Critica Sociale - anno XXXIX - n. 10 - 16 maggio 1947

CRITICASOCIALE 181 pan.icolaristico, t;londe l'esasperazione della lotta di ·classe, la dittatura del proletariato, la strategia per conseguire questa ege– monia. illiberale. E quest'altro Marx è contrassegnato, secondo l' Antoni, daJle ,inassimilabili &timmate di un sostanziale irrazio– nalismo e da un .,paneéonomicismo materialista. Nel primo aspetto la conclusione è che « il marxismo è una delle più singolari contaminazioni che la storia delle idee ci offra ». Non è 6lo– ~6a, malgrado ne abbia la, pretesa, ma ~na confusione t~a universale ed empirico, tra idee ed azioner tra pe'osiero e vo• lontà. Nel secondo aspetto la c.onclusiol1.e è cne il marxismo si chiude in una ristretta ~ materialistica visione economicistica, espressione dello « spirito della terra •· Altro - ed ovvio - carattere ha la traduzione presso 1~ ed. Moricelliana di Brescia, 1946, soito il titolo, Il comuni;mo ed i cristiani, di una serie di saggi di autori cattolici, con una dotta prefazione del Bendi;cioli, che li me~te a p\lnto. Sono di diver'so valore. Di scarso pregio, perchè il materialismo storico vi è inteso soltanto "Come una . « Vitanda > espressione di nn condan• nabile materialismo /Volgare, è lo ,scritto del domenicano Duca• tillon. Più interessante quello del Berdiaeff Personalità e mar– %ismo, che scevera in Marx quanto at~iene alla difesa ed alla integrazione della personalità umana, e Quanto, per una visione economicistica e, secondo lui, deterministica, vi contraddice. Il Rougèmont, non senza sagacia gallica, contrappone alla tesi em• pirica e rivoluzionaria del marxismo « Ct\,mbiare il mondo e di conseguenza l'uomO ,,, la tesi religiosa del cattolicesimo, riducente il problema ad un problema ~i educazione e di reden~ione in– teriore, u. cambiare l'uomo e di conseguenza il mondo ». GIULIANO PISCHEL Quando· non si pensava ali' articolo 7. · Mancava Roma per realizzare quell'abbagldante so– gno dell'unità che aveva arriso ai più grandi italia– ni e che, dopo gli sfortunati eroismi del '48 e del '49, parve restar nient'altro che la nosìra chimera secolare. Ma qua: e ascensione luminosa, quale, prodi– gioso ingrandimento già aveva compiuto il suo Sta– to, quando, non ancora• cinquantenne, Vittorio Ema– nuele II divenne nonno ed ebbe il suo secondo ere– de al trono! Appena in venti •anni le leggi del S:iccardi e del Rattazzi e la grande politica di Cavour avevano tra-' sformato l'arretrato regno quasi feudale ed assoluto del Piemvnte, dominato da un clero oscurantista col– mo di privilegi, .in un libero, laico e prospero Stato moderno d1 prestigio europeo .. Col vali do concorso di· questo piccolo potente Stato e dei formidabili al- 1eati che seppe propizfarsi la sua di,plomazia, erano giunte le luminose vittorie del '59, I.i leggendaria im– presa garibaldina, segretamente incoraggiata dal re, che sei anni dopo, nonostante lo scacco di Custoza e di Lissa, potè riunire sotto la corona di Savoia, raccolta nella funerea notte di Novara, quasi tutta la penisola. B~n poteva ·Vittorio Emanuele- Il, quando 1'11 no– vembre 1869 la pr.incipe·ssa Margherita d.ette alla luce un figlio, che ebbe il titolo dalla città ove nac– que, guardare soddisfatto all'opera e trarne favore– vole auspicio p~i futuri destini della dinastia. E se non ancora si era adempiuto quello che, pur paventando l'impazjenza garibaldina, era anche sta– to il supremo voto. di Cavou r, che 1'1 1 ottobre 1860 aveva detto al Parlamento Sub:i.lpino : « La nostra stella, o· Signori, è di fare c he la città eterna, sulla quale venticinque secoli hanno accumulato ogni ge– nere di glorie, diventi la capitale del regno d'Italda », il fortunato re avrebbe dovuto, lieto e fidente nel– favv,enire, partecipare al grato avven.imento dome-– stie@ e Gompletare con la sua presenza la gioia dei suoi .figfa. Non potè invece muoversi da S. Rossore. Saldo e robusto, ma pletorico ed esuberante di temperamen– to, lo aveva in quei giorni, come nel '49 e nel '55, colto un assalto di quella oscmra •infermità (angina peçtoris ?) a cui fu dovuta la sua morte. Conscio del gravissime pericolo .. prese in perfetta calma tutte le opportune decisioni e volle anche ricevere i conforti .religiosi. I) sacerdote, udita la confessione,, disse: « Non ldllvlJ p_osso d~re l'assoluzione a V. M. se prima non fa ritrattazione di tutti ·gli atti, compiuti durante il suo regno contro J diritti della Santa Chiesa»; e gli porse un foglio su cui era già scritta la formula che avrebbe dovuto firmare. . Sconfes.,are l'abolizionè del riconoscimento giuri– dico degli ordini religiosi, dei tribunali ecclesiasti– ci, del monopolio clericale della scuola e della bene– ficenza, la .Jimitazione della manomorta e la distri– buzione ii. conladin;i di latifondi malcoltivati, vole– v~ dire rinnegaretutta queJ:a politica che, tolta l'on– n_ip_otenza clericale, aveva sancito l'uguaglianza giu- · ridica di tutti i cittadini e la loro libertà, di coscien– za, rivendicato la sovranità dello S!ato, garantendo alla stessa Chiesa la vera libertà·, sciolto dai lacci feudali la risorta economla, e fatto dell'arretrato regno piemontese uno Stato mod.erno in linea col progresso europeo. Sinceramente cattolico, Vittorio Emanuele fu di questa imposizione del, sacerdòte profondamente ad– dolorato. Ma non si stupì. Non era quello il dramma del secolo, la grande lotta fra l'antico dogma dell'as– solutismo ed il principio della sovranità popolare, fra la causa del despohsmo e quella della libertà? E non si erano i cattolici nella Grande Rivoluz'.one e nella nostra rivoluzione nazionale ritrovati divisi .in due campi? Da una parte un basso clero illuminato ed alcuni alti spiriti solitari, Lamennais Lamarline i giansenisti, Manzoni, T~enzio Mami;mi Stefan~ Jacini, padre Curci, Cii.all'altra il gregge dei fanatici e. degl_i interessati e la Curia romana, che cinque an– m prima aveva raccolto nel « sillabo » tutte Je sue condanne contro ,i principi che sono oggi base della moderna civiltà. Ancne -in quel momento terribile, Vittorio Ema– nuele, che ben conosceva le arti .dei preti, non fu colto alla sprovvista e non subì il ricatto. Senza scom– porsi, rispose, sereno e .risoluto: « Io sono cristiano e cattolico_ e muoio ta'.e: se ho fatto torto a, qu_al– cuno m_ene pento. sinceramente e ne chiedo perdo– no a Dio. Ma la firma che Ella mi domanda è un atto politico e, nella mia qualità di sovrano costi– tuzionale, io non posso compiere un atto simile sen– za il concorso dei miei ministri: responsabili. Vada dunque nella sala attigua. Lì troverà il Presidente del Con~iglio de~ ministd. Se la intenda con lui: eg'li le rispondera ». · Nell'altra stanza il sacerdote si ebbe il resto del càrlino. Spiegato al generale Menabrea la sua richie– sta, scusandosi col dire di averrne ricevuto ordine ca– tegorico dal cardinale ·corsi, arcivescovo della dio– cesi di Pisa, si sorbì questa risposta: « L'assoluzione sia subito data. Ogni u: terio re insistenza per carpire una ritrattazione è atto di violenza sulla coscienza di un moribonCil.o, Viol~nze di ial genere, soprattutto quando vengono esercitate sopra un sovrano sono punite dalle leggi. Nel caso attuale c'è f!agranz;, Per– ciò, se non muta avviso, io darò immediatamente ai carabinieri l'ordine di arrestarla ». Subito Vittorio Emanuele ebbe l'assoluzione. Altri uomini ed altri tempi. Se Vittorio Emanuele III fosse stato un non dege– nere discenden_,te dell'avo, il ciarlatano di ·Predap– pio, anzichè al potere, sarebbe andato in galera. E se lo spirito de1la Repubblica romana non avesse esu– lato da questa sdalba repubblica dei burocrati fa– scisti, dei criminali amnistiati o neppur processati, e dei voltagabbana, essa non alienerebbe nella sua co– stituzione la facoltà di assegnare una cattedra a un n1,1ovo Salvatore Minocchi o Ernesto Buonaiuti, di· legiferare liberamente in materia di matrimonio, di garantir per tutti il diritto di associazione e la li– bertà di stampa. Togliatti spiega che tutto ciò serve all'unità prole– taria, e, più papista del Papa, dichiara che è un do– veroso ·omaggio alla· fede cattolica univers-a'mente professata dal popolo italiano, compresi i comunisti che si sentono (ma da quando?) profondamente re– ligiosi. Neppure il cardinale Lavitrano, presidente· del Co– mitato dei vescovi che dirige l'azione cattolica in Italia, condi.v.ide tale ottimismo comunista sull'arden– te fervore religioso di tutti g'.i italiani. Nel febbraio 1940, egli annunciò infatti tristemente che,· secondo le statistiche raccolte dal suo ufficio, « il sessanta 'per , cento degli italiani non va a messa nei giorni delle

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