Critica Sociale - anno XLII - n. 5 - 1-15 marzo 1950

CRITICA SOCIALE 65 a) Deve far coro con i dottrinari di stretta ob– bedienza stalinista? Cioè rimprovererà, al loro se– guito, a Keynes di non essere un fedele discepolo di Marx? Pretenderà che il keynesismo è una teoria errata, pèrchè non accetta la teoria del valore– lavoro, quella del plus-valore, quella dell'antagoni– smo irriducibile delle classi, quella dello- Stato stru– mento della dominazione di una classe e perchè, sopravvalutando l'importanza dei fenomeni psicolo– gici, si allontana dal materialismo dialettico o sto– rico? Inca·mminarsi per questa via sarebbe dar prova di un singolare disprezzo della scienza e della ve– rità. Non, è più possibile, oggi, continuare a salmo– diare una dottrina vecchia di cento anni, di cui -al– cune parti sono state un apporto decisivo, altre sono ancora valide, ma gran parte, cioè l'ossatura generale, non corrisponde più al mondo reale e alla visione che noi ne abbiamo. D'altra parte, politi– camente, l'adozione del p'unto di vista comu·nista sulla questione « Keynes » rischierebbe di dissimu– lare o di indebolire le ragioni profonde che hanno· i socialisti •per opporsi allo stalinismo. b) Oppure, al contrario, adotterà il keynesismo çome forma nuova di una dottrina progressista o riformista? E allora utilizzerà le analisi teoriche per giustificare l'intervento dello Stato e. una politica di pieno impiego? Ma se sceglie questo orientamento, come si di– stinguerà, politicamente, dai conservatori avanzati, che sono pronti a qualche concessione per salva– guardare certi privilegi e certe istituzioni? E tro– verà nel keynesismo una base scientifica sufficien– temente solida per edificar·e un programma e una politica positiva di giustizia fiscale, di nazionaliz– zazioni, di sicurezza sociale, di elevazione del li– vello di vita dei lavoratori e di salvaguardia di tutti quei modesti commercianti, artigiani, contadini, ri– sparmiatori, che costituiscono una parte tanto im– portante della popolazione francese? c) Oppure, il socialismo resterà se stesso, ap– profittando del dibattito per meglio definirsi e a{ f er– marsi, · criticando- il keynesismo a modo suo, sul piano scitmtifico come sul piano sociale e politico, nel nome della verità come nel nome della giustizia, rigettando il loglio e ritenendo, per assimilarlo, il buon grano? Questa tetza via è certamente molto tentatrice. E' quella che si cerca di seguire nelle ·pagine che se– guono. Ma non si può ignorarne le difficoltà. E' molto comodo dire « La scienza è il marxismo » oppure << La scienza è il keynesianesimo », poi co– struire un programma o una politica, senza altro scrupolo, senza esitazione. Un tale atteggiamento è il segno di quello che si chiama esprit primaire (e del resto si trova in tutti i gradi dell'insegnamento). Il ,processo è meno assicurato quando non si può fare riferimento ad un Vangelo e quando bisogna ammettere che la nostra conoscenza o la nostra comprensione dei concatenamenti economici e so– ciali è ancora frammentaria, relativa, cioè impre– cisa, e che i rapporti tra i fenomeni e le loro fre– quenze sono ben lungi dall'essere comandati da un determinismo meccanicistico. Tuttavia, bisogna ac– cettare questa difficoltà. Domani forse la moda sarà passata, il keynesismo sarà una dottrina del passato invece di essere la scienza d'oggi; come un socia– lismo che intende restare di valore universale e permanente potrebbe appoggiarsi ad, una dottrina che in fondo è provinciale e passeggera? Senza. dubbio, la terza soluzione ha l'inconve– niente di disperdere le forze. Essa rischia di inde– bolire una dottrina che cominciava a costituire un centro di resistenza contro l'assolutismo. Ma Ct)me potremmo, con il pretesto della làttica, accettare una dottrina che non ci ·sembrà conforme nè alla 0 Id 1(.;Q verità nè alla giustizia? E da un punto di vistà strategico, co:lne potremmo seguire una dottrina piuttosto conservatrice, quando la migliore possi– bilità per il socialismo sarà di essere alla punta _ estrema? Malgrado gli inconvenienti, è probabil– mente preferibile restare nella linea del socialismo, che, prima di tutto, proclama un Ideale e si sforza di realizzarlo, non con una serie di zig-zag e im– piegando il terrore, ma con continuità e tenacia. Essendo cosi .stata definita la posizione socialista in maniera generale (4), cerchiamo di apprezzare il ~eynesismo da un punto di vista socialista (5). Un apprezzamento del keynesismo deve èontem– plarne due aspetti. Da una parte bisogna cercare di giudicarlo in quanto teoria o scienza, cioè in qua!}to visione d'insieme del funzionamento econo– mico. Dall'altra parte, bisogna tentare di valutarne il significato sociale e politico. II. - L'ASPETTO SCIENTIFICO: IL KEYNESISMO IN QUANTO VISIONE D'INSIEME DEL FUNZIO- . NAMENTQ ECONOMICO 1. -'- Le idee principali di Keynes. Un apprezzamento completo dell'opera di Keynes dovrebbe ricercare in quale misura egli dà prova di originalità e quale è il suo vero apporto. La– sciamo questo compito alla storia delle dottrine: seguendo lo svolgersi delle idee essa mostrerà quello che Keynes deve ai suoi predecessori, ai suoi amici, o ai suoi allievi; essa gli scoprirà forse un giorno dei precursori francesi •O « continentali »; essa met- .terà in luce - speriamo - il contributo di tutta una· generazione di socialisti allo studio della di– soccupazione cronica, a quello dello squilibrio· fon– damenlale tra la capacità di produzione e la capa– cità di consumo, a quello dell'eccesso di risparmio; e intanto la storia delle dottrine dirà for~e che, an– che se Keynes non ha scoperto alcuno degli in– gredienti, gli resta il merito di aver composto il 'piatto e di averlo ptesentato ai convitati nel mo– mento in cui avevano appetito (6). Ma qui non si tratta della persona di Keynes e del suo grado di originalità (7); il keynesisiilo si è staccato dal suo autore ed è diventato un'entità indipendente, sola realtà che deve occuparci. La suà visione di insieme del funzionamento eco– nomico può essere riassunta nella maniera seguente: 1. Le constatazioni. - Esiste una disoccupazione cronica; contrariamente a quello che- credevano i classici, l'equilibrio economico non si ristabilisce automaticamente da se stesso a un livello che per– metta di occupare la totalità dei lavoratori; ci può essere squilibri@ permanente, o equilibrio a un li– vello di attività generale che lasci disoccupate certe . forze produttive. 2. Le spiegazioni. - Questo squilibrio derive– rebbe da unà insufficienza della ·domanda di merci, causata essa stessa dall'insufficienza degli investi– menti; si risparmierebbe troppo (tesaurizzazione ec-. (4) E ciò implica,· espressamente o per preterizione, certe relazioni con lo stalinismo. (5) Naturalmente questo implica, es,pressamenlle o per pre– terizione, certe concezioni su quello che è - o potrebbe es– sere - il socialismo. (6) Keynes mancava di originalità e di generosità nei con– fronti dei suoi predecessori; quasi nessuna delle sue Idee era nuova. Ma, « se egli ba perduto molte battaglie, ha vinto la guerra». S. HARRIS, N~w Economics, pag. 7. (7) Salvo na_turalmente nel_la misura in cui la persona stessa di Keynes (o il suo ambiente) spiega qualcuna delle sue tesi o il loro successo. La sua influenza personale e le posizioni che egli ha occupate _possono aver contribuito molto largamente alla d1ffuslone delle sue idee, altrettanto, e forse più, del loro valore dialettico per la difesa del regime.

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