la Fiera Letteraria - XI - n. 26 - 24 giugno 1956

ORARIO DELLA REDAZIOXE 11-13 16-18 Data la sovrabbondanza di scritti che ci pervengono con la esplicita richiesta di giudizi particolari, com:michiamo agli interessati che direttore e redazione della e Fiera• sono asso– lutamente impossibilitati a dar riscontro a queste richieste. LAFIERA LETTERARIA l\lanoscrlttl foto e disegni non pubblicati non si restituiscono GALLERIA DEGLI ARTISTI ITALIANI Un • nativo • vigore * AMERIGO TOT. di G. A. cm OTTO Terminata l'invasione, quando Attila (che i no– stri testi scolastici Si ostinano a definire un barbaro, mentre invece era uomo amante delle lettere e del– l'art-e), diede ordine di suonare la ritirata e di chia– mare a raccolta i soldati, uno solo non rispose al– l'appello. Nella notte bordata di trepestii, i corni echeggiavano lamentosi sui selciati e i palazzi a de– stare gli Unni accampati, in un vento eccitato di ricordi, ma il giovane vignaiolo ungherese, nato a Csurgo d'autunno e lavato subito col mosto, giaceva sbronzo lungo la riva del fiume, dimentico e beato. Da allora tante stagion; sono passate, e l'erba sul ' Tevere si è fatta avara, ma il luogotenente del mi– tico imperatore continua ancora ad att-endere il se– gnale di partenza. E per il suo guscio spalancato su Villa Borghese, sono passati i nomi più significativi della cultura mondiale, e uno sciame di belle donne. Tanta gente, che quando a New York nomini Tot, qualcuno di sicuro t'illustra la sua cucina, evoca la sua cor– dialità. D'altronde è naturale che un nomade come lui, sbattuto da un paese all'altro senza pietà. Anzi, proprio in virtù di questa spinta nativa la sua scultura è riuscita a difendersi da certi limiti pro– vinciali del nostro mondo artistico, e ad articolarsi nei due sensi della grande tradizione, l'uno energico, immediato, astrattamente vigoroso, l'altro culto e allu– sivo. Permettendogli una figurazione semplice e mo– numentale, spontanea ed eloquente. In una esempla– rità di variazioni, che in sostanza non mutano mai, riuscendo solo ad intensificare la sua manifestazione originale. Capire poi come l'Italia, e in .particolare Roma, si siano innestate sulla sua formazione, sco_ prendo man mano le sue attitucLini e dirigendo le sue ~azioni. fino a esaltarlo, a portarlo via, riesce un mistero. Anche per gli amici intimi. Gli stessi che amano proclamarlo • ultimo Re di via Margutta •• e raccontare sottovoce la sua avventura di Unno abbandonato da Attila, la sera in cui sbronzo non prestò orecchio al lamento roco dei corni annuncianti la ritirata. G. A. CIBOTTO (Continùa. da pagina 3) vesi, st andava nel tardo ,pomeriggio, pri– ma della cena: qualche volta si mangiava insieme, 5i restava fino a mezzanotte. Ma quelle visite si erano sempre più diradate. « Dobbiamo convincerJo ,a venire da noi. Lì è tutto un museo! • diceva Caterina scherzosamente, alludendo alle stampe an– tiche, ai mobili d'antiquariato che affolla– vano le silenziose stanze del Genovesi. Le stampe giallognole, 1ucide e incorniciate severamente, davano alle pareti t'aspetto composto e intoccabile che è proprio del museo. Qualche stampa aveva come un rosso riflesso, un colore rimasto vivo nel– lo stucchevole disegno. Ma, sotto il vetro, sembrava imbalsamato. I mobili antichi erano lucidi, come tatti ieri, m:a qualcosa ci mancava, privi dell'uso quotidiano. «Non so come non impazzisca là dentro • diceva Caterina. Il vecchio Genovesi viveva solo, il suo grande appartamento in Viale Ma– genta restava tutto fi giorno pressoché de– serto. C'era la governante della famiglia, Mena, che ormai ,passa,va il tempo leggen– do romanzi d'avveniure, e Mattia, un véc– chietto secco e Juci'Cloohe se ne stava per conto suo in una stanzetta dell'appaTta– mento, badando a costruire congegni elet– trici che erano la sua forte passione. Lo– dovico Genovesi davvero non li disturba– va da quelle occupazioni: mangiava spesso anche in trattoria e puliva fa casa una donnetta presa a giornata. Cesare Geno– vesi, il fratello più grande di Caterina, ve– niva da Roma due volte l'anno, in p:ri– mavera e in autunno, ma solo per poche settimane, occupando sempre [a stessa ca– mera, appartata dalle altre, senza scam– biare col padre quattro parole. Era come in un albergo. Capitava che parlasse mol– to di più con la governante: ell2 stessa andava a cercarlo e passavano delle ore parlando di Roma. Mena c'era stata da ra– gazza e le aveva lasciato un ricordo caldo e affettuoso. « Il signor Lodovico grida che è 'brutta. Ma Roma è J.a ,più bella città del - Ragazzi diM ilano mondo. Dopo aver tanto lavorato per tutta la vita, almeno vorrei morir,:i laggiù. Lei che ne pensa signor Cesare? • -diceva Me– na con voce affascinante e sincera, come ricordasse una persona cara della gioven– tù. Cesare Genovesi sì divertiva a questi discorsi. Egli parlava piacevolmente· con la Mena, che un tempo era stata una don– na di mondo, intelligente, educata, lettri– ce accanita di romanzi. La vecchiaia le aveva spento Il volto e accartocciata la pelle: tuttavia Je era rimasta una voce dolce e limpida, una intelligenza pronta e fatta acuta con gli anni. Era in.formata, non si sapeva come, di tutto quello che succedeva a Milano nell'ambiente della famiglia. • Ma chi le dice tanti fatti!...• le chiedeva Cesare sovpreso. • E' un gior– nale ,paTlato lei!•· Mena sorrideva com– pfaciuta. Caterina chiedeva a Mena le notizie sulla salute del padre. Mena sapeva tutto del padrone, sebbene uscisse raramente dalla sua camera. La chiamava al telefo– no, ogni giorno nel pomeriggio: la sua voce squillante, cadenzata, rispondeva sempre pronta, persuasiva. Come parlasse una ra– gazza. Caterina riponendo il ricevitore non manca,va mai di ripetere che la Mena era un prodigio. e Ha sempre la stessa bella parlantina• diceva. Cesare era dello stes– so parere. • Ha sempre vent'anni la Me– na! ... •. Ma chissà dove li aveva quei vent'anni così vecchia e accasciata, il vol– to vugoso e le mani assottigliate come ra– metti secchi. Tutte le volte che Caterina e Giorgio si vedevano col Genovesi, restavano ama– reggiati, innervositi. Il vecchio trovava sempre l'occasione per maltrattare il gene– ro. • ... potresti guadagnare milioni, ma non lo fai, potresti lavorare per conto tuo e preparare qualche cosa di serio tra un anno, dieci, ma non lo fai. Corri dietro ai fascisti e lavori inutilmente•· Sembrava ripetere il capitolo ài un libro imparato a memoria, ,parola per parola. Continuando il -discorso la sua voce si alterava, diven– tava fredda, distaccata; finiva sempre per scattare e arrabbiarsi. « ... Lavori per cosE: che non saranno mai fatte. I fascisti vo– gliono conquistare il mondo. ma nel frat– tempo è meglio nascondersi il portafoglio: te lo portano via quei ladri. Vogliono con– quistare il mondo i farabutti. Per conto mio assicuro il mio denaro all'estero. Tut– ti pagliacci! Il mondo non lo conquista nessuno, non farti illusioni! Ciò che è sta– to fatto non cambia più ... Le avventure, i sogni portano alla rovina •· H vecchio par– lava talvolta spalancando gli ocohi, che aveva grigi e profondi. Certo non poteva gridare contro i fascisti in pubblico: avrebbero arrestato anche lui. Ma i fa– scisti dovevano essere un ,pensiero vera– mente assillante: non appena l'occasione si presentava, era una scarica elettrica nei loro riguardi. • Ha preso un po' di fis– sazione> diceva 8aterina, ma non oppo– nevano una parola nè lei nè Giorgio alle sfuriate del Genovesi. Non che Jo compa– tissero. Il vecchio ispirava un cupo timo– re, un rispetto del tutto 1,incero. Era il grande e famoso industriale anche ,per lo– ro: tanto che Caterina, sebbene sposata da parecchi anni, era chiamata, conosciuta, stimata ancora col nome del vecchio. Era Caterina Genovesi Il nome del marito. cbe pure era noto a Milano, restava come in sordina in confronto al suo: non era riu– scita neanche lei a imporselo. D'altro canto l'architetto Vitale, non si sentiva certo ~~ .... ""w~* ...... ,..., , ,,,,,. ✓ .~~-' ·h 1 ' \ :{ ! ,, ,et j . P::~ • 1 ... r~ "/'.. :· ~ /-ç; . .. -~-- ,~ , ; k~~ ... : __.......,.--'-=---: ~ ~ menomato, diminuito dal nome de1la mo– glie: ne subiva l'autorità come tutti gli altri. Ma nel rispetto e nel <timore che ,lui e Caterjna ,sentivano iper il vecchio, c 1 era una forte e nascosta diffidenza, una d'red– dezza morale. Erano tutti e due fascisti entusiasti. Ma non avreibbero saputo po– lemizzare col Genovesi in nessun caso. Terminata la lunga ,paternale restavano affilitti. Ma non pensavano mai che il Genovesi avesse torto. Il Genovesi parla– va la lingua della sua autorità, del suo po– tere, che per loro sembrava una lingua estranea: li lasciava indifferenti. Il potere àel Genovesi sembrava incomunicabile, anche portandone il nome, Caterina stes– sa se ne sentiva esclusa. Giorgio ribatteva alle polenliche del Ge– novesi con parole imparaticce, con lunghi ragionamenti talvolta, ma del tutto con– venzionali. cCome sbagliano! ... oh, come sbagiiano!• diceva Giorgio, in qualche momen:o di eu– foria. Era convi!jto che un gio,·no ; suoi progetti gli avrebbero dato un patrimonio, '.. !.n -prestigio, u .l .1orne nvn meno grclnde e scL;dc, di qu2 : 1 del G~11ovesi. In ogni ca– so, anche se quei progetti non avevano nessun valore, non avrebbe ascoltato i sug– gerimenti del vecchio. Avrebbe contmuato a fàre di testa sua. E si met:eva al lavoro con un ardore intimo e forte, come do– vesse guadagnarsi il pan2 giorno per gior– no, combattendo contro mille avversari. • Ho ,passione per il mio iavo,o! ... è vero! lo potete negare?» diceva agli amici, ou;;n– do lo chiamavano poeta: e Ma la sp-ume– rò ... oh questo è sicuro!». Era convinto che presto Milano e tutto il paese avreb– bero cambiato volto. Una vita nuova sa– rebbe nata in ogni ordine sociale, com,n– cianào da quello più basso. « L'epoca n,10 va è alle porte! » diceva. Era felice che il mondo voltasse le spalle al Genoves1. MARIO SCHEITL""l ~ . ----:--:- ' _,.,,,,.,- • ..........__ --...,__ .._..;y...1.::.;..,.~;-- ~ : -1- ✓ ;¾~·t~ ~ '/ .., -- _ ___.,1...... i-.-----~::;...,.-~-– -~_,,"'- V erba volant MA.RA: '.'<. - Conopoli - Po– tr ebb e effettivamente qualco· sa nascerne dalle (per adesso molto) immature promesse delle sue composizioni: siamo ancora decisamente fuori del– la poesia. eppure (glielo dico con una certa sìncerità) pen– so che ci si potrebbe arrivare Insomma. come sì dice in ger– go sportivo. lei non è «: chiuso in partenza~. Troppi. troppi aggettivi. fra l'altro: e non sempre giustificati. RO.CA. - Sabaudia - Ci so- * GE.DE CE. - Lido di Roma - )lei Suoi versi (lTli duole dirlo con questa laconicità che sembra quasi scortese) si no– ta unicamente fintenzione del– la poesia. non la poesia, pur– troppo SARDINIA INSULA - Milano - Ho usato (per forza di co– se) lo strano pseudonimo. ÌJ1 quanto la Sua firma era ille– gibile (cosa. Lei m'insegna, piuttosto sconveniente). Do- sc:ivere ve~i. Se di inco~– giamento si tratta. un inco– raggiamento glielo posso dare anch'io. per quanto non sia io un « critico di sicuro valore,. come quelH (misteriosi) da Lei citati. Tuttavia vorrei consi– gliarla ad agganciare il Suo linguaggio a situazioni di mag– gior concretezza e di maggior apertura umana e non a si– tuazioni troppa astratte e vel– leitarie come (mi sembra) Je attuali. fyla sono sicuro che se ne accorgerà da sè di questa opportuna es.lgenz-a. SER.BRU. Grottaferrata - A me. no. n o molte ingenuità e c'è mal- vrebbe sapere, se segue questa ta prosa in questi suoi ten- rubrica, che non si gradiscono tativi di poesia. Anche per pseudonimi tipo piccola po– Lei credo di dover dire che sta: quello da Lei proposto potrebbe uscime qualcosa. non sarebbe. invero. troppo MA.MELI. Napoli - Gen– certamente; ma ancora non ci frivolo ... Ma se dovessi appro- tile amico, se - come te.i dice siamo e ne siamo, anzi, ab- varlo. si figuri che valanga di - i Suoi componimenti in bastanza lontani. Soprattutto .c. gazzelle azzurre,.. 0 di motti versi hanno un valore « libe– debbo rilevare negativamente in latino O di sigle rla agente ratorio_-..,non 1:°i sembra _nem– in Lei una eccessiva fiducia segreto popolerebbe in breve meno ~ caso di t_e~tare d~ par– (almeno cosl pare) nella poe- tempo lo spazio di questa ru-, iarne m sede cnuca. Inaipen– ticità aprioristica di certi con- brica :-.elle poesie che ha denremente d~a benevolenza t • - o meno del mio parere Ella ce Il come _quelli d1 Nuova mandato tutto rimane allo sta- continuerebbe _ mi sembra di B~bele e d1 P~egh~era. No~ to potenziale, ci sono molte capire _ a scriverne. Cosi io esistono concetti à1 per se ingenuità e anche (diciamolo La consigìio di continuare a poetici. ossia che valgano a pure) qualche ambizione che coltivare (in privato) questa far poesia per il fatto stesso per gli ancor moàesti mezzi Sua attività, proprio perché d1 venir enunciati: esistono, espressivi rive 1 a ti a are essa possa conservare quel piuttosto, moài di riscoprire in quant . t pp carattere «liberatorio» che ha termini di poesia (e quindi di O me no moppor una. adesso rinnovare) concetti antichi<- FRA.MA. - Ftren:e - Lei FER - sim.i o adusati o niente affatt~ è molto gio\·ane e quindi bi• il .PAS._ - Paler~o .- No. I' à' . . . a sua poesia non m1 piace E poe 1c1 ! per se. ~la il di· sogn~ necessiarnente compia- ne sono dolente. perchè s~no scorso si farebbe troppo ..:ers1 Pèr questo suo amore sicuro che a Lei piace E' e ·, !ungo... àella poesia che la spinge a HOFFMAN~1.

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