Critica Sociale - Anno XX - n. 16 - 16 agosto 1910

2-18 CRITICA SOCIA LE vreferisce il c,·iterio imluslt"iale puro, e vo,·rebùe - se ho ùen capito - che i ferrovieri (beato Lei, che 110,iha 1m Coll.egio d<, consen;arel) atle11dessero,1>e1· gli invocati mi– glionrme11ti1l'ora in cui le ferrovie gitteranno di piit, ossia per<lermmo di meno. R, a tal fine, propone due mezzi.: niente protezionismo e climinuzione di lm·iffe. Con quest'ultima, perh 1 mi jUffC evidente che i pn>venti delle fen·ovie 1 almeno per 1m certo tem.1,0 - cheJJIIÒ esse,· lungo, pula caso, qua11to la resiclua carriera media dei ferrovieri affuali - scemera11110 ancora. I flgli di q,usli ferroviert ne avranno tm compenso a suo temvo, dalle vrosperose indllsll'ie. Prima, verò (maledetta la (1wia !), saran mori.i di fame. Perchè, se -il salm•io dei loro genilo1'i dte st<u-e in rap– porto coi red.dili dell'impresa, anch'esso, 11elfrattempo 1 do– vrebbe calare. ./i'orse i, ferrovieri stessi. esulerebbero - ma, gi<Ì, so110troppi. B poi i confribueufi, miche se restas– sel'0 a piedi, risparmierebbero un tanto di 1>iù. k così? Se questo;, liberismo, confesso che mi 1>iaceassai. In fo11do 1 s0110sempre sfato w1 po' mallhusiauo. Tolto 1:io, poi, il 7Jrotezio11ismo,auclte i metallurgici, tessilo1·i 1 ecc., o tirerebbero le cuoia, o almanco 110navrebbero pih le11a per fai· figlioli: quei (i.glioU desti1wti ad i11grassare pih tardi ... se fossero naU ! Insomma il liber-ismo mi. par l'arte di assicw·are la felicilù a quelli che 110n esistuno. b' 1 come ho letto wi po' di Schopenhauer, la cosa mi sembra profomla. Ma 110,iso s'io giudichi. colla 11 perspicacia" ch'!Wa mi consente,o colla u su1>er{ìcialità 11 che mi ula la soluzione dei problemi. Mi abbia, i11 entrambo i casi, devotissimo <li Lti 1<'11,ll'PO TUIUTI. Nell'ultimo articolo del nostro Arr1.1cuo: Previclenze e vrovvidenzc ferroviarie, alla colonna za di pag. 230, el ò attribuito - per una svista tipografica - all'ing. Gal– luzzi un pensiero uon esatto. E cioè, non già questi ,·orrobbo " abbreviati i termini per il ritiro delle merci o le sospensioni del carico nelle stnztoni, ecc. n, sibbcno vorrebbe, anzi, evitati gli abbreviamenti consueti di tempo nella riconsegna e le sospensioni per ingombro. La cosa è troppo diversa e meritava una rettifica. L'ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA per la malattia, la cronicità e la vecchiaia ([he cos'è, come funziona, che ma dà, che mapuò dare) 11 problema dell'assicurazione contro la malattia e la croniciti't o invalidità (h'i compresa la vecchia.in , che ne è una forma) è ormai felicemente e defini– tivamente risolto nei paesi tedeschi. ln Italia sta maturando; o 11oicrediamo sia !fiUnto il momento di spiegare, in forma quanto più e pos– sibile semplice e precisa, che cosa è e come deve essere l'assicurazione obblig-atoria contro le malattie e contro la cronicità e la vecchiaia. Queste pagine sono quindi del proletariato e pel proletariato. I. - Necessità dell'assicurazione obbligatoria. Ognuno di noi, nascendo, ò predestinato a un certo numero di malattie, che derivano dall'ambiente nel quale viviamo. "Ma è ovvio che due coefficienti prevalgono nel determinare il nostro bilancio di malattia: il metodo <U vita (fattore che dipende so– pratutto da noi), e le comlizioui del lavoro che ab– biamo scelto (le quali dipendono anche in buona parte dal datore di lavoro). Questa premessa è necessaria per spiegare il modo col quale vogliamo costituire il premio per l'assicu– razione di malattia e di cronicità (vecchiaia com– presa), che diventa un dovere sociale quando l'indi– viduo non vive di rendita e deve pensare ai giorni tristi della disoccupazione. È fuori discussione che il bilancio economico dei salariati non permette di soddisfare a questa esi– genza colle sole forzo individuali. Onde il dilemma: assicurazione s1tll~ basi delùt mutualità, lihera - cjoè degli operai spontaneamente riunitisi in società. pel conseguimento del sussidio malattia e cronicità - o assicurazione obbUgatoria? t noto che, in tnLto il mondo operaio, anche là dove i migliori Sillarì e una più alta educazione ci• vile fauno quasi del lavoratore un " gentleman ,,, la previdenza, abhandonata alla libera volontà del cit– tadino, non diede i risultati che gli studiosi si ri– promettevano i la grande maggioranza non ne fruisce, e i pochi iscritti non possono contare sul fattore importante: " aumento degli affigliati ,,. Per l'Italia è spesso ricordata la constatazione di Luzzatti 1 che, nella Cassa Nazionale di Previdenza., " uon J)(tssm·ono e/te 250.000 lavoratori, un buon quaJ"lOclei quali si è verduto pe1· ·istrada ,,. La previdenza libera fallì allo scopo anche lad– dove, come in Francia, gli operai associati si videro sostenuti da altre classi sociali, da istituti di bene– ficenza e dalle leggi; ed oggi, anche l:ì, la legge 5 aprilo 1910 rcndedt l'assicurazione obbligatoria. 'l'rionfa dunque, forte del successo di parecchi decenni, l'altro corno del dilemma: l'assicurazione obbligatoria, concepita da Bismarck peL· trattenere la vittoriosa avanzata dell'idea socialista, e che rap• presenta oggi un saldo e ammirevole monumento, elevato dai popoli tedeschi. Lo Stato obbliga la classe operaia ad assicurarsi contro la malattia, la cronicità e la vècchiaia, e i datori di lavoro ad assicurarla contro l'infortunio. La legge tedesca di assicurazione contro la ma– lattia non è passata intatta per questi decenni: sta• bilita un po' a tentoni, per mancanza di dati precisi sulla morbiljtà delle diverse professioni, venne, Yia via, modificandosi, adattandosi ai bisogni della pra.– ticn, estendendosi a sempre nuovi ceti di salariati, finchò oggi - colle varianti imposte dalle diverse condizioni di vita - è presa a modello, nelle sue linee essenziali, dall'Austria, dall'Ungheria o dalla Francia. 'l'ralnsciamo qui il problema della a.ssicumzione contro l'infortunio, perchè una leggo in argomento - buona. o cattiva -· l'abbiamo. TJ.- L'assicurazione contro le malattie. a) lYci vrwsi tede,'Jdti. In Germania, l'assicurazio11e-malaftia: per 1:t legge del 1883, più volte poi modificata, ò ohbligatoria per gli operai di qualunque età o sesso, occupati in modo permanente in imprese industriali propria– mente dette, i quali, in caso di malattia, non ab– biano diritto all'assistenza in casa del padrone o alla continuazione dello stipendio o del salario; così pure, per gli impiegati privati, la cui retribuzione annua non superi le 21100 lire. L'assicurazione venne nel 1903 estesa a molte al– tre cntegorie di lavoratori, segnatamente ai com– messi di commercio, e potrà comprendere gli operai dei lavol'i agricoli e forestali. Non è ol,bligatoria.. per chi si sia liberi1mcnte iscritto o appartenga ad una Società Mutua, ricono• sciuta dalla legge. :Molto più larga la legge ungherese clel 1907. Senza riguardo al sesso, all'età, alla cittadinanza,

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