la Fiera Letteraria - XI - n. 1 - 1 gennaio 1956

Domenica 1° gennaio 19~6 ------"----~ ___________________ _.::.L~A.:.._~FIERA LETTERARIA UNA STRANA M TTINA )(,.. di E~Hl(;O J<JttlA~UEl.,LI Nqta: Qu<tnto segue costituiva l'ini210 d'uri racconto lungo intitolato « Masaima riser• vate,za ». Ora, nella stesura definitiva, tale introduzione non compare più.. Davanti alla porla dell'ufficio uno sco– nosciuto si appoggiava allo stipite. Era un giovane alto. dall'aria annoiata; aveva il cappello ridicolmente storto sull'orecchio destro e fumava una sigaretta. Era cos:i insolita vedere qualcuno ed a quell'ora all'ingresso della ditta • Citros • ed Eva– risto, almeno con lo sguardo, cercò di evi– tarlo. Ma in realtà lo sconosciuto, che sembrava un maleducato od uno strafot– tente, aspettava proprio lui. Intatti appe– na lo vide domandò: « Lei è un impiega– lo? »; poi lo pnese per un braccio aggiun– gendo: « Venga con me. da questa par– te». Evaristo si lasciò guidare sebbene la cosa fosse ridicola; e quando furono davan. li allo studio del direttore generale il gio– vanotto g,li ordinò: « Entri i. ed era !acile rispondere. Ad ogni ,ispo,tà il commissario dondolava la testa inten– dendo esprimere il suo compiac1mento é<l i suoi modi, sempre piu de1ercnt1, scivola– vano quasi nell'ipocrisia. Si andò avanti C'osi pe1 dieci minulii poi ci 1u un attimo di sitenzio come se una improvvisa stan– chezzct avesse colto l'interrogante. ln1a~ti, quando il commissario ripres.e a parlare, invece di una nuova domanda, parve lare soltanto considerazioni generiche. « La si– tuazione non e poi contusa - disse - e le responsabiìita saranno presto definite. Questa é la mia opinione personale ». Si passò 1a mar10 destra sulla tronte, respirò 1orte come se volesse superare il momento di stanchezza, infine rialzò lo sguardo su Medolago con Interesse che sino a quel momento non aveva mai dimostrato. « Ancora una domanda - disse - il commissariò sull'onda della sua improvvi– sa curiosità per Medoiago - anzi due: a che ora è uscito ieri sera dall'utflcio e a che ora è tornato a casa? Rifletta prima di parlare». Ad Evaristo quell'invito a rillellere sem– brò una stupida insinuazione; ad ogni mo– do, quasi suggestionale, nmase un attimo silenzioso. Poi riferì l'ora in cui era uscito e l'ora in cui era giunto a casa ed avreb– be anche desiderato illustrare quaJi erano i particolari che gli permettevano di es– sere così preciso, ma il commissario lo in– terruppe: « Dunque lei è stato l'ultimo a lasciare l'ufficio ie1i sera». Si trovava in una stanza che cono3r-eva molle bene. Una parete (ades•o gli stava Qi fronte) avev1 rlut basse e lungne ~i1e– stre. tra le finestre era la scrivania dtel diiettore. li direttore solitamente sedeva là dietro, su una comoda poltrona <ll cuoio scuro. Alle spalle era appeso un quadro ch,e rappresentava una spiaggia deserta in una ora mattutina. ma ternporalesca. Tutte queste cos~, tanto note da essere familiari, non furono q~l mattino viste da Evaristo perchè il suo sguardo si meravigliò ad una scena inaspettata. Con sincerità Medolago dspose che non poteva saperlo e si permise di guardare il direttore sperando d'avere 1a sua ap– provazione. li direttore era sempre in pie– di, immobile e preoccupato a non rivelare i suoi pensieri; invece il commissario. met_ tendosi a scrivere rapidi appunti. fece una smorfia che a Medolago risultò incompren– sibile Quando ebbe llnito di scrivere alzò di callo la testa borbottando alcune pa– role e subito l'agente, che stava vicino alla finestra, si avvicinò a Medolago e gli disse: < Mi segua>. DOMENICO CANTATORE: Ritra!to di Emnnuelli Il direttore non era seduto sulla poltro– na dietro 1a scrivania. Al suo posto se– deva un uomo grasso, di spalle larghe, con la faccia slavata. la tesla calva stra– namente lucida ed enorme. Poi vide che un altro uomo, su per giù simile a quello incontrato all'ingresso, stava in piedi, vi– cino ad una finestra e guardava al di là dei vetri, in Via San Gregorio. In quanto al direttore: pure lui era in piedi, ma ac– canto allo sconosciuto che sedeva alla scri– vania; ed in quel momento stava parlan– dogli sottovoce. Continuò a bisbigliare per qualche secondo. poi Io sconosciuto mosse il capo come per dire che aveva capilo e finalmente alzò gli occhi su Evaristo. « Lei si chiama Medolago, Evaristo Me– dolago » disse con tono insieme sbrigativo e distratto Infatti era chiaro che non sol– lecitava nèssuna risposta. Sempre distrat• tamenbe (aveva persino abbassato lo sguar– do per leggere un foglietto che era sulla scrivania) gli disse di venire avanti. Al– lora lo sconosciuto, con rapide parole, si rivelò per quello che era: un commissario di polizia: e subito aggiunse: « Le ..hanno già raccontato quali novità abbiamo que~ sta mattina?,._ Sinceramente Medolago rispose di no. « Bene - disse il commissario mostran– do una soddisfazione che appariva per lo meno ridicola - si segga, dovrò farle al– cune domande 1. Le prime furono semplici, quasi ingenue Attraversarono in silenzio un corridoio e raggiunsero una stanza che era sempre servita come salotto d'attesa per il clienti; ma adesso la chiave di quella stanza l'a– veva in tasca il pofiziotto. Aprì la porta con esasperante lentezza, lasciò passare Medolago e la richiuse. Nel mezzo della stanza vi era un tavolo con sopra alcune riviste: lungo due pareti, quelle non in– terrotte dalle finestne e dalla porla, vi era un divano ricoperto di velluto verde scuro e mollo comodo. Medolago vide che già altri suoi tre colleghi erano seduti; ma uno, il più giovane, che si chiamava Orgalli, stava in pi.ed.i e parlando rideva in modo sconcertante. Questo Orgatti non doveva avere più di trent'anni ed era entrato a far parte della dilla soltanto da pochi me– si. Si era mormorato che godesse di pro– tezioni misberiose: e subito era stata ~ausa di meraviglia la manìera con cui parlava dei òirigenti_ Con insolente disprezzo ìi giudicava per lo più inetti ladri e cornuti. Anche in quell'oc.:-asione. davanti ai tre colleghi imbarazzali. si comportava nel modo che gli era abituale ed infatti Me– dolago appe:1a se11ti dire: « Quel porcv stava in piedi come uno scolaro ctte ha paura del maestro • capì che alludeva al direttore generale. Orgatli e gli altri alzarono un attimo gH occhi p~r guardare il sopraggiunto. ma nemmeno lo salutarono. « Io oggi - dice– V'1 Orgat~i - ho un impegno e nessuno riuscirà a tratte1te1·nii qui. Non devono seccarmi più del necessario. Se sùno stu– pidi, se si !anno fregare, io non ne ho col– pa•- Si volse dalla parte di Medolago e con tono ironico gli disse: « Lei, che cosa ne pensa?». Medo!ago era conosciuto per la sua pru– denza, di cui tutti ridevano anche aperta– mente. « Che vuole che ne pensi?» rispo· se a bassa voce. Non guardò in viso il suo collega Orgalti. che si era appoggiato a! tavolo, ma volse gli occhi a quelli che se– devano sul divano, Sembravano viaggia– tori in attesa della partenza d'un treno. Tra costoro vi era anche certo Galbiani, un anziano che in quel moment11 osserva– va. attraverso i vetri della finestra. la fac– ciata della casa di fronte. Per quanto mo– derna. era bastato un inverno per darle una spessa patina di sporcizia. Infatti Gal– biani disse: « Guardate che roba. quel mu- ro. E' già tutto macchialo e l'hàl'.JJTlo CO· struito sei mesi fa•· « E a lei gliene importa molto? » gli ri– spose Orgatli ridendo. E mettendosi sedu– to sul tavolo aggiunse: « A me importa soltanto il pa!,tlccio che ci stanno combi– nando quei due di là, i,Jsignor porco diret– tore e l'illustrissimo cretino commissario. E' inutile che ci tirano in bailo ». Tutti Jo guardarono con vaghe espres– sioni di solidarietà, ma senza dire una pa– rola, come davvero temessero di compro– mettersi. Orgatti comprese il loro atteg– giamento e parve lasciarsi trasportare da una improvvisa col!era. Rivolgendosi a Medolago, che stimava bersaglio più faci– le. gli disse ironico: « Lei vada a casa e racconti a sua moglie quel che sla succe– dendo e poi stia a sentire i buoni con– sigli». Con candore e con molta sorpresa por lutti M<adolago rispose: « Certo che farò come lei dice ». CAPITOLO PRIMO Un mattino d'aprile Evaristo Medolago, modesto impiegato della ditta < Citros >, rientrò a casa visibilmente eccilalo e ner– voso. Aveva una lunga storia da raccon– tare ... Nota: Abolita l'itllroduzione ]Jiil sopra tra_ scritta. il racconto « Ma~s,ma ri3ervatezza » inizia ora con le parole che si sono lette do-– po l'annuncio del primo capitolo. «Memolo» E~~~::rrr !~f r:is;~d~i z!~;~~~ rio n.,ale al 1929 e fu 3fgna– lato da G. A. Borgese con un elzeviro sul Corriere della Sera. S1 parlava di due libri u,cltt allora: Salmace di Ma– rio Soldati e di Memolo, ov– vero vita. morte e m1racoli di un uomo. di Enrico Emanuel– ll. E BorY.ese cosi dava notizia di quest ultimo: Album delle cosedette che s0110Indispensabili per la nostra salt•ezza); ma devono e.i;sere una guerra, la lotta. Emanuellt a que.,to punto 11f starca dagli altri fedeli del se11timentf e il suo Arnò, pro– tagonista del romanzo dimo– stra chiaramente queSta ne– ces.~ita della lotta cosi come scopre ancora un altro segre– to nella distnbuzlone delle cose: quel suo moltiplicarsi di Jronte al numero indefini– to del casi e ancora un modo dt reagire, di testimoniare. ...Questo tema, sotto appa– renze tanto blande, è invece, molto ambizioso. E' ambizione per un giovane scrittore, eh.e non sia giovane cinquanten– ne, voler penetrare nell'animo di un uomo di cinquant'anni, e uomo di quella fatta; è am– btz:tone per un letterato e jn– tellettuale immedesimarsi in un povero di spirito sfidando tl 7""ricolo che i lettore ine– sperto, mentr'egli racconta la vita di uno scemo, prenda per scemo lui. Pi'U ambizioso an– cora e u tentativo d'innestare nella /orma /la ubertiana delle opere d'lmbecilli ( Coeur sim· pie, Bouvard et Pécuchet) quel tipo nostro di smilza, bizantina biografia proverbia– le, a cui appartengono Il Didi– mo di Foscolo e l'Ottonierl di Leopardi. Ottantacinque pagine In 17 capitoli; ma c'è dentro, oltre questo passato, una quintes– senza di cultura à point: Sve• vo con la Senilità, Fredu con la psicanalisi, anche un po' di Panzinl. Questo non vuol dire che non ci sia Emanuelli. La sua qualità più forte è fn certi tocchi, a prima vista leggert e sen2a rilievo, ma be– nissimo calcolati per la di· stanza. Quando egli ,crfve che Memolo « non si capacitava come, Jra tante donne, non Josse capace di trovarne una», ovvero: « in questo tempo si fece regalare un cane da un suo amico: era un cagnolo ba– stardo, piccolo, di pelo bion– dastro e, a differenza di tutti gli altri suoi ,Imi/I assai stu.– p1do »; o anche: « pure di al- ;~~~a~~.~ f~~st~fg~~l:;."c, Pi~ facesse In vita sua .•. restò as– ••nte quattro giorni•• paiono cose facili, buttate li, ma si ricordano. « Radiografia d'una notte» Nel /932 vubbllcava Radio– grafia d'una notte. Questo primo romano veniva co.d re– censito da Elio Vittorlni, sul Lavoro di Genova: ...dal titolo stesso •i capisce a quale tentativo d'alta e moderna letteratura s'è volu– to Impegnare lo scrittore. Ra.– diografla d'una notte è ro– manzo che si svolge in unç notte (anzi, ad esser precisi, nella prima metà d'una notte) ed è analisi, studio, introsve– zlone del personaggi che, co– me ombre, si susseguono e al– lacciano In quel determinato decorso di tempo. Narrare cosi, al passo fisico delle ore, una volta si osava soltanto per componimenti brevi, -per svilupare vicende momenta.– ne «senza passato», ed è ap– pena da una quindicina d'an– ni (ma non ancora In !talla) che si tenta, con risultati più o meno felici, di contenere una vicenda propriamente ro– manzesca en,tro un tempo cc scandito» e vtvo nel suo co– lore reale: cogliendola al mo– mento preciso della sua riso– luzione in modo che i perso– naggi siano dati " nel loro passato» e insieme nella loro quotidianità. ...Attenendosi rigorosamen– te a questo auo presupposto (che trovo annotato nel tac– cuin.o d'uno dei suoi personag– gi) l'Emanuelll ha suscitato una piccola selva di personag– gi. Una famiglia borghese, con pregiudizi 1 vizi e vtrtit schiettamente borghesi, Si le– va da tavola dopo il pasto se– rale e si spar-paglta verso sin- f%;~e,~.~v;:a;~~:· 1~::~~d1~à 1 e!cl vivere insteme, niente U ripor– ta l'uno all'altro, perciò la vicenda corre senza intreccio e segue ad intermttte,zze ora ~~z;tovi~~~3:e~f ~i~~,::,er!~ condo il volgere del tempo che frnalmente li stringe tutti, senza che essi stessi se ne ac– corgano, in Ull episodio dram– matico inaspettato. ...La stoffa nella quale que• stl personagg; so110 tagliati è tutta intessuta di pensieri, es– sendo ~tata cura dello scrit– tore di trascrivere le loro sen– sazioni e anche i loro senti– menti al momento preciso che essi stessi se ne accorgono e se li ragfona·no In mente. E ognuno di essi, con il suo particolare ribollimento di pensieri, si consuma a una sua sola fra.i;e intima, a una sua sola battuta umana. Ma la bellezza del romanzo è che, in quanto motivi monocordi, i personaggi riassumano in– teniamente tutta la loro vita a sè, il loro piccolo dramma intimo e lo esprimono con la quotidianatà del momento in cui lo scrittore li ha coiti e raffigurati. Un'orchestrina dt monolo– gh1 rnterlori? Orchestrina si, ma non addirittura di mono– loghi: orcllestrlna di motivi, ripeto 1 per i quali ag,it mezzo di espressione narrativa è semp,e buono, dai monologo al recitativo. A nzl è nel va– riare dall'lriterno, fino ad 111- con tra re talvolta Il punto di vista dello scrittore che essi acquisla110 movimento. Una serie di a-solo, dirò, meglio. E questo t perfettamente mo– derno, ed e notevole l'armo– nioso coordinamento dei pas– saggi da a-solo ad a,.soio, da strumento a strumento, che con mano m,surata e leggera l'Emanuelli ha saputo gra• duare sulla linea ascendente del tempo. «Una educazione sbagliata» Nel /942, dopo d'aver pub– blicato una vita " moderata– mente» romanzata di lppoll– to Plndemonte, ed una rac– colta di racconti (Intitolata Storte crudeli) Eman uelli tor– na al romanzo. Pubblica Una educazione sbagliata; e In una recensione tra l'altro Mario Alleata scrive: ...In questo racconto poco .,uss1dio e richiuto dal suo autore alla ,< Jantasta »; ma ugualmente scarso è l'assun– to realistico. E' vero che nella secon~a parte del romanzo la fuga del ragazzo, Il suo in– contro con Il carrettiere, la sua breve sosta all'ostena, e poi l'arrivo alla batta abita– ta dalla pastora Erminia e dalla sorella scema, la Gl.,a, sembrano impeonare lo scrit– tore più direttamente con la realtà, con un ambiente, e sembrano per/i no fargli r !cer– care un 1< cltma >) poetico, ma tn verità anche co,tl eg/1 ri• mane fedele alla sua disposi• zione di descrivere il costu– me intimo del suo « personag– gio » nello stile rigoroso d'un esquisse psicologico e morale. Infatti tutto lo sforzo di Ema– nuellt e indirizzato a traccta• re il ritratto del suo protago– nista, a riportarlo sempre nel– la misura, e perfino nello schema del e< personaggio l>. Che cosa dà allora calore al racconto, lo gonfia d'u.n lievi• to umano superiore alla razio– nale e astratta freddezza del• l'indagine scienti/ica, ,11uperio– re alla bravura di scoprire f riflessi nervosi più minuti di questa giovane coscienza che, per i suoi fllets nerveux allo scoperto, sente e soffre più de• gli altri suoi slm iii, deQll altri suoi coetanei, se è poi vero che simtH doni sperimentali, in ar– te. non vanno mai disgiunti da un serio e ostinato ideolo– gismo? Non si Jatìca a rin– tracciare, 'TJel racconto ,di Emanuelli, la tesi polemica, la giustificazione Ideologica: cc Se non è morto, avrà impa– rato a vivere», dice ron pa– cata ma ancora bejfarda sag– gezza il pastore mentre pra– tica a Giulio la respirazione artificiale, dopo averlo tro– vato mezzo morto o magari morto del tutto sotto il .fleru– le dove l'aveva trascinato la sua sconsiderata paura. la sua angosciosa timide2za. E tutto. nel racconto, dalla sgradevole e odiosa disitivol– tura danarosa e borghese dei due ragazzi Candia11i e dei due ragazzi Stri11ozzi alla fe• lice e .,ciolta spregiudicatezza proletaria del ca rretttere, del pastori, per/ino dei due cara• biniert t"'he cercano le tracce di Giulio suona compatimen– to e ironia per la 311a timi– dezza piccolo - borghese, per quel complesso di inferiorità inculcatogli dal meschino con/ormismo ciel padre e dal– la bigotta prudérle della ma• dre. Giulio che no11 ha il co– raggio di strappare ai genitori il permesso di recarsi ad un appuntamento con degli ami– ci, che architetta un plano d'eva.,ione clandestina e che subilo, in cucina, scopre la serva nelle braccia d'un uomo; Giulio che, vittima d'una be/• fa di poco buon guslo, s'ag– gira disperato lontano di ca• sa. sicuro d!e.,sere ricerrato come un ladro, e gl{ sèmbra d'avere la felici/a nella baita delle due pastore, e Il .,110 vri• mo bacio deve darlo alla Gtsa, la scema, che si rotola wl pavimento perché assoluta– mente vuole e.,sere baciata dal nuovo venuto; Giulio acqui– sta a poco a poco la figura · d'un personaggio allegorico che, In queste puerili avven– ture, impara r,d insegna a scoprire 11 modo giusto di educarsi, Il modo giusto di concedersi alla vita. Forse, nella seco,ida parte del racconto, l'entusta,mo di Emanuelli è un po' di manfe– ra. come un po' di maniera sono t suol vroletari primitivi, Innocenti e sapienti; ma la prima parte del racco11to e d'una fre.çchezza e d'una sciol– tezza non comuni: l'analhl acuta, sugge.,tiva e profo11da del pudore di Giulio, che no11 riesce a rompere Il gelo della consueta mancanza d'inlzta– llve ctin11nnzl ai ,woi Qenltnrl, Il suo primo cauto tentativo di fuga dalla casa rotto con l'Incontro della serva In cuci, na e la successiva furbesca complicità di costei, son cose dette con una misura e un ri– gore d'espressione che rive– lano quanto sia seria, In Ema– nuelli, la vocazione narrativa. * Gta11franco 4 C:onttno, in u ,i e< Frammento di 1u, btlancio quarantadue», comparso nel numero 25 ctl Letteratura, scrive: Enrico Emanuelt ha ristam– pato, col titolo Una educa- ~~/~• r~~tJ!~~laU~~ ~~~te"~~;: rena. E intanto è da esser grati a Emanuell, che, non appartenendo al partito degli stilisti, alla fazio11e che pren– de il salto dell'1spiraz10ne dal trampolino della forma, scrt– va almeno tanto bene da ,ion Impedirsi nessun effetto e ria non interpolare disturbi; al,. meno quanto era bene, ap– pu,ito, che la sua scrittura non producesse effetti indi– pendenti. E' un equilibrio onesto 1 nel senso che non è raggiunto attrr.i·erso un'arte poetica, non è li frutto d'una co.i;ctenza stilistica; e 11eWf1t– tento non già di ridurre la portata della sua prosa nar– rativa, bens! di defl11trla, è lecito recarne qualche prova. Quando Emarzuelli correg– ge il suo prima titolo, allu– sivo al pro/arido palhos della situazione, a un dramma com... mosso ed esplicitamente giu– dicato, nella variante evasiva centrifuga d1 Una educa21lo– ne sbagliata, dove vede lo sbaglio? Una tale variarite riconduce un po' pigramente Emanuelli all'aura degli an– ni intorno al 193Q, de/l'éclo– s1on dt Moravia novelliere e d1 Piove ne, anni della nascita della Bella vita e della Ve– dova scaltra, ma anche annt dell'accessione di Emanuel/i al terreno letterario. Ma ve– niamo al /atto ... ... Ora, ci si restituisca alle origini dell'Invenzione d, Ema- 11uellt (e a una tale restitu– zione invita e sollecita il suo stesso e.llìserenarratore), ci si restituisca cioè al primordi di quella cosa slngolarl.,slma per un lirico e un critico che è l'inve11zione d'un personaggio. La di sputa intorno al titolo 11.an r.;a fntesa come spunto di litigio brillante e margina• le, ,ma volta che ci si avvici– ni all'i11.ven2io11e, e così nep– pure ti raglonamenta intorno a.l personaggio-sostanza, l'ap– parente « sviluppo psicologi– co,, e secondo verosimigltan– za, quanto ha un'utilità stru– ,nentale di rivelazione /Irica. Per esempio, se diremo che la pretesa compressione di Giu– lio e le pretese emotività e ttmtdezza non assorbono per niente la sua azione, come sa– rebbe da attendersi, anzi nari .fanno che provocare azione: soltanto. Giulio non parla. Ecco allora Individuato Giu– lio come centro lirico dell'au– tore (la differenza dei gette– rf e una mera dlf/erenza, dunque, pedagogica per 11 pro– duttore di poesia, dldascaltca per Il critico); Giulio è un eroe creato nel silenzio e che non può uscire dal su.o st– len;.lo. Fino a un certo punto ciò fa parte della scommessa di Ema11uelli, che non I! nep– p1tre :iUO appannaggio ma e la grande scommessa 1930: la resa dell'lrittmltà senz'analtsi, sviluppata t n puri attt. Le aztont, germinate nell'oscuro, hanno un mero valore espres– sivo. Ma occorre che esse vengano ragguagltate 1l me– no possibile ad altre azioni, che 11011. siano giudicabili se– co11do lale categona. l n que– sta sospensione, effettiva se non intenzionale, di giudlca– b1tità, e la condizione della legittimità del mondo di Ema– nuelli. « La congiura dei sentimenti» Nel 1945 usciva il romanzo e< La congiura dei sentimen– ti ,,, ristampato nel 1946 e net 19.53. Per la seconda edizione Carlo Bo annotava: ... è chiaro che per Ema– nuelli Il dominio del senti– menti si identifica con la re– gione oripinaria del mistero e nella rete che definisce la 11ostra vita, sole ci/re possi- ~~i /eTra a::;f;~ :r:S~~z~ 0 f~~ rena. Il romanziere ha rinun– ciato qui a qualsiasi volontd di ricostruzione e ha creduto di d.overe seguire il suo per– so,iaggto ai llm iti estrem t di questo suo «errore>> fonda– mentale: forse il moltiplicar– si del casi, il numero injfnito delle situazioni possono [ascia– re nell'animo del lettore il dubbio che tutto questo ci– Jrar1~ sia un po' obbligalo, ma e soltanto un'tmpresswnc superjiciale. Emanuelli con questo esempio ha pensato di metterci di Jronte ad un problema estremamente d.if– flclle e non alludo a un problema di tecnica su cui mt fermerò dopo, e cioè: dav– vero sono le cose re lascia~ mo che egli le chiami senti– menti e ammettiamo per un momento con Comisso, il teo– rfco df questo nuovis.nmo ro– manticismo, che soltanto am– plificando il nostro discorso sulle passiom immediate del cuore si arrivi a co11oscere la verita, il .senso della vita), a portarci /1110 al punto di dovere rinunziare ad ogni tcntatitio, al nummo oeslo di salvezza, all'lnterve11to delle nostre immaoim spirituali? Ho pa.ura che a rispondere di si s1 corra il ri.'ìchio di accettare u11'accezio11ealla Ji– ne troppo facile della vita: basta davt•ero cedere al mi– stero quol1dla110 adeg11arido Il nostro cuore al ritmo stesso delle cose, rinnegare volta per volta il passato, rifiutare tut– te le parole, perdersi nel giuo– co dell'assurdo? Va bene che Emanuelli ci ncorcli la famo– sa parola di Santa Teresa d' A– vila sulla nostra natura, ri– sale11do al Sanl'Agostrno mi• nore si potrebbero trovare dei lesti ancora p1U assoluti f11. questo senso, ma ad 09111 mo– do mi sembra che a Qualcosa debba .'ìervire anche la nostra trascurabile opposizione, la parola che possiamo dire e che nonostante tutto a un. certo punto della vita riuscia– mo ad l11scrlre nel durorso ge11erale delle cose. Abbiamo un dovere di testimonlan<a e 11011 mi sembra possibile sorl– dls/or/o co11 la prostazlo11e o pegqio aqgiu11gwdo 1/ peso delle nostre passw,u a auesta tragica misura del tempo. Le pass1ont sono necessarie (mt pare che la teologia insegni ... Cl resta l'altro problema, quello tecnico. I progressi fat– ti da Emanu.elli neglt anni della sua breve carriera lette. raria sorto enormi: ricorderete fl successo del suo primo Me– molo, e In/atti quello pote– va essere un punto perfetto, ma morlo della sua arte: e per me sbagltano quei critici che vorrebbero vederlo inten– to ancora alla ripetizione dt quei sistemi rettorici. Qui in– vece, nella Congiura dei sen– timenti, è evidente un lavoro complesso di ricerca e di so– lt.ztoni attive, e soprattutto c'è la 110:tone esalta dal la– voro del romanziere, il biso– g110 di sapere, la necessità di trasferire la cronaca sul pta110 dell'i,iterpretazione e della conoscenza. Prima aspet– tava mo da Emanuelli dei dt– vcrtimcntl, clegli escrctzi let-– terarl (Contini faceva giusta,. mente il nome di Raimon.di), ora sappiamo che lavora Ml strnso giusto e, nel caso par– tic:olare, vale la pena di /are U nome del Gidt' dei Faux monnayeurs, anche se la 710- sta d1 Emanue/lf è di una natura diversa. «Un "i aggio sopra la Terra>> L'esperienza diretta del 111:>ndoha avuto com.e risul– tato un libro insolito per la letteratura. In/atti ne! 1954 pubblicava Un via2"g10sopra la terra, raccolta di osserva- 2toni, taccuino :;eqreto nel QUO• le st rispecchiano rl carattere e glf umori di u,i uomo. Co.~l ne parlò Salvatore Quasi– modo: .•.la letteratura di Emanuelli è raq10nata, però, a differen– za d, quella di altri serti.tor, d,,lla sua generazione, che, Jer– -. t a problemi eterni quanto astratti. speravano nella fun– zione d'una validità della de– cadenza euf'opea. Il suo ra– gionate aveva un lepame im– plicito con la continua sco– perta dei sentimenti: senti– menti 11011 /annali perchè la chiarezza della sua prosa ri– vela un'origine fisica del suo linguaggio, un congegno che st vale, per manife8tarsl, non solo deglf umori dello scritto– re, ma dei gesti che lo ac– compagnano. Una reazione. vogliamo di– re, immediata dinanzi ai fatti è la migliore immagine di Emanuelli che prepara il suo diario fisico. Che il giornale sia di11e11uto, i11 seguito, Il luo– go consueto per segnare que~ slo cliario (11011 qiocheremo sull'ettmo/oq,a della parolai, non sigrufica che Emanuelli, da narratore, o, pi'U precisa– mente. da mcmodali.11ta, per apparire nella soc4atitd, sia scivolato 11ella stampa q11otl– clia11a, a corttlriuare la tradi– zto11e del redattore di « servi– zi». che de11u11cla il colore prnvvlsorto del morula. ...la sua impar2ialila non è ind1fferen2a, s'intendf;, o fu– ga calcolata da ogni vartico– lare commento alle cose viste. La sua condizione morale t evidente e la troveremo ad ogni pagma dt Un viaggio sopra la tt-rra, .,ìa che lo .,crLt• tore .,1 a/facci dalla finestra nord-americana o Rud-ameri– cana o spagnola o finlandese. Una condizione c.•pre.,Ra, dice– vamo, « per gestt nelle pa– role >1, che aggredlt1ce .,ilen2to– samente le 1'tl.g1onideUe aoffe- ~';J1~f nte ::~l ttt:1~: 1 .~iftl~ leggi neutre di gtu,tlzia so– ciale. S1a110uomini dt colore o no, Il qe lo, lo ,catto inter– no di Emanueili colpt.,ce per la aua umana civilta. Il viag– giatore Emanuellf raramente si ferma all'ana/111 del pae– sagqlo che lo po.,sfede per ore ~ap~r flio;:,~~;• ~~?l~h~t~i~e!i parlertnino at RUot monolo– ghi o dialoghi. io ,cnttore fa rolncldere, tnvere, gradual– mente le .,ue a.,piraziont vi.3t– ve dt novita terrestri con l'esa– me non emblematico del po– polo che v1.,1ta. * A conc/u,lone di questo al- bum •1 può mettere qualche pas30 d'un breve sapgto ap– parso su Lettne d'orz~I nel lu• glio 1942 e eh.e nrende in e3a– me l'oJ)era dt E manuellt ,dno alla Educazione sbagliata, che appunto era uactta quell'an– no. St vuole co.,ì ricordare anche l'autore della nota cri– tica, Aldo Fanesti, che ,com– parve in Ru..,.,ia, durante la rttirata dell'e!ferctto :tallano. ...Sf trattava, per Emanuel– li, dt cercare un modo elu!flvo tra i termini della tradizione (Memolo> e della moderntla (Radio~rnrta d'una notte> per animare, ai di fuori dt opnt sfcureuu morale uià arquht– ta. Quel stto mondo che pare voglia soltanto e.,prtmere pe– na umana, perenne e riror– rente tn opnt no.,tro ge.,to. Uespertmento ln.,tto tn que– st'opera è .,fuQ(]lt0 agli o.,.,er– vatort .,uper/iclall; persino è sfuggita la magnanimita con cut gl{ esperimenti venivano vl.,utl. Fatto è che Emanuelll ha portato il suo lavoro in dfre– ztone soltanto formalmente contrastante la lfnea del suoi umori, riflettendosi sulla pa– gtna, può apparire eccesstva– menle mossa: ma quella dei senttmentl si determina sem– pre più e mostra una unica fisionomia facilmente rintrac– ciabile. L'Impotenza dei suol personag(]I non scaturisce dal– la Indifferenza (che decad– de presto da noi tn una co– moda cifra moravlana), ben– si da un amaro attaccamento alfa vita, di u11afredda e raa– oelata passione che l'animo rlsenle se preso nel piro degli avvenimenti Ineluttabili Una ,pecle, si direbbe, di fatalità - o se si vuole toQliere ogni problematico valore. più sem– plicemenle si può dire· di de· stino. Si tratta di un de.,tino « minore li,' ma :tempre di un destino che fmplfca una po'i'i– zfone morale di fronte alla vita. Infatti Memo/o o Stefa– no nella Radiogrnfla o Maria !,asi nel lunqo racconto Una donna. apparsa tn Letteratu– ra. o Giulio Berotto in que:tta recente Educazione non si sot– traQ(Jono alla vita; anzi vor– rebbero parteciparvi con un calore, una decisione e una verità Ghe risultano fuori del loro destino terrestre. Su questo cardine rotea la esperienza narrativa di Ema– nuelll, 11t conta _ per ora - intravedervi altro suolgtmen– to, che d'altronde è i•attctnlo cht non rientra in questa no– ta: basterà ancora dire che ogni flgurazfone umana che via via abbiamo trovato nelle pa(Jine di Emanuelli, non ri– fugge dalla vita, anzi anela alla vita· ed 11 de,tlno sf compie davanti alla injelicttà di non poterla raggtungere. La prosa della Educazione sbagliata è indicativa per de– terminare come stia chiuden– dosi l'esperienza st1li.11tlca dt Emanuelll. E' facile cogliervi come u11a condensazione det vari rapporti, stabilirne una sua sostanza tutta affidata ad una voce tesa, più attenta ad una precisione ritmica che non ad una cadenza lirica. ...La pagina di Eman uelll raggiunge una nudttà esem– plata con evidenza per dover– ne dare vua qualche facile saggio: non si compiace della memoria autobiografica o di adescamenti che tengono sem– pre della esercitazione (per– Jetta, oramai, per soverchia facfle scuola cecchfana), ma tende con velleità, in un'at– mosfera individuata, alla 11ar– razlone aperta. Si cJuede da pi'U partt quale sia o quale possa essere la sorte del ro– manzo in casa nostra; e sem– pre con troppo leggero dlscer- 111mento, si è pronti a negare quel tanto di « romanzesco» che un'opera porta con se. La prosa emanuellia11a ir– retisce proprio per que/l'im• peto romanzesco che porta in sè? Sarebbe itn caso strano presso i critici e persi no pres– so l'aqtore, C. L. Pag. 5 Unparere sull'India * In poco meno di sei ore di volo ero giunto al Cairo. Era vicina la mezzanotte, ma una buona luna illum! nava il campo, che è circondato da piccole dune sab– biose. Mi diressi subito verso la grande sala d'aspetto, al primo plano della stazione aerea. Sul pianerottolo che precede l'Ingresso ritrovo il banco del venditore di oggetti-ricordo e anche questa volta sono attirato da quella povera merce: non so per quale ragione, ma sempre l'osservo con sincero interesse. Cl sono brutti portatogli di coccodrlllo, bocchini d'avorio, tazzine senza manléo. all'uso ara– bo, messe su vassoi di rame bulinato. Dietro il ban– co il venditore aspetta, ma deve aver già capito che il mio osservare la mercanzia è atteggiamento sul quale sarebbe sciocco riporre qualche speranza. Lo so: vado alla ricerca di un piccolo piacere che quel– l'arabo non mi darà. Esso consiste nel poter rispon– dere, ad una sua eventuale offerta. caso mai riuscissi a ingannarlo facendogli tredere che un oggetto ml piaccia: e No. grazie; cerco altre C()Se ,. Entro nella sala. Sulla sinistra una porta condu– ce ai gabinetti. E subito ricordo che poco meno di sei mesi prima, passando di notte da questo aeropor– to <venivo dal Libano e tornavo a casa! mi ero fatto radere da un barbiere siciliano. Credevo di ricordare anche il suo nome, quello ,li Giusc;,pe e mi dirigo verso il , salone >: l'uomo che cerco è là, col camice bianco, ma sporco. il viso affamato, il corpo magro e siede su una seggiola in una specie di equilibrio son– nambulC?SCo. Per farmi coraggio alla vista di quel– l'italo-egiziano entro ilare e gli dico: < Giuseppe, co– me va? Mi riconoscete>. < E come volete che non vi riconosca? Io ho buo• na memoria> mi risponde con tanta naturalezza, che sarei quasi tentato a credergli. Jllentre mi adagio sul– la poltrona vedo la sua figura riflessa neilo specchio e mi accorgo che nel prendere l'asciugamano si muo– ve lentamente per guadagnare tempo e uscire dal tra• sognamento in cui era poco prima. Girandomi intor– no al collo l'asciugamano mi dice: < E come state voi, signore mio bello? Non mi diceste il vostro riverito nome. ma non mi siete passato dalla memoria. La tengo buona. sissignore. Avessi ancora tutto come la memoria. giovane mi sentirei:>. Stavo per rispondergli, ma egli si chinò verso di me. nell'atto di adagiare con cautela il pennello sulla guanda e mormorò: , Ma io mi chiamo Antonio, si– gnore mio bello. Antonio, vi dico . Rimasi confuso: , Oh, scusate> gli risposi a mez– za voce; e per incitarlo subito a parlare aggiunsi: < Ma Antonio, vi trovo qua sempre di notte. Anche l'altra volta era notte ,. Che volete - mi spiegò con voce spenta - i gio– vani la notte vogliono essere liberi. Di notte i gio– vani se ne va nno. v oi mi capite; ma i vecchi, invece, possono Javor -a.re >. Aveva li nito di insaponarmi. Passò e ripassò il rasoio sulla coramella, mi rlpull la guancia destra con due lunghi colpi. da sotto le basette aJ mento, si voi ò verso il lavabo per togliere il sapone dalia lama: < E anche mi - disse - sempre di notte ci venite>. < Però l'altra volta me ne tornavo a casa - gli ri– sposi contento di rivelare qualche cosa di me - e adesso me ne vado lontano >. e E dove?>. <India> gli ribattei asciutto. Antonio rimase in silenzio. Ripuil anche l'altra guancia, lhdugiò sul mento con puntiglio che gli fa. ceva la mano pesante. Guardandolo vidi che aveva cambiato espressione: sembrava, adesso, uno che sta facendo un calcolo aritmetico e teme d'essere distrat– to da una parola o da un gesto; e non vorrebbe rico– minciare da capo. La fronte gli -i era raggrinzita. la bocca impicciolita e gli occhi erano di,·entati immo. bili. A un tratto. come se roperazione fosse stata compiuta, domandò: Avete detto India? . 1\Iossi appena il capo per dirgli di si e ancora vidi tornargli sul volto l'esp1-essione di poco prima. Pare– va si fosse isolato da tutto quanto ci circondava ed anche. i suol gesti. ora, erano automatici, quasi li compi se al di fuori della sua volontà. Prese lo spruz . zato~e e: premendo la peretta di gomma. col primo soffio d1 cattiva acqua profumata sentenziò: Sarà anche que!Ja terra di Dio .. < Ma è un Dio diverso dal nostro>. < Eh, non ci credo - disse serio, spianando la fron– te, rilasciando le labbra che ancora disegnarono sul volto magro una larga bocca flaccida - non ci credo proprio. Anche quello degli indiani li a\Tà castigati al lavoro. Il sudore della fronte, ecco l'unica cosa cer– ta, ve lo dico io . Lo guardai dubbioso sul modo di giudicare le sue parole e incerto se buttarmi a una replica che pure avevo già pronta. on ne feci nu!Ja e giral il discorso da un'altra parte: Allora - gli dissi - non vorresti fare un viaggio in India? .. Cercò il mio sguardo riflesso nello specchio per– ché, in quel momento, egli mi sta,·a alle spaJJe; e quando s'accorse che glielo contraccambiavo senten– ziò: ~ No. signore mio bello>. Al di là della finestra la luna simulava un'alba precoce con un riverbero freddino stampalo su o~ni cosa. Il faro dell'aeroporto, col ritmo di cinque sec'òn– di, mandava davanti alla finestra di Antonio un fa. scio di luce, che passa va come una pennellata più chiara sull'uniforme colore dei cielo· e subito non la– sciava· traccia. Coraggio (mi dissi i, a quattromila chilometri di distanza, a dieci ore di \"Olo senu,. sca– lo. ci dovrebbe e sere la pista C:ell'aeroporto di Bom– bay. che i chiama "Vera Cruz ". Ma in quel momen– to. pronta e quasi pro\'ocante, c'era soltanto la rispo– sta di Antonio: . o, signore mio bello>. Questa e la pagma d1 un ~iano che l'autore, con osti• nazione, redige da almeno qumdic1 anm. E' stata E:cntta nena notte tra l'll e il 12 novembre del 1954,in volo tra 11 Ca:ro e Bombay. ENRICO DIAN ELLI IL RETROTERRA DI EMAN'UELLI

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