Critica Sociale - anno XLII - n. 22 - 16 novembre 1950

322 CRITICA SOCIALE Lo Stato ·e la concentrazione econoniica Non credo metta conto insistere su una critica del progetto di legge per h vigilanza delle intese consortili; tanto più che nei suoi motivi, sotto il nuovo luogo comune d'obbligo dei « principii po– litid superati », non si fa che riprodurre, fram– mischiati a concetti di diversa lega, i vecchi luoghi comuni della più insensata letteratura corporativa. Si tratta di confermare al ministro dell'industria, in una nuova fiducia nell'efficienza del,, controllo governativo, la vigilanza che gli compc:te in base alle leggi del 1932 e 1936 e al codice civile del 1942 (che, si riconosce, non hanno potuto avere neppure un principio di attuazione); dandole però un contenuto che schiuda una nuova via all'azione statale·... (che sa:re 1 bbe poi la vecchia via, ma sofo de~ controUo, non deUa p,ropulsione dei raggruppa– menti ,economici, perchè tutto i'.l resto della rela– zione e -il disegno di legge si occupano soltanto della. limitazione di questi); - si parla di una vigi-, lanza che stimoli l'autodisciplina, non sacrifichi e neppare mortifichi l'iniziativa e l'autonomia indi– viduale, ma con un sistema che sia il più com– pleto possibile, in modo da non lasciarr aperta ailcuna via di ev,asi'one; - s:i, vogUono identificare, non pure le formazioni che abbiano assunto un connaturale carattere monopolistico, roa quelle ap– pena suscettibili di creare monopoli damwsi, per éonsegnarle alla nazio,naUzzazione (sociaHzzatrke); in a,ttesa che si formi una coscienza del tutto nuo– va, di solidarismo economico e sociale, dalla quale sia lecito trarre l'aspirazione (o l'ispirazione) a nuove forme produttive di amministrazione dei · consorzi, che comportino la partecipazione (co:rpo– rativa) degli interessati al buon risultato 'dell'atti- vità produttiva. · Non sorprende che da così ventose contradizioni sia venuta fuori ,la p,roposta di affidare a una com– missione corporativa-burocr.atica-giudiziaria · (che. come nell'espedenza passata, sarà esclusivamente burocratica) il· compito ' di, 1 esaminare 'nientemeno che « I.e ripercussioni sulla situazione economica generale ii dell'attività dei consorzi è dei patti di limitazione deUa concorrenza; e, di promuoverne lo scioglimento, quando quell'attività arrechi limi– tazioni ed oneri « eccessivi' cd ingiustificati ii ai consumatori ed utenti (una •bazzecola anche questa, che richiede l'impossibile esame di costi e di prezzi per tutti i settori dell'economia, pei quali oggi i monnpoloidi si diffondono in modo capillair·e; ap– poggi'andosi 'in primo 1uogo su quei sindacati indu– striali, per la cui disciplina si ritengono ancora validi i provvedimenti corporativi e \le norme del 'codice civile, mentre per le stesse intese commer– ci ali si lascia aperta ia via di fuga delle leggi speciali), Decisamente, non· vale perder tempo nel com– m,ento di questi inconcludenti propositi. Tanto più che la critica di essi è stata esa4-rientemente fatta da Tremelloni, con i due rilievi decisivi: che si tratterebbe di una semplice anagrafe di dichiara– zioni unilaterali, e 1che iÌl un paese come il nostro_ il quale soffre di un'immaturità economica atte– stata, fr,a l'altro, dalla polverizzazione delle unità produttive, bisogna che la tendenza delle imprese ad assumere dimensioni più economiche, sia aiu– tata,· invece che intralciata. Questi rilievi, di carattere formale l'uno, di ca– :rattere sostanziale l'altro, sono, a mio avviso, inti– mamente connessi. Perchè appunto jl voler violen– tare le leggi del progresso tecnico industriale, che si esprime in quella tendenza, non può non portare anche i progettisti più forti di mente a escogitare valliativi insufficienti; com'è provato dal fallimento Bibi'iotecé;l Gino Bianco di tutte le leggi antitrust, anche nei paesi che hanno come il nostro non ha, il senso del valore della legge. , Per cui, se non si volesse concedere proprio nulla alla prevenzione antimonopolistica, che nella comune opinione si confonde c~m un'oscura istanza anticapitalistica e con una vaga aspirazione di giustizia sociale da realizzare per decreto del prin– cipe, una sola conclusione si potrebbe trarre dai due rilievi accennati. Non un diverso, progetto, contro gli abusi ,reali o immaginari del monopolio; ma nessuna legge, di nessun genere 1 che possa ap– pena ritardare o intralciare quel progresso tecnico– economico, dal quale soltanto possono nascere, at– travèrso la maturità delle forme esistenti, forme migliori di produzione. _ , Non contestiamo la funzio:ie di ùn socialismo della pietà per il povero consumatore ed utente, ma , lo lasceremmo all'on, Togni; nè la legittimità d1 un socialismo dell'invidia contro il monopolista per definizione sfruttatore, ma lo lasceremmo agli opu– scoli per conferenzieri domenicali. E preferiremmo un punto di vista realistico, che ha agli occhi nostri - il vantaggid di legare, ancora oggi, in un comune vigore di pensi'ero, la migliore tradizione del-l'eco– nomia classic;1 e ciò ch'è irrecusabili.) dell'economia ·marxista e che si verifica precisamente nelle gran– d10se 'manif~stazioni della ·concentr,azione indu– striale. Nell'assistere, lo scorso agosto, al cm1gresso an– nuale degli economisti di lingua tedesca, ho pro– vato la segreta invidia di veder posto da quegli uomini di pensiero, pur sensibili alle diffuse aspi– razioni di una riformà del sistema economico, un problema che avrei desiderato sentir discutere nel nostro paese, con lo stesso spirito, dopo tanti anni di vacua polemica. ·L'ordine del giorno recava ap– punto l'evoluzione delle forme economiche capita– listiche e socialiste, lo sviluppo del capitalismo e la riforma socialista dell'economia, il posto da dare · al volon.tarismo o al « potere >l e al determinismo o all'automatismo del mercato, nell'ordine economico. E non fui" sorpreso di sentire al centro delle ,ani– mate discussioni il problema dei monopqli; Ili.a del fatto che, quegli economisti essendo, secondo la tradizione tedesca: piuttosto dei sociologi, se ' si ecc·ettui il venerando Mayer, capo della, nuova scuola austri'aca dell'econ,omia, non approfondis– sero abbastanza le conseguenze economiche del fatto tecnico, chç un altro grande 'economista austriaco ieri scomparso, lo Schumpeter, aveva segnalato or ' è qualche anno: cìoè il monopolio come manife– stazione dell'automatismo della legge di autodistru– zione del capitalismo. Autodistruzion_e creativa di nuove f,,orme, che il progresso tecnico-economico ha in grembo, che sono in parte imprevedibili, e ch'è sperabile siano diverse dal costoso soffocante monopolio di Stato; ma che comunque si muovono irrevocabilmente sulla via che dalla disseminazione va, alla concentrazione, meglio se snodata in una libera collaborazione, di tutte le forze economiche e sociali organizzate. La teoria economica è venuta via via erodendo l'alone di efficienza e di giustizia che circondava la libera concorrenza. e il libero scambio, nelle ge– nerazioni fiorite fra Ricardo e MarshaJl; e coi post– classici, si ricordino i nostri Pantaleoni e Barone ed altri, ha preso in più favorevole considerazione l'alternativa del monopolio, e piuttosto di una con– correnza n'ionopolistica, non potendo resistere alla evidenza di certe forze e conseguenze costruttive,

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