la Fiera Letteraria - XI - n. 3 - 15 gennaio 1956

Domenica 15 gennaio 1956 LA FIERA LETTERARIA Pag. 5 RAPPHESEAìTATO A ROlHA IL * DRAHIHA DI DIEGO FABBRI In occasione della ra.ppresen– zlone romana del dramma di Diego Fabbri, pubblichiamo U saggio introduttivo di Giancar– lo Vtgorelli che ha a.ccompagna. to la recente pubblicazione di (< Processoa Gesù » presso l'edt– tore Vallecchl. Qualcuno l'ha detto: l'estero, sono già I poster!. Io non dico di prendere proprio alla lettera questa sentenza, però sbaglia anche chi non ne tJene conto. Se dico che la po– steri tà, oggi, passiamo già magari essere r.ol. non è un vanto: è una responsabilità di più: e vubl dire anche che slamo dominati dal temp0, Invece di esserne noi in certo modo ! dominatori illuminati. Facciamo I conti in fretta. e tra di noi. per la paura che quelli che verranno domani saranno meno clementi. più lmplacabll!; oppure sla– mo già no! sessi eslgen ti e non cl lusinga neppure l'elogio postumo. qualora da vivi avess!mo coscienza di mancare a qualcuna delle chiamate immancabili del nostro tem– po? Cerio .tanto Il tempo non è mal sem– brato cosi rapace. che più che d'essere ! candidati della pqster!tà, ogm giorno di più ~! !a forte in ognuno d1 noi il dovere. cd Il dlrlLto. d'essere I testimoni della contempo– raneità: che è Poi anche Il modo più one– sto e meno fatuo di tramandare qualche segno. qualche voce. Se un segno. se una voce. passa glà la frontiera. oggi a me pare che oltre ad un riconoscimento artistico venga ad essere ga– rPntlto un consenso morale e sociale, pcrche se sino R ieri ravere un nome all'estero, cosl si diceva. rischiava d·essere soltanto In riprova ambita di un successo o di una moda. oggl. pure lenendo conto delle mode anche equivoche de! nostro tempo (valga per tutte. e a comune vergogne. quella di Guaresch! ). 11 non averlo. il nome fuori di casa. !orse signlfica che atrautorc fa difetto qualche risorsa non soltanto artistica ma soprattutto umana; cd il meno che sl può dire è che quello scrlt.tore. se lo sua voce non ha eco. è nel peggior senso uno scrit.– tore fuori dclìn contrmporaneità. Nè si confonda l'assenza con la preveg– genza: Kafka solo apparentemente era fuo– r! dell'età: del resto, essere •I di là dei tem– pi e del trmpo. è la con!enna che si è pro– fondamente dentro al tempo cd ai tempi: ma chi ne resta al di qua. e peggio ancora se lo la nella !llus!one di predisporsi già una lit!zla e falsa classicità, è fuori del– l'arte. oltre ad. essere fuori della vita. per– ché l'arte non è mal stata nè una Innocenza. nè ancor meno una immunità. Degli scrittori italiani ad avere diversa autorità fuori frontiera. in questi ultimi anni. conteno pressapoco questi nomi: Al• varo. Bacchell!, Berto, Brancali, De Cespe– des, Lev1. Malaparte. Moravia, Paplnl, PA.– vese, Plovene, Pratollnl, Sllone, Soldati, V!t– torinl. qui dati in ordine alfabetico; e. da tre anni a questa parte. spesso accanto bene o male a Pirandello. Ugo BetLi e Diego Fabbri. La differenza. tra questi nomi. è spa\'entosa: ma. presi in blocco, già con– figurano une letteratura meno domestica e meno accademica: su uno sfondo pur esso meno convenzionale del paesaggio e del co– stume Italiano, in quei loro libri. Idee, pro– blemi. casi. tesi persino. vi si affacciano senza qeull'autoblografismo fondato e difeso su una liricità autosufficiente e precludente le esperienze altrui; senza quelle involuzioni d! vaga e ambigua aura paetlca che scade po! presto e soltanto in ·una sterile compia– cenza formale. senza infine quella etonJa de! sottofondi religiosi e soc!an troppo a lungo da no! elusi o camuffati in forza di un abbaglio estetico e, peggio, di un vile con!onnismo morale. Il teatro poi. !orse più 'di un'opera nar– rativa. e nonostante la concorrenza del ci– nema, ha una presa più diretta; più labile forse. perchè remozione scavalca il testo. spesso sacrificando l'autore e solo si Incarna sull'attore, ma più immediata. Ciò spiega, ad esempio, che Pirandello ad un certo mo– m~nto paté sovrastare Gabriele D'Annunzio, nella rama e nell'lnlluenza fuori d'Ita,!la: · ma là dove Gabriele D'Annunzio corruppe, Pirandello non poté redimere, perché la parola ve plù dentro al sangue C'he non le scena: e di Pirandello corsero più nel mon– do Je sue problematicità, che non le solu– zlonl: scosse. non compose. Non sembri un paradosso, ma !orse Il teatro. più che alla letteratura. è consanguineo alla pittura: è legato cioè alle sorti. ed al limiti. e di una !orma, e soprattutto di una v!slb!lltà. quella spettaoolare: e quando anche si la parola, ii,terviene l'attore a coassumerla e fatal– mente a trasformarla: ed anche se non la manda in maschera. l'attore certo la rl• veste: mentre la parola, secondo lo scrittore, deve venire sempre più denudata. Ma guardiamoci bene neppure c!i sfiorarlo Il problema della « parola teatrale»: ba– sterà dire che è capovolto. rovesciato )'errore della parola-fine-a-se-stessa: quella di tea– tro è una parole non solo che esige un ascol– tatore. ma che sollecita la molteplicità e h difformità degli ascoltatori: le parole na– scono già subito per un destinatario, - e qual'è. oggi. Il destinatario? E' raro, è !orse Impossibile. che un'auten– tica opera di teatro possa nascere rh·olta alla posterità; può meritarsela. d'accordo: ma l'atto del lare teatro, è già di per sè un'azione. un intervento nel tempo; uno scrittore di Leatro, se non la I conti con !a contemporaneità. non li farà neppure con la posterità. Questo. d'essere quasi quotidia– no e al di là dell'età. di essere precario e fondato sull'eterno, è Il b!lrontlsmo condi– zionale di qualsiasi scrittore vero. ma lo è in maniera tutta scoperta. e sempre a suo rischio, da parte del commediografo e !orse più ancora del drammaturgo. Il teatro. non ha posteri: l'uomo di teatro è Il servo-e-pa– drone «naturale» dei contemporanei. Quella posterità anticipata che, spesso. è l'oltre-lront!era. non a caso chiede quasi più al teatro (o al cinema. e magari •li~ p!Ltura), che non al romanzo. al saggio, alla poesia, I contrassegni della contempora,. ne!tà: anzi, più che chiederli, ve li individua e li riconosce. scoperLI come sono. sintomati– ci come appaiono. A guardare bene le cose - e lasciando ogni altro preambolo - è quel che sta succedendo. da due o tre anni, in Francia. in Inghilterra. In Germania. in .Spa– gna. in Austria, In Svizzera. nei Parsi Scan– dinavi. cd anche negli Stati Un!Ll e nell'Ame– rica Lal:lna, dove 11 teatro o dt Betti o di Fabbri, o di entrambi, sta rtrouolendo un enorme suocesso di critica e di pubblico: anzi, attraverso questi due uomini di teatro, stanno scoprendo cd acc~ed!tando cert! valori di re– ligiosità. che erano sinora parsi estranei alla Immagine che si erano latta di un'Ita– lia o soltanto istintiva, o soltanto ltellet– tuallst!ca. Quella di Betti è una religiosità Individua– le e quella di Fabbri una rellgw corale e ad– dlrlttura sociale; cd anche di questa capitale differenziazione gli\ qualche critico francese o tedesco s'è accorto. cosi che è da augurarsi che ne \'enga integrata quell'!mmaglne di un'Italia «socialista•· o piuttosto da socia– lizzare. quaie viene fuori dalle opere di Levi, dt Sllone, di Pratolini. di Pavese, con que– st'altra di un'Italia «cristiana». o da cri– stianizzare, come e scandagliata nel teatro di Fabbri o da qualche alLra rara voce. Appunto perchè il cristianesimo di Fabb ·! non appaia. come non è. soltanto come l'« a:– tra faccia» occasionale ne della nostra situa– zione letteraria nè meno ancora della nostra situazione politica. sarà necessario spendere qualche parola su un libretto. Cristo tradito, che è la « prefazione di mano dell'autore» PROCESS A GESÙ che accompagna ed accompagnerà un po' tutte le sue opere di teatro. Cristo tra.dito lu pubblicato nel '49 dall'edi– tore Macchia. e sono stato !o a tirarglielo fuori dal cassetto; era nnto come una pub– b11ce, e coraggiosa. conferenza programma• llca. tenuta a Roma nell'aprile del '44, tn piena guerra; e neppure un anno prima. 11 3 giugno 1943. era andata In scena al Qui– rino La Libreria del sole, che chiudeva il ciclo glovanlle di Rifiorirà la t erra, dl Orbite, di Paludi, ed Inaugurava un tea t.ro aperto sulla cc storia saora II dell'uomo contempora– neo,,. Gll eroi della Libreria pure in un sotto– voce ceohoviano, alzavano già la voce sul crollo della dittatura: • ... Bisogna seguitare a muoversi alla cieca?... Ci troviamo qualcuno In casa, ohe fa da padrone senza diritto, senza perché ... Se non sì reagisce In tempo, può ~ sere anche la rovina ... Occorre 11.berarsi,Lu– ca... Volevo vedere almeno il volto della gente, e indovinare ... Mi era venuta in odio la tran– quillità del miei compagni... Tutti. tuLt! gli uomini sono spaventati delln libertà. Lot– tano. muoiono per conquistarsela; l'otten– gono, ed ecco che non ardiscono più toccarla, averla vicina, dentro. 31 ntirettano ad eleg– gere qualcuno che gliela amminlstrl. che gliela regoli ... Penso che per no! si preparino tempi in cul ognuno potrà lavorare secondo l'animo suo. Verranno ceritamente tempi mi– gliori, e noi che abbiamo sofferto - e cre– diamo di dover lavorare e sof!rire ancora per· qualche cosa di buono - noi saremo ricom– pensati... M'immagino che là cl sia una bat– taglia. nel cielo, sulla terra. e 1 vincitori aprano a noi, a tutto 11 mondo, un nuovo avvenire ... ». di GIANCARLOVIGORELLI canza di compas.,lone, poi una tenace diffi– denza. una paura per l'uomo. un resistere a certe esigenze che gli erano state rivelate dal Cristo>. Preso In sè ed a sè Cristo Tradito - che ora è stato ristampato da Cappcll!, nel '54, Insieme ad altri saggi e uote in Amblgui– td cristiana - poteva sembrare e restare una meditazione religiosa, appnsslonntnmente condotta al di là delle eonrormltà devozionali, secondo una misura (ed una sorittura) che ln Italia trovava pachi esempi e scarsi raffronti, tanto da no! è rara una letteratura fondata– mente cristiana, capace d1 sa:da.rsi con la Jctt.era:ura corrente europea. senza scadere nella sottoproduzione edificante. o quando non vi scaùe. allora è una let.teraiure d'ambi– zione ascetica e di presunzione mistica, an– che quando lo è nel migliore del modi e col inlgllori risult.atl: mn è. e resta, ascetica e mlst1ca, non tanto per la tona onde si fa capace dl salire a Djo, quanto per la fo:--za– t.ura con la quale si affretta a congedarsi dall'uomo. ad escluderlo. ed Ignorarlo: e io credo che - per questa strada dell'oblio dell'uomo. del bene e del male dell'uomo - non si arrl~'a a !are arte religiosa, lettera– ture cristiana. Lo scarto dell'uomo, è !I rlfìuto di Cristo. E' capovoigere 11 crlst.lanesimo: che è la religione delia « Incarnazione» di D!o e della salvezza dell'uomo. Mn tale salvezza si adem– pie e si cond;ztonn sul «vivere» e non già su un «vivere» singolo e solitario. indivi– dualistico e romnntlco; ma su un « vivere » Insieme. Fabbri. lnfnLt!, qui nei Cristo tra– dito, parn!rnsn Péguy: cc Il cristianesimo è un ,,Jvere insieme cd un salvarsi Insieme». Secondo Il Crlsllnneslmo, l'uomo è glà coro e comunità. anche nel momenti della sua singolarità: tanto che 11 vero dramma oscu– ro del crist.iano-mode1110 è di dover accet.tare la sua parte di solitudine C la fatale s<'il– tudine dell'uomo contemporaneo) e di non essere debellato: ed lncnpace dl vincere la solitudine propria cd nllntl. Il cristiano è colui almeno che tentn di mettere insieme In solitudlne comune. A pensarci bene, questo aecettare la soli– tudine e questo lavorare od nssoclnrln e ad associare coloro che ne sono le vittime quoti– diane, è un·operazlone che ldentiflcn li eri– stlnno allo scrlLtorc: ln!nttl uno ~crlttorc autentico non si !n mal esecutore delln morte dell'anima di un suo pel'1'0nagglo. Può con– sta t.ere la morte. me non e stato lui a con– vocarla. Arr,verel anzi a dire che uno scrittore è sempre della parte di Dio, fin quando non lascla mal che Il male agisca da solo: U male sottratto alla pietà, e davvero Il male sot– tratto all'arte stessa. E' Il male che è solitu– dine d!ssolutrlce è realmente li peccato con– tro lo Spirito. Come è di tanta sedicente arte di oggi cne è senza pietà, non tanto perché rifiuta Dio, quanto perchè opera sulla d!slòtegra– zJone dell'uomo: è un·arte deviate che vuole l'uomo solo. nega il « vivere Insieme». non è neppure più capace della Hgura dell'uomo. E' un conforto, perciò, ascoltare questo invito di Fabbri: « Non dobbiamo aver pau– ra dell'uomo. E' tempo di scoprirgli I larghi confini, le sostanziali voluta2lon! che c,·tsto gli ha acquistato e ntLnbulto stabilmente•· Ed il conforto è maggiore. quando vediamo che egli ha Il coraggio di accusare proprio I cristiani d'avere evnrnmcntc nmnto ruomo e di averlo vagheggiato trasfonnablle. spesso soltanto per unn nbltudlne colpevole a non saper cominciare ad nmnrlo cosi com'è. Solo sulln bocca di Bernnnos avremmo po– tuto ascoltare un messaggio come questo di Fabbri: "E' l'equivoco più inquietante della cristianità: aver aspettalo che l'uomo diven– tasse un nitro, diverso. per le parole di Crsto. Ma Cristo è venuto per salvare l'uomo cosi com'è, Non ci si rassegna ancora a credere alla lmmutnbllltò degli esseri. Gran parte della pedagogia cristiana ml sembra ancora dominata da questo vagheggiamento. da que– sta aspctlnt!va, da questa ambizione onto– logica: mutare ln costituzione essenziale de– gli uomini Cenon s·nccorge d'entrare ln pole– mica addirittura col Creatore Supremo che In !ccc cosi). Perciò, dn principio, unn mnn- L'uomo cosi com'è, già un personaggio della Libreria del ,ote •I era affannato a di– fenderlo ed a sottrarlo dalle man!, nono– stante sacrileghe. del troppo faclll metamor– !osatorl degli spiriti e del corpi: « ... Oggi posso dire che per conoscere la vita degli uomini non Importa !are le loro stesse espe– rienze. E' necessario mettersi della loro parte. !I giorno dell'Incontro. E ognuno rimanga quello che é - che nessuno può cambiarlo. dentro - e dl quel che slamo. cosl come s~amo, perché cl hanno !atti cosl. non dob– biamo render conto agli uomini. E' la legge più spaventosa delle cose create. Doverle aroeLtare, non poterle mut.are ... SI accettano cosl come sono. SI amano. E' U loro amore che deve cambiare .. non il loro essere. Non può. Ma il loro amore, sl, può mutare. E al– lora si salvano ... ». E che queste, proprie o del suol personaggi, non siano proteste di vaga spiritualità ccom'e quasi sempre m Betti, dove affiorano ogni qualvolta sulle radici pascoliane le gramlgne crepuscolari), me ardite e coerenti revisioni e strutturazlonl Ideologiche. vengono a pro• va"lo appunto le pagine di .4mbigulta Cri,– stzana. dietro n certi nomi che vi campeggia– no. primo lra tutti !I DostoJcwsklJ del Fra,. teili Karamdzov, delle Memorie del sottosuo– lo, del Dèmonl, ridotti, questi ultimi da Fab– bri, In tre larghi tempi teatrali; e Diego Fab– bri, come alcuni teologi, Il Guardini, li De Lubac, Il Oaniélou, l'Urs von Balthasa.r, sem– bra essersi appoggiato su DostoJewskiJ. oome essi od altri anche su Nietzsche, proprio per confortare anche con la suo autorità debella• trlce la propria convinzione del fallimento totale delle Ideologie !l!umlnlst!che. Ideali– stiche. liberali. li suo teatro - ed in questo senso, proporzioni a parte, egli è già al di 1a dt Plrnnd c!lo - consuma I! rito estremo di qualsia.si posizione ed eredità Individualistica RENATO GATTUSO: Paesaggio con barche Pl!,ll lNlZIA 1'1V A DtL C1!,N1RU CUL 1'URALE :,AVt'RlU * Il Teatro di Fa bbr1 a~ I~iwor110 Net giomt 2, 3 e 4 di que– sto mese, si è svolta a Li– vorno, per imZiativa del Centro culturale Saverio, diretto con amorosa Intelli– genza da Padre Guldubal– di S.J., una personale tea– trale di Diego Fabbri. Crediamo che l'inralativn d1 offrire al pubblico, in tre serate consecutwe, una visione 11 più possibile com– pleta dell'Opera di un au. tore, presentandone alcune fra le più significative pro– duzioni, non abbia, almeno 111 Italia, precedenti di sor– ta. In reaua quejta e u11a delle tante benemerenze che si è andato acqulstan. do Il Centro cullurate Sa– verio, nei suoi due annt di vtta non ancora oomptuti. Nel creare Il Centro, Pa– dre Guidubaldi assai sag. giamente ha evitato il pe– ncolo di metter su un piu-– tlle doppione di altre ,sii. tuztont che tendono a11che e.,se a convogliare e a va– lorizzare l'«tnte/ligenza» li– vornese, e meno che mai ha inteso di erigere un contral– tare alle istituzioni stesse. Egli ha preferito dare al suo Centro una /isto11omla diversa dalle comuni. c, sembra che ll suo me, rito principale sia stato quello di averlo voluto piu aderente alle esigenze mo. derne per cui la cultura non viene più mtesa come un lusso o come un patri– monio individuale, bensì come un fatto sociale ed etico. Lo stesso titolo mes– so tn fronte al programma del Centro per le mani/e. stazlont de/L'anno in corso: Incontri al Saverio, dice JH FA ll lL..:JLZIl o tutta:. dice cioè che non si tratta di sterili conferen,e, il più delle volte esibi21oni– stiche e narcott2zanti, non dt riesumazioni cinemato– grafiche destinate ad un clan di intellcttualoldi «ini– ziati», non di elucubrazioni su problemi scientifici di dubbia utilità, ma di sguar– di al nostro tempo messo a fuoco nel suoi molteplici aspetti polemici. Del resto, la dichiarazio– ne che apre 11regolamento del Centro è quanto mal espi/cita e probante: « Sco– po dell'in~lativa è un libe– ro dialogo su tutti i pro. blemi suscitati dai numeri indicati nel programma>>. Date que~te premesse,era naturale che l'autore dram– matico più adatto a realiz– zare le intenzioni del ccCen. tro» altrt non fosse che Diego Fabbri, quell'autore che da anni va sostenendo che «a un. teatro inutile co– me quello che si faceva e si fa (il teatro, per ,nten– derci, che st preoccupa del "fatto pnvato" che, come Fabbri giustame11te osser– va, genera currosltà, non interesse), a un teatro sen– za destinazione, senza pub– blico, ,,enza socialità, bi.so. g na opporre un teatro che proponga agli ascoltatori I più assillanti problemi del nostro tempo». Jacques Copeau ha acu– tamente osservato che un tale teatro non può esse. re e non marxista o cri• stiano. Di fronte a un tale d,- lemma Fabbri non ha avu. to dubbi, ed ha affermato: cc E' forse maturo il tempo perché la Cristia11ità - la religione dell'amore - tor– ni ad avere, dopo secoli, un suo grande teatro. Il tea– tro cristiano è grandissimo e sublime teatro consolato. rio e catartico, è teatro d1 amore, è teatro di solida– rietà e di comunione, è ,t teatro a cui pongon mano la terra e il cielo ». D, questo teatro che di– ce finalmente qualche co– sa, di questo teatro che agi– ta problemi di fondamen– tale importa11za per tutti, e che ognuno, perciò, in un modo o ili un altro si sfor. za di risolvere, il Centro culturale Saverio ct ha da– to, come si è detto, le tre produzioni più significati– ve, e precl.çamente: cc Inqui. si2ione », éloè 11 processo al– la inquietudine moderna, <CProcesso d1 famiglia» cioe 11 processo alla fam,glia borghese, e finalmente quel ccProcessoa Gesù), che è - a tutt'oggi - ii più impor– tante, il più costrutto dei lavori di Fabbri e che, me– glio di ogni altro, ci fa re– spirare l'atmosfera df un grande teatro cristiano. La 111augura.zlo11edella <epersonale))avvenne la se– ra del 2 gennaio in una ampia-sala dell'Albergo Pa– lazzo con ta lettura di «In– quisizione» preceduta da al– cune parole di presentazto. ne di Padre Guldubaldl e da un simpatico " improm– ptu» di Diego Fabbri che, 'VVJLNSPEARE anziché fare una sterile 1 manierata critica di sestes– so, spiegò la genesi del suo amore per il teatro, e per questo particolare teatro. Bravlsstm; risultarono gli artisti della Compagnia dt prosa del Centro culturale, che anzich é essere intimo. riti dal.la presenza dell'au– tore, ne furono galvanizza– ti. Misurato, senza mai gi. gioneggiare, Aldo Maltlntl lesse, con perfetta adesio– ne al persol)aggio, la par. te dell'Abba/e. Naturalmen– te e tragicamente umana Anna Maria Pavarlno fu Angela, e bene dis.,e l'odio– sa parte di Don Sergio il giovane Franco Faccenda. Luciano Baldi che sostituì all'ultimo mtnuto 1111 altro attore ammalato, lo fe. ce brillantemente, Imperso– nando la parte di Renato. L'ambiente non era ab~ bastanza vasto per acco– gliere tutto 11 pubblico ele– gante che era accorso al richiamo del nome di Fab– bri. Ma tutto, regia com. presa, concorreva a dare la Idea di un piccolo teatro d'eccezione. La sera seguente, al tea– tro del Saverio anch'e.~so gremito da un pubbliro cer– to più assetato di verità che di divertimento, venne rappresentato « Processo di famiglia». E qui vogliamo dire due parole per fa sce. nografia d1 E. Sirello, de– gna, senz'altro, di u11.qran– de teatro. La scena del se. condo tempo avrebbe potu- ~o insegnare a molti sce- 11ografi che si smarrl,i:co·no J-n funamboliche cerebralt– tà, come sf può essere ul– tramodenii, e nello stesso tempo non contravvenire alle regole im mutabl/1 del buon gusto e del rispetto per il pubblico. E alcune parole voglin.. 1110 spendere per Aldo Ma!– tinti e per Anna Maria Pa– varino che dettero vita alle figure di Euge1110e d1 Jso– llna. Anelle per loro cre– diamo che il miglior elogio consista nell'affermare che meriterebbero davvero df far parte d'una compagnia di professionisti. li vocabo– lo «dilettanti» è, per questi due artisti, fallace e privo di significato. Abbiamo vi. sto e ascoltato attori di ogni sorta, e riteniamo di essere nel vero sostenendo che il Malt1ntt e la Pavari- 110 potrebbero, meglio di tanti professwnlstl, favore– re con lode in una com po. gnla regolare. Tut11 gli ot– torl, del resto, che hanr,o partecipato alla rapprese11- taz10ne sono slatt degni del compito toro affidato. La terza sera, 11 Piccolo Teatro della Città di Mila. no ha rappresentato Il/ tea– tro cc La Gran Guardia» (che per la cronaca era gremito net suoi duemila• cinquec ento posfl) il "Pro. ces.ço a Gesù». Non ci dilungheremo a parlare di questa nobil,sst– ma opera dove realtà e /111- zione non solo st intreccia.– no, ma si fondono In una surreale armonia, e che il pubblico romano ha occa– sione di ammirare proprio ili questi giorni. Né tesseremo gli elogi della ben co,10sciuta Com– pagnia che, oltre a tutto, dal gran numero di recite della com media ormai ese– guite nelle varie città d'I– talia ha tratto motivo di una perfetta fusione, e rii una naturalezza direi qua• si sconcertante. Non c'è un solo mome1ito in cui gli at– tori recitino la loro parte, ma sempre la vivono mira– Nlmente. Ci hanno parti– colarmente Impressionato: Augusto Mastrantoni (E. !la), Giovanna Galletti (Sa– ra) e 11 giudice improvvi– sato, il giornalista, Aldo Barberito, al quale avrem– mo valuto di tutto cuore dedicare 1111 bell'apptauso a scena aperta, dopo la sua scanzonata difesa di Pilato. Così st è conclusa, con un vero successo di pubbli– co, la « personale» di Die– ço Fabbri. Successo nvela,. 10 non solo dai ca/oro I ap– plausi che hanno accolto te tre rappresentazioni, ma, soprattutto, dalie diSCUSSI0- 111 a cu, queste hanno dato origine Specialmente "Processo a Gesù)) ha suscitato una quantità di interrogativi, d1 dubbi, d1 entusia mi, di In– certezze e di speranze. Ha, tnsomma, sparso semi fe– condi in molti cervelli. Pensiamo che Fabbri non avrebbe potuto desiderare di più e di megtw; né che avrebbe potuto veder rea– lizza te In mantera più con– creta le sue Intenzioni. FABRIZIO WU.SPEARE e romantica; ma quel che in Pirandello era crisi Intellettuale. tn lui è crisi e soluzione morale, religiosa, sociale. Se le • masche– re• plrnndell!ane nell'atto di !arsi « nude » portavano n compimento una Uberazlonc. i personaggi di Fabbri vengono tratti alla vita dalla libertà stessa; e la sua non è ma! una libertà « a soggetto»: all'opposto, se è el– letth'amente valida per uno, vale per tutti. Tanto che se non fosse un brutto gioco di parole, direi che a dl!Ierenza di Pirandello che s1 trovava a dover andare lo cerca di un e autore» per i suol «personaggi» dlsso• claL!. a Fabbri capita Invece di essere lui 11 condannato e autore» che va a cercare l « pel'1'0nnggl >: e sono dlJ!lcll! a rinvenire. perché e cosl solo apparente la loro legione. e tanto ingannevole la parola degli • uno. nessuno e centomlla ,,, perché si contano pro– prio sulle dita gli uomlnl-llberl. gli uomlnl che non vedono la loro libertà. La salvezza è la libertà non Lradlta? Cristo tradlto. è tradito anche l'uomo. Infatti Fab– bri dichiara: e Non si doveva aspeLtare 11 "liberalismo" (intendo rifarmi all'Umaneal– mo) per annlmc!are all'uomo le sue llberta, le sue autonomie•· La libertà e reguagllanin erano già doni ed Impegni che Cristo aveva legati all'uomo come un dirlLto: • Noi non patevamo e non possiamo partire plu dal– l'uomo-prigioniero. quando Cristo cl ha rive– lato e ei ha dato l'uomo-liberato. Era, sem– mai. ruomo che doveva continuare a E-paven• tars[ nell'atto di accogliere e di esercitare quel che Cristo gli aveva dato: mal pero metterlo noi nella condizione - come lo si e messo. storicamente - di eseguire a un cert.o momento della crist!an!tè quel che sentl\'a essere suo. senza sapere che Cristo da secoli già gliel'aveva dato e la cristianità g!l aveva quasi. complaccnt.cmente, t.enuto nascosto per secondare o adeguarsi al suo umano spaven• to. Questa sl!ducla ne!l'UOmo è colpevole•· Il teatro di Fabbri. se dà la oonslstenza alle colpe degli uomini. è per mettere In evi– denza sopra tLutto le colpe verso gli uomini, contro l'uomo. Ogni dhninuzlone dell'uomo, e un attentato di dlmJnuzlone anche verso Dio. contro Cristo, che si è !atto carne. COSI nella galleria del suol personaggi - dl Ran– core. dl Inquisizione, del Seduttore, di Pro– cesso di famiglia (quest·u1t.imo dramma ha mob1litato e scosso tut.t.a la critica teatrale francese. da Kemp a Gabrlel Marce!. da J. J. Gautler a Lermachand, da France– Obaervateur, a Arts, all'N.R.F.; e Galllmard già annuncia Il primo mlume di tutte le opere). - se ne stacca sempre uno. vittima o sacn!icante, che rivenclica la hbt':rtà m tutto il suo impegno ed il suo rischio. non soltanto morale, ma teologale. Persino ll 'nel Seduttore, questo paradosso teatrale che non ha niente da spartire con !I film di Sordi che ne hanno tratto. Il non edlllcante prota– gonlst.a. nella sue deforme misura. ha una occull a dismisura di llbertA: oportet ut scan– da.la everuant ..., e torse è proprio lo scandalo del la libertà che viene celebrato nei teatro di Fabbri. E contro !I demiurgo di questo suo ,permanente scandalo evangelico, spesso In– sorgono gli altri personaggi; che sono quelll che come la povera W!lma del Seduttore sono costretti a dire anche d'un demiurgo minuscolo come è Eugenio: e ... Chissà se riu– scirò mal a liberarmene... chissà se potro tornare ad essere quella che ero... M'ingom– brerai la strada. mio caro. anche rla morto ... Come si fa! Io devo pur ricom.lnclare a vive• re... Devo guadagnarmi la vita da sol•-· •- La libertà totale cd Integra è questa im– passlbll!tà di e tornare ad essere• l'uomo di pnma del contagio della libertà. Il teatro, s<COndo Diego Fabbri. è la Inoculazione di questo contagio: In questo senso. il suo pro– tagonista ha sempre davanLi a sé qualcuno che l'ha preceduto; ed anche lui. Il dra=aturgo. 61 t.rova ad aver dieLrO le spalle la Prima Persona del dramma dell'uomo. cioè Cristo. Occorreva. forse. un esame m"enoper em• bleml del teatro di Fabbri. Illustrare le tra– me. derivandone nnvenz:ione. l'allusione. la palemica: sorprendere l'Intrigo del perso– naggi, dichiarandone la verità; trovare le ragioni. che senz·a1tro non sono soltanto di tecnica e di mestiere, perche dalla carica rlrammatlca di Rancore. di Jnquistztone. di Processo di Famiglia. sappia scaricn.J"Sinel gioco del Seduttore e trovare une vena cosi leggera, da Anouilb delle tre Pieces roses. come nell'ultima co=edla che ha scritto, La Bugiarda. In più, rimarrebbe da fare Il discorso propriamente • di genere>: far ve– dere come !a scattare l'azione, come orga• n;zza la scena. come dà agio al dialogo. E alla fine tirare le somme. e già collocare storicamente Il suo teatro nel decorso pastpi– randelliano; stabilire confronti, coincidenze. anticipazione; ma è un lavoro dove sono già passaU altri. con maggiore competenza e autorità. da Simoni a D'Amico. da Prosperi a Flocr.o. da Radice a Quaslmodo, da Kemp a Gabrlel Marce!. Per conto mio. ho preferito aprire l'arco degli emblemi; e vorrei ricordare che il Tom– maseo dei Sinonimi rilevava che « emblema ~ simbolo di parole e di cose, che sta da se. senza bisogno d'altro co=cnto »: ed emble– matico. ma mal simbolico, è il teatro dl Fabbri: perchè l'aspirazione religiosa appun– to ci «sta da sè » e Incardina tutto; e essa sola la causa e l'e!Ictto: non è appllcazione, non è traslazione: è la cosa-tn-se. non un suo simbolo ... E' Indispensabile prendere atto di questa connaturalità .e dlrei addirittura di questa ordtnnr!età religiosa del mondo di Fabbri; In lui. non solo non c·e traccia dei rituali simbolici ad esempio del Maeterllnck o degli Irlandesi. ma neppure di quelll dl C!audel: In Claudel. dove pure tutte le cose erano ordinate ed operanti verso e dentro un credo totale. una ereditarietà lettere.ria (contaminata su ,m blbllsmo 1mmaginlf1co) lo riconduceva nonostante nel cerchio del simboli. Fabbri no. E' emblematico, e può es– sere parabolico. Ma la concezione, la strut– tura. In scrittura. è concreta; o. se mai, solo nelle prime opere giovanili il linguaggio re– stava talvolta approssimativo. Il Processo a Gestì - l'opera maggiore dl Fabbri, data l'anno scorso a MIiano con esito trionfale e che orn va tn tournée tn tutta Italia, in ventisette teatri tedeschi, in Spa-– gna. In Francia, In Belgio, In Olanda, In Svezia. a New York. a Montevideo. a Buenos Aires, a Rio de Janeiro - è infatti il rove– scio dl un'opera simbolica. Tanto Cristo, nel Processo. non è simbolo. che esso. pur non Introdotto sul palcoscenico, e il Protagonista: dirò di più. è Il Contemporaneo. Sopra ave\'O subito puntato u un comportamento di con– temporaneità di uomo e di scrittore da parte di Fabbri: e dire. ora. che egll faccia di Cri– sto un «personaggio contemporaneo» puo essere un paradosso, ma è tutt'altro che una contraddizione. Del resto Kierkeganrd ha in– segnato che la contemporaneità con Cristo è la categoria cristiana decisiva, è anzi Il criterio di misura della nostra autenticità o no di vita. La contemporaneità. diceva, pro– prio perchè già era. allora. durante la vita d! Cristo, la • situazione più sforzante», consi– ste ne! vedrrc ora Cristo doYe altri non lo vedono o ritengono di non dovercelo vedere, cioè nel peccatori. nei poveri. nelle vittime dell'inglust!z1a: e non a caso, deduceva Kter– keganrd, quando Cristo lu crocifisso e morl tutti gll apostoli fuggirono e l'unico cristlano « contcmparaneo » fu Il buon ladrone. Non so se Fabbri fosse a conoscenza del passo di Klerkegaard ul buon ladrone; ma i suoi «contemporanei» - e noi odierni con– temporanei di Cristo - siamo di quella fa– miglia. meno spregevole di tante altre. E non per racimolare radici kierkegaardlane nella opera di Fabbri, ma là dove, qui nel Processo, mette in bocca a Caifa l'accusa di « sedut– tore » contro Cristo, e chiaro che quella (Conttnua a pag, 6)

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