Critica Sociale - anno XXXIX - n. 6 - 16 marzo 1947

CRI'IJCASOCIALE 99 ,itpulazione dell'armistizio, che pure costituì una oesì inopportuna e -ingenerosa violenza fatta al nostro décoro d'i combattenti e di uomini. · Allo Spinet{j aggiungiamo che siamo pe_rfettamente d'ac– cordo con lui quando scrive: "L'Italia per rinascere ha bi- 1ogno del contributo di tutti i suoi figli, dei quali la mag– gior parte ha servito il fascismo in buona fede"; e sia– mo pure d'accordo nel riconoscere perfettamente legitti– ma la condotta·di questa "gente che oggi' riconosce di es– sersi illus~, ma non vuole dichiarare· per opportunismo in >naia fede di essere stata violentata o di aver fatto il doppio gioco sotto il fascismo, per la coscienza di es– sere meno in colpa di coloro che, pur es~ndo anti-fasci– sti, si sono risolti _a,combattere apertamente la diJ.tatura, solo quando hanno compreso che la guerra era irrimedia– bilmente perduta''. La Critica Sociale Nel pubblicare sul numero del I gennaio il breve ar– ticolo dà me inviato, « Critica Sociale ll ha affermato di non aderire interamente alla prima parte di esso, in quan– to ritiene che, tra coloro i quali hanno collaborato con gli anglo-amèricani prima dell'8 set'.embre 1943, siano non pochi quelli che, pur comprendendo la tragica situazione in cui ,i ponevano, hanno creduto di assumere tale re'. sponsabiliti! per carità di patria, allo scopo di ·co.ncorrere alla eli1ninazione del nazifascismo ed alla rinascita di una Italia libera e democratica. Mi sia coRSentito di replicare, non a scopo polemico, ma nell'intento di chiarire lo stato d'animo ohe ritengo esistere al riguardo fra i redµci dalla prigionia, interpre– tando il qnale mi sono appunto permesso di intervenire nell'inchiesta tra coloro che _ tornano, con ·moltll saggezza aperta dalla ri vi~ta-. Quanto rileva i< 'Critica Sociale ii è certai:nente vero; an• zi, ognuno si. augura di' cuore che i collaboratori antear• mistizio risultino non pochi, ma tutti in buona fede; ciò che, purtroppo, non si può affermare a priori. Ma è al– trettanto vero che gli stessi collaboratori in buona fede 1arunno d'accordo con i reduci !)alla prigionia nel· desi– derare che si faccia una netta distinzione, fra essi- e gli altri, e nel ricono_scere che simile distinzione non può 1caturire che da un regolare procedimento svolto secon• do la legge, dinnanzi al competen'.e magistrato. Ancor oggi, invece, i reduci debbono spiacevolmente constatare come tale necessaria discriminazione venga fatta a giudi– zio di giornali o di organi politici o, peggio ancora, a ciudizio. dello... stesso interessato, il che ,può essere co– modo, ma non è affatto convincente e probatorio, Nessuno degli ex-prigionieri di guerra •si è doluto del fatto che, al rieh:ro· in patria ·dopo cinque o sei anni di campo di co_ncentramento,- prima ancora di poter correre alle famiglie trepidanti, ciascuno abbia dovuto sottostare alla inchiesta prevista dalla legge ed atta a stabilire se il personale comportame-nto, nel momeBto della cattura e nel periodo di; prigionia, sia stato o meno ce':lsurabile, tanto dal lato penale quanto dal lato disciplinare.· Nessuno se , ne è doluto, perchè insieme con la legalità, venne - ri– •pettato l'onesto desiderio di controllo esistente in ogni reduce e venne al:resì applicata quella tutela della per• sonalità umana che consente all'individuo di sentirsi al di sopra di ogni sospetto, ora e sempre, ;pecie se, in fu– turo, sarà chiamato a f\lnzioni di pubblica fiducia. · Del resto, r,a~ebbe errato il ritenere che la prevenzione esistente nei reduci contro i oollaboratori antearmistizio dedvi unicamente e totalmente dalla particolare situazio– ne in cui le contingenze .li hanno posti che, in a1tri ter– mini, derivi soJtanto dal comprensibile stato d'animo del combattente che conserva un residuo di. bellicosità verso il nemico di ieri, o del militare che, valutando il rischio e le p_ene affrontate, si sente ritenuto, oggi, quasi colpe– . Tole della inutilità di tale rischio e di tali pene; o del prigioniero che non può dimenticare le tante umiliazioni inutili foflittegli dal carceriere di 'ieri. Qualcosa di tutto ciò esiste - ed è umano che esista - nell'anima del re– duce, ma si tratta di reaiion!'· momentanea, a fior di- pel– le, che il tempo, laddove l'età non abbia ancora portato una adeguata maturità di coscienza, provvederà ad attuti– re ed eliminare. Di contro, non sarìi altret~anto facile il vincere la dolo– rosa · perplessità che ai reduci è derivata dalla paradossa– le e faziosa applicazione ·di certi principi basilari di giu- 1tizia. Easi hanno appreso, infatti, che .un soldato può diser– tare od impugnare le armi contro gli stessi fratelli, se, a 1uo gi..udizio, la g!1erra dicl!iarata dal proprio pae•e ••• collima con il suo temperament<> <>con le oue idea• Biblio eca Gino Bianco lità politiche. Hanno appreso, ancora, che un cittadine può affiancarsi, con ogni forma di aiuto , ad eserciti stra– nieri che marcino o che occupino il jn.et ;r vm t:Le, e ,:,LJ qu,·1 che costi, tali ·eserciti mutino il g overn o o la forma di governo da esso cittadino aborrita. Ed -hanno constatato che-,_ delle due correnti colpevoli di eguale deviazione, quella che si è associata al vinto è stata debi:amente pu– nita, mentre è stata esaltata quella che si è a•so iata,d v1nc– c11ore; sicchè l'elemento determìnanté del giudizio su tali identici compor'.amenti non è stato un concetto morale, ma è ~lato un dato di fatto, per cui, nella fattispecie, unico imperativo che l'italiano di domani si dovrebbe por– re ,non sarà quello di compiere il proprio dovere (e cioè di attenersi al concetto morale), bensì quello di intuire da qua!e parte le sorti sara;nno vi'.toriose (e cioè di pre– venire il dato di fatto che lo assolve e lo innalza). L'esempio dei seicentomila morti dell'altra guerra - fra i quali erano tanti buoni incapaci d'ogni violenza; era– no repubblicani che anelavano la caduta deHa monarchia; erano socialisti convinti che il conflitto fosse solo urto cli interessi capi :alistici; erano religiosi che dovevano su– perare I 'assurdo di dover uccidere; erano lavoratori che sentivano di esse,e le vittime di una lotta che li ign·o– rava; _ erano ragazzi che si aprivano alla vita e volevano viverla; e ciò nonostante tutti combatterono splendida– mente e caddero -, tanto esempio sembra oggi una im– mensa illusi'one da comprimere amaramente nel cuore ad evitare che, al solo ricordo, si possa essere incomprési o derisi, - -Indipendentemente da ogpi considerazione, è indubbio che, ~cardinato il concetto fondamentale del disciplinato sacr[~icio personale per il bene comun:e, diventa ozioso 11 preoccuparsi di frontiere ò di mezzi di difesa, quando l'individuo è. trascinato a ·rifuggire da ogni senso di, soli– darietà e d'onore n·azionale. Si faccia, infat:i, un'ipotesi augurabilmente assurda; si pensi, cioè, con i dovuti scon– •giuri, allo scoppio' improvviso di una guerra che travol– ga il nostro paese. Che dovrà fare, ammaestrato dalla re– cente esperienza, l'uomo· della strada? Sia detto con bru– tale franchezza: di fronte alla incontestabile scomodiià insita nella posizione di combattente in divisa o no, (per– chè la guerra moderna non fa discriminazioni in pro– posito), tutte le pattuizioni con la propria coscienza - per non drre tut'.é le vigliaccherie - pon·anno trovare· credito: la· diserzione, il tradimento, persino il buttarsi ·dalla parte che in quel momento si riti,;ne prevalente, salvo, al. m•1tare della fortuna, ·roveséiare tempestivamen– te il fronte. Sale un. senso di accorato disgusto al solo enunciare cer'.e ipotesi, ma è ora forse di guardare in faccia ·la realtà: vi sono troppi morti dimenticati che lo chiedono. Questo è, in sincera sintesi, il disagio psicològico che travaglia i reduci e li mantiene sospettosi verso coloro che, nel tentativo di attrarli nelle varie correnti a scopo evidentemente ele:tora le, si preocc upano soltanto di inte– ressarsi delle loro in discutibih:p.ente penose condizioni ma– teriali. Se si desidera veramente una sincera comprensione del– le iiretese morali di coloro che ·tornano, si allontani dun– que, e al più presto, ogni fondato motivo di diffiden– za verso quei -molti che, al centro ed ·alla periferia, nelle pubbliche assemblee, sui giornali, nei libri, alla radio, espongono principii, rivendicano meriti, diffondono idee e ammantati di ,facile patriot:ismo, « giudicano e manda– no 1i, prima ancora di aver dimostrato che il loro atteg, giamento di ieri è stato del tutto corretto .e cristallino, sicchè il loro atteggi,amen'.o di oggi non può essere so– spettato come frutto di un rancore o come espressione di una meschina rivincita, e nemmeno come la conseguen~ . za di quello spregevole opportunismo di cui gli stranieri, a torto od a ragione, perennemente ci affermano maestri. Tutti quelli che hanno preso parte alla infausta guer– ra conchiusasi con l'armìstizio dell'8 se,tembre -1943, han– no nell'anim-0 la sensazione precisa che, indipendente– mente dalla nostra spaventosa impreparazione e disorga– nizzazione militare e civile, anzi, oltre alla stessa, vi è stato qualcosa di più grave e di molto doloroso _ che ha concorso ad autorizzare la stampa straniera a pubblicare, e diffondere in ogni lingua, considerazioni ed apprezza– menti umilianti ·a carico degli italiani. Tutti, nel limi– tato tratto di orizzonte consentito al proprio sguardo, han· no visto ed intuito cose che carità di patria spi-nge i tacere, almeno fino a che coloro che se ne sono im– brattati non sentano l'opportunità, se non il pudore, di non vantarsene, Come oggi è loro concesso. Ci si chiederà forse: volete una nuova, una •econda epnraf,ione? No, 'non è questo che chi.-dono i reduci dall,;

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