la Fiera Letteraria - XI - n. 26 - 24 giugno 1956

l>ag. 4 Domenica 24 iriu!?nO 1956 .L~LCLNE PAGINE DEL NUOVO RO1'tIANZO DI GINO 1'tIONTESANTO Di H a pochi giorni Ugo era partito per Ravenna. Alla visita di controllo l'ave– vano fatto subito abile. E Giuliana ri– prese fiala, ebbe l'Illusione di essere sal– va. l\Ia ogni mattina - dal giorno dopo che era partito, quando inattesa le giun– se la prima lettera di Ugo, - aspettava con un'ansia che voleva celare a se stes– sa. il postino: e leggeva. rileggeva più ,·olle .il grande foglio azzurro che pun– tualmente arrivava dal distretto mili– tare di Ra,·enna. S'era tuttavia proposta di non rispondere e manteneva la pro– messa. UIELO o uso Finchè una mattina se lo vide davanti sul terrazzino, Ugo, con gli occhi che gli brillavano di gioia, la barba lunga e l'impermeabile sporco. Più scervellato. più appassionato di prima. - Ma che t'è successo? - gli chiese spaurita e felice richiudendo il porton– cino. - Perchè non hai risposto nemmeno una volta alle mie lettere? - Ti ho chiesto che t'è successo. Per– chè sei qui. con questa faccia. Egli tentò di abbracciarla. ma Giulia- na era già sull'avviso e schivò: Non fare lo sciocco. Parla. Lasciandosi cadere sulla poltrona, dis– se con un certo sussiego: - Sono scappato stanotte. Durante il bombardamento. - Pazzo! - In tanti siamo scappati. - Ma perchè? E ora? - gli chtedeva ansiosa. - Non pote,·o più stare: m'hanno ac- cusato di a\'er sobillato i comp>1gni. - E' vero? parla! - 'o perlomeno non del tutto. - Ma qui non puoi restare. Ti cer- cheranno. I carabinieri vanno nelle case e chi trovano, i tedeschi li mandano in Germania. - Vuoi che non ~appia? E allora? - Non lo so. Andrò ... andrò coi ban– diti coi fuori legge. come li chiamano. In 'montagna. - Ma non sai cosa fanno i tedeschi a quelli? Che stai dicendo? - Al muro, no? Bisogna vedere se riescono a prendermi - fece con sicu– rezza. con uno sguardo nuovo. deciso. - Ma è terribile quel che dici! Non pensi? Ora egli era calmo cd era lieto. gioioso della scoperta trepidazione di lei. La guardava sorridendo e spinto dal desi- derio le si accostò. , - Non fare lo stupido! - esclamò lei indispettita. Ma lo seguì nei movimenti mentre si liberava del soprabÙo e con voce che tradiva l'angoscia: - Tre gior– ni fa in campagna hanno ammazzato un ragazzo della tua età, Ugo. Fuggiva per i campi perchè non voleva andar con loro. Egli alzò le spalle: - A Ravenna ne hanno tenuti tre in piazza. per una set– timana, appiccicati ai lampioni. Per far– celi vedere bene. Erano bluastri quando li hanno tolti. Un giomo ha piovuto e quei cadaveri inzuppati, striminziti, co– lavano acqua da tutte le parti.· Mi sem– bra di essere ancora in Jugoslavia. Ma questa volta, gli jugoslavi siamo noi! e iroso si diresse verso la finestra - Una verg~gna! - esclamò .:__ E' insopportabile. barbaro questo! Non è possibile che ai tedeschi sia permesso tutto, qui. in casa nostra! - Quietati, Ugo. Non serve a nulla tanto. - E gli andò vicino. Il sentimento prorompe,·a in lei. avreb– be voluto abbracciarlo. Ebbe un momen– to di esitazione. la mano restò immobile nell'aria. Ma poi gli accarezzò i capelli arruffati, il viso con tenerezza, con ab– bandono. Quel ragazzo da un giorno al– l'altro poteva anch'egli essere ucciso fa– re una brutta fine. Ed ora vedeva chiaro che sarebbe stato terribile per lei. Ugo l'abbracciò con forza. le cercò la bocca. Ma d'improvviso scoppiò a pian– gere. - Che fai. che fai. s.ei un bambino? - gli mormorava all'ore cchi o e con una mano gli carezzava ancora i capelli ispi– di, ari<li. - Che ti succede? - Non so. non so. - Su. u, sfogati. liberati parla. di tutto quello che vuoi. - Non mi pare vero quel che sta suc– cedendo: è come se tutto fosse un sogno - fece lui più calmo -. Ravenna, il ser– vizio. l'istruzione; quel che ho fatto nei giorni scorsi. la fuga stanotte mentre bombarda vano. - Ora ti nasconderai. ti metterai al sicuro. Non preoccuparti. Sei stato a casa tua? - le venne di chiedergli. - No. - Non sanno ancora niente i tuoi? e si' staccò stupita a guardarlo. - No - mormorò ancora. - Vuoi che vada io da loro? chiese premurosa. senza più remore. - Oh Giuliana, sono felice! escla- mò stringendola - Finalmente! Sei diventato pazzo? Che gridi? Non fingi più - e la strinse an– cora a sè con \'eemenza: - Pér sem– pre. Giuliana, per sempre. Sempre - ripetè lei sottovoce, mec; canicamente. ,e Cioè fino a quando? >, si chiedeva dubbiosa. inquieta del futuro fissando il quadro arpe o alla parete di fronte. - Ugo. che accadrà? - e si avvinghiò a lui percorsa da un tremito di paura. on lo so quei eh~ accadrà. Giu– liana. Nemmeno quel che faremo doma– ni possiamo prevedere. Ma adesso sono felice, con te. - Nemmeno quei che faremo domani - scandì arresa, sottovoce. * Ugo dovette fuggire una settimana dopo. Suo padre era corso a casa quella mat– tina. per a,·visarlo che i tedeschi face– vano sul serio: subito. subito doveva scappare senza perder nemmeno cinquP. minuti. potevano arrfnire da un mo– mento all'altro. E fu cosi che senza un piano ben preciso. non vide _altra. scelta che recarsi in mezzo alle saline d1 Cer- na. distanti sette, otto chilometri. Là, tra i canali. le risen·e. nelle distese di sale. tra le \·a che che l'inverno gela– ,·ano. in qualche capanno solitario, for– se i tedeschi e i fascisti non sarebbero venuti. Soltanto a Giuliana disse dove andava. *" Ai primi di dicembre, l'auto colonna italiana. carica dj volontari. attraversò i paesi diroccati e fY)lverosi sulla via che da A,vellino porta a s. Maria Capua Ve– tere. Trentini divenuto intrepido. in– fiammabile. come se finalmente qualco– sa in lui si fosse rotto, alto sul camion. tra gli sguardi increduli della gente op– pressa dalla rovina, dalla miseria. dalla occupazione. brandendo il tricolore che garriva al vento. incitava i compagni al canto. Invano chiamò più volte Nicola che assente al cc,mune entusiasmo. sede– va muto, sballottato in un angolo. Egli guardava le rovine, i crateri delle bom– be. la popolazione miserevole, i muri diroccati su alcuni dei quali qua i a dileggio per tutti. ancora si leggevano le frasi mussoliniane. Sembrava come in– cantato dalle carovane di macchine ù1e incessantemente percorrevano la strada, dai ,,isi tetri della gente. dall'estrema e irrimediabile rovina che dominava su tutto. Qualcuno tra la gente mal messa e :n– tristita, alla vista di quelle poche ban– diere italiane al vento nel trambusto c.!ei mezzi alleali che procedevano lenti, chie– deva appena inr:uriosito: - Dove andate? - Al fronte! al fronte! - aveva gri– dato più volte Trentini cui aveva fatto eco il coro degli altri \'olontari. _ Sveglia! Sveglia! esclamavano scal– manati quei giovani generosi sporgendosi dai camion quasi per scuotere l'indolenza tragica che era un po' su tutti i visi di quelli che assistevano muti alla lenta s[,– lata tra il gorgo degli altri automezzi. tra il continuo mugollo dei clacson. Ma la sera l'autocolonna giunta nelle retrovie del fronte. azzittì. stanca e come oppressa. Nei momenti di sosta .e d'inattesa cal– ma. Nicola ascoltava gli echi_ n:in~cci0si di potenti e innumerevoli art,ghene lon– tane. là per le campagne buie, dove guiz– zavano i piccoli fuochi degli . accampa~ menti dove oqchieggiavano 1mprov,ns1 i fari 'di tanti automezzi invisibili. Sedu– to sul camion scoperto accanto ai cvm– pagni mogi. rauchi per essersi tanto sgc,– lati ad inneggiare a cantare. g~ardavn il freddo cielo stellato. distingueva voci straniere, ombre indaffarate, piovute, l da ogni parte de] mondo. che si criama– vano comandavano. imprecavan J nella loro 'lingua contro la guerra e l'Italia. E gli parve che tutti quei giovani che era– no con lui. su quei camion amer;r:a:ii guidati da negri, non fossero, mag~ri in– consapevolmente. che poveri s.1ldati di ventura. mercenari nella lort> st~:;B-ater– ra: null'altro. E un sordo. im1:r.tenie tli– sprezzo gli saliva dall'intimo a quello spettacolo miserando. Quando poi giun– sero ai piedi di un monte sconosciuto. quel sentimento gli si riaccese all'udir~ i negri. cui davano il cambio come trup– pe di linea, che passandogli accanto_ nel buio mormoravano: - Finalmente, final- mente! S'inerpicò lento, seguito dai tre com– pagni di squadra su per il monte sassoso. c~nteso tra alleati e tedeschi. finchè potè raggiungere la piccola postazione dove ancora sprigionava l'odore dei negri, l'odore di un esercito straniero. Di lì s'intravedeva giù nella valletta a sini– stra, un ponte ferroviario spaccato con le rotaie che sporgevano nel vuoto e di fronte. un pullulare• di tenebre da dove, da un momento all'altro. pote,·a apparire una pattuglia tedesca. Groppe di monti più alti, di cui riusciva a fatica ad in– dovinare i contami. chiudevano tutto l'orizzonte: e su ognuno di quei mon!i erano appo tali i tedeschi. Laggiù nel buio. nascosta da altre colline, doveva esserci Cassino, prima mèta dei prossi– mi attacchi. Terminato il suo turno. 'i– cola prese subito sonno contro un masso e quando lo svegliarono era ormai l'alba, La serenità del cielo sembrava divenisse Più opalina e tutto il panorama si sve– lava Più nitido a lui che. indolenzito. intorpidito, con la bocca patinosa e riar– sa, il viso come coperto da uno strato oleoso. girava attorno gli occhi. « Perchè sono qui? » si chiedeva ancora confuso élal sonno. Ebbe ]a sensazione precisa d: essere al fronte, in prima linea ed ebbe paura. << Se mi ammazzano? » Ora. nella po tazione,· non erano che in quattro. senza più l'appoggio segreto di sentirsi in molti e difesi l'uno dall'altro. « Che cosa sono venuto a fare fin qui? »; gli altri due compagni che ~\'evano finito il loro turno. s'erano già addormentati. Ventiquattr'ore dopo, all'alba. fu avvi– sato che bisognava attaccare. Nicola, in 'q,uella mattina n~bbiosa, di– steso in mezzo agli a1 tri compagni. tra rocce spuntoni cespugli. in attesa che il tenente desse l'ordine di muoversi. e mentre ul cielo rotolavano di continll') i proiettili delle artiglierie che prepara– vano l'azione. aveva una estrema sen– sibilità per ogni parte• del proprio cor– po: sembrava s'accorgesse soltanto ora dell'importanza che avevano le sue gam– be, le sue braccia. il suo viso. Muoveva leggermente, quasi per assicurarsene che funziooa•vano ancora. una gamba e po! l'altra: stirava un piede, alzava la spal– la. respirava più forte. si guardava con un interesse. un amore mai avuto, 1e mani sporche che stringevano il mitra, i peli. i pori della pelle, le unghie mal curate. Tutto in lui avrebbe potuto fi– nire fra poco, fra un·ora, mezz'ora, con un colpo ben assestato. E si fissava ad os- servare la lancetta dei secondr del suò orologio. come se per ·1a prima volta in vita sua avesse il senso del tempo che passava inesorabtle e che per lui potèva troncarsi da un momento all'altro. Pòi alzava un po' il capo per vedere i com– pagni più vicini, seminascosti dagli el– metti: pochi metri più avanti. dagli scar– poqi che erano stati i suoi ed aveva cam– biati con lui, riconobbe Trentini. Lo chià– mò sottovoce e quello si volse sorridendo tacendogli un segno di saluto con la ma– no e poi: - Si facesse presto. Sono tutto indolenzito - mormorò. Nicola conside– rò con rimpianto che forse non l'avrePbe più visto se tutto andn,·a bene come pro– gettava, quel ragazzo. E si senti un po' colpevole di fronte a lui e ai compagni che gli stavano attorno. parecchi dei qua– li forse in quella mattina potevano mo· rire. E perché morivano? Si ricordò délU frase generosa di Trentini. disléso su: pagliericcio: « Mi sembra di faclo per l'Italia e ci \'ado volentieri. Anche se sbagliassi ... » Nel cielo continuavano alti a viaggiare i proiettili. Quando final– mente le artiglierie tacquero sulle loro teste. il tenente dette l'ordine. Nicòla si mosse coi compagni a piccoli sbalzi néllà nebbia. Tutto andò bene, in silenzio, fin– chè d'improvviso Ja foschia densa nelfa quale erano riparati. non scomparve. Gli elmetti tedeschi allora i muovevano tra i sassi a non p1ù di cinquanta metri: egli, nascosto dietro un masso. li védeva cur– vi sulle postazioni, sparare accanlti. ve– deva le loro braccia scagllare bombe • mano. Aveva il mitra puntato, pronto senza sicura, con i caricatori a portat3 vide un'altra e poi un'altra ancora. Ed infine scorse un ragazzino che tranquil– lo camminava per la china. Lo chiamò ma quello, spaventato. si mise a correre. Lo sè~uì a distanza per un 'ora, senza chiedersi se avrebbe incontrato alleati o tedeschi. se poteva essere sorpreso da qualche pattuglia. E giunse cosi in una misèra casa di pastori. inerpicata su una collina. Li ottenne quel che voleva: un paio di calzoni. un giaccone. in cambi•J di lutto il danaro alleato che aveva con sè. - Devi far presto - gll diceva il con– tadino - da un momento all'altro arri– vano gli inglesi. Sei un bel tipo - bor– b6ttava - quelli che passano le linee lo fà.nllo all'incontrario. on ti capisco pro– prio! * Nicola. dopo giorni e giorni intermina– bili di viaggio, a piccole tappe estenuan– t,i con mezzi di fortuna. cercando di evi– tare tedeschi e fascisti per non dar spie– gazioni e non aver noie. sul .mezzogior– no del ventiquattro dicembre riuscì ad arrivare a Bellaria. Gli ultimi chilometri che lo separavano da casa decise di iar– sèli a piPdi. lungo la marina. per non incontrare gente. Il suo passo divenne più nervoso e veloce a mano a mano che il suo paese gli appariva laggiù un poco più pressimo e dietro di lui, le ue unicbe Orrr\e, sulla pura sabbia bagnata si fe– c!ro più nitide e calcate. Faceva freddo. tirava vento ma Nicola· sudava, non sa– Peva più!( controllarsi nell'ansia di arri– Varé e gli sembrava che le case. i villini. Introduzione a "Cielo chiuso " * Son passati quattro anni dal giorno i:ti cui Baldini, Fu.bini, Pancrazi, Palbztdch1. Valeri e gti altri guidici dtl prtmio Vtfl.tzia fumarono la loro scelta su e Sta in noi la giust izia» di Gi·no Mont.esanto. PtT quattro an.ni questo breve romanzo rima,e la pri• ma e unica prova narrativa di uno ,crit• tore che. per giovinezza e .saggezza insitme, non. ha avuto jreua e non ha temuto di tacere. Oggi .scopriamo che cosa m p:Jurpue i~ quel suo silenzio. Cielo chiu.so eh.e ap– parirà tra breve dall'editore Mau imo, di• scende certo dal primo libro, 111.a dopo molta strada sotterranea, e se il teairo è lo stesso famigliare pezzo di sabbia roma– gnola (il mare c'è anche, ma non è un mare di marinai), vi .si svolge un dramma più. grave, una compiuta trag~dia. La storia, come nelle vere grandi tTage. die, non ha lLna particolare originalità, è la storia di u11a famiglia, padre, madre e tre figli, tra il 1943 e il 1944: fascisti, tede– schi, alleati, partigiani, e&perienze tanto comuni da appartenere al passato di cia– scuno di noi. Ma quest.a volta il dramma imbeve una zona più va&ta, invade la fa– miglia stessa: cadono le fragili pareti di ideali fittizi, di convinzioni mediocri, di re. torica, e due fratelli, u&citi daUa &tu.ta ma– trice ideologica niussolinia·.ia, si tro vano di– visi da una scelta mortale e inevitabile. Se il romanzo &tacita da ogni pagi11Cl l'incredibile angoscia di quel ·tempo t riac– cende qualche favilla dal pa&&ato di ogni lettore, sa anche far rivivere le ragioni di quelle scelte, co&ì fondamentali ptr la 1to• stra storia successiva, e pur co&i u ·nili e concrete nei loro protagonisti - Nicola, perduto dalla SlLa incertezza e,tica, Ugo, co– stretto a divenir uomo d'un tratto, Giuliana, con la sua morte tanto più. grande dtllt1 sua vita -. E' questo è il merito principale, poetico e storfco, di un libro che ptr la prima volta scavalca la con.tu.eta lttttra• tura diaristica osando il TomOnzo a tutto di mano. ma non spara,·a. Rannicchiava la testa tra le spalle ad ogni scoppio vi– cino ed assisteva cosi alla battaglia sen– za parteciparvi: deliberatamente ormai, seppure più acuta ed evidente avessè la sensazione d'essere traditore. Vedeva i compagni sopravanzarlo. combattere gµardinghi balzando da sasso a sasso. tra il crepitio delle mitragliatrici. le gridn d'incitamento degli ufficiali, dei sergenti, tra lo scoppio lacerante e sempre più intenso dei mortai. Un soldato gli cadde quasi addosso, colpito. mentre balzava in un nuovo nascondiglio: udì il rantolo al– fannoso, poi vide il viso di quello scono– sciuto che in un supremo sforzo s'era mosso. Ma non aveva ormai più vita ab· bandonato col viso al cielo. non si la– mentava. In quell'assordante frastuono: Nicola salto sù e si buttò sulla sinistra. in una corsa pazza verso la valle, per allootanar;i dalla zona in cui si combat– teva. per andare verso i tedeschi. Saltò. corse, camminò tra i dirupi. solo. in mez– zo alla nebbia riapparsa e udiva sempre più lontani gli spari, gli scoppi, S'acca– sciò s1inito su un ma o incurante Eli tutto. Ascoltò il protrarsi della baitaglia per un tempo incalcolabile e poi s'assopi. Quando riapri gli occhi v'era una gr&n quiete intorno a lui e con meraviglia tese l'orecchio, ma non udiva nemmeno gli echi della battaglia. « Hanno finito? Che sarà successo? » Il cespuglio accanto vi– brava al leggero vento ed un muggi o sall dalla valletta. Udi un fruscio vici– nissimo. come df una persona che calpe– stasse degli arbusti per passare. Balzò in piedi imbracciando il mitra. ma stupito , ide spuntare tra i massi la testa di una capra. La bestia. lo fissava mansueta con– tinuando a masticare. Poco più io là oe Gino Montesanto tondo in una mnterin ahimè. cosi poco fan– tastica. Ma il rischio della cronaca fittizia e della costruzione politica è pienameme et,ilnf() da una ,·oc•ren:r, ideale. da una com.-. paui?ne vitale, da una sapienza d1 regia che 1l let.tore non potrà dimenticare. i tre campanili. i due bracci del molo. s'allontanassero come in un sogno. )'la quando, abbandonata la rin ed il ru– more del mare. egli s'infilò nella pineta umida, odorosa di 1esina. si mise a cor– rere_ fra i tronchi: scavalcò i cespugli. salto 1 !os~etti 1 imacciosi e• non si fermò slnchè non vide oltre il canale ,·iJlino. Le serrande delle finestre erano ancòra alzate e a pian terreno. nella cu– cina già accesa. la luce schermata. Disse a se st.esso che doveva dominarsi. ormai non si tratta,·a che di minuti. E riprese a camminare. gli occhi fissi a quella casa, con imposta lentezza. Però lungo la pas– sàrella deserta ebbe l'impulso di gridare, di chiamar forte sua madre. suo padre. Riusci a trattenere la voce. ma non sep– pe trattenere il passo. Om;e. corse fin– ohè ansando, sfinito e commosso. entrò io casa. Benito nella sala da pranzo sta– va traducendo un brano di greco. P01 àppar\'e sua madre. - E il babbo? E il babbo? - chiese disteso sulla poltrona a gambe aperte. dopa i primi momenti. - Dovrebbe essere già qui, ma lo fan– no sempre ritardare. La mamma gli stava di fronte. in piedi e s'asciuga\'a le la– crime col fazzoletto continuando a guar– darlo. ad esaminarlo amorosa - Lavora al comando tedesco - spie– gò Benito. - E Ugo? La ignora Emma scosse la testa alla domanda prevista e gli occh' le si em– pirono ancora di lacrime: - Uno aTri\'a è l'altro ... chi sà dov"è! - rill cì a bal– bettare. - E' fuori: è via - dis e Benito, un po' impacciato. - Da una settimana non si fa vivo. Ma è al icuro. Tacque un attimo continuando ad os- servare il fratello che ora. h testa ap– poggiala allo schienale, teneva gli occhi C'hiusi. Poi chiese: - Racconta come sei riuscito ad arrivare f'n qui. Dunque... vuoi dire che Ugo... esitò Nicola immobile. - E' nascosto i>er non farsi prendere dai tedeschi. s·udi la rnce della madre ora sul li– mitare della stanza: - Vedrai! Vedrai. figlio mio! Non so. no:1 so proprio come andremo a finire tutti quanti! - E perchè? - ma subito. quasi rin– correndo un pensiero che già doveva es– sergli sfuggito di mente, domandò: - Qui è stato fondato il fascio Repubblicano? - Si. - E allora perchè ... - ma nuovamente distratto. si mise a ridere: - Mamma, mi fai fare un bel bagno? Subito , caldo bollente! Gli era risorto infatti il desiderio di rivedere Giuliana al più presto. di pre– sentarsi a lei pulito. sbarbato. Parve ac– corgersi di un certo imbarazzo della ma– dre. del fratello e chiese più calmo: - illa come è accaduto che ·ugo ... Mentre Benito raccontava, egli posava gli occhi attorno, lentamente: sulle pa– reti. sui mobili. sui quadri. Sulla radio, sull'arazzo che copriva ,il tavolo centra– le, sul pendolo dell'orologio. che come fempre continuava a dondolare ritmico, sulla lunga starnpa del '700. Tutto era come prima, nulla. proprio nulla era cambiato Jì dentro. Ma ora, alle parole di sua madre. di Benito. che accalorandosi quasi a turno si alternavano per spiegar– gli meglio, per fargli capire tutto, na:– randogli Calli. citando nomi di gente fi– n'ora sopiti nella memoria. ricordando– gli strade. bottegbe. ca[fé. angoli, egli av– ,·erti che la confusione, la paura. l'in– certezza serpeggiava nel paese che egli ancora non aveva rivisto. e sopratutto erano penetrate anche in quella casa, in quella stanza. dove tuito gli sembrava esser rimasto come prima. Egli stesso ora si sentiva toccato da quella paura per la voce suadente. a momenti vibrata. in certi altri più smorta. di suo fratello mi– nore che scopri\•a non più ragazzo. Ascoltava silenzioso, lo sguardo vagan~ te. con la segreta speranza che con Giu– liana nulla fosse cambiato. La sua atte– sa contenuta per mesi e mesi si sarebbe sciolta tra breve: - Mamma è pronto i! bagno? Interruppe alzandosi dalla poltrona. - Basta con tutte queste sto– rie! Basta! * Giuliana corse trepida alla porta, con ancora nelle orecchie il trillo del cam– panello che aveva rotto il silenzio della casa: era lui. era Ugo, come l'altra volta. Aprì l'uscio. lo spalancò anzi senza nemmeno chiedere chi era. e riconosciu– to Nicola, sbiancò. rimase ferma, impie– trita con la mano che continuava a trin– gere la chiavetta. - Oh. tu! - Mormorò finalmente. con– fusa portando la mano sulla guancia. Egli. con un grande impeto nel cuore. spalancò le braccia e la strinse a sé: - Non m'aspettavi? non credevi che sarei arrivato così presto? - No, no ... - balbettò lei inerte. - Andiamo, an<liamo di là - Nicola incitò impaziente: - c'è la tua mamma? - fece sottovoce - No ... Non c'è. - Su, aUora! Muoviamoci. Quando furono seduti sul grande di– rnno. runo accanto all'altra. ella seppe riprendersi: divenne tenera. premurosa, piena di domande. L'interrompeva so– ,·enle, si mostrò gelosa. curiosa di sapere quali donne, quali ragazze, egli a\'eva avuto occasione di incontrare 1n tutto quel tempo. Nicola felice ad ogni accen– no del genere. giurava. spergiurava. as– sicuraYa che no. che mai mai aveva ces– sato di pensare a lei: e immancabilmente si senti\·a spinto a spostarsi sul divano per esserle più vicino: ma ogni \'olla Giuliana, scontrosa. lo allontana\'a con la mano, col gomito. - Devi prima raccontarmi tutto. tutto. per filo e per segno. con ordine. - E così era riuscita a tenerlo a bada per una buona mezz'ora. Ma più dj una \'olta in quel frattem– po. mentre lo guardava. involontaria– mente trovava in quegli occhi, nei gesti, nella piega delle labbra, nelle in[lessio– ni della voce persino le somiglianze con Ugo; e ogni ,·olla fece di tutto per di– strarsi. per allontanare da sé il ricordo del fratello. Poi. col bisogno. la speran– za di liberarsi da Ugo. si lasciò baciare, abbracciare. Ma lo fece senza trasporto, quasi. compisse un dovere. - Ma che hai. Giuliana, stasera? - mormorò. - Mal di testa. Da ieri non mi lascia. Temette d'essere coperta e fece di tutto per mo,trarsi ancora espansi,·a. dolce. Ma quando Nicola. ormai sicuro, !e sussurrò all'orecchio come altre volte su quello stesso dinno prima che partisse reagì violenta. Si dh•incolò, si liberò: - oh. mi hai spettinata! Le sembrò che tutto stesse di\'entando meschino. Volgare. Provò ribrezzo di sé e immediato l'impulso di confessare. G;: sorride,·a intanto ambigua. mentre len– tamente. gett2.odo il capo indietro, si rav– viava i capelli. Non era giusto ingan– narlo. si dice,·a impieto ila dallo sguar– do di lui. Ma poi. la sicurezza di essere mal giudicata se parlava, d'essere ofCesa con la stessa intensità con cui era amata la trattenne. - Vuoi che ti faccia un buon caffè? Lo vuoi? Uno d1 quelli che so farti io? - Si finse premurosa pur di prendere al– tro tempo. Si rese conto 'uttavia che quella sera. era la prima che si trovarva insieme con lui dopo tanti mesi e non poteva continuare la commedia. Allora l'assalì lo sgomento. - Lo vuoi dunque? - insistette facen– do due passi indietro per andare in cucina. - Si, accettò lui deluso. Rimasto ~olo si distese sul divano: in– tuiva che qualcosa doveva esser accaduto in suo assenza. che il timore tante volte manifestatosi quand'era là. nel Sud. e poi durante il via~gio interminabile. ora sta– va diventando realtà. Ma non era possi– bile. lo sapeva. udire dalla voce di lei la ,·erità, inutile tentare di chiedergliela. Sentiva che la parte più intima. sincera di Giuliana gli mancava. Ma non v'era nulla d'altra parte, su cui potesse poggia– re con esattezza. i suoi dubbi: non era stata forse affettuosa con lui? Tuttavia. avvertiva che era mutata. E in quella stanza. testimone di tante ore. non v'era il clima d'allora: di que o era certo. La segreta speranza che l'aveva sostenuto durante tutta la sua lunga assenza di rian– nodare il filo spezzato. stava svanendo. )fon gli restava che proporsi di scoprire da solo, testardamente, giorno per giorno, ,·alta per volta. il vero animo di lei. E si sentiva allora ripreso da una feroce. fu– rente gelosia: gelosia che confinava con l'odio. col desiderio di strozzarla, d'ucci– derla. perché Giuliana era sua. Considerò, in un attimo di assoluta lucidità. di es– sere tornato allo stesso punto preciso di allora. di quando prima ·di partire. ras– sali\·a d'ingiurie, le faceva scenate. l'os– sessionava di domande. Ella tornò sorridente nella stanza por– gendogli la tazzina di caf[è fumante. Sém– bra,·a tranquilla, senza più ombre. - Cola ti prego - mormorò. - Non questà sera. Ho un gran mal di tes a. ve– ramente. Mi credi? E poi... quest 1 incon ro impre\·isto. improvviso! S'era accovacciata su un cuscino del tappeto e continuò quasi nascondendo i viso tra le mani: - Era tanto. tanto che ti aspettavo! Sono ,·enuta per giorni e giorni... - ed ora non menti\'a, anzi di• ceva tutta la \•erità, quasi per cercarsi una giustificazione futura. Ho girato per gior– ni o giorni interi - ripetè accasciata - Subito dopo l'armis izio 1 a \'edere se arri– vavi. Alla stazione, in piazza, al molo. su! porto. Terribile! Quanto ho patito! - E poi? - chiese Ticola appena iro– n.ico. quasi per difendersi da] sentimento. - Poi? Poi mi· sono quietata. Che po– te\·o fare? Non era possibi1e continuare in quella tensione. Alzò gli occhi a guardarlo col grande desiderio di riattaccarsi a lui, per susci– tare un sentimento che pur sentiva ormai concluso: - Le hai ancora le mie lettere? -Sì. - Mai, mai ti ho voluto bene come quando eri lontano. Te lo giuro! - escla– mò vibrante. - E ora? - Sì, anche ora -- menti pronta per codardia. Nicola non avvertì la finzione nella vo– ce morbida di lei e le si buttò in ginocchio. per abbracciarla. libero da ogni dubbio. sicuro di aver riannodato il filo. Ella però anche questa -:olta. si liberò. Si alzò. rise, e poi divenne seria scontrosa. - Vieni qui, siediti qui, vicino a me - pregò Nicola. Non voleva accondiscendere. le era im– possibile. Lo stesso stato d"aoimo di pri– ma l'aveva ripresa: il suo pensiero era nuovamente a Ugo. Ma la schermaglia. la reticenza. non pote,·ano durare ancora. Fu _allora che ebbe un lampo: - No. Ho detto no. No, perchè ... ho fatto un ,·oto. - Si, sì. io. Perché? Per te l'ho fatto - menti sicura, quasi convinta della sua stessa bugia. Perchè tu tornassi sano e salvo. E Nicola le credette. La fissò ricono– scente e si giudicò gretto ed ignobile. Car– poni giunse da,·anti a lei. le strinse le ca– viglie, e le baciò i piedi commossÒ. - Su, su. alzati, non lare lo stupido! - esclamò Giuliana stizzita: aveva ripugan– za per sè, per la sua menzogna, ma non riusciva a trovar la forza per spiegarsi e dire la verità. Nicola dopo quel momento Ìli\·enne quieto, completamente dominato da lei che riallacciata la conversazione. a\·eva ora un gran desiderio di sapere le sue in– tenzioni. se si sarebbe o no messo coi fa– sci ti. :\Ila teme\'a tradirsi. Vole\"a sapere almeno se era già a conoscenza della po– sizione di Ugo e come lo giudicava, ma capi che anche questa domanda era peri– colosa. Desiderava che se ne andasse pre– sto. pe& rimaner sola e pensare con calma. distesa sul letto. all'avvenire: a quel che avrebbe do\"uto comportarsi e soprattutto interrogarsi sui suoi ,·eri sentimenti. Ma perché, a\'eva cessato d'amare Cola? Lo guardava ora sopito suJ divano. tomato sereno. La venuta di Ugo aveva pro,·o· cato tutta quella confusione in cui. si _tro~ vava? Quel giorno al mare era com1nc1ato. E che ave,·a di di,·erso Ugo da Cola? Se erano fratelli e di carattere, di fisico, sì assomiglia,·ano tanto? Perché allora? Op– pure la colpa era del suo carattere bizzar– ro, passionale? Non riusciva a far chiaro in se stes a. Restava nell'incertezza ed ogni suo gesto ogni sua decisione. sarebbe stata anche nel futuro. sempre ambigua, piena di titubanze. di perplessità. Se ne dove\'a andare, doveva al!ontanarsi dal paese: questa era l'unica soluzione. E Ugo l'avrebbe lasciato in balia di se stesso? Si sarebbe affidata alle occasioni. accettando le contraddizioni del suo ca– ratiere, della sua anima. Forse ella era cosi. perchè era scritto che doveva bru– ciarsi? - Su, Cola. E' tardi. Vai a ca a - mor– morò dolcemente ~assandosi una mano sulla fronte. GINO MONTESANTO Queste pagi11<' /a11no pane de! volume • Cielo chit,so 11. che uscirà prossimamente presso l'Editore « Massimo u.

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