Critica Sociale - Anno XXIII - n. 7 - 1 aprile 1913

102 CRITICA SOCIALE l'on. Tedes_co, Ministro del Tesoro, non deve sentirsi· ·troppo tranquillo· sulla intangibilità dei residui attivi del bilancio. In fondo, in fondo, egli ha rappresentato la parte di agente provocatore, giacchè, strombazzando per un anno intero l'eccellente situazione finanziaria dell'Italia, malgrado le, gravi_ spese della guerra, non si è accorto di gridare, coinè re Alboino nella, ballata del Prati: · 1·icca è l'Italia,. ma ricca assai; chiedi ed avrai ! ' E le richieste sono fioccate, e come! Dai dodici mi– lioni dei professori di scuole medie ai cento milioni dei ferrovieri, vi è tutta una scala di conti aperti, gran.-'li e piccoli, che domandano di essere saldati. Nè la do– manda suscita i clamori ostili di qualche anno fa da parte della stampa conservatrice; la quale, anzi, con una buona grazia insolita, riconosce che lo Stato paga malissimo i suoi dipendenti, e che sarebbe tempo di prnvvedere.- Tutto al più, i partiti dell'ordine avanzano· delle riserve sulla forma alquanto brusca e perenill0- 'r.ia delle richieste, perchè fu sempre un debole delle c1~ssi privilegiate· il pretender~ dalle classi soggette una rassegnazione completa, se non una docilità a tutta prova. L'eduClazione dev'essere un merito soltanto di chi sopporta; questa, almeno, è la tesi che ne risulta. Veramente, qualche spirito superficiale, ricordando le profezie del Pantaleoni, che, nelle cronache del Gior– nale. degli Economisti (luglio 1912), a proposito della· riforma elettorale, pronosticava un rafforzamento della burocrazia, supsiriore a quello della Camera elettiva, potrebbe essere indotto a sospettare, nel mutato atteg– giamento dei conservatori verso le richieste economiche dei funzionari, una preoccupazione mal dissimulata delle imminenti elezioni. Ma non è così: le ragioni, che hanno operat~ il miracolo della conversione, sono molto più gi:avi e profonde; investono l'essenza medesima dello Stato capitalista, che ha per fine, giusta una frase indovinata del Vandervelde, il go.verno degli uomini. Il che non può ottenersi seuza un potere centrale, ma sopraLutto s~nza un corpo dl funzionari obbedienti cie– camente alla consegna, in forza di una costante sogge– zione economica, e di una assoluta dipendenza ammi-,- 11istrativa. Da ciò la riluttanza dello Stato borghese a concedere agli agenti propri garanzie giuridiche suffi– cienti contro- l'arbitrio del potere politico, e la tendenza. a profittare, come i privati, della eccedenza dell'offerta, nel mercato del lavoro, per tenere mplto bassi e sti– pendi e mercedi. Ma ecco chP, ad un tratto, codesta sovrahbond~nza d'offerta, ch·e si verilicavà nei concorsi ai pubblici· im– ·pieghi e cosLituiva l'argomento principe di chi soste– neva la situazione privilegiata dei funzionad di Stato di fronte a tutti gli altri lavoratori, viene- a mancare non solo, ma l'off~rta accenna a rendersi sempre più inadeguata alla domanda, assumendo l'aspetto di una vera crisi'. Non è soltanto la scarsità di elementi tecnici, fenomeno verificatosi da tempo ed· ora acutizzatosi al punto da impedire, in alcuni organismi, lo sviluppo del– l'azione statale; si tratta di ben altro, e cioè del rapido e progressivo diradarsi degli aspiranti alle carriere amministrati ve e scolastiche, carriere che richiamavano in passato un numero eccessivo di concorrenti. E, se potessero rendersi di dominio pubblico le relazioni di tutti i concorsi, e i motivi degli improvvisi arresti è ilelle meditate sta~i di parecchi servizi pubblici, la crisi apparirebbe non solo in tutta la sua gravità presente, ma ·nei suoi veri aspetti d'immediat<• pericolo sociale. Pensiamo un momento alle conseguenze. L'abban– donò degli impieghi di Stato costringerà i pubblici po• teri ad elevare in ogni categoria gli stipendi, e, quando si consideri che· un maestro elementare, all'estero, lìa in media quattromila lire annue, ment're in Italia non le hanno nemmeno i professori ~el Liceo, e che i di– rettori di un grande servizio di Stato sono pagati, per es., iu Francia, più di un ministro in Italia;' appare evi– dente che della strada ne resta da fare, e tanta, Inoltre, la nuova legge Daneo-Credaro sull'istruzione primaria, la creazione del nuovo Ministero delle Colonie, lo sv-i– luppo eccezionale dei publ:>lici servizi, la crisi dell'in– segnamento secondario e della magistratura, la defi– cienza· di personale tecnico, renderanno inevitabile un· sensibile incremento dl funzionari e di agenti. Il Governo, i partiti politici, il Parlamento hanno una chiara visione del barabro finanziario al quale si va incontro?._ Si è rifle~tuto che, mentre al 1° gen– na\o 1895 il numer~ degli jmp~egati l di_ .St!)-tç> ,~r.,9: 1i, 100.058 con un.a spesa anuua di L. 181.737.724, al 31 di– cembre 1906 il numero 1\egli impiegati era salito a 125,959, con uoa spesa di L. 246.216.871, di modo che si è avuto un aumento di 2fi.898 impiegati e di annue L. 68.479.146, nel giro di undici anui? E che, s·oli cinque anni dopo, al 1 ° luglio 1911, .i funzionari erano anc0ra · aumentati di venticinquemita, e la spesa di centonove milioni? E che, di conseguenza, il debito vitalizio, da 58 milioni nel 1880, saliva a 103 milioni nel 1911, cioè a dire, si ra<,ldoppiava, quasi, in trent'anni? Noi crediamo di no. Dopo la discussione avvenuta. alla Camera 1'8 giugno 1907 sulla riforma degli orga– nici delle pubbliche amministrazioni, il grave problema è rimasto abbandonato completamente alla sua sorte. Le organizzazioni degli impiegati, èhe erano riuscite a portarlo una volta alla Camera, parvero subire, come ben notava la Critica Sociale nel numero d_el 16 geo-· naio, un arresto di ,sviluppo e, dopo un periodo di, scarsa attività, accennano ora ad agire, ciascuna classe per proprio conto; il Governo, dopo aver_ nominato una Commissione per studiare la riforma de; ruoli aperti, ha ripreso tra,uquillamente la vecchia strada dei rima- 11eggiamenti di organico ehe ~i risolvono neil'aumeuto periodico di uuove classi di funzionari per -rendere pos– sibili le promozioni; i partiti politici si contentano di mettere in programma la riforma tributaria e le pen– sioni agli operai, senza pensare che la spugna burocra– tica intanto assorbe qualunq.µe disponibilità dei bilaµpi. . Non sarebbe· opportuno che la· de~oc.razia, qu~le co– stante- amica delle rivendicazioni economiche dei iun-. zionari, prendesse l'iniziativa di un movimento con– corde fra le organizzazioni di classe e. i gruppi parla– mentari, per ·spingere il Governò alla- rif~rma delle pubbliche' amministrazioni? Ormai gli elementi di studio non dovrebbero essere di· ardua e difficile indagine: - parecchi relatori .ai bilanci hanno già accennato ai di– ff>tti principali dell 'organis.mo burocratico italiano, e· in qualche amministrazione· centrale, ad es., quella del Ministe-ro dei Lavori Pubblici, si sono già tentate ri– forme nel senso di un maggior decentram'~nto dei ser– vizi, e di una responsabilità meglio definita dei funzio– nari superiori. L'esperienza ha dimostrato che le ini– ziative isolate non 8 pprodano ad alcun risultato pratico: nè il Governo, nè i partiti politici, nè le organizzazioiii degli impiegati p0tr11bbero, in materia cosi vasta e complicata, agire come forze indipendenti le une dalle altre, ma dovrebbero integrarsi a vicenda.

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