Critica Sociale - anno XXX - n.20 - 16-31 ottobre 1920

CRITICA SOCIALE· .,.-317 zione già nota: i giovani che si perdono per vie, anzi per viottoli, dove il ·vaniloquio della penna, del pen– nello o dello scalpello simula invano }a realtà dello. forma. E tutti, tùtti lontani dalla vita, non P.er un supe– ramento, ma per un rimP.icciolimento dei suoi valori: come chi, ,pe~ non se(!ti~e il rombo del silenzio nel cielo notturno, fischiettasse un motivetto di Bai-Ta– barin... E chiudono infatti gli o cchi tutti, come se non vedessero:.. Forse proprio p.er non vedere lo. immensa e profonda tragedia del! 'oggi: in cui ogni attimo di dolore o di gioia ha un significato più va– sto che per il passato, e la stessa febbre di godi– mento noh è che un brivido più sottile e più acuto dello spasimo universale: quello della vita che non sa ,più f.olleggiare spensierata, dopo tanta rugiada di morte. Guardate negli occhi dei bimbi (ci sono tanti orfani Jl.er le strade·!), .e poi dite se il cielo ha gli stessi riflessi della vostra fanciullezza lontana! * Ebbene, tutlo questo per l'arte nòn esiste, tolte pochissime eccezioni che mancano io [talia.· E· non esiste, senza eccezioni,. per il teatro, in cui agli ele– menti di insulficienza generale già avvertiti si ,ag– giungono moii'vi gravi di debolezza specifica. ·Per il falto, sopra· tutlo, che la s-peculazione l'ha malamente indusirializzato, ingombrando di ,criteri estranei e di pre<:lccup.azioni contingenti un, campo già intricato di difficoltà di ogni specie. Tutte le vecch ie gare , i vec– chi attriti, le vecchie debolezze del i;non.do del pal– co.wenico, in.asprité dalla concorrenza lussuosa che il cinematografo impone agli .artisti sulla scena, e che, aggiunte al maggior costo dello spettacolo per favorire le industrie accessorie, obblìg,a·no i capocomi– ci .alla ricerca del pubblico dal bor,sellino rigonfio, chll paga molto anche se capisce poco. E che, appunto per questo, va ac~rez:z,ato, solleticato nelle. sua va– nità e superlkialità. E questa uoo pregiudizi.aie che gli impresari e i proprietari impongono, più o meno - implicilame.ntè, ~i Direttori delle Compagnie, e -che costoro notificano esplicitamente agli scritlori: a quei pochi che ne hanno biso~no: chè la maggior ·parte conosce già il vizio della bestia ,e .muove le y.arole come le idee ... per il verso del pelo. Che importa se cosl la produzione teatrale si isterilisce al punto da diventare semplicemente inc.onsist.ente? niente pau– ra: c'è la critica addomesticata a cui può bastare il sorriso di un 'attrice o l'amicizia df un attore (come si vede, siamo... ottimisti) per sostenere l'inganno contrario. Anzi 1 per economia di tempo, di persone e di stipendi, ·possiamo fare addirittura una cosa: fon– dere e riassumere nelle stesse mani la produzione e J,a critica. Nasce così, è nata ·purtroppo; la schiera variopinta degli autori gioroolisti, che dalle colonne delle gazzette ·intonano i giudizi e finiscono di cur– vare nei capocomici quella p-000 libertà ch'era loro rimasta. E coi.i... tableau : il tru·st dei teatri, il mo– nopolio della produzione, la dedizione al pubblico, la schiavitù degli attori. 1 quali, pur avvertendo lo sfacelo deJf'll.ttività intellettuale da cui nasce la loro diminuzio~ progressiva come interpreti, s'illudono di mantenere la dignità dell'arte solo perchè fanno 'più presto a raccogliere biglietti da mille. Se hanno fortuna, e giudizio, s'intènde, ma in compagnia di pochi scrupoli... Chè, altrimenti ... btfotecç1 Gino-Bianco - * Altrimenti, a volersi difendere dallo. sorte che li aspetta tt1tti, eccetto che non vogliano discendere dal , palcoscenico al cinematografo, è nragari un pochino più giù, dovrebbero salutare con entusi,11sm.oquèsta iniziativa che ha l'aspetto un po' rude ma schietto - delle cose sane e forti. '' ' Pensate: un teatro che dice: ·n'.on tollero catene di nessun g.enere: neppur dow.te. Voglio risuscitare la beli-a libertà che rischiar.ava il sorriso nelle strofe di Aristofane o che ap,profondi va l'impeto ansioso negli yendecasiUabi dell'Alfieri. E poi giù giù, fino agli ultimi che non subordinavano l '.arte al torna– conto. Seim poi pensare, sia tletto per inciso, che anche oggi, e pur commercialmente parlando, J.a di– gnità della sc~na e l'utilità della cassetta po•trebbero o,ccordarsi benissiµw. Purchè si ·elevi il giudizio del pubblico, allargandone il resp-iro; purchè l'ing,iggiO e l'ingranaggio dei teatri sia svi_ncolàto dalle ,catene dei trusts pr~vati, la produzione sia sottratta alla tu– tela .della critica interessata e alla preoccupazione tlel pubblico speciaJ,e, e le Compagnie, di conseguenza, sian liberate dal preconcetto di noi)- ~isgùstare nes– sun privilegio e di non offendere nessun interess·e. Un rivolgimento tanto grande -ottenuto con mezzi molto semipfici. • ' Il proletariato che, raggiunta una maggiore tran– quillità economica e una più. larga possibilità di re– spiro, afferma la sua volontà di salire e di comple– tarsi: dopo il ricambiò del sangùe, il fermento del– ! 'intelligenza; dopo il lav-oro più equo, il riposo più utile;- dopo la forza, la bellezza. Pensare .per lo spi– rito dop·o aver assicurato lo stomaco. Il piano è semplioe: almeno dopo la conquista dei Comuni. Dal cui intervento sarà reso possibile ri– sc:aitare i Teatri; che, mantenuti a spese della collet– tività, funzioneranno davvero a beneficio della col– le!;tivilà stessa, cessando dall'equivoco , sfruttamepto adoperato fin qui. E tutto il a'esto si capisce. Si capisce, per esem– pi,o, lo spettacolo che basta a se stesso, e l'arte che ritorna a sorridere per la gioia di tutti. E il più .ampio e più sano giudizio, e l'applauso più vasto per incoraggiare l'autore,e l'interprete a uscire dal vicolo chiuso delle convenzioni insulse o banali. Non c'è bisogno di insistere molto, sembra; su questi vantaggi evidenti. E più pe1 1 suasi vi, anzi; quando si sia dello che il proletariato, se ha affer– mato l'id!)a e ne ha raccolte le forre nelle sue orga– niz~zioni, si è poi rivolto agli specialisti disinte– ressati per garantire !'.attuazione del piano, meroè il quaLe esso possa avere non più le briciole, offer– tegli da chi &peculava sulla sua ingenuità, ma il piat– to colmo e comp-Jeto, che gli atri hanno corrotto a !°uria cli intingoli e di surrogati. · La capacità di comprensione o.rtistic.a del popolo? Possiamo discòrrerne a lungo, paragonandola anzi a quell a del pubblico chic dei pescicani e delle cocoltes. P.er intanto non offendiamo flessuno ricordando la vantata sentimentalità popolaresca, e affermando che il primo sintomo della bontà della causa e della sua buona riuscita è proprio nella sua affermazione: il desiderio che ce;ca, .la volontà che. attu~. Non come un'elemosina, ma come un diritlp. E la bellezza, come lo. verità, è la nuda sposa delle anime forti. .. \ ' •

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