Critica Sociale - anno XXXIX - n. 17 - 1 settembre 1947

310 CRITICA SOCIALE America ed Europa Questo articofo, ,col quale il nostro amico Gino Luzzallto ripr·ende la sua desiderala ,collaboraz,fone aOta Critica Sociale, addi-ta coill molla chiarezza il perico./o cui tutto il mondo andrebb·e inconll'o, se l'Europa non sapesse 15e,rvi 1 rsi con. sagge,zza degli aiuti offerti dcnlf' AmerÌ'ca e sie questa noli! sapesse, nel momento in ,cu.i si dispone a dare quegli afotz', spo[j,Narsr di quei/befo,rme di e.goismo, nazionale, che hanno ,contribuilo a determinarle la c1·isi de 1 r 1929 e convertfrebbe,ro in causa d 1 i una nuo.va · crisi, an– che più grave, la politica dz' ric ostruzion e che z'I cosi dello Piano MarshaU si propone di promuo- vere. Sullo, s1critto richiamiamo pe,ria,nto, l'attenzion:e dei nostri Pettori. Dalle considerazioni d1e esso contiene ci pare ve.ngarno anche utili suggerimenU ed .indf– caziani per ,f'azion;e po./Nica del Go,ver-no e di tutti i partiti. LA CRITICA SOCIALE Un'affermazione che si sente ripel,ere con insi– stenza è' quella dell'obbligo, a cui gli, Stati · Uniti d'America non possono sottrarsi, di venire in aiuto dell'Europa: che in sostanza i- crediti aperti da e:;si a getto continuo agli Stati europei non sonò fatti a noi, ma alle loro industrie e ad alcune loro pro; duzi.oni agricole le quali non potrebbero viver,e se non esportasser~ una parte assai rilevante dei ]oro prodotti. L'affermazione è vera, ma non dice tutta la ve– rità, ,e àp.pun!o per questa sua· incompiutezza essa è profondamente ingiusta e peri.colosa. Si dimentica. infatti che, se l'America ha bisogno di venderéi un·J . parte delle sue ecceden-ze· di produzione per assi• curare J.avoro alle sue maestranze, e proHtti ai suoi capitaHsti, noi abbiamo un · bisogno assai più Mr· gente di alcuni dei. suoi prodotti agricoli, delle sue materie prime, dei suoi. combustibili, senza i quaH un terzo della •popolazione europea sarebbe ·condan• nato alla fame, e la maggior parte dene industri,e dovrebbe sospendere i] lavoro. Come ,pure non si tiene ,conto del fatto che 1 le maggiori richi,este ri– guardano due ,prodotti: iJ grano e' H carbone, èl)e gli Stati Uniti da molti anni non esportavano più. , Ma soprattutto s•i dimentica che quei prestiH sop.o fatti col denaro dei contribuemi, mol!issimi dèi quaJ.i non hanno alcun dntere-sse diretto nelle' indastrie a cui si- .vuole assicurare ]a possibilità di esportazione, e che perciò fi niranno p,e,r stancarsi e per porr.e un alto là ad una· politi.ca di eccessiva larghezza· cre- ditizia. . Del resto, il ri.cordo della crisi terribile, iniziatasi nel 1929 e protrattasi fino al 1934, · è ancora troppo recente e troppo v,ivo in America, perchè si vo– glia ricadere, ad occhi bendaN, negli stessi errori. . 111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111 lo sentiranno anche se il guinzaglio e il collare di- venteranno più morbidi ed ,e.Jastici. , . )Adesso non si tratta di volere una riunificazione quèlconque, come vorrebbe il semplicismo sentimen· tale di molti carissimi compagni: non è una· faccen– da ,che si risolva con .un abbraccio collettivo, e ma– gari .con una bicchierata. Si tratta di una cosa seria e come tale la tratta anche il gruppo « Europa So· cialista », con la sua bella e onesta mozione. La cui lettura e studio nod raccomandiamo a quei 'compa– gn·i che, ,come noi, anelano alla unione in un grande partito di tutte le forze della democrazia socialista; e affinchè nessuno possa par.lare del!a unificazione, fraintendendone grossolanamente l'dntrinseca ,natura e i presupposti logici. . GIOVANNI CORRADINI ' BibliotecaGino Bianco E' noto infatti che quel!a ,crisi fu, se non determ:– nata, terribilmente aggravata dal!a r,epentina e to tale interruzione dei crediti concessi con eccessiva larghezza, nel periodo 1924-29, agl 1 i. Stati europei: interruzione -che provocò in molti di questi Stati una caduta quasi totale del loro potere di acquisto di prodotti stranieri e, conseguentemente, il trionfo del!a politica autarchica. · E' quindi naturaJe che fin d'ora, non per una ri– vincita dell'isolazionismo, ma p.er d 1 iminuire i pe· ricoli di una cris 1 i., resa più probab ile e più grave d_aitenor~e peggibram.~,nto della situazione europea, si mvoch1 una maggiore prudenza; e probabilmente da questa ne,cessità è aspirato principalmente il co– sidetto « piano », Marshall, che è sostanzialmente un invi.to agli Stati europei ad accordarsi per uno $frut · lament o più razionale e più, soHdale delle proprie risorse, in modo da poter ridurre sensibilmente gli aiuti. americani. ' Ma vi è anche· un altro pericolo che bisogna tener presente q;uando si afferma, con troppa facilonerifl. ottimistica, che ),'America è interessata non meno di no 1 i ad aiutar,ei ·a supe.rar,e la crisi in cui ci di– 'battiamo. VEuropa - è vero· - è sfata finora il miglior cliente del-l'agricoltura e delle industrie esp'or– tatrfci nord-americane; ma è molto dubbio che oggi la nostra clientela conservi per il produttore nord– amerJ.cano ,la stessa im_portanza di. un tempo, e che ,essa non possa essere in larga misura sostituita dai mercati de], Pacifico,' dell'Oceano Indiano e dell' Am·c· rica latina. · Ma, poste inn\nzi queste riserve, indii.spensabi'Ii per evitare l'attesa illusorfa di aiuti èontin.uativi e ii,llimitati da parte !feU'America, non si può negare tuttavia .che questi aiuti siano indispensabili per tutta l'Europa, e per l'Italia in particoiare. Soltanto, riel!'interesse derI'una e dell'altra parte contraente, ad evitare il ripetersi de,] disastro del 1929, bis0gna. mettére bene ùn ·chiaro, nella stipulazione deJ. pre• stiti, che, dopo un ,certo periodo di mora, ·le annua- . lità per il loro ammortamento non_ possono essere pa– gate che con le esportazic;>ni, e eh~ almeno una parte d'i queste esportazioni devono essere destinate·' al paese creditore. I mali di cui ha sofferto• l'economia nord-a~eri– cana. tra le due guerre mondiali sono da imputarsi in parte, sebbene sembri un paradosso, alla ecces– siva rkchezza del paese, ma in parte anche ad Hn gravissimo erro re della sua. politica economica, che è orma.i lar.ga" mente riconosciuto. E' notissimo in-. fatti che gH. Sta ti d,ebitori devono avere una· bilancia commerciale favorevole, in modo ,che, essi possano pagare i loro debiti con le ecced.enze del:Je •es.p6r• tazioni sulle importazioni; mentre gli Stal'i. cr~di– tori possono permettersi il lusso di importare pin merci d~. quelle che •esportino. Dopo il 1918, la si'tuazione degli Stati Uniti si è capovolta: da Stato debitore essi si sono trasfor– mati in creditori, ma ciò nonostante· essi hanno .con– tinuato ad avere una bilancia commerciale favore– vole, ad esportare non solo viveri e mate-rie prime, ma, in -misura crescente, manufatti deHe foro, indu– strie, ed hanno voluto mantenere questa loro situa– zione che aumentava di anno in anno i loro cre– diti, spesso inesigibili, con \!Ila p0litiica ,commerc:.a,Jie ultraprotezionistica, che ostacolava - spesso in m> sura proibitiva - l'im,porlàzione dei prodotti ,del– l'industria europea. Anche ogg~, purtroppo, mentre gli Stati Uniti si son fatti banditori, al~'estero, del libero scambio, n9n sembra che i loro .:.ndustriali in– tendano rinunciare· ad alcun.a deHe misuI'e che di– fendono il loro dominio incontrastato del mer.cato nazionale. 1 · Se questa contraddizione, notata e crit:cata anche da autorevoli scrittori americani, non sarà. superata, non· vediamp quale possibilità ci s:a di uscire dai marasma presente; 1e discussioni suJ «piano~ Mar-

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