo, t-utto il mondo per te, con un recinto attoTno •· « Affatto! Non me ne importa un fico secco, del recinto! •· Inaspettatamente, Mirita rise e lo ab– bracciò. « Oh. Sceraml! Sei il ragazzq ,pi>ì buffo che esi<sta sulla faccia della terra ». Ma Geremia non fu lusingato da quelle Joseph Stella.: " BrooklYD Brid parole. E neppu,·e dall'abbraccio. Era un abbraccio qualslasl, come si ipuò dare a un cangolino o a un m•icetto, o... a un or– sacchiotto addomesticato. Si svincolò; ella lo lasciò andare senza pratesta·re, e si sti– racchiò, alzando le braccia lentamente, con grazia felina. A una certa distanza la nebbia squar– ciata scopriva lembi scuri di ma'l"e. Mi– rita finse di non vederli. Geremia non li vide elifettLvamente. Aspettava che ·Mi– rita pa1·Jasse. Finalmente eNa disse: « O Scerami, tu sei un ragazzino, appena svezzato! •. « Sono grande!•, si did'ese il q·a,gazzo, in– di-g,nato. « Sono grande! E ti vo~lio bene, ti vog:lio ibene, ti voglia bene!». Poi·chè Mi– riia rimaneva indilfil'erente, eg:li aggiunse, quasi disperato: « Mi ha-i autorizzato tu a volerti bene, non ri-cordi? ». E mentre protestava a quel modo, f<u assalito da un dubbio atroce. Ma no! Era im,possibile ohe Mirita non lo amasse cc.me egli l'ama– va. Impossibile e incredibile. Del resto, non si era neppure posto il quesito; la esperienza di tutta la sua vita non glielo consentiva. I suoi asfifetti e·rano stati sem– pre Q"icambiati, spontaneamente, e nella stessa misura. Questo era vero per le sue zie; era vero per Jim Akers. Ohe cosa non avrebbe data o fatto Jim? E -con gioia 1 Lo stesso rpoteva dire di Marta. L'aveva co– nosciuta di recente, Marta, eppui·e la adorava, e la sua adorazione era ricam– bi,ata in pieno. Ecco rperchè egli era per– suaso che Geremia Bentley fosse caro ? tutti coloro che erano cari a lui. <:::aro e simpatico. Era natur;ile, normale. TJn mondo in cui i rapporti afiletti""i non fos- sera . ordinati in tal modo non avrebbo senso. Adesso, in quell'attesa angosciosa, Gere– mia intuiva che tutto quanto egli 3veva costruito, e su cui contava can fiduciosa gioia, minacciava di crollare. Lo intuiva senza sapersene spiegare il perchè. XVII Il fattorino consegnò la lettera di Mana mentre le sorelle Bradiord sa'1ivano in macchina per andare a fare delle com– missioni. Zia Emy l'apri immediatamente. • Benedetto cuor mio! • esclamò appena ebbe lette le prime righe. • Il nostro ra– gazzo torna a casa!•· «Perbacco!•• gridò Akers per esprimere la propria contentezza. E non accese su– bito il motore perchè voleva sentire i par– ticolari della buona notizia. « Andiamo, Jim •, gli disse Emilia. • Pri– ma ci fermiamo a prendere il pesce per il gatto•· Akers mise in moto e prosegul piano, lungo il viale alberato e tranquHlo. Tene– va la testa leggermente voltata indietro, dal lato dell'orecchio buono, per non la– sciarsi sfuggire una sola .parola. « Ohe dice? •, domandò Susy con impa– zienza. « Avanti, leggii•· • E' quello che mi preparavo a fare •· Emilia si aggiustò gli occhiali sul naso. • Se Jim bada alla guida, e non ci fa scuo– tere a questo modo, riuscirò a leggere. Be', scrive che ... che ... •· « Per amor del cielo •, esclamò Susy « che c'è?». « Cielo, cielo! •, continuò Emilia, sempre più sorpresa. « Ci sono troppe cose•· Fi– nalmente lesse: • Geremia ha grande no– stalgia della sua casa. Più d: tutto. nalu- ge" - (Biennale di Venezia) ralmente, la sua nostalgia è per voi e per ti :suo amico Jim. Ha bisogno di voi e del vostro affetto. A noi rincresce moltissimo lasciarlo partire, ma, date le circostanze, non c'è altro da fare. Parte con l'aereo di mercc,ledì prossimo •· • Ma quali circostanze? », domandò Susy. « Per ;favore. Lasciami leggere. Dove sta– vo? Ah, ecco. • E' stata una vera gioia averlo con noi, e nulla sarà mai più come era prima della sua venuta qui. Geremia mi ha spinto a dipingere con rinnovato ardore e con visione più ohiaTa. Da anni non aveva più lavorato cosi. fnoltre, mi ha aperto gli occhi a molte co·se, ed ha fi– nito col farmi sposare .."•· « Così ora abbiamo un medico in fami– glia», intervappe Susy. « Mfatto! •, rispose Elmiilia itrnuscamente, seguendo con lo sguardo lo scritto. « E' un altro». « Non il pallone gonfiato? », domandò Akers. Senza dargli retta, Emy continuò: «·'In– dubbiamente, Geremia a,ppartiene a quella categoria di indi•vidui destinati a precipi– tare gli eventi, dovunque essi vadano ...'' ll. Questa volta E)mi!ia s'interJ.Up,pe di sua spontanea volontà e ,guardò òJ.a sarella, per– plessa. • Ohe cosa vorrà dire? Non capi– sco». Elvidentemènte non aveva capito neanche Susy. Elmiilia ag-itò nervosamente le pagìne, e infine riattaccò: « "Siamo gratì a Geremia anche ,perohè, appena egli sarà partito, mio ma•rito ed io andTemo a Hol– lywood a preparare i'l suo ,prossimo film. A proposito, l'uomo ohe Geremia mi ha fatto sposare ha un nome che voi forse

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