la Fiera Letteraria - XI - n. 33-34 - 12 agosto 1956

Pag. it Groarafia delpaesaaaio poetico (ContJnua,. da par. 3) vulcano. E faquesla curiosa constatazione: Tutti i giorni, verso mez• z:odì, i vapori sparsi per lo azzurro sempre un poco sfu... mato si raccoglievano in u.na bella nu.vola, una nuvola be• ne imbottita e luminosa, u.na pacioccona di nu.vola, la qua– le piano piano andava a po– sarsi suUa squarciata bocca del cratere, e lo spettacolo aveva sempre ai 1niei occhi un colore 1nilologico, conie se la nuovla volesse illude– re e consolare il povero Vul– cano da troppo tempo inca– pace di fumare, e pareva che si ferma!se li sopra a cova– re a covare forse le uova dei figli di G,ove o di Vul– cano ... Ma scendiamo ancora una volta tra le strade di Napoli. dove l'umanità è riversata con le voci, gli accenti, l'espressio-– ne, la mimica, il dialetto: .cose che qui riecheggiano in mille modi, amplificate e rese da una concretezza spettacolare, scenica, pur nella morbidezza e nelle sfumature della forma che dà tono all"ambiente. Il concertino giròvago am– malia, a ridosso della Duches– ca. un altro poeta: Rocco Sco– tellaro. Il quale, alla stregua del Cummèo di Domenico Rea, mischiatosi tra la folla dei vi– coli, ne ascolta l'acre sapore dì stracci. Alla fine s'imbatte nel vecchio burattinaio invali– do1 ex pescatore. La voce dei rivenditori ambulanti sgorga da una folla che certamente non ignora gli affanni del vi– vere quotidiano. Il poeta, sul finire del gior– no, ha raggiunto i grandi archi del palazzo reale dì Portici, e qui, il primo a farsi vedere è il mare: Chi percorTa la zona che si adagia alle falde vesuvia– ne noterà u.n gruppo di bor– gate interrotte o separate tra loro da colline di pini o castagneti o altre zone altri– menti boschive: con.t,rade semplici e sane, dove la vita se1nbra fermarsi improvvi. samente intorpidita dall'in– vadenza del sole. Napoli è lontana, reclinata sulla destra e assorta nella luce che affiora dalla vastità del golfo. Ai piedi del Vesu– vio ra&giungiamo la casa bian– ca dove abitò Leopardi. Intat– ta è l'aria che avvolge ancora l'immagine del poeta. Nell'a– spro paesaggio del monte delle ginestre ci è dì guida Giam– battista Angioletti: Scam.pata alla pue"Tra è ta casa bianca dove abitò Leo– pardi, ai piedi del Vesuvio. Intatta la casa, intatta la vec_ chia. patina che "Ticopre le re– liquie della camera da letto · e intatto il mondo, da que~ sto luogo stupefacente, dove le arance sfavillano tra i ca~t~s, i. cipressi, i pini, gtì ulivi., e il mare cahn.o, e il • for1nidabil monte• assopito sotto il suo mantello di lava a"Tida 'e bruna. Il silenzio a tratti si infrange in miUe vo– c, squillanti di do11ne e di ragazzi, per rico1nporsi Leg- ~[:im~ ~t:tfoni;aa~~nto di La ter"Ta, anche d'inveTno, appare impetuosa, impazien– te d.i far esplodere la sua immensa fecondità; e nel cielo risplende u.n sole qu.te– to, benevolo, familiare com e la luna. abbandonata neUa luce gtù per il dectiuio. ed io sull'atta strada costiera, oh. fantasmagorica, oh. magtca. fra tutte le st-rade del mondo, correvo verso Amalfi e un'ora Poi gli annt e morte mt fecero diversa. [/ellce. e vita e a te un giorno ospite vennt di straniera gente e amfca, e tu pure mutata eri, Posttano, con le tue case Tisorte con i nobili archi con Je bian- (ch.e terrazze contro la rupe forte. · Or torno con altro ancora cuore, e 1'.t settembre muore, ' dolcezza suprema. ma forse è un abbaglio e tutto (<l eterno. questo fermo a.rzurro deJl'aria e la tinta det mare ;o~t~i. dionisiaco riso. il tuo riso dove la 1nemoria par st dissolva e invece ta,nta è Tacch.iusa con- {sapevolezz:a dell'essenza ora squallida ora ond'è fatta come certo (eroica la vicenda nostra. è il senso della notte e delle (spente stelle secreta mente neUa paUina di gaggia d'oro che net più. splendente dei tuo! (orti Taccotgo. fTagranza cara. Già Amalfi, che dall'alba al tramonto Ca incetta di sole, a poco a poco esce rorida dal lavacro come una gemma di prodigiosa bellezza. Nel giardi– no del e Santa Caterina•, in– tenta a cogliere il profumato colore dei fiori, Gianna Man• zini ne la questo elogio: Il rnio contatto col grande giardino d1 Amalfi diventa passeggiata: u.n sentiero, ra– sente u.n. muro costruito a sostegno d'un terrapieno, mi dirige verso la prima galle– ria di limoni. Alberi che for– man pergola, al riparo di grevi stuoie di foglie d i ca– stagno; e attraverso ta11.to ' t:'i\' FTERA L E T T E R A'R T 'A' Teo Gian!'lottl; "Paesaggio " Domenica 12 agosto 1956 Marine e altr~ cose * (ConUnuu. da par. J) sioné deformata: vogliamo tut– tavia indicare, accanto a versi non sempre riusciti. un mo– mento di una nitidezza e d.1 un distacco sorprendenti, un mo– mento autentico di poesia: La fe,sura di vetro è tra di noi: - io in te mi $JJec– chio, vedo te lontano. - Forse nulla rtmane: questa immagine - e mta. D! là si stende ancora tl mondo. Il tono ricorda certo mono– logare doloroso. vitreo. di Mon– tale; ma qui il poeta tende a un altro fine, anche se li sen– timento di solltudine, dJ vuo– to sotteso alle immagini ter– rene. sia identico. Della prima sezione del libro «Marine», quattro versi cl hanno colplti e li riportiamo qui. perchè anche essi si rifanno in qualche mo– do alla tecnica compositiva di un poeta come Montale: la poe– sia ha per titolo « Sul Molo». Tormento degli ormeg– gi - nella risacca. La ban– china é vuota. - In una rete poco cielo è chiuso - .rmunto, piovoTno. Come punge il vento - .ml molo ch'è più. nudo dell'oceano! Qui è le scelta della parola a richiamare l'esempio di Mon– tale; di una parola misuratis– sima, la cui rarità del termine dipende dalla misura della precisione. Ma nello stesso tempo c'è il quadro, di una ni– tidezza post-impressionistica. un'altra marina originale nel disegno come reelizzazlone: una immagine di cielo sul mare. incorniciata in una rete da pe– sca tesa sul molo ad asciu– gare. Dai grandi archi della Reggia il mare è U prtmo a farsi vedere bianco sotto ze tuci nere Su una tavola è il bastone da passegg io, piccolo, con– sumato all' impu.gnatu.ra. Non resisto al l a ten tazione di toccar lo; e mi se1nbra di ve– der cammina.re quell'uomo gracile, pa llidò, stanco, sot– ~o questo cielo esaltato, per questi viottoli odorosi d'erbe e_ di terra, verso il mare fe– lice di celesti riflessi. cupo frastaglio di fronde, lo -------------------------------------------------------------------– Della sezione del libro inti– tolata « La torce di pie ra » ab– biamo veduto la notevole poe– sia sull'autunno: diverse altre cose meriterebbero di essere messe In luce e riportate. Ci li– mitiamo a un breve frammento di notturno. La città è Bolo– gna, e la Vita è la chiesa con la cupola famosa, color verde visibile da ogni parte del!~ città. La poesia pare il mono– logo di uno che si è affacciato a guardare la città nella notte. deUe nubi lasciate dal giorno. Verso le grandi chiome det pinf spunta una Napoli corallina con lè sue luci di palco. Degli amicl vicini e lontani cade it ricordo, come cade la (ghianda dalla nuvolaglia dei iecci. Una sera nuova si stende su Napoli, la città dai due volti. Alla decantata bellezza del paesaggio s'aggiunge uno stra– to d'altra natura, una più pro– fonda scoperta. della vita dei Oltre le luminose terrazze e le spiagge e le rupi dissemina– te sull'arco del golfo, superate le due Torri e la punta Scù– tolo, raggiungiamo Sorrento e i suoi giardini di sole. e Da Sorrento sino a Salerno - è ancora Barilli che ci accompa– gna - questa costiera unica al mondo per la sua salubrità azzurro del m.are si carica di viola. Paralleli, l'uno sot– to l'altro, si allungano nuovi pergolati. Tornando su.i miei passi, ritrovo poi i capricci del giardi110 che fra poggiuo. li e vedette e stravaganti chioschetti, e viottoli seTpen– tini e scale, giunge, ricco e fiorito - qualche pervinca, e arbust-i di mimose, e pe– tunie e verbene - fino al mare: dove con tvn cancello si apre una piccola spiaggetta. PANE INUTILE Racconto * COBBADo· TOBBIGIAJl'I Adele soffriva. guardando- minava una vergogna pro- dava frutto: nutriva un gio– ia. di una sofferenza fatta di Conda e completa. la vergo- vane incapace c;l.i lavorare. oaura. la sofferenza dell'at- gna di vivere. Antonio era ricco, ma non si tesa. Guardando il marito ~dele aveva avuto un su~- accorgeva di esserlo. A ogni Antonio ella intuiva, senza sulto al nascere della prima boccone di cibo era unito dai sapere · perchè, la prossima parola: la abitudine dava si- rabbiosi legami della lotta. esplosione. Ogni e-iorno 11 ma- gnificato intero al orimo suo- Tutto ciò che era denaro. che rito rinnovava la piaga. una no. Tutte le sere auella frase in denaro ooteva trasformar– piaga antica di cui la donna feriva la siia maternità. L'o- si. che denaro era costato, non conosceva l'orù(ine e che dio del ma~ito per il loro significava una silenziosa lot– sentiva come parte della vita figlio suscitava il superstt- ta con la natura e con J;!li stessa. Il contadino si guar- zioso terrore per le cose in- uomini. Si era affannato sulle dava intorno ciin i suoi occhi naturali, senz~ che veramente zolle ostili. nel gelo che .!'!li d~n e ncquos1 a_ un t_eITl1)o. 10 comprendesse. Adele era mordeva la carne, Aveva m1_s~rando 11 b_<!ttitç)dei cuc- chiusa nell'angoscia del suo provato lo spasimo dello S'for– oh1a1 nei piatti -de11a _povera amore violato. Amava Pietro zo _mentre la vita ~mbrava cPna. ~att1ti che. zopp1_cava'!o d'una maternità nuda, terre- usc11-e nel, suo resp1r-o spez– come 11 suono d1 uo u:idug10 stre, senza luce. Un amore z~to. Nell estate aveva _sen– e che prolungavano 1~s1lenz10 chiuso nelle radici buie del-, \Jto lo scottare 9ell~ pietre nelle sue sospens1om. Lenta- !'istinto I fra la terra solitaria sulla mente lo sguardo di Antonio · ... auale ardeva il cielo. Col de- sì fissò su-1 figlio Pietro. Pie- La do(ma a•veva se.more yis- naro egli aveva legami pro– tro era un giovane dal fisico suto (TI ~ont~tto ,mmediato fondi da cui non poteva lì– avvilito. in-acile: nel volto la ~g .!'!li allimaN e la te;-ra. con berarsi. Aveva scelto la mo– pella aveva un colore cor- ~ q~e t·o c de.co1:1e ei av~i glie considerando la forza e rotto. Pareva che· manitiare va a a ica 1 viver~ e la salute della donna che do– gli costasse dolore. Non si ac- ~lenerare.dLÌ· sua P7l~e _aveva veva lavorare e darJ;!li figli corgeva. 0 fingeva dello 1 . co ore efl: 1 arnesi ei cam- per il lavoro. Ma tutti i figli sguard d · Antonio ' Conti- pi .. un colore fatto di . terra erano morti. rosi dalla ma- o 1 · e di lavoro Il corpo nassu- I d · · · t · d. forte e scuro. La donna so– stenne il suo sguardo nella rassegnazione. muta. Po1ia– vano Il segno di passioni op– poste. Infine l'uomo guardò il figlio come lo vedesse per la prima volta. In quel mo– mènto la mente deJ contadino fu priva di chiarezza. E11:li ebbe uno scatto e colpì Pietro nel volto con la mano. Poi indietreggiò: sembrava che le mani gli scottassero. Pietro smise di masticare e chinò la testa nascondendo il volto io silenzio. Antonio non aveva mai colpito, Prima di allora. il figlio senza un pretesto. Ora si trovava di fronte al segno visibile, mostruoso del suo rancore. Lo invase la vergo– gna. Non sopportava la pre– senza dei;li altri. Usci dalla cascina come fuggendo, sali le scale. Giuseppe Armocida: "Paesaggio di barche" nu'.'va nella lenta e dolorosa meva nei ~oi stenti la pena e lZIOne mJS eno~a . i un fatica cli masticare mentre la di trarre la vita dai frutti male. Solo t:no . e1a rimasto espressione era sommessa ne- d 11 t . A per sua maggiore rabbia. gli occhi che avevano il co- e a erra e di _e:enerare. n- strappato alla morte ma non !ore della nebbia. Cresceva che negli_ occhi si leg,_gev~ all,a malattia. che lo aveva nella espressione del conta- queSla fatica senza data .. sen reso debole e mcapace. Strap– riino il disprezzo per il figlio. za 11 sol_llevo della <; 0 S~ienza. pato alla morte per quelle Tn Adele il terrore emergeva Al<:1elepiangeva stoulldunl ico fil - cure che toglievano la madre A<lele era senza forza e te– meva nel guardare il figlio. Forse poteva solo sentire i passi per Je scale, che si fa– cevano più lontani. Pensò al– l'infelicità del marito che si allontanava dominato dalla grande sofferenza del suo odio. Lei soffriva e temeva. ma il figlio le riempiva la vita. la sosteneva nella sua lunga fatica. Antonio invece doveva allontanarsi, doveva fuggire. Era solo. Là donna senti il silenzio tornare dopo il s1<ono dei passi. Alla pau– ra. all'ansia materna s'univa in lei un nuovo sentimento. Fu come se aualcosa si ri– velasse alla donna nell'orro– re che da tempo la opprime– va. Adele si accorse di averP pietà anche del marito. poveri, che pur hanno la loro canzone. Di Alfonso Gatto è questa • Sera di Napoli•: La canzone dei poveri s'accende dopo la sera con un lume solo. E la vecchia cittd muTata al cielo nella rotOnda cupola dell'erba rispecchia nel suo freddo stacco (il giorno sbiadito dei garofani. Dispera in un'allegra povertd la voce sciupata d'una femmina. il fan– (clullo che corre sulle ca.,e: alle rin• (ghiere tese nel fili ancor si svogUa il (bianco riverbero ciel muri e tgçça; il (capo fatto gid d'ombra a una donna (uscita al suo balcone d'aria con la Lmano dolcissima sul petto. Basta ti vento l'ultimo vento della sera ai lumi che tornano dal mondo, a quel,. (l"odore sbiadito di garofano se Il cuore trema ogni volta d'appaTire al (canto . triste che cerca la felicità. Una dimensione nuova ci of– fre Napoli: quella della sua storia recente: il dramma della città delle e quattro giornate•. In una accorala lirica di Gior– gio Bassani sono rievocate. le parole di un giovanissimo mor. to durante quelle giornate: Portami fuori. amico. a! &Ole che scalda la piazza. al vento celeste che spaz:za il mio golfo infinito. Concedimi la pace dell'aria; fa che io bruci ostia candida, brace persa nel sonno deUa luce. Lascia cosi che dorma: fermento piano, una mite cosa sono, un calmo e lento cielo in me st riposa. La città non ha perduto Il suo splendore. Intatto è rima– sto il paesaggio del mare e del golfo, ma la sera aveva mutalo volto in quegli anni di guerra. Il pianto della sera lasciava le speranze sulle so– glie delle case distrutte. Del– l'autore de La provincia del mare leggiamo: • Là dove i ne– gri parlano ai fanciulli •: Il sole resta della guerra. il mare che abbatte nei millenni i tem- (plt e l'Oro e quel pianto infinito della sera che lasda le speranze sulle soglle delle case distrutte come un'erba fresca e soave ... Resta la luce squallida sui Ud~ Id dove i negri parlano ai fan- (ciulll di Napoli ed insieme nella notte del sangue antico scendono fe– (roci. e magnificenza, e ricchissima di storia e di arte, sfavilla di cento paesi sospesi, e inattesi, fra scogli, terrazze, orti e giar– dini, e disposti talvolta come scalee di un verde anfiteatro in faccia al sole, paradiso sulla terra e sul mare, per l'eter– nità•. Positano giace nella luce giù per il declivio. Dall'alta stra– da costiera ascoltiàmo i versì dì Sibilla Aleramo: Giacevi come una spoglia tra– (g!ca ' Dal basso, la scoscesa scar. pata fa tutt'altra irnpresslo– ne: diventa un violento stTlL pio1nbo; e il riverbero delta luce specchiata dall'acqua soffonde i colori, apparen– tandoli a quelli delle rocce in. un'unica vibrazione esul– tante. Altri paesi, non privi di sug- gestione, ci accolgono sulla ri· viera, e nuove voci suggerisce la segreta guida del paesaggio poetico. ELIO F. ACCROCCA n ..,.. . L d g 10 non strappa a ma e. dal lavoro e al guadagno ne a ,,essa misura. a onna Il suo amore lo aveva con- · · ' · · · ~uardava ora il marito e ora I Il f b . Per Pietro l ostilità dei pa- q giovane. Cosi trascorreva eso a a orza uia e ere- dre era un peso conosciuto l'immobile silenzio della cena. sceva, nella lentezza st es~a da sempre. Non aveva co- 1nfine il contadino esplosP d~lla _lotta~ _l_avita ?el fìgl!o scienza di auell'ostilità come "ontinuando a e-uardare n d1v~n1va PIU preziosa per nbn aveva coscienza della fì 1 - ogni ansia provata. vita. Era un potere oscuro che ig 10 · .. 1 Antonio aveva ancora nelle sorgeva nelle sue orime im- - Mangia. . gridò I orecchie il suono della sua pressioni. che aveva strap- Non_ sei capace di fa r7 altro. stessa voce carica di odio. pato la madre ai bisogni della P1etro tacque e chmo 11ca- L'offendeva oJ!ni boccone sua infanzia. che an\areggia- Po masticando sempre con la mangiato dal figlio. Il pane va le gioie dei suoi bambini. sua penosa lentezza. Lo do- che Pietro mangiava. non Antonio guardò Adele: era CORRADO TORRIGIANI BICORDO DI -MIO NO-·NNO FRANCESCO MOJ\TTALTO I * di FRANCESCO TENTORI Pubblico ora, dieci anni dopo averli scritti, senza mutarvi una virgola, questi versi in ricordo del mio nonno materno Francesco Montalto, morto nell'ago– sto del 1946. Vorrei accompagnarli con poche parole. che lo ricordino a chi lo conobbe e lo presentino agli altri. . Di antico ceppo calabrese, uomo tenerissimo negli affetti familiari e in rara misura fedele nell'amicizia, natura schiva, meditativa, e alquanto solitaria, ebbe un'esistenza drammatica, funestata da sventure quasi incessanti. A ciò si deve soprattutto se la sua pas– sione per la filosofia non dette i frutti più frequenti e maturi che dovevano nascerne, e che molti si atte– sero da lui. In una lettera premessa all'unico libro di mio nonno - L'intuizione e la verità di fatto, edito nel 1930 -, Giovanni Gentile, "di cui egli fu amicis– simo e della cui tragica morte sofferse crudelmente, scrive: « Io sono stato il confidente anzi il testimone dei tuoi pensieri e delle ansie attraverso le quali si son venuti maturando»; e così definisce le vicende del suo pensiero: « Cammino lungo dal positivismo àll'idealismo· ma quanto faticoso per te c)le ad ogni passo hai vlsto un problema, e di ogni problema ti sei fatto un tormento, poiché per te non si trattava di passare da un'idea ad un'altra (oh la facilità di questi passaggi per tanti manipolatori di filosofia!), ma da una ad un'altra mentalità, e quasi da un'anima ad un'altra anima». E Benedetto Croce (sia consentito unire qui, su una tomba, ora che ambedue son morti, il suo nome a quello di Giovanni Gentile), scrivendogli del saggio dal quale nacque quel libro - L'intuizione neHa v_ita psichica, apparso nelle onoranze. a Rober~o Ard1gò per il suo settantesimo anno -, diceva: « Mi duole di non averlo conosciuto a tempo perché non solo ne avrei tenuto il debito conto nel mio lavoro [sull'Este– tica], ma rpi sarebbe stato di conforto nel ~ravaglio della meditazlone, mostrandomi che anche voi eravate giunto agli stessi miei risultati sull'importanza fonda- mentale delrintuizione "· Sono giudizi di uomm1 non soliti il parlare a caso, nè a regalare elogi. Ar saggio cui accenna il Croce seguì, afferma mio nonno ne:Ja prefazione al suo volume, un'« assidua, quotidiana, costante meditazione per opera della quale quel nocciolo originario mi si venne allargando fino a presentarmisi come il fatto vichiano>>. Per la mia poca cultura filosofica, non sono in grado di commen– tare adeguatamente j] libro, che in appendice reca quattro saggi (La filosofia dell'azì.ane e la filosofia dello sp irito come atto puro; L'intuizione nel!a vita psichi.ca; La critica kantiana ed il nuovo empirismo; M ateria e forma nella morale kantiana), i quali as– sieme a vari altri espressero le meditazioni di Fran– cesco Montalto. Mi limito a copiare alcune righe dal– l'ampia esposizione che di esso fu data nella Revue de Métaphysique et de Morale: « Une telle philoso– phie vient bien à son heure en Italie où sont en hon– neur actuellement les philosophes post-kantiens. M. ne suit pourtant pas le courant hegelien jusq'au bout. C'est amsi qu'il essaie de concilier l'idéalisme actuel de Gentile avec l'idéalisme empirique de Berkeley ... L'A. montre avoir subi l'influence de Gioberti, mais il s'écarte de Giobe1ii sur des points capitaux, et, s'il fallait lui chercher un maitre, nous le trouverions bien pltttòt chez Fichte, car rien ne rassemble autant au Je pur que le Sujet absolu tel que le definit M. "· Discepolo di Fiorentino e di Jaja - nomi che dicono qualcosa a chi s'interessa di filosofia -, Fran· cesco Montalto si tenne per oltre mezzo secolo in co– stante corrispondenza con altre menti pensanti. Con qualche lettera di Ardigò e di Lombroso, conserviamo venti lettere cli Croce, quasi sempre brevi com'e,a nelle misurate abitudini del maestro napoletano, set· tanta di Gentile - una delle quali ci giunse da Fi– renze quando il filosofo era già morto, e molte cosi interessanti che speriamo di poterle pt1bblicare -, quaranta di Chiappelli, trenta di Lantrua, e in minor numero di Anile, Sciascia, Renda, de Ruggiero, Aran· gio- Ruiz, Carlini, Abbagnano, Castelli, Spirito. Il solo elenco dei nomi dice quanto ingenuo e onesto fervore mettesse mio nonno nella comunicazione personale e nel commercio delle idee, àa mente a mente e da anima ad anima. Morì più che ottantenne, e fino agii ultimissimi giorni sforzò la vista logorata sulle pagine della sul) cara filosofia. Accolga oggi, dal nipote che porta il suo nome, l'omaggio di questo ricordo e di questi po– veri versi. FRANCESCO TENTORI A MIO NONNO Nonno mio con la tua pipa come con una bandiera. Coi tuoi libri seminati di segni, coi giornali i.ngialliti intorno ai tuoi anni. Col tuo passo nel corridoio detta mia casa, con gli occhi sulle fotografie dei tuoi figli morti. Con la tua voce di uomo fedele, con la tua fronte come una scoglio percosso. Che lontane adesso le tue mani! Non toccano pitì la mia testa. non tengono la penna, non pregano. Che abbandono nelle tue dita! Come le consuma il vento che stringe il tuo corpo! Che incerto ora il tuo passo nel cielo, nonno mio con la testa gelata. Qui la tua pipa senza vita. I tuoi libri con polvere, i tuoi guanti logorati. il tuo cappello, il tuo bastone. Quadri, sigari, penne, carte, inchiostro. tutto, come ti chiama! Dke il wo nome il tuo tavolo, il letto: le pareti che toccavi passando. E' sempre ricordando che il cuore si rompe. (1946) FRANCESCO TENTORI ta casa del colonnello * ( Contlnuaz. da pag. 3) sente la testa che gli gira_ E' stanco. e ha una gran voglia di piangere. Lo scuote la ma– no dell'interprete sulla spalla. Il colonnello lo guarda: - Gut - dice. L'italiano esce per primo. E ora che la pietra comu– nale - roua e massiccia •'è dl!solta in aria - sot– tile. e il silenzio bhi t'in– canta - come La. cartape– sta d'un teatro, - ora forse un acrobata potrebbe - col suo passo di seta - tra– versare l'angoscia dello spazio - fino alla guglia vercte della Vita. Sente, dietro le spalle. le voci dei due che parlano, e ridono. Nel corridoio c'è sempre il sot– tufllciale che aspetta, in piedi. La porta in !ondo al corridoio è chiusa. Da dentro viene uo leggero rumore di piatti lava– Ancora una volta la visione reale si riempie di suggestioni impalpabili - vorremmo ag– giungere. metafisiche - e si dilata in universalità di signi– ficato. E' Insomma il processo comune alla vera poesia: e ci sembra che pochi componi– menti abbiano la capacità di suggerire l'improvviso senti– mento d'angoscia nella città perduta nella notte, e di supe– rarlo per la fo.rza stessa della immagine noetica. come i quat– tro ultimi versi cli questa poe– sia con l'immagine dell'acro– bata che s'allontana nella not– te verso una verde sommità di Vita. ti in un lavandino Poi. a un tratto, una musica dolce e re– mota. Il sottufficiale batte !or– te i tacchi, salutando. L'ordi– nanza apre la porta. L'aria fre– sca della notte li Investe. Nel buio brilla la vernice della macchlna in attesa. Lontano, oltre i prati, s'indovinano 1 boschi neri come la pece. Men– tre la macchina si avvia, Gigli guarda in sù verso la facciata buia della casa, e vede, o cre– de di vedere, a una fines\ra del primo piano. una tendina bian– ca che si muove. La macchina s'allontana. scende verso il pae– se, illuminando la strada de– serta prima tra gli alberi e poi tra le case. Superato il villag– gio, da una parte e dell'altra del gra,1de fiume non ci sono che prati e boschi. La macchi– na corre. passa sotto il fianco scorticato della montagna dove di giorno i prigionieri lavora– no alla cava cli pietra. La :iot1e è senza luna, e la cava non si vede. Si vede invece, in fon– do alla valle. in cima a una collina, una macchia luminosa · che diventa semPre più grande e lucente man mano che Ja macchina si avvicina. E' il camp0 di prigionia che splen– de, sotto la luce delle foto– elettriche, come una città in festa. Un'altra sezione contiene co– se leggere ed è opportunamen– te intitolata « Ritratti e Can– zonette . Sta ad apertura un piccolo gioiello, un « Ritratto di Signora». che sembra usci– to dal pennello di un moderno ritrattista. un volto di Modi– gliani: DINO RISI * Nel prossimo setteml;>re. per la prima ivolh 1 , verranno asse– gnati due grandi premi d1 pit– tura e di lettei.atur:. intitolati • Premi Villa S. Giovanni». La maifestazione. ch"è l'unica del genere in Calabria, è sorta pér iniziativa del circolo di cultu– ra.« Cenide • di Villa San Gio– vanni e del suo presidente ing. Giovanni Cali. Per la pittura le opere con– correnti dovranno ispirarsi agli aspetti del paesaggio e della vi– ta cala,bresi. I premi sono i se– guenti: un milione per un'ope– ra di artista it;ùiano; trecento– mila lire per un'opera di arti– sta nato in Calabria; due pre– mi di centomila lire cia-~uno per opere che risultassero di particolare segnalazione. La giuria risulta cosi com– posta: Felice Carena. presiden– te; Manlio Giarrizzo, Michele Guerrisi. Virgilio Guzzi. Ales– sandro Monteleone, membri; Ugo Ortona. segreta.rio. 'Per la letteratura i premi verranno così assegnati: un mi– lione per un libro di narrativa italiana. uscito nell'ultimo triennio, Clhe illustri un carat– tere. un aspetto. un sentimento un problema. un luogo, un pe– riodo un momento della Cala– bria; trecentomila lire per un libro di giovane scrittore cala– crese, residente in Italia o al– l"Estero, uscito nell'ultimo triennio. che esprima il trava– gUo delle nuove generazioni meridionali: centomila lire per un saggio pubblicato. nell'ulti– mo anno. su r>vista italiana. con l'intento di esaminare e tar conoscere i costumi,. gli usi e le bellezze ed anche i problemi della Calabria. Aridi occhi di rena - che acqua di sorgente - scintilla - sul tuo fondo di pietra. - Un'antilope se– gna - col muso agu.::zo - cerchi chiari di sete. Sebbene leggere di tono e composte su di un metro pre– valentemente meno sostenuto (altrove domina l'endecasilla– bo. qui il settenario o il verso libero di poche sillabe forte– mente accentate), alcune poesie non lo sono affatto per una sotterranea tematica che le pervade. Sì leggano brevi com– posizioni come «Estate» dove, con l'immagine di un « cielo teatrale» d~ll·estate ritorna la monteliana angoscia del nul– la; o «Epifania» con la rilltia– na discesa di angeli: o « Hotel Europa» pieno c\ì suggestivi e– chi morali. Alcune composizioni, in par– ticolare. sono impregnate di un sentimento intenso espresso con un linguaggio raffinato: « can– zonette», come le ha chiamate l'autore. che contengono tut– tavia tutto il pathos di canzo– nette alla Prévert, o di una melodia cantata dalla Piaf. <<Favola» o la « Venere dei Poveri» sono tra queste_ è ri– velano una nota• originale ol– tre che di autentica ispira– zione. La poesia di Rizzardi. come s'è veduto. è costituita di ele– menti compositi, e non è di facile definizione, sebbene s.ia certo che spesso sa raggiunge– re il cuore del lettore. Inoltre lo spazio ci impedisce di fer– mGrci su altri aspetti certa– mente importanti, deÌla su.a poesia: come l'elemento di rap– P:esentazione socia~e. o l'altro, d1 risentimento morale che anì– ma certe composizioni. Data la sua attività d.1 critico e di tra– duttore di poesia anglosassone (Rizzardi ha introdotto Pound in Italia con la versione dei Canti Pisani pubblicata da Guanda), temevamo la com– mistione della nostra poesia con elementi eterogenei di quella cultura poetica Invece. Un particolare premio intito– lato • Cenide-Rotary di Reggio Calabria» di centomila lire verrà assegnato ad un lavoro di carattere economico che, stu– diando le attuali condizioni del– la Calabria. prospetti le neces– sità e i mezzi della sua valo– rizzazione e in,vili a creare un una cosa che può stupire. e ci stupisce intatti. è l"asso– luta indipendenza di Rizzardi dalla poesia che ha recato in italiano. Ma concluderemo questo rapido esame della sua poesia sottolineando appunto lo apporto genuino dentro ai con– fini della nostra tradizione. da– to che non si deve dimenticare che poesia non può dirsi euro– pea o ,nondiale se prima non sia i··· ·....,amente e profonda– mentr ''eliana Lungo l'incantata campagna vesuviana sfatta di luce, ci ac– compagna Michele Prisco a sc0- prire la grazia della sua • pro– vincia addormentata•: ,___________________________________________________________________________________ ...;.,movimento turistico nella zona. GIORGIO VECCHI

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