la Fiera Letteraria - XI - n. 22 - 27 maggio 1956

Domenica 27 maggio 1956 LA FIERA LETTERARIA Pag. 5 LEPAGINE INIZIAIJ DIUNROMANZO DICAMARA L YE, SCRITTORE N GRO DILINGUA FRANCESE Ero un fanciullo. Stàvo giocando davanti alla casa di mio P'1-dre. Che età avevo? Non ricordo esjlt· tan1ente: dovevo essere ancor giovanissi– n,o: cinque o sei anni. Mia madre er{l nell'officina, accanto a mio padre, e ~iun• gevano al mio orecchio le loro ,voci ras– sicuranti. tranquille, mi ciliate a quelle dei clienti dell'officina ed al rumore del– l'Incudine. Improvvisamente avevo interrotto i miei giochi; tutta la mia attenzione er;,. • stata attratta da un serpente che stav, strisciando intorno alla casa. Sembrava proprio che stesse facendo una passeg– giata intorno alla casa. Ml ero subito avvicinato a lui. Avevo afferrato una canna abbandona• la nella corte (se ne trovavano sempre alcune che si staccavano dalla palizzata di canne intrecciate che circondava la no• stra concessione\. La alTondal lentamen– te nella gola dell'animale. Il serpente non si scompo~e; _prendeva gusto al gioco. Inghiottiva adagio adagio la canna, come una preda, con una stes– sa voluttà, con gli occhi sclntillan!i di gioia. La sua testa, a poco a poco, si av– ,·icinava aUa mia mano. Giunse un mo– mento in cui la canna fu quasi comple– tamente inghiottita, e la gola del serpen– te fu terribilmente vicina alle mie dita. Io ridevo. Non avevo alcuna paura. Credo che il serpente non avrebbe certo tardato a con– ficcare i suoi denti nelle dita, e a un tratto, Damany, uno degli apprendisti, non fosse uscito dall'ofllcina. Fece un cenno a mio padre. e quasi su– bito n1i sentii so1levar da terra: ero nelle braccia di un amico di mio padre! Vicino a n1e si fece un gran rumore; $0prattutto mia madre gridava ad alta voce e ml diede qualche schiaffo. Mi misi é. piangere, più impressionato dal chias– so che si era cosi inaspettatamente solle– vato. che per gli schiaffi che avevo ri– cevuti. Un po' più tardi, quando mi fui cal- 1nato e le grida intorno a me erano ces. sate. sentii mia madre che mi ordinava se,·eramente di non ripetere mai più un simile gioco. Glielo promisi, benché non mi .rendessi alcun conto del pericolo che avevo corso. Mio padre aveva Ja sua capanna vicino all'officina; spesso io giocavo là, sotto la veranda che la circondava. Era l'abitazione personale di mio pa– dre. costruita di mattoni in terra battuta, indurita con acqua e. come tutte le no– stre capanne, rotonda e pompusàmente ricoperta di paglia. Vi si entrava attraverso una porta ret– tangolare. All'interno, filtrava un 1 esigua luce da •ma piccola finestra. A destra, c'era il letto, In terra battuta come I mat– toni, ricoperto da una semplice stuoia di vimini intrecciato e da un guanciale riem– pito di < kapok > (lJ. In fondo alla capanna, proprio sotto la finestrella, nel punto dove la luce era più chiara, c'erano le casse con gli utensili. A sinistra, i < boubous » e Je stuoie da preghiera. Infine, alla testa del letto, al di sopra del guanciale, a protezioM dei sonni di mio padre, c'era una serie di re– cipienti contenenti estratti di piante e di scorze d'alberi. Questi recipienti erano tutti muniti di coperchi di latta e riccamente e curiosa• mente inghirlandati di ghirlande di < cau– rls > (2). Era facile comprendere che questi reci– pienti erano la cosa più importante della capanna. Contenevano infatti i • gris– grls • (3), quei misteriosi liquidi che al– lontanano i cattivi spiriti e che, spalmati anche in minima dose sul corpo, lo ren– dono refrattario ad ogni maleficio. Mio padre, prima di coricarsi, non man– cava mai di spalmarsene sul corpo, attin– gendo di qui e di là, poichè ogni liquido, ogni e gri-gri > ha la sua particolare pro– prietà. Quale virtù precisamente non so: ho lasciato mio padre troppo presto. Dalla veranda; accanto alla quale gio– cavo, potevo vedere direttamente l'offici, na, e analogamente gli altri potevano ve– dere direttamente me. L'officina era la parte più importante della nostra concessione. Mio padre sta• va generalmente in questo luogo, diri– gendo il lavoro, forgiando egli stesso _I pezzi principali, o riparando i mecq1n1- smi più delicati; vi riceveva amici e cliert– tl; cosicché dall'officina veniv• 11n rumo– re che continuava dal mattini!" fino al ca– der della notte. Inoltre, ogni persona che entrava nella nostra concessione, o che ne usciva, dove– va attraversare l'officina: di qui un con– tinuo viavai, quantunque nessuno sem• brasse aver particolarmente fretta, e tut• ti avessero qualcosa da dire e indugias• sera volentieri a seguire con gli occhi il la varo della !orgia. Qualche volta anch'io m'avvicinavo ad essa, attratto dai bagliore della fucina. Ma entravo raramente, poichè tutta quel– la gente mi rendeva molto timido, e cer– cavo di mettermi in salvo quando qual– cimo cercava di raggiungermi. Il mio posto non era ancora quello; fu soltanto molto più tardi che presi l'abitu– dine ai aecovacciarmi nelJ'officina e di guardare il bagliore del fuoco della forgia. IJ mio posto preferito, in ·quel tempo, era la veranda che circondava la capan– ns1 di mio padre, ed anche la capanna di mia madre e la pianta d'arancio che sor– geva al centro della concessione. Appena attraversata l'ofllcina e varcata la porta del fondo, si scorgeva l'arancio. L'albero, se lo paragono ai giganti del– le nostre foreste, non era gradissimo, ma dalla massa de'lle sue foglie lucide veniva un'ombra compatta, che allontanava li caldo. Quando fioriva, si spandeva per tutta la concessione un profumo pene– trante. E quando apparivano I frutti, ci era permesso soltanto di ammirarli: doveva– mo attendere pazientemente che fossero maturi. Allora mio padre che, in quanto capofamiglia (e di una numerosa fami• glia), governava la concessione, dava !'or• dine di raccoglierli. Quelli che erano in– caricati di compiere questo lavoro porta– vano via via le ceste a mio padre, che le distribuiva tra gli abitanti della conces– sione, i vicini di casa e i parenti; dopo di che, ci era permesso attingere dai pa• nleri, e a volontà. Mio padre faceva volentieri dei doni, e anche con larghezza: chiunque si presen– tasse a casa, divideva il pasto con noi; e poiché lo non mangiavo cosi velocemente come tali tipi di invitali, avrei rischiato di restar sempre affamato, se mia madre non avesse avuto la precauzione di tener In serbo la mia parte. - Mettiti qui - mi diceva - e man- gia. perché tuo padre è matto. _ Essa infatti non vedeva d1 buon occh10 certi invitati, un po' troppo numerosi ai suol occhi, e un po' troppo lesti nel ser– virsi a tavola. Mio padre, poi, mangiava pochissimo: era di una sobrietà estrema. Abitavamo lungo la ferrovia. I treni passavano lungo la siepe di ca_nne Intrec– ciate che limitavano la concess1one, e cosi da vicino, che i pezzi di carbone incan– desc~nti sfuggiti dalla locomotiva }ncen– diavano talvolta la siepe. Occorrev;,. allo– ra affrettarsi a spegntre questo principio IL FANCULLO NERO A MIA MADRE Donna n.era, don11a africana, o madrs 1nia, io 1)61130a te ..• * O Da,na11 (1), o madre mia, io v,nso a te che n,i po,·tasti sul dorso, ah, mi allattasti, che guidasti. , miei (1) Nome della ram1glla a cui ~ppar– tlene la madre dell'autore. (Nota, del trad.). d'incendio, se non si voleva vedere ogni cosa prender fuoco. Questi allarmi, un po' impressionanti e un po' divertenti, richiamavano la mia attenzione sul passaggio del treni, ed an– che quando i,ssi non transitavano (infatti il loro passaggio a qui,) tempo dipendeva ancora interarnente dal traffico fluviale, che era tra i più irregolari), andavo a trascorrere lunghi momenti nella contem– plazione della strada ferrata. Le rotaie luccicavano crudelmente d'una luce che nulla, in quel punto, otTuscava. Riscaldata rlall'a!ba, la massicciata di pie– tre t·osse divenlava bruciante, e lo era a tal punto che il carbone, caduto dalle lo– comotive, si consumava rapidamente e non ne restava alcuna traccia. Ern il calore di,! fol'l1o o l'odore ciel car– bone che rimaneva nell'aria, ad attirare i serpenti? Non so; fatto sta che spesso io sorprendern del serpenti che triscia– vano sulla massicciata cotta e stracotta dal sole. Naturalmente era inevitabile che i serpenti arrivassero a penct•rare nella concessione. Da quando m'avevano ·proibito di gio– care coi serpenti, appena ne vedevo uno, correvp da n1ia madre. - C'è un serpente - gridavo. - Ancora uno! - esclamava mia madre. E veniva a vedere di qual sorta di ser– j)ente si trattasse. Se era un serpente come tutti i serpen– ti. lo uccideva a gran colpi di bastone, e vi si accaniva contro, come tutte le don– ne delle nostre contrade, fino a ridurlo come una poltiglia. Gli uomini invece si accontentavano di un colpo secco, asse– stato con precisione. Tuttavia un giorno. notai un piccolo serpente !]ero dal corpo particolarmente lucido, che si stava dirigendo senza Iret• ta verso l'officina. Corsi ad avvertire mia madre, com'era ormai mia abitudine; ma mia madre, ap– pena visto il serpente nero, mi disse se– riamente: - Questo, figlio mio, non bisogna ucci– derlo: è un serpente diverso dagli altri serpenti, e non ti fatà alcun male: non cercar mai di ostacolargH il cammino. Nessuno, ne11a nostra concessione, igno– rava che quel serpente non doveva essere ucciso. Soltanto io ed i miei compagni di gioco che eravamo ancora dei fanciulli ingenui, non lo sapevamo. - Questo ser;)ente - soggiunse mia madre - è il genio di tuo padre. Considerai il piccolo serpente CQP stu– pore. Continuava il suo cammino verso l'of– ficina; avanzava con grazia, sicuro di sè, come consapevole della sua jmmunità; Il suo corpo. nero e lucido. splendeva nella luce opaca. Giunto nell'omcina, m'accorsi per la prima volta che là c'era, all'altezza del pavimento, un !oro nella parete. Il serpente scomparve in quel buco. - Vedi? Il serpente va a far visita a tuo padre - disse ancora mia madre. Benché l'elemento meraviglioso mi fos• se .familiare, tuttavia rimasi muto, tanto gre.nde fu il mio stupore: cosa poteva · andar a fare un serpente da mio padre? E poi, perché proprio quel serpente? Nes– suno lo uccideva, perché era il genio di mio padre! Almeno· questa era la ragione primi J)assi, che per la prima mi apristi gli occhi ai p.-odigi Mila terra ... * Do111w dei campi, do1111adei lidi, donna del gra11de fiione, o madre mia, 10 penso a te .., * O Ddman, o madl'e mia, qua11to 1ni piacerebbe ancota esserti vicino, essere di nuovo fancillllo accanto a addotta da mia madre. Ma già, cos'era e un genio .,.7 Cos'erano questi genii che incontravo un po' dappertutto. che pro– teggevano una cosa e ne comandavano un'altra? on riuscivo a vederci chiaro, benchè avessi continuato a vivere in inti– mità con loro. C'erano dei genii buoni e dei gcnii cat– tivi. e mi sembra - più cattivi che buoni. Innanzitutto chi mi provava che quel serpente era davvero Inoffensivo? Era un serpente come gli altri: un ser– pente nero, senza dubbio, cc-rtamcnte un serpente cli uno splendore straordinario. Ma era sempre un sc-rpentP! Rimasi pro[ondamcnte perplesso, ma tultavia non chiesi nulla a mia madre. Pensavo che mi convenisse interrogare direttamente mio padre, come se quel mi– stero si dovesse discutere unicamente ft·a uomini: una faccenda e un mistero che non riguardavano le donne'. Cosi decisi di attendere la notte. Appena terminato il pasto serale, quan– do, finita qualche chiacchiera, mio padre si congedò dagli amici e si ritirò sotto la veranda della sua capanna, andai da Jui. Cominciai a fargli domande a torlo e a ragione, come fanno di solito i fanciulli, e su tutti gli argomenti cho mi si presen– tavano alla mente; mi romportai insom– ma come tutte le altre sere. Ma, quella sera, lo feci per disslmularP il mio vero scopo, cercando il momento opportuno in cui, facendo finta di nulla. avrei potuto buttar là la domanda che tanto mi stava a cuore, da quando avevo te, che ascittgavi le 1ntP lacrime, che allettavi 11 mio ruo.-e, che sop– portnvi pazientemente i 1niei ca,. pricci! Donna semplice, d onna d ella ras– segnazione, o madre m.ia , io penso a te... * O Dama11, donna della grand~ fa- miglia dei fabbri, il mio pensiero uola senipre verso di te, e il tuo dsto il serpente nero dirigersi verso l'of– ficina. Tutt'a un tratto, non riuscendo più a trattenermi, dissi: - Padre, cos'è quel piccolo serpente che li viene a trovare? - Di qual serpente parli? - Di quel serpente nero che mia ma- dre non vuole che io uccida. - Ah! - foce egli. Mi guardò a lungo. Sembrava che esi– tasse a. rispondermi. Senza dubbio stpva pensando alla mia età, stava domandan– dosi se non Iosse un po' troppo presto confidare un segreto a un bimbo di dodi– ci anni. Poi, di colpo, si decise. - Quel serpente é il genio della nostra razza. Capisci'/ · - Si - rispo i, bcnchè non compren– dessi gran che. - Quel seq,enle - prosegui - è sem– pre presente; appare sempre a qualcuno di noi. Nella nostra generazione, si é pre– sentato a me. - Sl - dissi. L'avevo detto ron CO!l\}inzione, perchè mi set,nbrava evidente che il serpente non avrebbe potuto presentarsi che a mio padre. Non era !orse lui Il capo della conces– sione? Non era lui che comandava tutti i fabbri della regione? Non era Il più abi– le di tulti '? 8 poi, non era !orse mio padre'? - Come s'è presentato? - domandai. - Da principio s'è presentato sollo for- m·accompagna ogn, pr1sso. O Don– na, o madre 1ni.a, rome 1ni piace- 1·ebbe essere anrorn i11 mez,o ol tuo tepore, e.,,ere di nuovo fanciullo ac– ca11to a te! * D01t11a nera, donna africano, o niadre min, io ti ringrazio: per tut– to qllello rhe hai fatto per me, tun figlio, così lontano e coal vicì110 a te! CA IAI\A LAYE ma di sogno. Molte volte, apparendo a me, mi diceva il giorno in cui si sarebbe realmente presentato davanti ai miei oc# chi, precisando J'ora e il luogo. Ma la pri# ma volta che lo vidi realmente, ebbi pau• ra. Lo credevo un serpente come gli altri e dovetti fare un grande sforzo per non ucciderlo. Quando s'accorse che non gli facevo alcuna speciale accoglienza, si voi• tò e parti per dov'era venuto. Io Intanto lo guardavo allontanarsi e continuavo a chiedermi se non avessi fatto bene a uc• ciderlo; ma una forza più potente della mia volontà ml tratteneva e m'Impediva di inseguirlo. Lo vidi scomparire. Ed an– che in quel momento, avrei potuto facil– mente raggiungerlo: sarebbe bastato qual– che passo; ma restai Immobilizzato da una specie di paralisi. Questo fu il mio primo incontro col piccolo serpente nero. Tacque un momento, poi riprese: - La notte seguente, rividi Il serpente in sogno. Sono venuto come t'avevo av– vertilo, ml dicc,·a, ma tu non mi hai fatto nessun'accoglienza; anzi ti ho visto sul punto di farmi una cattiva accoglienza: lo leggevo nel tuoi occhi. Perchè mi re– spingi? Io sono il genio della tua razza, c,d è proprio nella mia qualità di genio della tua razza che ml presento a te come al più degno. Smetti dunque di temermi e guàrdati bene dai respingermi, perché io vengo a portarti Il successo>. Da allo– ra, accolsi Il serpente quando venne a !ar- 1:nlvisita per la seconaa volta. Lo accolsi senza timore, con amicizia, e lui non mi fece mai che c!P! bene. ~ C li~ I_ ''Jl' 'Jl' I~ SAGGI~ LEZJlONJl * DE SANCTIS ·E 1HANZONJ Dopo le recenti e non ri,c~n- U ' d. · · · · I 1 · t d 11 ·t· del De re il De_ Sanotls, non nascon- ti edizioni del croce, del Gen- Il e IZlOne 111 cu I SI segue o SVO g1men O e a cn 1ca . de tutta la sua ammirazione tile, del cortese, dell'Arear; ~ Sanctis verso l'interpretazione realistica dell'opera manzoniana pel critico napoletano, e .:cndi- di altri ancora, abbiamo ora vide quella che ebbe anche il quest'altra edizione di Carlo Gramsci, il quale vedeva, nella ~~!t~ud:f~~uo~~itf!ct.d:fn~~ 4]] R◄'llt\~(;l~S(JfJ lllt)~ltltf-'ll~Lft ~ri~~!1 i~ingf~i6g~{c~~eft~~~~ di). E' un volume di circa 425 . . . . . . , . . , . ria propria della filosofia dei- pagtne, precedute da una In- dei Promesst Sposi, e si hbe!'ò r~a, . fmo a raggmngere P?S1· oggetto contmuo d~ analisi da dell ~ssere,, egli, tanto al dt la prassi»: cioé a quella criti– troduzione del Muscetta dt ben d.el tutto d_ella poetica del pu- z1on1 liberali. Ad essi veniva pa.rte del De Sanct1s, non sfug- fuor! deUarte ,classica quant~ ca spiega Il Muscetta -ade– LXXrII pagine, che ha tutto il nsm o ereditata m. certo qual n~gato. valore. vero e pr~pno gl a quest,1 che esso ,.avesse lo a.l d1 fuori dell arte ~omant1ca: rcnte alle necessità profonde caq.1ttere di un vero e proprio m~o dal s~o nobile maestro d1 poesia, e d1 p~esl~ rellg1osa, scopo di. divulgare e< I ideale c~n ~ segnp, ancor~, dell ~ere egil della cultura italiana nel seco– saggio critico. Di particolare Bas1!io Pu?tt, e ab~andono quel- sch1etta!nente qumd1 popolt\re, la ctoppHl potenza .della storia m un epoca ~1 trans1z1one! in lo XIX, come espressione di intè"resse e utilità appare l'/ n# le s11npat1e class1clste c~muni ma veniva dato valore ct,i << teo- e dell arte >l:,. e, an~, egli preci- cui le forme ironie~~ esprimo- una borghesia avanzata che, dice analitico dei nomi, dei 7Jer· ad altre analoghe del G1orda• ironia» fuori della storia, ed sò che quelltdeale er~ tut,toun n,o a11punto una c:1s, della, so- fondato Jo Stato ltallano, ten– sonaggl, delle opere e dei con- nl e _del Tommaseo, e non, pen~ mgombrata _da un «Involucro» mon~o rnorale e religioso che c1età. Ed epoca d1 tra.1~sl.z1onetava d"imprimervi una direzio– cetti. indice ricco di particola- sò più di chiamar C< poesia d1 che, costituito da una conce- si sviluppa in mezzo al movl- era quella del Manzoni .. m cui ne più concretamente (C nazio– ri ri~ssuntivi e descrittivi d'in• decaden~a 1> 9uella del Leopardi zione cristiana ~stra~ta, imp~- mento del. secolo dcclmosetti- l'~deale _cattolico era un .1denle nale )), più liberale, aperta ad d . . 1 ci e ct· ichiaml e ccpoesia d1 progresso» quel- diva al poeta d1 attmgere di- mo, e precisò ancora che il ro- d1 rito1no, e però modificato esigenze domocratiche ica.zilon pre 5 ' 1 r . la del Manzoni, nè di e-ntusia- rettamente dal reale. Nt! dìver# manzo era « un mondo poeti- dallo scontro con il movlmen- ·, . specifici, ~he posso~o rnett~ie smnrsi troppo per la neocatto- samente il critico si con1porta- co a tendenza e a propnga.n- to reale della soc1età. Avviene Data queS t a sua posiztone, il il l~ttore m grado di r,invemre llca poesia di ritorno, e, in# va rispetto al Cinque maggw, da, in servizio d'idee morali e pertanto che la figura di do~ Muscctt~ . non vedt; p:ogre~o faoilmente ~el te~to qu~nto ri- somma, per la Restaurazione. la cui grandezza monumentale religiose>>. Ma il nostro critico Abbondio appare più viva e piu nella critica pos~e~iore. né in gua rd a que, nom_', quei perso- Tutte cose, queste, ch'egli ave• era solo nei quadro, JH•lmnche non negò al Manzoni « squisito compiuta rispetto a quella del qllella del Mo':'igllan o, né I n naggi, que_lle 01 ?e 1 e e quei con- va pensate e scritte sotto l'in- Intervenisse quella Fede che il senso del reale sviluppato e for- cardinale Fderico; e in genera- quella del Gentil~, per esem.pl~ , cettl, e ,di rapidamente rifare lluenza di Saverio Baldacchini, De Meis, piuttosto brutalmente, tlllcato da seri stuili storici»: le più \"ivi appaiono i perso- perché essa critica s _arebbe rt· il cammu~o p~icorso nella let- che era cdnsiderato <e Il più no- ma non del tutto erratamente, senso del reale per cui il gran- nnggi minori, che derivano dal- tornata al~e J~osizioni romat_1ti• tura, e ~ 1 orien~arsi .nel.la . 1~· tevole scrittore moder?-to napo- giudicava venire troppo dsllo de romanziere avrebbe mostra- la sfera del mondo po itivo ~ che .catt~hco-llberall., e ~~fm~ terp~tazione dei _va n gJU dJZI,!etano >1, e dei quale gmstamen- esterno, ed essa stessa que- to di essere sorvegllntissimo nel del comico. Eppure quella ft- reazionarie, 0 cler,c~fa 5 _c1st e_, specialmente quep! impegn~tt: te è lamentata ta dimentioan. sta grandezza monumentnle - rldurre a proporzioni storiche gura non possedeva una real- e se qualche consenso eglt è dt– vt, del gra nd e critic o napohta za nelle bibliografie manzonia- era frutto di immaginazione o umane esseri <1 mernvigliosi », ta veramente piena, come quel- sposto 8 da~e, n~n può da'.l~ no. An~he le no.te poste spe5: ne, ma non sotto quella della oratoria, non di fantasia, ch'è o cc straordinari n, o «santi» la di Sancio Panza, denvando che per certi st udiost che . 11'~-lh· so a piè di P:'gma sono utlh critica di Glovita Scalvini, che facoltà so. tanziata di umanità addirittura: come le ligure del la sua realtà dall'opposizione tano nel suo_ partito 1,oli\ico, e prez,ose addmttura. pur era stata a,rdita e morden- e di realtà. Per il De Sanctls, cardinal Federico, di Fra Cri- dialettica con quella dei cardi- Sicché sorge 11 ,sospetto eh e\lh Gll scnttt vi si_rltrovan tut. te nel rilevare soprattutto la cotesta umanità e realtà si tro- stoforo, di padre Felice, del- nale, che il De Sanctis giudi- sia st ato un po noppo parz.,a– ti, tran~e le lezioni gio_vanll1, cc oratoria>> del Promessi sposi. vavano piuttosto nei frammen# l'Innominato, le cui idenlità cnva, lnsirme con le f~gure di le r~. neld )fOCf.'d:~r:nen~o int~r anteriori al 1848, perche esse Il Muscetta bene fa a seguJ. ti corali delle tragedie: non non restano a.stratte anche per- Lucia e di padre Cr1stoloro, p_re 8 ivo e ~ cri ic.a esanc · · appaiono profondamente. su_pe-re Jo svolgimento della critica nelle tragedie stesse, le quali, chè esse _trovano il loro oppo- « eredità retorica del passato». s,a~a, ~a nelt •tt~gg,a"i~nto as. rate dagli scritti posteriori, e del De Saneti verso J'interpre- fm dal momento in cui egli si sto nelle mferlorl qualità mora- [I che era conseguenza di un sun_ 0 ovan I a_ a cn ca po– dei nuovi, e -anzi 1ned1tl, si tro- tazione realistica della opera trovava alle prime armi, e cioè li di don Abbondio, di Agn&~e rehgiosismo non pr ofondo, e st e 11 ore nd essa,- so.~tletto, che vano que'l'U ricavat.i dagli ap- manzaniana a cornlnciare da momento caltolico, aveva giu- e d'altri, che s1 muovono su piuttosto letterario, perc.ht \ - meriterebbe .un ampia spiega– punti che !o scola,ro Teodoro quelle Jezlo,;i zurighcs1 che si• dic&te manchevoli di svllUJ)po un piano di realtà acces.slbill diceva Il De Sanctls - « un z!one. Mo hic non _est locus! Frizzoni prese delle lezioni zu. inseriscono rrU 1a prima e la drammatico interno. Ma nello a tutti. II romanzo mn11zot1ta 1novhnento religioso che ng1ta solo cl s 1. permett~ òt avanzai:e righesi che Il De Sanctls ten- seconda scuola napolltana: nel- ste.sso tem 1,o ;I De Sanctls si no raggiunge, pertanto, una lo. società nelle sue profonditi un dubbio:_ che_ 11 De Sanct1s ne nel 1858 sul romanzo start~ le quali non solo viene a mari- spiegò perchl' 1nai il Manzoni concordia e una armonia che si mnnlfestn come lotta)): t~d non fosse il PLU ~datto n m– co e I Prome.~tl Sposi, e che care la' sua ade-rione ideolocrf. seguisse una poetica che lo al- danno all'azione grande St:'m• il sentimento religioso del l'vfan. tendere il Mur:izorn, data 1a na• Integrano quella . sul Cinque ca al caUoJlces1mo, ma anche 1ontanava da-rii schemi classi- plicità e obbiettivitt\, Col Man- zonl er'.' fatto solo di ideal:tè. tura r_azlonalistt~a della sua mauu,o, raccolt,a durante II se- si va accentuando J'ammirazlo- cisti e 10 avvicinava alla 1nsur- zoni abbiamo quello che Il Da evangeliche, ed era quello di ~~ntalltà • e che 1 crttic, catto– mestre 1858-59 _daill'altro udito- ne per l'Interna annoni a del rezione romantica: questi ml- Sanctis diceva « Ideale calato un uomo colto che pigUavo I hoir.zan_tlnon siano_neppure es. re dei corsi zurighesl, Vittorio Manzoni piuttosto che per Je rava alla reallr.zaz:one poetica, nel reale»; calato mediante la suol colori dalla retorica clas. sl .1. plu adatti n mtendere lo Imbria.ni. sµe idee religiose, e 11suo esa• la quale, se non veniva piena- analisi e l'ironia; abbiamo uno slcista che egli pur tc..oricame:1- spinto democratico del suo ro: Mio padre tacque ancora un momento, poi riprese: - Sai anche tu che io non sono più abile di un altro, che non ho più pregi di un altro, che non ho nulla in più degli altri. che, anzi, ho meno degli alti;i perchè regalo tutto e darci via anche la mia ulti– ma camicia. Tuttavia sono più conosciuto degli altri, Il mio nome corre su tutte Je bocche, e sono io quello che regna sopra tutti i fabbri di cinque rioni dell'intera regione. Se è cosl. tutto ciò avviene per solo merito rii quel serpente, che è il ge• nio delia nostra razza. E' proprio a que– sto serpPnte che io devo tutto, è Jui eh~ mi avverte di tutto. Per questo, non m1 meraviglio se, svegliandomi, trovo questo o quell'individuo che mi stanno attenden– do davanti all'officina: lo so già che costo• ro sono là. Non ml meraviglio più se ve– do prodursi un guasto a questa o a quel• la motoriclPtta o bicicletta, oppure qual• che altro guasto di orologeria: so sem– pre prima ciò che deve capitare. Tutto mi viene detto nel corso della notte e, nel contempo, tutto il lavoro che dovrò fare, sebbene io sappia, senza bisogno ùi pen– sarci su, come potrò riparare ciò che mi verrà presentato; ed è stato appunto tut– to questo che ha divulgato Ja mia fama di artigiano. Ma. diciamolo pure franca· mente, tutto questo lo lo devo al serpen– te, al genio della nostra razza. Tacque. E io seppi allora perché, quando mio parlrP torn,,va da passeggio ed entrava. nell'officina, era In grado di dire agli ap· prendistl: · Durante la mia assenza, è ve– nuto Tizio o Calo. era vestito in questo modo. veniva da quel tal paese e ha por• lato quel determinato lavoro>. E tulli si meravigliavano non poco di qursta strana conoSC'enza. Ora sapevo da dove mio padre attinges– se la sua conoscen7_a degli avvenlme·nu. Quando alzai gli occhi, vidi che mio pa• dre ml stava osservando. - T'ho detto tutto questo, piccolo mio, pcrchè sei mio figlio e non ho nulla da nasconderti. C'è una maniera d'agire e una condotta da tenere. perché un giorno li genio della nostra rav_a si diriga anche verso di te. Io mi trovai appunto in quel– la linea di condotta che spinge il genio cl<>llanostra rav_a a ~rei visita. Oh, for– se, lo ero incon,c;;ciamente, ma se vuoi che un giorno Il gcn io della nostra razza ti venga a !ar visita, se vuoi ereditarlo a tua ,,o}ta. sarà necessario che tu adotti questo sti,sso comportamento; sarà neces– sario ormai che tu mi frequenti di più. Mi guardò con affetto. poi improvvisa– mente sospirò. - Ilo paura, molta paura. piccolo mio, che tu non ml frequenti abbastanza. VAI a scuola e. un giorno, lascerai la scuola per una più grande. Lascerai anche me, piccolo mio ... E di nuovo sospirò. Intuivo che aveva una spina al cuore. La lucerna, sospesa alla veranda, lo Illu– minava in viso bruscamente. Mi sembrò, di colpo. come invecchiato. - Padre! - esclamai. - Figlio mio ... - disse a mezza voce. E io non seppi più se dovessi continua– re a frequentare Ja scuola o se dovessi rimanere In officina: provavo un lne$prl· mibile turbamento. - Ora va' - disse mio padre. Mi alzai e ml diressi verso la capann;,. di mia madre. La notte scintillava di stelle, era. un campo di stelle. Un gufo ululò ,;cino. , Dov'era la mia strada? Sapevo ancol"3. dove fosse la mia strada? La mia confu• slone era simile al cielo: senza limiti. Ma questo cielo, purtroppo, era senza stelle ... Entrai nella capanna di mia madre, che allora era anche la mia, e mi coricf,i su– bito. Non riuscivo tuttavia a prender sonno e mi agi lavo nel letto. - Cos'hai? - mi chiese lei. iente - risposi. No. non a,·evo proprio nulla che pctes– si confidare ad altri. - Perchè non dormi? - riprese mia madre. - Non so. - Dormi - disse ancora. - SI - esclamai. - Il sonno ... Nulla resiste al sonno - disse tristemente. Perché anch'essa sembrava cosi triste? Aveva pro,·ato forse il mio stesso turb;,.• mento? Risentiva quasi sempre in sè ciò che mi agitava. Cercai di addormentarmi, ma avevo un bel chiudere gli occhi e costringermi al– l'immobilità; l'immagine di mio padre sot– to la lucerna non mi abbandonava: mio padre. che mi era sembrnto di colpo cosi invecchiato, e che era invece cosi giova– ne e più vivace di noi tutti, che non si lasciava superare da nessuno nella corsa ed aveva le gambe più veloci delle nostre giovani gambe! ... < Padre! ... Padre! ... - ripeto fra me -. Padre mio, cosa devo fare dunque per agir bene? ... >. E piansi silenziosamente. M'addormentai piangendG. In eguito non parlammo più del pic– colo serpente nero. ll!io padre me n'ave– ,·a parlato per la prima e l'ultima v10lta. Ma da allora. ogni qual volta scorgevo il serpente nero, corre,·o a sedermi nell'of. ficina. E guardavo Il serpente scivolare e scomparire nel foro della parete. Come an•ertito della sua presenza, mio padre girava lmprovv;samente lo sguar• do ver o la parete e sorrideva. Il serpen– te si dirige,·a diritto verso di lui. con la gola aperta. Quand'era giunto alla su,– porlala, mio padre l'accarezzava con la mano, e il serpente accoglieva la sua ca– rev.a con un fremito di tutto il corpo; e mai vidi il piccolo serpente tentar di far· gli alcunché di male. Quella carezza e il fremito che la segui– va (ed anzi dovrei dir meglio: quella ca– rezza che chiamava. e il fremito che rl• spandeva). ml procura,·ano ogni volta una inesprimibile confusione. Pensavo a non so qual misteriosa conversazione: la ma• no interrogava, iJ fremito rispondeva. SI, era proprio una specie di conversa•· zione. Forse avrel potuto anch'io conv-er• sare in quel modo, un giorno? Ma no: io continuavo a frequentare la scuola! Tut– tavia avrei tanto-desiderato poter posare a mia volta la mano sopra il serpente, comprendere, ascoltare anch'io quel fre– mito! Ma non sapevo come avrebbe ac– colto la mia mano e non pensavo che avesse qualcosa da confidarmi; temevo anzi che non avrebbe avuto mai nulla da confìdarmi.1 Quando mio padre stimava d'aver acca– ren.ato abbastanza il piccolo serpente, lo lasciava. Ma se le lezioni giovanili non m~ si va volgendo alla ricer• mente raggiunta, perchè man• di quel :iarrntori chç s,ipot~eb• te avversava.- ma~~o. Erra~e è facile,. se s1 sono state qui ripubblicate se ca net romanzo dell'interna cante di una dialettica in jta bero chiamare «artisti» t)tul- In conclus1one, !I De Sanctls, prast., orecchio .alle proprie idee ne parla abbas'tanza nella' In.- esigenza della s:tUaz!one, della nel suo stesso mov1rncnto, costi• tosto che «poeti)>, poichè egli mentre da un lato sl comp11- polit~che e religiose: e anche traduzione 11' qu ale mira a far dialettica del contenuto e al rl- tuiva sempre un fine voluto da mostrerebbe di aver bisoqno di ceva che l'arte del Manzoni ~i es1 tetiche, come accadde 1n. ar. ~edere an 'zitut.to 1a cri.si filo# levare il comico che 3iuta a un'arte nuova, fruito del nuo- sorvegliare e di sorvegliarsi avviasse verso il realismo, dal• 1 cu~o m_ortts ~1 Croce. F1gu. soflca 'e politica' ch e act ' esse dare equilibrio alla fusione del- vo momPnto storico che si at- perchè il contenuto non lo trag. 1'altro ctoveva riconoscere che rarsi, Pot, se non debbano. an– segul mutando /1 pensiero del l'ideale col reale. Gli Inni sa- traversava. li nostro critico no- ga d'Impeto nell'azione, e la questo reali mo non era pie• dare molto .c•1:1t1quei, critici De Sanctis, e avviar}Òolo scrn- cri, poi, sono consjcterati ,non tav~ che, nelle tragedie man- estrinsecazione del suoi senti# 11~mc--:,te .raggiunto. E \Jer quel che,, irnbevu~1 dt comuni mo so– pre più rapidamente a una in• come 11 frullo vero e proprio zomane, mancava, si, quella menti avvenga accom,pagnatn signiflcet1vo tentativo i Manzo- v1e~1co,voghono esaminare uno terpretazlone realistica dell'ape- della conversione ma come il dialettica interna, che sola può da una tranquilla e lenta o~- ni meritava lode; ma per quel scnttore con:e Alessa!'dro Man– ra manzoniena. Il grande crl• rruUo di tutto Un movimento avere presa nell'animo del pub• gettlvazione: il Manzoni seri- parziale insuccesso, il ManzoEI zom, a cu1 fllosoha morale tico non professò più la sua Pi culturacheportavada,1 clas# ?lico, mancava, sl, fusione fra veva il nostro critl_cc;> guar- dove-va.essere consideratoegiu• n~n fu certo quella ... dt .Gere– ad••Jone alla morale ca,ttollca, siclsmo al romanticismo pas. ideale e reale, ma l'una e_l'al- da «con. occhio cr1t1co anche d1cato con m_olta cautela. Il;n••M Benltham, o quella dt Car• è fece notevoli riserve sul va- sa.ndo, però, ptr l'illuminismo e tra si rinvenivano net cori. nel magg10r caldo della produ- Muscetta, ,pec1almente per que- 0 arx Il serpente allora si arrotolava a spira– le sotto uno dei bordi della pelle di mon– tone, u cui mio padre era seduto, CAMARA LAYE Le pagine qu, pubblicate fan11-0 parte ~l romanzo « I o ero u1t povero n.tgro » c1tc UJci. rà nella Collezione • I! Mo&atco • tieU'ld.(tore !ore poetlco degli 111-nlsacrt e per la democrazia rlvoluziona,. Quanto ai romanzo, che fu ztone ». l'l che 5arebbe segno sta cautela che mòstra di ave- FRANCESCO BIONDOLILLO Mtl.!limo. .

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