Critica Sociale - anno XLII - n. 22 - 16 novembre 1950

316 CRITICA SOCIALE lica con la degradazione di ogni valore sociale e umano. E il suo ricordo incombe sulla nazione co– me uno spettro pauroso e allarmante. Verità, tutte, lapalissiane che hanno trovato ap– punto il loro riflesso morale e necessario nella Co– stituzione. Gli altri movimenti antidemocratici, invece, non costituhcono, p(}r quanto concerne l'indirizzo ge– nerale; che una minaccia. E sotto questo aspetto devono essere considerati. Profilassi, dunque, e non chirurgia, se non per gli episodi perseguibili della loro cronaca. E certo rientra in una sana e operosa disciplina profilat– tica anche la più rigida severità nei confronti del– l'errore già consumato dal. fascismo. (Riconosciute, naturalmente, per doverosa lealtà, le incontestabili differenze tra. il contenuto delle due istanze anti– democratiche, sopra tutto sul terreno morale).· Comunque sono d'avviso che le misure legisla– tive non devono limitarsi alla persecuzione legit– tima delle. reincarnazioni del fascismo. Sarà bene che si provveda anche ad una chiaroveggente di- sciplina preventiva. , · Una Democrazia che abbia fede in se stessa non può ammettere il disprezzo dei propri istituti e la apologia della dittatura se non al patto di ·vedere minata la sua stessa esistenza. Se ne convincano onestamente tutti, anche per– chè non è assolutamente sostenibile che le preva- ricazioni politiche siano meno riprovevoli e peri– colose delle altre. Siamo giusti: comprimere le coscienze e limitare la libertà non sono torti peggiori che ferire il corpo e danneggiare il patrimonio? E per quale mai ragione la difesa della incolumità personale e della integrità economica dovrebbe essere più as– sillante e rigorosa di quella dei supremi valori del– lo spirito? D'altronde p.on è vero che per la ricon– quista della libertà perduta molti degli stessi uo– mini di estrema sinistra si sono fatti gloriosamente uccidere mentre certo non avrebbero ammesso un simile sacrificio per una qualunque ragione d'in– teresse? Piuttosto è .da sottolineare ancbe un'altra cosa, della quale molto si è detto e scritto in questi gior– ni. Che, cioè, le leggi non bastano a rinnovare i costumi e a ritemprare le anime. Quelo che più di tutto importa, dunque, è crea– re finalmente una democrazia così seria, coerente e provvida da sapersi difendere da sola, col fa– scino delle proprie ispirazioni e col peso del pro– prio prestigio. Da questo punto di vista è chiaro che non si tratta di affidare la più grande responsabilità della lotta contro il fascisrp.o (e ogni forma di dittatura) al Parlamento, al Governo .e ai Magistrati, ma, in– distintamente, a tutti gli italiani. ANTONIO GREPPI L'analfabetismo civico, nemico numero uno on ho mai trovato, come tra noi italiani, tanta in- N differenza per l'ignoranza in cui vive il Paese sui dati fondamentali della vita economica e sociale. La accusa di superficialità che si fa spesso al nostro Paese mi pare purtroppo più che mai fondata: Noi discutia– mo, ci accaloriamo, litighiamo volentieri, ma difficil– mente osiamo faticare per chiarirci i termini veri, i limiti, le proporzioni del problema che origina il dibat– tito. Così il «pressapochismo » diventa regola. Me ne sono accorto non soltanto nei piccoli circoli politici, nelle conversazioni private, nelle polemiche giornali– stiche, ma, quel ch'è peggio, nella mia partecipazione all'opera dell'amministrazione pubblica e nel mio com– pito di iegislatore. E, purtroppo, questa superficialità - che è madre dell'improvvisazione e della provviso– rietà - viene esaltata spesso come una virtù italiana, che « tutto aggiusta » » e consente che tutto vada come nel migliore dei mondi con un automatismo provvi– denziale, sul quale gli uomini non possono influire me-– nomamente. Noi ci accontentiamo di osservazioni in– dividuali, di giudizi subiettivi, di approssimazioni lon– tane, di« sentito dire», di stime incontrollate. Nessuno potrà mai dire quanto sia pernicioso questo discutere su pavimenti-di gelatina, in una stanza offuscata dalla nebbia. L e recenti inchieste della Doxa hanno luminosa– mente dimostrato che dal 30 al 40% degli inter– pellati non sanno dell'esistenza di alcuni tra i mag– giori problemi del Paese; che metà degli interpellati non conoscono neppure ·nelle sue grandi linee il si– stema elettorale vigente; che almeno un terzo degli interpellati sono • senza opinione » perchè ignorano temi fondamentali della vita collettiva. C'è dunque un analfabetismo che i censimenti (in lontani tempi in cui si usavano ancora i censimenti) avevano rilevato quantitativamente, ma c'è un analfabetismo assai più ampio e pericoloso, e non misurabile, sui termini es– senziali della nostra vita collettiva. AnaVabetismo di cui sono responsabili, ad un tempo, governanti e. go– vernati, legislatori e partiti politici; e che contribuisce BibliotecaGino Bianco ad avvolgere di fitta nebbia l'opinione pubblica, a de– termfnare scetticismi nei confronti della stessa demo– crazia. Forse uno dei più grossi problemi dell'Italia di oggi è quello di diradare questo polverone che tra– sforma i cittadini in sudditi inconsapevoli e i gover– nanti in oligarchie facilmente infallibili. E anche il pretendere di far leggi senza conoscere in modo sicuro e preciso i dati del problema, senza calcolare nè poter calcolare le conseguenze ultime del– la regolazione, è il sistema migliore per legiferare molto e male; così come pretendere degli interventi statali senza aver elementi per una esecuzione degli stessi è l'unico crìterio necessario e sufficiente per cat– tivi interventi, e per suscitare appassionate invoca– zioni al « provvido » disinteresse dello Stato. * * * L a verità è' che lo Stato sa poco, non si cura di informarsi e di informare. Il « segreto di fabbri– ca » è ancora, come ai primi dell'Ottocento, un feticcio intoccabile; e guai a parlare di noiose rilevazioni nel campo della politica economica, dove - privi di un sistema di osservazioni regolari e temp!!stive - si gioca pericolosamente d'<1zzardo. Il nostro Istituto centrale di statistica - che pure è oggi meglio attrezzato di quanto lo desiderino molti - non ha ancora potuto ottenere 'i mezzi necessari per i fondamentali censi– menti (hon sappiamo se gli Italiani sono 46 milioni o 47 milioni di persone, nè quali conseguenze ha avuto la guerra sull'apparato produttivo italiano, nè qual'è il numero reale di disoccupati e di occupati) e non viene certo incoraggiato per essenziali nuov:e rileva– zioni economiche .. I tentativi perchè lo Stato affron– tasse il vasto tema dei costi di produzione è stato rapi– damente insabbiato, col risultato che esso interviene male ed errando in tutto il sistema doganale, in tutto il sistema fiscale, in tutta la congerie di « facilitazio– ni » privilegiate. I tentativi per studiare organicamen– te i limiti e le possibilità della piena occupazione ur- 1 tano contro la mancanza di dati essenziali. I tentativi di risolvere il problema delle abitazioni con un cri– terio lungimirante si infrangono contro la deficienza

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=