Fiera Letteraria - Anno VII - n. 49 - 7 dicembre 1952

Domenica, 7 dirrqbrc J~::i2 LA fll::RA Ll f fEKARlA Pag.3 ~"OGGI PERO' NON FA ·PIU' GIORNO SULLA FRONTE ESAUSTA DEL POETA,, JAROSLA V SEIFERT Se Kafka rende l'in1Jisibile impalcatura e il contorno spettrale di PraBa, Seifert disegna zn1Jecela città nei suoi luoghi concreti, in una lirica toposrafia di piccoli fotogrammi ,l'erbali 11 V Jl poeta JO<d LMI& Unavisitaal pittoreLada Intingo la penna nel aoffìo di priw.avero., ripensando Je parole, e ii primo , en,etto ro!alo imparo a cantar dalle allodole. Prima di metterlo in piedi J:;Uordo dalla fine-tra: ciclo grigio. E' una risposh1 non lieta, ma buuo lullavia dal signor Lada. GH alberi da lui son già fioriti, dolduimo è il ro5,3 cd il giailo. Una fila di paperi e una chiesetta a me nota. In una tnl chiesa vorrei aver le nozze questa primavera. :\la qualcuno mi rimbrotta, mia figlia piange '50tto la finestra. Ormai non odora il rosmarino, cosi come un tempo odorava. S'è po!ola una ruga 1ulla fronle, mio figlio pionge sollo la finettra, E il cimilero EOllo la cuuccia pieno è di fiori, di fragranza, d'api: ed ecco io forte , o:-rei veden•i sbocciare le primule. 81, morte e feretri! Prima di chiudere le palpebre, ch'io entri nel muggio e per ~ suoni ancora lo zufoleuo di canna primaverile. Già lo sento, fischia sommesso per una treccia di no,•e fiori. !\on tornerà, non tornerà più indietro il eerto fluuuanle 1ml filo dell'acqua. Solo la campana torna e già canta. eh 'era volata a Roma per la Pasqua. :\lenire la Jio,inena nii 1uoi pu1i mni JJÌÙ, mai più ritorna. (Dalla raccoha e Alnno e fiamma>, 1948). Canto dellaterranatia Bella come fiorelli su una brocca di Modr1 è questa l<trra che è tua patria, bella come fiorelli su un:i brocca di Modra, dolce come mollica di pan d'ouo, /I in cui hai immerso il coltello fino ol manicn. Cento volt.e deluso, perplesso, ritorni sempre a casa, cento volte delu!O, perpleHo, alla terra che splende di dovizia, alla tena po,·era come primavera in una uva [ rre1ca. BelJa come fiorelli ru una brocca di llodra, fle&ante, pesante come la propria colp11, non è di quelle die vanno in ohlìo. Infine intorno al tuo ultimo 50nno c:idria violenta la 1ua ariilla amara. (Dnlla raccolta e Segnete le U,ci >, 1939). Fiori di qnesta primavera (Al piUore V ciclov Pavlik) Ondeggianti come un pennacchio in an torneo, ,·ittoriosi e schiacciati nella polvere ritornano O@:llÌvolta e 10n 'timidi rome la paura del nulla che nucondono in 1e 1tessl, come l'uomo nei propri pen1ie.ri . Quando all'inizio )a primavera fa &egno con sun verghena giallo1cialbn ai merli, fiori!con le campanule antiquate come un ,•cctito che più non 1i porta. E poi le rose che han grande chiarura, ,·aghe nella rugi3da del mauino. Il tempo le abhnndona ,mila terra lenernment,e come il mare l'ambra. Le Fonte le portano nel grembo, pronte rer le demoain-e. GaJleHiano av\'izzite in fondo al vino, le poniamo pian,:endo sulJe bare. E ,•oi. fiorelli di po,•eri ftmori. ,,. cui chinano il l:rbhro le fonciulle. calpe!iti dal piedino delle pa,tore d'oche, quando vi ho premuto, ancora 1calzo. l'ultima ,,01t11? Ormai .mlle mie rughe pion il fogliame degli anni pnS.!Jati. Anr~ l'amore qualche ,•oh11 torna, ,·ittorioco e F<"hiacciato nella polvere. ondtggiante come un pennacchio in una ( giollr:i, timido a ,·ohe rome la paura del ,·uoto <"he nt11conde in ,un hclleua, come l'uomo nei propri pensieri. :\'ci giorni di dc~io, quando ogni cou mi 11.i fa amara. !Orno a quelle tele, Si cpri,:iona un:i voc-e nel profumo dellt" corollf' rhr di nuovo ,bocrinno dal Tuo penMllo. Ed io v:ulo felire inrontro ai fiori e ;rnior m'h11 in 1ua balia. (Dnlla raccolta e Mano e ftamma >, 1948). Un Qnadroancora umido Le l,cUe giornate jn cui la città tomiglia a un dado, a un ven· [ taglio e a un canlo d'uccelli oppure a una conchiglia in riva al mare: :u'cHo, nzzose fanciulle d.,e oggi :abbiamo incontrate e moi più rivedremo nella vita. L-e bcUe domeniche in cui la cit1à &<>miglia a una palla, a un• [ carta e a un'ocarina l'l)l'Urea una campana dondolante: tl"lla ,·ia usolata le ombre dei puunti 1i baciano, inco~nit.a la gente I.i dilegua, Le l~Uc &erate in cui la città 1omiglia e un orologio, a on [ b:ac:io e a una 1t-ell11 oppure a un giraEOlc che si volge: al primo accordo i b:iUer-ini sventolano le ali di braccia femminili come folene ud rO.!!liOtramonto. Le belle nolli in cui la città 1omiglia a una ro,a, a una ( 1caccbiera e a un violino 01,pure a una fanciulla che piange: noi giochiamo a dòmino, un dòmino a tesf:ere nere con !carne r:igaue l al caHC, guard,mdo le loro ginocchia snrngrite come te!chi con la corona di !eta delle giar [ relliere nel di::,perato regno dell'amore. (Dalla raccolta e Il colombo 1929/. Praga viasgiatore >, Sulle ~ualdrappe d'a,orio delle aiole un gotico cactus fiori1ce dai te1chi tlei re e nel cavo di malinconici organi, nei grappoli C di r.ufoli dj Jaua marci!<:ono ,·ecchie melodie. Come &emenli di guerre il ,•ento ha di5pe:tao proietli di cannone. La notte sovrula su tutto e nel bo15olo di CUJ>ole eternamente ,·erdi e'aJlontana in punla di piedi l"imperatore ( bi.dacco , eno i mngici verzieri delle sue 1torte e nella bonaccia di sere ronHe erhe,:gia il tintinnio del fogliame di vetro, che le dita degli alchimisti diorano come un vento. I telesropi han perduta la vista per l'orrore del1'unh·enio e 13 morte h:i bevuto giacendo nell'ombra del lempo che fluhcc. E i primi baci di cui scnto ancora il aapor '-Ulle labbra, le J:acrime amare tome delu.sione e aueniio e le dolci tcnta7.ioni di cui ci ac(·orgiamo sol quando ormai non ci aJ)pnrtengono. Ma lutto qucs10 è troppo personale e pot·o inlereua la ,:enlc, meglio nai,conJere il proprio dolore con il ,•cnta,i:lio dell'indifferenia, c·ome ri hunno imcgnuto i bianchi pierr, .:o:_ che vanno ormai scomparendo. Vi adoro. ~farké1ka, e , i porto i fiori che ho spiccalo: t•on lale gioco possiamo ingannare d1iunque e persino noi 11eui. )la la prin11n era furio,a danza 5uJle tombe, farò un 1orri30 u11e1tando le brune ombre d'autunno e un'ahrn prima,-era, una placida coppa di vino e una canione E' tutto (fUl"I che vi , ole, 1 0 dire, •h. ~olo dire, niente di più. [ funebre. (Dalla raccolta e Il colombo viaggiatore>, 1929/. Rondini sopra il fiume SpeHo ,:uardavo I~ rondini ehe ,,·olnr.a,•ano allorno ai mulini dell11 Vecchi1ill Ciuà. Speuo p:uardavo l:t diga 10110 un mulino odoro1:o di lievito, di crusca, di comino. Talvolta vola,,ano ha~,e sul lungofiume, do,·e s'andn,,n col pittore SJ11\la. ' Vi fiorh'nno nnrorn le ncnrie, rbe poi in1iri1.1,irono un irwerno. I tratelll Joscf e Karel CJapek ln C'iardlno Itlorte d'un poeto (Allamemoriadi Josef Ciapek) C'era una città di rose e d'oro piena di pe3ci e di :aeroplani, piena di bimbi, piena di riiate, dt !rombe, di luci. di ~lelle e pompieri superbi dei loro idranti d'ottone, Le ~attine stav:ino sui letti ,e i cagnolini !balordi1ì 1i 1pecchinvano in un lucente parahlngo " un rutro (o!5ia la luna) cercnv11 forcine perdu1e nell'erba bagnata, Ma un giorno il mondo ,i mutò e lini di auenzio gri,iauro ,i na~rosero nel ferro spinato e rotolò la polla dei bambini ,•in per molti anni. Seduto su un murrhi:i di pa1li1 che un tempo ero d'oro, il poeta ei lenr.,•a la teua fra le mani. prot-e&o ad a1coltnre il frullio impercettibile delle ali d'una rillà lontana. di rui amava ~li alberi e il fiume, i fan1:iuici occhi degli utrologhi. La luna fratt:inlo ha deposto le uova nelle nubi, una covata di stelle e'è echiusn a precipizio come uno normo d'uccelli che mir,ra da nere contrade, modulando la c.inr..one dei denini umani che ne,~uno può capire. A,cohate le Canfore del silenzio, !U tappeti vetus1i come antichi 1udari muo, inmo verso il fu1uro invi1ibile e Sua Alteua la Polvere ti poea adagio su un trono abbandonato. (Dnlla raccolta e Il colombo viagsiatore >, 1929/. Allafine I giorni che amavo e che mi !On fuggiti ,ul dorso dei tramonti, pungendoii 1u1li speroni delle ttelle, , orrei chiamarli indietro, J"ensava: Quundo morinl la guerra, correrò in frena al telefono (che là &i capi1ce non c'era), per chiamar e1ua mia, do,·e son tutti in anaia e do,•e ho la.seiato un quadro non finito e l'acqua del catino in cui bagnavo i miei piedi prima dell'.irre,to. Pronto. Pronto. E quei ch'eruno in an!-ia 1uardarono il telefono bramosi. Qunlco~a d'arcano, qualcosa di triste cchenia,•a in quella conchiglia. E poi d'improvvh 0 !Ì venne 1pep:nendo, Pronto. Pronto. Un urlo di1111ernto: v, preghiamo di non interrompere. Ma era la voce dd centralino, ma una nera arpa senza corde, e tutto in flUell'istante fu 11maro, µerchè qualcuno !briciolò fra le dita una 11oherota foglia di assenzio. (Da/In r11r-colt11 e Mano " fiamma>. 1948). Eran belli quei giorni e son fuggiti: lu con le tele e noi con le rime. Quando ci haJena\'ano Jintorno, le preg:i.,o parl::mdo in lingua umana: lle in autunno , ·ol.ne ,eno il Sud, nella lcrra del eole, dei fiori, del canto, fermatevi al aepolcro dei Capuleti, là dove, corue ro~nrnrino cecco, ei di!'fece la grazia. di Giulietta. Perrhè nutri,·o allora il primo amore, non pili lieve di quello di Romeo, bcnchè non :\\'essi il fioretto alla cintola nè !Caletta di corda nè ,•elcno. Scri,•evo allora \'eni urramacciati e quella luna, nevosa h.1110, lun11 luna. luna luna. la luna che m'appari,a al balcone, nel !entire i miei gemiti strazianti, quatta si na,condeva fra Le tende. Rondini, fugieYoli baci u:occati da fine?>tre aperle, iblioteca Gino Bianco / e quelle torri di città, le torri su1>erbe come ueli di granturco. Su11crl,ia di gioventù non leni1ee dolore, l'aria era tro1tpo amara pei auicidi; ,ce~i d:1 Prngu imano veno il Sud. Lauiata Roma a aettembre, r.1agiunsi il mare. L'aria troppo uln mi respins-e a Milano. Rondini, ,~i trovai morte, le,:ate a dozzim• i,U una cesu. Era un'all,a d'11u1unno al mercato. Coai da noi ~i ,•endono le viole in aprile. Feci 1ubito ritorno. Non ,corderò mai 1>iù quelle cett,. Sul luniofiume ,ado ormai di rado: addio. addio, pillor,c Spiila. (Dalla rivi.~a e Kytice >, 1948, n 1). Al poeta Karel Toman Le tue scarpe a Parigi: ecco la atoria deUa poc1ia ceca che ha inizio ,ono ghirlande di Jampade ad l arco, Si narra eh 'eri Lu ~te,so a rattopparle, mellendo\.·i invece di 1uole le cartoline: illu• [ tirate che ti mandavano da casa. E poi cammina\'i sull'umido adalto perchè &i incollassero, tcnza cadere ,ubito alla n-oha. Ma in cambio dormivi a piè delle fiamme, ucohando l'uccello flauti1ta, .:uriduo nelle 1ue canwni. Ma in caml>io potevi 3nd,are a piedi' ver tulle le 11rade d'Europa e c:irezzar le u,·e come cuccioli, e o:!.!le.rvare lranquillo Je 1>iaghe d-el pa5lrano, perchè a quei tempi i poeti portavano ancora con orgoglio quest'abito aublime che li distingueva dai borghesi, i quali non unno cosa sia dormire nei fossi pieni di pietre e di fiori in compagni,11 di 11ir~ne rosate, di sire.ne in ''C!li di&einle, ch e attuti vano il borbouio del ventre con magiche e maliose melodie. Oggi llerò non fa più giorno sulla fconte esnusla del poeta, che dorme disteso come un marinaio sulla tolda d'un vecchio ,·ucello, in un "ecchio porto, dove fra putridi pesci sollo il 1artiame imporrato nuota una lun:i ~ischio,a. Toman custotlisca le pallide ll-e11e, oro minuto dei poeti nelle nm·ole in fiore sopra i vuluni del mondo, per t'0nse,:nure n noi questo reta~gio il p:iorno in cui ci coprirà la testa il mirahil piumino del !ilCJl7.ÌO. (Dalla raccolta e Mano e fiamma>, 1948). Canzone Sventola un bianco faz:zoleuo chi prende congedo, ogni giorno qualcou. finisce, qualto.!a di bello finisce. Il colombo viaggiatore b:atte le aJi nell'aria quando torna a ca!a ; &t"onsolati o ricchi di speranu remprc lorniamo a cua. Rispàrmiali le lacrime e sorridi con gli occhi gonfi di pianto, 01tni giorno qualcosa comincia, (1ualco~a di bello com incia. ( Dalla raccolta e Il e.olona.bo viaggiaJore >, 1929/. Vestitadi luce Un giorno camminuo veno l'alba, Praga era più beHa di Roma, ed io te0te\'0 d'esecre perdu10 in questo sogno e di non ri, edere le stelle che di giorno .iii naa4.-ondono nelle :ili diste1e dei doccioni incaatonati lii come di guardia nei cornicioni della cattedrale. Un giorno andai sul fnr del mattino, era ormai qunsi inutile dormire, benchè la porta Ione anc0Nl chiu&a, ed io a,·e,•o paura di bu!sare. Guai al pellegrino the 1>resso ai battenti a,pella l'alba primaverile 1cm:a chiave, vole,,o 1corti:ere laasù i doccioni, quando al mallino ,,j tornan le &telte. Stoui in\'>Cceun sepolcro e 1enza indu,;i mi av,•icinai, ero 1010 nel tempio. la scarpa dei moni &amiglia a un rolla me di nave, ma la sua 1rnnta mira alle !litelle. L'ombra 1i mo,~e sulle t-empie dei dormenti quando la fiamma vacillò sulla candela. .À!<"Ohai ancora la conocchia. :ucoltai una canzone dai ,·igneti. Tc~~enuno grappoli nel mnnlo regale, p.ri ,:io come l'itli10 al mattino. quattro si~norc, che dormono nella cattedrale, presero il morto !UI Feno. Solutate i ho•rhi intorno a Tyn. che morbidi derlinano in pianure. Snlutmte aurora Karluv Tyn, !aiutale i pen,lii pieni di \'ign-e. U•cii e la nc,·e sgel:l\'a nell'ude1ia, Praga era pili bella di prima, l'aq::enlo di nt-bbia t•he nuiva dal cielo la c-npriva n metà di ,•elarii. Apriti, libro. un'altra volt't ancora, la 1a~a av,ol~e i muri della torre ron l'edcrn drlle FUe malinconie ,otto la stanu del 5ignor hurgra, io, Alrhimisli, bollile i veleni, borbouate una formula 01cura, l't•rivtte i seJni d'un abbecredario ce~reto e che v'al"rohino i dia,oJi. Non credo ormni alle ra~e dell'oròscopo. 1,ulla fronle ho il ~c~no della "roee; infrangendo una Jmtridn finc~trn, 1picco un lungo salto nel fouato. Sul muro del pozio ti111inn11no i ,ecchi, la tecla umano hntte alle infe,rria1e, a cuor lene.ro ~coppo al Beh•edere, i rui tetti t.on qui i più \'icini. ~o•couo nella porta del verziere, nff,rrami, IIIO!Cll cieca, afrèrromi; JI poeta Jaroslav Selfert PASTELLI DELCUOR dl Angelo Jlnr!n Rlr•elllno Nelle sue prime raccolte Città 1n lacrlme (1921) e Nient'altro che amore (1923) Jaro• .!lav Setfert (nato nel 1901) svolJe i motivi dtUa poesla proletaria. esprimendo con toni da cartellone e con inge11uità fanciullesca la propria feae· in uno spiritualismo collet• tivo, tn un radioso futuro degU uomini. Quando poi si spense neUa giovane lettera– tura ceca la retorica dei motti sociali, Sei/ert aderi' alla tendenza e poeti.stico•• iniziata da Tetge e da Nezval. Come un. pirotecnico, o meglio un impre• sarto di illuminazioni poetiche, Nezval scio– glieva fiam.meggianti cMCate di 11ietafore; Seifert invece nelle site fragilf ariette muo-– veva attrezzi di tele cubistiche (maschere, ptpe, chitarre> sul fondo di paesaggi dome• nicali degni del. doganiere Rou..ueau opP11re vestiva le immagini d'un velo pastorale, creando un clima di capriccio rococò, come un balletto di Fokin. Pantomime galanti, sorrisi di pierrots, ricami di ventagli: un la– bile ,,tondo di specchi, merletti, carminio dan2a e scintilla nei fogli delle raccolte Viaggio dl nozze (1925), L'usignolo canta male (1926/, Il colombo vlsgglntore (1929), che ormeggiano Apolllnaire (paeta-t'alfsmano delle moderne lettere ceche) e Cocteau e Verlaine. La crea.z-tone di SeiJert nel periodo e poetistico > è tutta una trama di evane– scenti Impressioni, un e/li.mero svago, una dissolvenza di immagini a colori che svolano dolce11um~ come farfalle, come piedini di ballerine. Ma nei successivì volumi La mela dnl grembo (1933) e Le braccia di Venere (1936), allontanandosi dalla tastiera s/avUlante del e poetismo >, Sel/ert Intona il rimpianto del– le cose perdute, della fuggita giovinezza. 1J vanire degli attimi di gioia lascia nei suo c:mtmo non più. spe-n.sierato un"ombra di cruccio, un'ambra di sgornentevole malinco– nia. E U cristallo della sua lirica ri/tttte la fugacità del desio. il disfarsi e perire delle /onne, l'eterno palpito e l'eterno ft.uire del tempo. Sei/ert sem.pre piU rinun2ia alle Jan• tasie del modernts-mo, ai temi cubistici, per tornare alle sorgenti della .1ua terra, al re– taggio dell'Ottocento boemo. Cosi, pur ve· nend o dalla più. audace avanguardia, Seifert ft.nt! :ce col ritrovare, piU d'ogni altro poeta cont em.pora11eo, U filo della tradizione: f versi ch'egli ha vergato nell'ultimo decennio hanno appi1lio nel g1LSto e nella cultura che tspirqrono l'Jnca11te-vole Ubro della Nemcovd, tl dipingere di Mdnes, i canti vesperini dt Halek, le strofe di Vrchlicl,y. Ma Il punto più. luminoso in tutto l'Of'dito verbale dt Sei/f'rl, il vertice delle speranze e dei sogni, è Praga, che fu sin dagli inizi, città In lacrtme, al centro della sua poesia. Eqli nacque in un sobborgo praghese, a Ztzkov, quartiere operato chlU$O fra siepi dt la primavera incanna un filo diafano ,opra un in, isibile arcolaio. Con 1Nrpim1 di ~nella daniatrice la 5>unta della torre è ,·olata alle nubi, il cns1agno ha aceePJO le candele, \'estendo Prug.1 di luce; &cintillano ghirlande smernldine an:-io,e che in quelle paludi comincino col sorger della luna le rane a gracidar sul ,crdcrame. Fèrmati, fèrmati, mio dolce Ì!lante, ,·orrci echeggiare in ricordo e in rhata e poi coprirmi di piccoli cenci di piume d'uccelli e eparire nei rami. li verde de,:li alheri abbri1ccia il usltllo: da una tìne~1a ccln1n tra i fiori gli ucc-clli s'immergono anna,rrnndo ntll:i penombra dc,:~i ;>r!i praghesi. Piano, che non O!cillino i 1>ia1ti della biluncia pront:i 1>el giudizio, in punt:i di piedi. 1>0irhè lii sera a'appreua e il muro del cimitero è "icino. Nel buio entra l'omhrn e l'uomo nell'argilla, la grnii,1 del buio .sia donata a entrambi, ma io ho terrore. ho terrore del Golem, che vuole vendicare ,•ecchie (':Olpe. Le ruote rnno ferme lungo il fiume, inulilmente va l'ucqua ai mulini col fi!rhicllio del vento impertinente; e Prinun•era a JlRH0 di monello trnena il ponle :idornando le ~latue e con loro di,·ide con modi rraterni i rAJ:Ji del ~ole come un cnntuccio di pane imhurrato. E· priu1a,•eq, ed ogni co;a canta nelle arruffate foHelte dei tiepidi nidi, nebbia e casamenti di cenere, uni/onne e squallido .come una montagna di carbone, un quartiere nelle cui umute &trade Ju.liggi• nose potreb bero abitare gli spanacamini delle / !a.be di Andersen Se K afka rende di Praga l'impalcatura 1n• vùibile e il contorno spettrale, mutando la realtà ottica in uno spazio magico e alluci• nato. Seifert disegna invece la città. net suoi luoqhi concreti. quasi tracciando una l!rtca topografia. Nel poema Vestita di luce (1940/ egli ritrae Praga in una sequenza di piccoli Jotogramml verbali, Praga nel suo Julgore primaverile, shnbolo di rinascita del popolo ceco in tempi di oppressione straniera. Con un'am.pfa carrellata i ve-rst rappresentano l'armonioso panorama che su plQ..!ttci fon• dali accorda la verzura dei parchi con la pietra di cento torri, il verderame delle ca· pole con la celluloide del fiume. DaUa Cat– tedrale di San Vito, che con tombe e gioielli e reliquari rammenta l'etd di Carlo IV, aua viuzza d'oro che allinea JiJvol.ose casette di minuscole proporzioni, dal cimitero ebraico. ove s'aggira l'ombra del Golem e dove un selvatico grovlqlio df sepolcri s'intreccia con cespugli di bianca sere1tella, al panU di Carlo, palcoscenico adorno di statue. Con la guida del poeta tu scorgi Praga sUl tuo pal– mo come scacchiera jlorita in cui st staglia• l:tfrdc°d'1~. ;~~:\fia~~;~u~!i ~~e;! 1 i, ~~i:~: e lunght.sslme scale. Diversamente da Halas, che componeva I suoi scorci con estrema parsimonia di pa– role, Seifert inclina all'eloquenza musicale e all'eDu.sione romantica. E il suo veno, pur tenendo ancora deU 1 analogltmo appreso nel periodo e poeti.stico •• assu11i.eonnai la ca– denza, U metro cantabile dei lirici ottocen• tese/ti, di Halek soprattutto e di Vrcllllck11. E attraverso VrchlickV. questa primaverile melodia sembra a volte toccare le note di quelle Cll71Z011i amorose che i poeti cechi del trecento modularono secondo l'esempio pro– venzale. Ancor più vfva f! l'impronta della tradi· zione nei Ubrt che Set/ert diede aUe stampe dopo questa guerra. e specialmente n.eUa raccolta Mano e flalJl,ffi.8. (1948), che iUu.stra coi versi lo stile di akuni pittori cechi. In una serie di pastelli verbali, che han la chiarezza sauiUante dei /fori e delle broc• che di Sptila, Seifert assapora la gioia dt fondersi con i r.olori. di pen.etrare dentro lo spazio dei quodri, di c orrere nei paesaggi creati dalla tavolozza. TI sen.so della pittura ~ma (quella di Jo,ef Capek , dt Spala. d.! Ticlty, di Lada. di Zrzavy) entra nella sosta-nza. delle sillabe. qua,.d trasformando le parole in segni figurativi. ANGELO M. RIPELLINO dietro In ~uima toppa nel freddo dei muri 1i S\'olge una foglia d'acanto. Unghie d'anelli uringono il rubino, facendo IJ>rizzare una goccia di E-angue, lrahocca dal profondo l:i i\1oldava, ro,•e1eiando i le10ri dei ~uoi abissi. JAROSLAV SEJTI;RT (Frammenti del poema e V rutila di luce>, 1940). (Versione di Angelo Marta RlpeUITl-0) \n Seifcr! con Karel Toman e Jose.f Ron.

RkJQdWJsaXNoZXIy