donne chiesa mondo - n. 47 - giugno 2016

DONNE CHIESA MONDO 8 DONNE CHIESA MONDO 9 tava. Dopo sei mesi, padre Adriano mi fornì un’equipe di sei donne. La mattina pregavamo, poi andavamo due a due. Fu così che cono- scemmo i primi disabili. A dicembre 2004, prima dello tsunami, Federica e Cristiano, due fidanzati di Venezia che conoscevano padre Adriano, venuti a Ban- gkok, hanno proposto alla Caritas di Venezia, con l’accordo dell’arci- vescovo di Bangkok, di finanziare la costruzione di una casa per bimbi disabili. Loro stessi destinarono al progetto i doni del loro ma- trimonio. Mi proposi di non chiedere niente. All’inizio del 2007, fu posta la prima pietra della Casa degli angeli. Era l’11 febbraio, inizio delle ce- lebrazioni del centocinquantesimo anniversario delle apparizioni di Lourdes. L’anno dopo, la casa era pronta. Quando le sorelle sono ve- nute nel 2009 e abbiamo formato la nostra comunità, il lavoro era impostato. Che cosa significa per te dunque essere missionaria in Thailandia? Per me missione è diventato annuncio del Vangelo attraverso il lin- guaggio della carità concreta ai più bisognosi, non solo materialmen- te: non conoscono la speranza e il conforto che solo la compagnia di Gesù può dare loro, in tutte le vicende drammatiche della loro vita. Per me è pura grazia, un dono di Dio, vederlo e sentirlo presente in queste persone, soprattutto nei nostri angioletti: mi dà gioia ed ener- gia senza fine spendermi per loro, per Gesù in loro! Loro sono Cri- sto nelle nostre mani: quale onore ci è concesso! Anche quando lavi il culetto a uno di loro è la più bella preghiera che puoi fare! Questo ripeto sempre alle mamme che poi ridendo — mentre vanno per cam- biare il pannolone — mi dicono: «Sister, andiamo a pregare!». Non ti sembra a volte uno spazio ristretto rispetto alle grandi sfide del mondo? L’organizzazione del male l’ho vista davanti alle cliniche per abor- ti, poi nella Sierra Leone, nei traffici umani in Thailandia... È troppo potente il male, non lo possiamo combattere noi, sarebbe tempo per- so... Meglio per noi usare il tempo e le energie a lavorare per il bene che Dio ci permette di operare cominciando dalle piccole cose. «Vi rendete conto delle cose belle che state facendo?» chiedo alle mamme. Se esse riescono a diventare seme vitale, sarà un seme che produce altri semi. Non rifiuto mai le occasioni di raccontare. La vio- lenza che abbiamo dentro noi stessi è la stessa che devasta il mondo: trasformarla in tenerezza è già contribuire a un mondo nuovo. fisioterapia. Al giovedì l’adorazione in cappellina davanti al Santissi- mo, per ricentrare tutto il servizio nel dono di sé come ha fatto e ci insegna Gesù stesso nell’Eucaristia. Qual è il clima nella Casa degli angeli? È davvero una famiglia — anche per me! — dove le mamme impa- rano ad amare i loro bambini in modo più vero, come un’occasione di bene e crescita anche per loro stesse. Quando arrivano, non sanno neanche sorridere. Non conoscono la realtà dell’amore di Dio. Quan- te volte ho letto loro il racconto della creazione: «Sei uscita dalle ma- ni di Dio, non sei un caso»! Nel buddismo tutto è casualità. «Rileg- giamo ancora» mi ha detto una mamma. Rileggendo con loro questi passi è come aprire una porta. Dico a Dio: «Io ti offro quel poco che posso, ma tu trasforma il cuore di queste mamme». Tutto questo come è nato? Cominciai a prendermi cura dei malati di aids in fase terminale, che non sapevano che era passata l’assistenza gratuita per loro. Era il 2004-2005, ne ho visti tanti morire, era il tempo dell’esplosione del problema aids in Thailandia. La gente mi chiamava, il lavoro aumen- Marisa Mori, «Maternità o L’ebbrezza fisica della maternità», 1936

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