Critica Sociale - Anno XX - n. 10 - 16 maggio 1910

148 CRITICA SOCIALE I nostri s110111wano flducin? ministcria1ismo? Si lC'~.!!nno. e si ris1>ondn. Non 0011r,1cezie sul io: s) pros• simo nl uo ,,, che rammenta, ci diceva Fradeletto, un'nnwbilo cnnzonetln popoh1re della sua Laguna. Il sorriso non provn e 11011 confuta. Suona,•1rno 1 quei motivi, sfiducia permanente o diffusa, attesa cauta cd nrmatn, risone i:iiourc. Nessun vincolo, neppure poi domani immediato. Qui è il nocciolo della quo– stionc, che non è di teoriche, di tendenze, ma di 1mro fa/10 1 o che tutti 111111 dimenticato, i 1>ole111izza– tori. IH Sezione di Roma, che ha deplorato, quella di Milano, che giunµ-c huon'ultinrn, non per deplo· rarcl, ma per confcssnrc un llisa~io comune e llf. frettare il Cong-rcsso libcrntoro. Se il fatto reale non O il fuUo Hupposto 1 tutto lo conseguenze, che se no t.rng,:.rono,sono cadute; il sorite ò decapitato. A ncorn: il Gruppo, si dicc 1 entra. nella maggio– rflnzll hoq.d1ese; dunquo vi trnscinll il partito; col pnrtito il llrolet!lriato; ('J In bancnrottn del socialismo e della lotta di classe. - l◄'alsa, vedommo, h1. pre• messa; piì1 erronee, in 01-tni caso: le dedur.ioni. Si schernisce l' alchim l11, la schermuglia, la scacchiera 1•arlnmcntarc. J.og- ori luoghi comuni! Il Parlamento ò quel che è, la tn ttitn pArlnmeritHre è quella che può essere. Ila fini, esigenze, caratteri suoi; svi– lup1la, deve sviluppare. un senso speciale. Ignorarla ò scusabile; schernirla è puerile. Non si tratta di far due 1>olitichc, in 1>in1,zao a 1>alazzo: si tratta di vogare 811ll'nc<1ua 1 di camminare sul piano, di lneq>icarsi do,·e sono scogliere. Si può, gli anarchici son loi:rici, sprezznre il Parlamento; non è lecito, ac• ccttnndolo, manovr1trvl come chi lo sprezza. Il voto, w, voto, passa, muta, si inverte, da oggi n domani; il l)artito devo rimanere. I due còmpiti, concatenati, sono diversi all'lltto: l'uno mira allo Stato, a trarre, do un Governo, certi atti, certe leggi, le migliori o le meno pel,!gio che la cootin– :,:enza offrn nel momento dato; l'altro si orienta olio evoluzioni della sti,rla. li primo ha da servire nl secondo; ma lo servirel>bo malissimo, modellan dosi su di esso o modellandolo sopra di sè. Nell'aula, 1·op1rnrt11110 ò anche doveroso. Vuori, lo stesso atteg– g-inmento può e ssere inopportuno e menomntore. Solo n~li ini1.ii cli 1111 pal'tito, quando tutto si esau– risco nell 'nll'l'l'm azione cli p ropaganda, le due fun– zioni po1-sono, per 1111 trut.to , coincidere. Quindi, so è mnrns mn ne l partito, imputarne il Gruppo ò mendicare un alibi artificioso. Ben si può dire ai deputati: i.: v'è l>isogno di voi pel paese, nou v'hn chi sappia surrogani, nl>bandonate la Camera ,,. j;; un discorso giusto e leale. i\ra dir loro: " il par– tito zoppica, fate di zop1>icaro anche voi a .Monteci– torio,,, vale curare un gunlo 1 ap1,iccicnndovenc un altro. Vedn il giovane Arturo Velia, che, in un nobile articolo ribelle dell'ultima Avanguardia (e a noi 1>ince che i i:riovnni, nlmeno, pecchino cosl), s'industrìa di ogguanttlrci in contraddizione con de' nostri brani re– centi: quh•i, non del Gruppo si faceva questione, ma del 1>artito: il quale (e Claudio Tre\'cs lo illustrò magnificamente nel Tempo del I2 mnggio) tanto più ha da essere idealista, 11,·,•enirista, integrale, <1uanto più ,•uol trar profitto dagli accorgimenti, dallu trnn– snzioni necessarie de' suoi dci,utnti. llensì al Gruppo alludemmo, pnrlando, Il 21 marzo, alla Camera, con– tro il Ministero Sonnino, promettendo opposizione recisa n. ogni nnnlogn sit.unzione e combinazione av– venirn. Mit ò \'0rnmento anllloga la situazione? Lo olfornrnno i noatl'i critici; e invocano, a provn, il confronto collo u stato cli necessità ,, che ci 8trinso ntlorno nl Governo nel 1 902. Allom era Giolitti co11 In libertà; oggi è il giolittismo, mutato nomine. Al– lora, t11Ht quaai-rivoluzio11e economica e politica; oggi, detriti sonniniani di riforma tecnica. E per giuda - scrire om,ga - turlu1>inntura immancabile. Un rilievo: con ciò la questione è dt,l tutto Bl>0- statn. Non è più che si votò la fiducia; che si ò compromesao il partito. g che si è mal preveduto o m11lovttluh,to. Perchè, se Il Oruppo socialista preferì unn hnttuta di attesa al romper subito in guerra, come i suoi peggiori n,•versnri gli consigliavano, fu in C]He1:1ti1 previsione od ipotesi: che, con questo nt– t.e~glnmonto, la situazione generalo potesse mutare o "''"inrci alle ri(orrno voluto clnl partito; che, in ogni caso, non dovessimo esser noi a frustrare l'e– vento l)Ossihilc. Fummo del visionari? Converrà di– mostrarlo. 1,; meglio ne deciderà l'eloquenza dei fatti, ai quali il nostro voto nperso la ,•ia. Ma non ci si t.acci d'incoerenza, porchè, in-endo condannato una situazione politica, ci IHH'\'edi doverne agevolare la trnsformazione. Corto, non sempre si stn R uno svolto della storia; nò IR storhl si ripete como un ritornello. Se soltanto per l1t liberth. di conllziono operaia - ormai que– Htione superata - ò lecito al socialisti votare poi Oo\'erno, tnnto è dire: da ogi:rl,non sarà lecito mni. Por il 110 1>0rpetuood irrovocnhilo hasterà il cteputato meccanico. .\la la libertà non fu anch'essa che uno strumento: nf'llu nuovn foso il partito vide e pro– clamò necessnrie certe riforme; prima, e altamente politica. c1uella del suffragio. Oel resto, ritornando al Vellri, questo, a1>1Hmto 1 affermammo in uno di quel nostri lacerti, ch'egli cl nv,•Pnta: che i problemi tecnici, alla Camera, diventano politici anch'essi; non l'in\'crso, com'cgli ha inteso. " Ma son lustre 111 ci risponde Omega. E si duolo di duo coso op1>oste: che ponessimo, col Trovcs, troppo In alto, la lulcilh dello Stato; poi 1 che, sul medesimo tema, ri1>iega1:1::iimo troppo. Fors-e, nel eon– traato intorno della~ duplice accusn, vi è già una prima risposta. Un'altra è nel f,ttto, che oggi, nel– l'idillio ap1mrente, i soli furibondi sono 1~ pretaglia. Con essa masticano nmnro que' giolittiani, che non sono Oiolit.ti, che sono bensì il giolittismo (la mag• giorauza di ieri), con Giolitti, se sarà 1>ossibile.contro, se snrlt necessario; che, di ogni pegno di Luzzatti nll'li!strenrn, si adombrano forte e han l'aria di scoc– cargli il dilemma: "con quelli, o con noi! ,,. Su di che aan\ bene che Il Cong1"Csso 1 rivedendoci Jo buccio, abbandoni I falsi pudori e elica ben chiaro: se, la maggioranza dcll1, Camera permanendo piì1 o meno ~iolittinna, un Oovcrno 1 che ne tenga conto, sia, 1>erciòsolo, detestabile; e se, dovunque spunti l"omhra di Giolitti, <1uale che possa essere il pro– gramma o Ja combinazione prevedibile, debba inten– dersi indetto il nostro boicottaggio politico. JI che significa, nell'ora che vol:,;-e: negar vita, in principio, a ogni Go"erno 1,osslbtle; concederla, infatto, al solo giolittismo s1>iegato 1 intero, immutahile; proclamare soclnlismo o antiA'iolitt.ismo sinonimi. Mn Il nodo ò ht rifor11111. del suffragio. E qui la critic1l si sdoppia. Da un lato (vedi ordine del giorno Sah•0mini-Dclla Seta nel Comitato pro suffragio), non sc,1glinndoci su un Governo che promette,·a soltanto due milioni di nuo,·i elettori, per tentare di sostituir• gliene un nitro, che, piuttosto, tenderebbe a ridurre il contingente attuale, abhlarno spezzato le reni al suffragio universllle. E qui proprio viene in gioco l'essenza del riformismo. li quale ci insegna che, posta d,t noi, accettata dal Governo, la necessità di estendere li suffragio notevolmente, un gran passo sarh. fatto sulla nostra. via. rl resto, fino alla f!leta, spetterà alle forze proletarie, socialiste e democra– tiche !'Sincere.Se 11011 dividiamo con Omega l'ecces– sl\'o disdegno pei vlngi;I In carrozza, quando siano flORslhilie il partito sembri debole in gambe, nepplll'0 uccampiamo la protesa, o nccurczziamo l'!llusione 1 che un Miuistero borghese possa o debba surrogarci del tutto e renderci inutili. Ministeriali a queato seg-no, per esempio, noi

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