Critica Sociale - Anno XX - n.11-12 - 1-16 giugno 1910

176 CRITICA SOCIALE è fatto collettivo, di gruppo, non individuale nè sporadico; cli milsse. non di sing-o\i lavoratori. Essa inoltre si av\·cra nel caso soltanto che si trntti di Iarnro puro, cioè di lavoro non sussidiato dal pre– sidio di altri filttori della, produzione, e di individui, i cui mezzi consistano, almeno in misura prevalente, nel salario. fnfine, occorre che mw determinata q1rnn· tW1 di sitfo.tto lavoro puro, offerto sul mercato - al– trimenti clovrebhc pnrhHsi dì disoccupazione volon– hiria - non trovi la forma d'impiego adeguata alle attitudini 1 alla ahiliti'i, alla specificnzione del lavoro. L'Agnclli perciù definisce la disoccupnzionc: 11 il fai.to di una dctcrminabl quantità di la.varo puro, offerto sul mercato, che non trova, in un determinato momenlo, forma conveniente d'impiego ,,. Quel che appare come " eccesso di popolazione " non è costituito solo dai disoccupati, intesa questa piuolo, nel senso ora detto. Occorrerebbe infatti con– siderare JHll'C i fìsiramente incapaci, i deficienti, i disoccupati colposi, cui il vizio, l'ozio, il vagabon– daggio dànnano al non-lavoro, i disoccupati pel' abuso della heneficenza: mrt essi non rientrano scientificfl.• mente urlla categoria dei disoccupati; e ai medesimi pronedo110 istituti filantropici, diversi dagli istituti economici, che vogliono provvedere alla disoccupa– zione vera e propria. La nozione della disoccupazione è così data; In sua portata è così delimitata. La disoccupazione, nella sua configurazione esteriore, nella sua 1:1agoma apparisccute. si rivela fonomeno essenzialmente eco– nomico; l'osservatore non possiede ancora. nessun elemento su1licientc per consideral'la come sottoposta a necossitì1 cl 1 i11dolcbiologica; In legge di popolazione, nella sua formulazione cln:ssica, non trova ancora nessun riscontro o nessun conforto nell'esame della strntt.ura di quel fenomeno, che dovrebbe essere la n111ssi11111 frn le sue manifestazioni. Una indnginc sommaria sulle cause delln. disoccu– pn,-,ionc non muterà. di molto la nostra asserzione. Le cnuse della disoccupnzione sono molteplici, com– plesse. Il lihro dcWAgnclli ne enumera due serie: cause che influiscono sul capitnlc e sul lavoro in– sieme, o cause che agiscono sul solo la\'0ro. Le prime sono cause di natura fisica, tecnica, eco• 1iomic11,od anche psicologicn. Vi sono anzilut.to in– dustrie sh•idonali, come l'n,i:rricoltura, l'edilizia; \"i sono poi n1gioni molteplici di variazioni nella 'do– manda dei prodotti, come l'estensione o la limitazione dei mercati, l'iutroduzione di nuo,•i prodotti in sur– rognzionc di altri 1 il cambinmento di moda, ecc. Da ciò scaturiscono movimenti del capitale snlario, il quale, come nota benissimo il Supino, ora si espande assorhcndo l'offerta di lavoro, oni si restringe pro– vocnndo disoccupazione. Un'altra causa di poi-tata generalissima è costituita dalle crisi economiche. 1,:• superfluo soffcnnarsi sull'azione ch'esse esercitano nei rispetti della classe operaia. La crisi Rmericana del 1!)07, che determinò un riflusso cli emigrati privi di lnvoro alla madre patria, è cli per se stessa clo• qucntc di insegnamenti. Ma, oltre a tutte queste cause che simultaneamente a~iscono sul capitale e sul lavoro, \'i sono - secondo l'acuta indagine dell'Agnclli - altre cause che agi· scono sul solo lavoro e che inducono (eliminnta, per l'economia attuale, l'ipotesi del lavoro pmo) uno squilibrio fra la quantità disponibile di capitale o la quantità disponibile di hworo 1 tale che quest'ultimo elemento si presenta in quantitiL superiore a quella necessaria per offrire, combinandosi con la quantità esistente di capitale, la utilità mnssima. E queste ragioni di squilibrio sono, com'è chiaro, in ragione diretta della " specificazione" del lavoro e del capi– tale, la qunle costituisce siccome tanti campi chiusi, frn cui le comunicazioui sono lente e ditlìcili. b: evidente come le cause cli disoccupazione che agiscono sul solo lavoro, essendo specifiche n. questo fattore primordiale della produzione, siano state più attentamente indagate dagli studiosi. }~sse possono di\,entare efficienti in doppio modo: aumentando Poffcda o diminuendo la domanda di lavoro. Così, dtL un lato, assurgono a cause precipue di disoccu– pazione ,l'aumento natura.le della popolazione, piì1 rapido di quello del capitale, l'urbanismo, l'immigra– zione che superi i limiti della domanda di laYoro, ccc.; dall'altro, i progressi tecnici, la diminuzione del capitale industriale, la volontnria diminuzione d'im· piego del capita.le e di domandtL del lavoro da parte clegl'imprenditori, i progressi nella organizzazione industriale, il diverso ordinamento del contratto di lavoro, che permetta un minore impiego di operai a purità di effetti produttivi. Oli economisti hanno attribuito varia importanza a questa duplice serie di cause specifiche di disoc– cupazione: alcuni hanno dato un rilievo maggiore alla serie d'indole demografica, altri alla serie d'in· dolo strettamente economica. 1~• nota, a tal pro1>osito, la teorica. marxistica, dianzi accennata, la quale sostiene che " una lcg~c della popolazione astratta, immutabile, non esiste che per le piante e per gli animali, e per quel tanto che bili esseri non subiscano l'inllucnza dcll 1 uomo ,,. Il i\forx. pensa che ogni rase storica ahbia ht sua lc~gc speciale di popolazione; così pure la presente fase capitalistica. " :Me11tre - egli scrive - non vi è maggiore popolazione operaia di quella che la ricche:--,za in via di accumuiazione possa richiedere, vi è invece una pessima distrihuzione di lavoro, il quale pesa gravemente sugli uni, e fa in modo che gli altri restino disoccupnti. " La disoccupazione dc• riva dunque, per il Mo.rx, da un vizio organico della presente costituzione sociale, e propriamente dalla sproporzione fra C<lpitalo tecnico e capitale salnrii. Ma è poi vero che l'introduzione delle mncchinc - anzichò alle,·iare e sollevare le condizioni del lavoro - produca permanentemente i tristi effetti che iI ~larx le attri hui va? Li\ scienza economica posteriore ha approfondito tale tema, traendone conclusioni non improntate a così fatalistico pessimismo. Già, nota il Loria (I), " se pure le macchine espellessero definitivamente dall'industria la classe lavoratrice, non potrebbe dirsi perciò che esse creino un eccesso sistematico di popolazione; il quale non avverrebbe, qualorn la classe operaia coordinasse, volta a volta, il coeffi– ciente di procreazione alle mutato esigenze del capi– tale,,. Solo, dunque) momentaneamente le macchine potrebhero generare un fenomeno di soprapopolazionc lavoratrice; ma l'equilibrio sarebbe, in un periodo posteriore, ricostituito, se la. classe operaia non ac– crescesse fisiologicamente il proprio numero. Senonchè !'.errore di Marx sta nel fatto che egli, esaminnndo il fenomeno della conversione del capi– tale variahile in Cflpitale costnntc, lo ha considerato solo nei suoi effetti immediati e momentanei, trascu– rando l'indagine di una fuse successiva, nella quale, per una dinnm:ca di forze economiche, gli operai espulsi vengono richiamati. Senza dubbio gli econo– misti conserv,ttori hanno dato grande, troppo peso a questo successivo riassorbimento della mano d'opera., e aon hanno tenuto conto di una condizione impre– scindihiJo per siffatto riassorbimento: l'incremento ciel capitale esistente, senza del quale una maggiore domanda di prodotti non significa se non trasferi– mento di capitale da una produzione ad un'altra. 11 Loria, in ,·ari suoi libri, ha approfondito l'inda– gine di t(Uesto grave e sempre assillante fenomeno, ch'è l'introduzione delle macchine. Egli fa una pro- ( 1) Lo111,~: La p,·oprtelù fomlicirltt e u, q11t;it1011e soci11le. - l'ndon1, un.

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