la Fiera Letteraria - XI - n. 27 - 1 luglio 1956

Domenica 1 luglio 1956 L~ FTERA LETTERARIA Pag. 3 «~uSILENZ][O,NEL TUO SEPOLCRO DEPONGO - VOCE AR§A, PENNA CilECA E TRil§TE MANOH~>► TRECLASSICI SPAGNOLI Villamediaua (15~~-16~~) Don J uau de Tassis. con– te di Villa.mediana, e mes– saggero di Sua Maestà • (che era Filippo IV), è tra le figuTe piU. vive e interes– santi deL secolo d"oro lette– rario spagnolo. Nacque nel 1582, morì il 21 ·agosto 1622 - assassinato, si disse (e fu cantato poi in. un rom.antico • romance • dal Du.qu.e de Rivas). da un sicario del re geloso dei suoi pretesi amo– ri con la f'egina. Madame d'Aunoy ce lo descrive cgio– vane bello, ben. formato, ar– dito. generoso. galante •; sappiamo che era amante del1e arnii antiche, di pittu– re e cavalli; che protesse Gòngora; e che nell'opinio– ne det volgo era, addirit– tura, profeta. Uomo morda– ce, la fam.a e presto la leg– genda delle sue risposte e stravaganze to accompagnò in vita e crebbe in morte; si sa che fu esiliato per aver scritto satire contro i grandi della corte. DeLL'a– more per la regina Isabella di Borbone. forse è vero s oltanto ch'egli ded.icò a lei i su.ai sonetti. La p oesia di Villam.ediana si presenta sotto tre diffe– renti aspetti. E' gongorina nelle favole (di Feronte. della Fenice): ingegnosa. elegante. fine, nei versi sa– tirici e brevi: grave invece, profonda, spesso dolorosa e patetica nei sonetti di me– ditazione e amorosi, nei qtL~ li la su.a più intima e auten-– tica natuTa p oetica trovò e• spressione. I su.ai temi sono quelli tipici del b arocco e pTopri poi di Quevedo: lo amore e il sentimento del pessimisn~o. della disilhuio-– ne, della sfiducia rtello spet– racolo del mondo. Quevedo portò a un punto estremo qu.ei temi e amore e senti– me nto del disinganno ebbe– ro in lui un appassi.anato e fedele cantore. Nel pessimi– Smo. Villamediana è vicino a Quevedo; ma il tono della sua lirica amorosa è diver– so: è una lirica petrarche– sca. platonica,.di contempla– zione e quasi di metafisica amorosa; e affidata a un lin• guaggio per nulla conven– zionale. m.a immediato. comr mosso. un linguaggio di sen– timento. n poeta e critico spagno– lo Luis Rosales definisce a• cu.tamente questo tono, tro-– vando in Villamediana e nel ·suo amico fraterno e delica– to poeta il conte di SatimI1 una stess a , r isonanza gaT– cilasiana.. u.na t-riste serietà dello stile, com.e una mano semp-re stretta sopra la feri– ta•; e opponendo la loro grazia spontanea, la e crea– tura viva • della loro poesia anli artifici, anche se splen– didi, del culteranesimo. FRANCESCO TEi'o'TORI * del Eneina (1469-1530) Juan del Encina - e pa– dre del teatro spagnoLo • se– condo la comune definizio- :oe;e e ec:;~~I:~t~at~'::~~i~:: 1 so_, come i migliori critici affermano - fu anche dota– to e abbondante poeta liri– co. Nato a Enci-na presso Salamanca nel 1469, studiò in quella celebre Uni'versi– tà, dove tradu.&se le eglo– ghe di Virgilio e se-risse i suoi primi componimenti. Musicista, fu a Roma alla corte di Leone X, e poi, presi gli ordini religiosi, visse sempre fra la Sapg-na e Roma, dalla quale si se-n,– tiva foTteme-nte attratto. Spirito libero , ebb e in età. matura u.na cri.si religiosa. che lo por t ò pel legrino a Gerusalemme. Dopo ii suo ritorno mancano notizie certe delle sua vita; mori fra i! 1529 e i! 1534. Il grande critico Menén-– dez Pe!ayo parla per la li– rica di Juan del Encina di un e felice connubio di mu– sa popolare ed erudita•, alludendo ai • villancicos •, canzoni a ballo di gusto po– polare e di origine medie– vale. composte di strofe di ottonari, settenari o senari alternati. nei quali l'arte di questo poeta brilla maggior– mente. I .. villancicos • di Juan del Encina sono fra i componenti di niaggiore fre– schezza e grazia che la let-– teratura spagnola vanti; il loro legame con la mu.sica composta per essi è tale, da apparire incompleti .senza di essa. Questa musica, rima.– sta ignota fin quasi ai no– stri 9iorni. fu scoperta dal compositnre sp~qnolo Fra1v cisco Barbieri nel .. Cancio– nero ,nu.~;cal,. dei secoli XV e XVI. Juan del Encina è dunque poeta di qualitti e natura es• senzialmente musicali. Le doti unanimemente attri– buitegli sono un'immaaina– zione fresca e viva. una ve– na comica prh-a di a~prez. za. innenuitti di sentimento, e anima d1 poe_ta popolare. Il critico prima citato par– lava del .. germe benefico e mistedoso della canzone po– polare 11: da quel germe, sempre fertile nella lettera– tura spagnola, nacque tl frutto denso e succoso della lirica di Juan del Encina. Conte rli Villa111ediana Alla vita cortigiana Ben poco deve al suo tempo chi è nato nella sterile terra dei nostri anni, dove, prem.iaza la colpa e gli in.ganni, iLlanguidisce il merito. schernito. Essere un vano anelare perduto e naturale rimedio agli estTanei, a vvertl'Te le offese con il danno, e dovere, l'offeso, ringraziare. Macchi11a d'ambizione. applausi d'ira, dove il gi1tsto timore solo è vero di chi avvertendo il danno si ritira. Violenta adulazione: scaltro i11trigo violando fede dettero al mentire forza di legge e maschera d'ardire Silenzio, 11el tuo sepolcro depongo voce arsa. penna cieca. e triste mano., perchè il dolore 1nio non cmtti invano, at vento dato e suu:arena scritto. Tomba e morie d'oblio ormai do·mando, ca.rico di consigli più che d'a11ni, arreso solo a for:::a di ragione, cedendo al tempo ciò di cui mi spoglio. Limiterò desideri e speranze., e nel cerchio di 1m chiaro disingan·no confini brevi porrò alla 1nia vita, affinché 11011 mi vinca1io le insidie tese da chi, .~olo intento al mio danno, mi spinse ignaro a sì pro~vida fuga. Ai presagi del giorno del Giudizio Ceneri che attendete quella tromba per riunire le forme <lisg-regate. con ctLi al Giudizio sara.nno chia·maie le ani me pU .re con gloriosa po1npa, il tem.po in ci,i la voce di Dio ro·mpa i sepolcri e le tombe pi-ù pesanti perchè ne usciate u nite e depurate sotto forma che il tem.po non corrompa, non può esser lontano, se già è cena quella confusiorte, i! cui tttmu.!to dovrà desta·r gli spiriti dormienti. E questo giudico sia da stnpire e sia già tra. i prodigi di quel giorno~ vedere morte le cose immortali. Sonetti amorosi Chi sarà. fortunato sarà amato, ma in amore io non voglio aver fortuna. perchè fortuna per il mio sen.tire è L'essere da voi tanlo sdegnato Solo servire. senza esser pre1niato; il fortunato é quasi grossolano: tntti per for=a perseguono il bene: ma io seguo il bene senza esser forzato. Non nti occorre fortuna per ama-rvi, e di voi anw ciò che di. voi intendo, non quel che attendo, perché nulla spero. Conoscervi nti porta ad adorarvi e -solo per servir vogUo servirvi; nulla voglio da voi, se non amarvi. 2 Oh quanto in SlW favor dice chi tace! ché d'ama.Te soffrire è certo indizio. e il silenzio è il più puro sacrificio. dove sempre l'am.ore merito non trova. Mori.Te in sua passion senza svelarla è di chi ama il vero e solo ufficio, ché di se stesso un pianger sflen:ioso tanto più parla quanto meno osa. Solo chi tace 01nando amando nwore, ché chi. si svela 11011 sarà riamato, più ama. chi ·men dice e più. desia. Ché se il silenzio rnio non v'ha parlato, altro non posso dirvi, e quando io muoia altri dirà q11el10 che io ho taciuto. 3 Cessino le ansie m.ie disingannate dal trop po lungo e t enace anelare, cessino i.nfi.ne le speran:-e 1nie, deluse p rima ancora che formate. Non già schern ite, però si an1monite toccheran le m.ie voci orecchie pie e i 1niei occhi vedTan110 un sole e giorni fatti di ore giammai adulterate. Di queste onde il chiaro movimento è specchio eh.è mi ,nostra nel più puro vetro delle sue rive il mio castigo. Ché solan,ente restano sicuri al ,nio lamento il tribuna! del venio, alla 'mia sorte uno sperare oscuro. Forse la più sublime sfera tocco delle orbite d'amor, e provo e sen10 un infelice e triste avvilimento che a un'imperfetta pena so! dà vita. A ·molto si dispone, e poco vola l'ardito e non a·rreso mio pensiero .. ben timoroso per essere audace. e prr non esserlo ben temerario. Oh labirinto, oh confusione. oh inganno! in c-ui sono, elle soffre, e che perseguo. senza fede i! rimedio e grave il danno. Dove il mio f ato infelice e nemico è l'oracolo orm.ai di un disinganno che volle esser rimedio e fu castigo. 5 Torno dì n11ovo a provare, fortuM, gli effetti della tna ira aggravati, torno con triste scienza ad osservare i vari ·movimenti di tua luna. Lascerò le speranze ad una ad una, male esse, ma riusciti i lo-ro avvisi, nientre ira inganni ormai dish1ga·,nial.i a1nbizioso anelar 11011 1n'i1nporiu11a. Sono ragione per me le ingi11s1i:ie, e in muta sofferenza a volte leggo notizie date in tempo del mio danno. La1nenl.i tacerò, berrò passioni, perché ancora una volta il mio sperare del disinganno 11011 varchi la soglia. A una dama che cantava La peregrina voce e il chi.aro acce1110, da u11a dolce gola liberal o. per il soave affetto dell'udito. ben può sospendere ogni tormento. Ma il n11ovo fenomeno ch'io sento cela un altro mistero non inteso. ché nel momento d1 maggiore gioia trova causa di pena il sentirnento, Vari gli effetti, perché il canto stesso lascia, nello stupore con etti aliena. saggio il delirio, folle la ragione. E per nuovo miracolo od i11canto, qnando la voce piti dolce risuona, con echi di dolore l'alma tocca. (Versioni di Francesco Tentori! Jf Garcilaso de la Vega DaJla prima egloga (pal'la Nemoroso) Correnti acque, pure. cristalline, alberi che vi rin1irate in esse. ,·erde prato CD fre.sca ombra pieno, uccelli che diffondete lamenti, edera che sugli alberi cammini torcendo il passo nel loro verde seno: tanto lontana allora e,·o da questo male, che pieno di contento la vostra solitudine godevo, e là con dolce sonno riposavo o con il mio pensiero andaYo errando dove solo trovavo care rnemorie piene di letizia. E in questa stessa valle, dove adesso mj rattristo e mi ~anco, nella quiete io già stetti. contento e riposato. Oh ben caduco. fuggevole e vano! Ricorda che, dormendo breve ora. qui mi destavo con Elisa accanto. Oh miserabil fato! Oh tela delicata. prima del tempo data all'affilato taglio della morte! Sorte più conveniènte ra agli stanchi annri di mia Yita 1 ch'è più dura del .ferro. poichè la tua scomparsa non l'ha infranta Ahi! dove sono adesso i chiari occhi che dietro .si traean. come sospesa, Ja mia anima, ovunque si volgevano? Dov'è la bianca mano delicata. colma delle \'ittorie e delle spoglie che di me i vinti sensi le porge,·an? I capei che guardavan con gran dispregio l'oro, come minor tesoro. do,·e son ora? dove il molle petto? E la colonna che il dorato tetto con graziosa alterezza sosteneva'! Adesso tutto questo giace chiuso, per mfa triste ventura, nella fredda. deserta e dura tecra. Dalla terza egloga Presso il Tago, in un luogo solitario, di verdi salici si leva un folto. tutto d'edera rjvestito e pieno. che per il tronco va fino alla cima. e ta'lto la intesse e la incatena che il sole non può giungere alle fronde; là con un suono l'acqua bagna il prato, allegrando la vista e insiem l'udito. Con tanta quiete il cristallino Tago in quel luogo appartato camminava. che gli occhi appena avrebbero potuto discernere la via ch'esso seguiva. Pettinando i capelli d'oro fino. una ninfa dall'acqua ove abita,·a levò la testa. e vide il prato ameno tutto di fiori e di fresc·ombra pieno. Le piacque il sito ombroso, il mite vento, il molle odore del fiorito suolo. Gli uccelli in quel fresco e quieto luogo vide fermare il faticoso volo. Asciugava il respiro della terra il sole acceso alla metà del cielo. Enrico Paulucci: « Paesa.ggio mediterraneo» Juan del Encinq Villancico Poichè ami. triste amante, dhnmi. che cosa è amore? E' an1ore un male che uccide sol chi meglio gli obbidisce. male che peggio maltratta · ohi merita minor male, favore che fa<vorisce chi lo merita di meno. E. amore una passione di desio desideroso. dove manca la rag10ne quando più è pericolo.so, ed è un diletto mentito adornato di dolore. E 0 amore un tale potere che fo1·za la volontà; dove esso mette a1nore sempre toglie libertà; e più fermo è il suo dominio quando finge disamore. E. una fonte da cui sgorga acqu~1 insieme dolce e amara. che per alcuni è ben sana. per altri pericolosa: a volte di gran sapore, altre senza gusto alcuno. E 1 rosa in mezzo alle spine che nasce in ogni ,stagione, quando gli occhi sono vinti con il consenso del cuore, si coglie co:1 gran passione, con pericolo e timore. Fine E' una bevanda composta di un piacere e mille pene, stemperata con gran cura in altre 'mille sventure. che se tu a berla t'azzardi morirai, e non bai grazia. Chiuse ormai sono le porte di mia vita e la chiave s'è· smarrita. Cosi beo chiuse le tiene il custode dell'Amore; e nessun Limare prova che da me siano forzate. Ormai chiuse on le porte di mia vita e la chiave s'è smarrita. Porte sono i miei servigi. la serratura è l'oblio, la chiave che s'è perduta è perdere i benefici. Fuor dai cardini così è mia vita. e la chiave s'è smarrita. Misi la vita in potere di quella che empre amo; ma, me triste. se la chiamo, ora più non mi risponde. Col suo potere mi chiuse ogni uscita, e la chiave s'è smarrita. Fine La servii con tanta fede, quanta non ebbe nessuno, ed il premio che m; dette fu il peggiore d'ogni altro. Mi chiuse non so perché ogni u cita, e la chiave s·è smarrita. Villancico E. 1neglio cambiare piacer con dolore che star senzlamore. Dov'è caro stare è dolce morire; vivere in oblio vivere non è; chè megho è soffrire t01men to e dolore che star senz'amore. E' vita perduta vita senzlamore. e più che la vita è l'uso di essa: ché meglio è penare e soffrir dolore, che star senz·amore. La morte è vittoria dove amore vive; ché spera aver gloria chi soffre passione: e più vale il peso di tale dolore, che star senz'amore. Colui ch'è più afflitto più gode d,amore; ché la troppa pena gli toglie Il timore: e -sempre meglio è amar con dolore che star senz'amore Non teme tormeot; chi ama con fede, purché il suo pensiero abbia un fondamento; ché se questo c'è, meglio aver dolore che star senz·amore. Fine Amor che non pena non chieda piacere. ché già lo condanna il suo poco slancio: e meglio è cam-biare piacer con dolore che star senz'amore. Villancico Me triste. ché vengo trafitto d'amore ben ohè sia pastore! Quanto meglio era non gire al mercato. che così tornarne tanto innamorato. ché vengo iolelice e vinto dlamore, bencbè sia pastore. Vendevo formaggi, vidi ,una donzel:la; volli corteggiarla, ma se ne andò via: quasi mi uccideva, già vinto d'amore. benché sia pastore. Con ocohio allettanie la g.uardo, mi guarda; io non so chi fosse. ma certo mi piacque, e andò via e l,asciommi trafitto d'amore. benché sia pastore. Della sua presenza restai desioso. restai senza fiato e senza riposo, dolente restai e vinto d'amore. benché sia pastore. Ora si che credo corta la mia vita, da come mj accorgo ch'essa si trascina. La mia morte è giuntu. trafitto d'amore, benché sia pastore. Non avendo essa non curo più vita, poiché io per essa me stesso ho in dispregio e infelice vivo, e vinto d'amore, benché sia pastore. Romance Su per le gole scoscese di montagna molto scura camminava il cavaliere to1mentato dalla pena: il cavallo lascia morto. lui a piedi alla ventura, andando di monte in monte ché della via non si cw·a, fuggendo dalle foreste. fuggendo dai luoghi freschi, si mette in mezzo alle macchie là dove sono più fitte. Le mani porta legate. a lutto porla il vestito. gli occhi sono fissi a terra, sospira senz.a misura; dalle lagrime bagnato, mortale la sua figura, il 5UO bere e H suo mangiare è di pianto e d1 dolore. perché né notte né giorno mai non dorme né riposa: lontano dalla sua amica per la sua grande ~ventura a poterlo consolare non basta mente e saggezza. facendo vita stentata, più stentata egli la cerca, perché i cuori se son tristi ogni bene hanno in dispregio. (Versione di F. Tentori) t.:.A.HCJL_\_SO (1501-J 5:16) Garcilaso de la Vega, il giudizio sull'uomo definisce PetTarca spagnolo, nacque anche la lirica di Gareila.so, a Toledo, di nobile famiglia, che è tra le più delicate e nel 1501. Fu al seguito di. insieme compiute di cm s1a Carlo V; cavaliere e corti- dar.o godere. La sua ispira– giano perfetto per valore, =ione. malinconica ed elegia– bellezza, cortesia e cultura, ca, si v al.~e dei temi e delle incarnaua veramente l'idea- corni.ci cla.sriche: Teocrito e le det suo temp. o. Com.battè I Virgilio, Petrarca e _Sannaz– a Olta.s. a Rodi, nella Navar- zaro, sono i poeti più vicin.i ra: fu in esilio a Schut sul alla su.a sensibilitci. L"ererna Danubio; assolse missioni zampogna del poeta-pastori?' in Francia e in ltalta, che . risuona nel paesaggio di conobbe e amò nei suoi poe- I Garcilaso, dove le immagim ti e lette.rati: il Telesio. il I di acqua e _salici, prato e :'e~:::~z~~ 1 ~ :n;.~ ~1tu~!:: i ~~~; :;;,.i~~f·f:i~a 0 r:~~ = il su.o frutto nell"introduzio- ralla soave musica del verso, ne ch.'egli fece, assieme a I compongono un idillio di in– Juan Boscà11, delrendecasil- j superabile e casta bellezza. labo nella poesia spagnola. Nel . prezioso libro • Al Sposò Elena de StU.iiiga; margen de los cl3sicos •, amò profondamente, invano. Azorin parla di e u.n'emozio– habella Freyre, sposata ad ne. una lontanan.:a ideate> Antonio de Fonseca e morta eh.e si sprigionano dai uersi giovane. Anche Garcilaso di Garcilaso. Quell'emoz ione mori giovane, a trentacin.- e quella lont.ananza. vit.as– que anni. all'assalto del for- sima sempre, .sono il seg no te dt Muy in Provenza. I inco7:fondi_bile d~CTa grazi~ Scrisse H errera: e Garci- poettca d1 Garcrlaso. e tl laso es todo elegante y pu- V?lto proprio della sua li– ro y terso y generoso y dul- r1ca. cìsimo >. Qu.e.~10 stupendo , FRA1'-iCE CO TE!'\TORI Nel si!enzio soltanto .s'ascolta,·a Un sussurro di api che suon-a,•a. Dai Sonetti: Sonetto quinto Nell'anima sta scritto il ,·ostro aspetto, e quanto di voi scrivere vorrei; ma voi sola scrivereste. io solamente leggo, ché anche in questo vi assecondo. Tal sono -adesso e tale sarò sempre; tutto non m'entra quei che di voì Yedo, di tanto ben ciò che mi sfugge credo, e così fede supplisce a intelletto. Io già non nacqui se non per amar\i; ranima vi ha tagliata a sua misura; per abito dell'anima \'i amo. Di quant'ho, tutto confesso do,·ervi: per voi son nato, per voi ho la vita. per YOi debbo morire. e per voi muoio. · Sonetto decimo Oh dolci pegni. per mio mal trovati. dolci e Ielici quando Dio voleva! Riuniti state nella mia memoria. con e a alla mia morte congiurati. Cbi mi diceva, nell'ore passate, quando voi mi davate tanta gioia. che ripen-arvi, un giorno non lontano, sarebbe stato sì fiero dolore? Poiché in un punto tutto mi toglieste H bene dato per sl breve tempo, prendete,i anche il mal che mi lasciaste. Se no, sospetterò che mi- poneste in tanto bene. solo per vedermi ora morire fra memorie tristi. Sonetto undicesimo Oh belle ninfe, che poste nel fiume, abitate contente le dimore di rilucenti pietre fabbricate e da colonne di vetro sorrette; sia che voi stiate lavorando asso:-te e tessendo le tele delicate, sia che le une con l'a1tre appartate le vostre vite e amori ,-i narriate; lasciate un poco il lavoro, le,·ando le vostre bionde test.e a rimirarmi, e molto certo non v'arresterete: ché o non potrete. per la pena. udirmi, o convert,to in acqua m_entre piango potrete là o,·e siete consolarmi Sonetto ventitreesimo Finché sul vostro viso si diffonde il colore del giglio e della rosa, ed il ,·ostro guardare ardente. onesto, accende il cuore e insieme lo raffrena; finché i vostri capelli, nella vena dell'oro scelti! con volo improvviso, per il bel collo candido ed altero il vento muove, disordina e sparge; di \'Ostra lieta prima,·era il dolce frutto coglieie, pria che il tempo irato copra di ne,·e l'amabile cima. Appassirà la rosa ìl freddo vento, e tutto muterà l'età veloce, per non far mutamento al suo costume. Sonetto trentaduesimo Sono sempre di lagrime bagnato. e r<:>mpo sempre l'aria con sospiri; e più mi duole il non osarvi dire che per voi sono giunto a questo stato; ché vedendo ove sono. e quanto ho errato per lo stretto cammino del seguirvi, se \'0glio volgermi alfin per fuggirvi, vengo meno. al veder quel ch'ho lasc>ato: e se provo a salire all'ardua vetta. ad ogni passo per via mi spaventa l'esempio triste di chi là è caduto. E, peggior male, già mi manca ìl lume della speranza, che mi accompagnava per l'oscura region del vostro obJ.io. (Versioni di Francesco Tentori)

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