Critica Sociale - Anno XX - n. 10 - 16 maggio 1910

CRITICA SOCIALE 147 votazione 11er le carirho - non ron~entono ardimenti, che del resto uessuno promi!!e. Forza ò ~unque conten• tinsi di una riforma microscopica. Tardi il Gruppo grida al tra<limento; vota, sdegnato 1 la sfiducia. Chi ha tradito? chi fu tradito? chi ha voluto ingannarsi? La commedia, è terminata; cala il telone. E pensare che si scomuni('arono i de-putati socialisti quando, non per delle briciolo <ti cauta e ponderata li– bertà, non per dei progetti tecnici che sono, più o meno, l'~redltà del Gabinetto Sonnino, tanto, e a ragione, com– battuto; ma si serrarono intorno a un Ministero, che, per la prima volta in Italia, contro tutte le insidie della reazione economica, nella Camera 11 fatta., da Pelloux, nel Senato recalcitrante, proclamava il diritto dolio si:iopero, la neutralità dello Stato nel conflitti del lavoro, sanzionando coi ratti la maggiore delle conquiste prole– tarie, quella che ò condizione di ogni altra, che da sola ha Il valore di una. vera rivoluzione! Errore di calcolo, dunque? O Involuzione del nostro riformismo socialista verso un possibilismo e un mini– sterlalismo cronico, che riproduce la superata ldea1.ione giacobina dello Stato-provvidenza, della magica onnipo– tenza delle leggi, delle riforme, non conquista di guerra, ma concessione graziosa dello classi antagoni9te? Se il discorso Cabrini sul bilancio dell'agricoltura meritò gli elogi del Curt·iel'e della Se1·a (12 maggio), che no esalta la misura. o il valore politico, ravvisan·dovl Il documento di una nuova politica operaia 1i fiduciosa nell1attlvitù. rlello Stato'" rigettante i vecchi dilemmi semplicisti, non più politica di classe contro lo Stato, ma di una classe riformatrice entro lo Stato, le cui premesse sono eminentemente statali e nazionali " - pur troppo la seconda ipotesi parrebbe più esatta. E, invero, chi ri– corda più il " t-iformisti penhè rivoluzio11ari 11 del Con– gresso di lmola, che, ae, per Papparenza del bisticcio, si offriva ai facili motteggi sindacalisti o borghesi, rias– sumeva in lucida sintesi, per altro, il carattere diffe– renziale del nostro riformismo dal riformismo radicale, filantropico, borghese? Chi ricorda - di quell'anno me– desimo - la polemica magistrale di Turati e di Treves col De Marlnis? ( 1 ) 1i Il t··ifonnismo - così il ·rurati - sta alla. riforma socialista e la JJ()Ce alla. lotta legalitaria socialista, esattamente come i programmi borghesi - radicali quanto si voglia - stanno al programma nostro. Ri– forn1ismo sono le riforme fatte tine a se stesse, rizzate a colonne d'Ercole del movimento, concesse nella dose dell'immediato necessario, per nlaro, contenere, sven– tare, non per agevolare la rivoluzione. Pace, armonia fra le classi, è l'ldeal1e e l'interesse dei dominatori. Ma gli oppres9i, ma I dominati hanno bisogno di lolt11, di t"iforme che siano conquiste, ne agevolino altro succes– sive, preparino la rivoluzione ecouomica e sociale, siano rl voi112;lone sse stesse. 71 E Claudio Tre\'es rlncalt.ava: tt Sopprimete l'azion~ di classe, sospinta dal sociallemo, e le stesse rHormo del radicalismo perdono ogni base, restano In aria. prive di un qualunque punto d'ap– poggio. n Ora, è questo punto di appoggio che smarriecono i nostri deputati, isolandosi, nella guerriglia e nell'al– ch.lmla parlamentare, cbe la massa non Intende, che ha rngio11e di 110,i i11tende,·e, dallo grandi lotte, che pren– dono, ohe rinnovano l'anima civile di un popolo intero. S'era - dopo lungo marasma - bandita la battaglia per la conquleta del suffragio, suscitatrice ili energie ' (1) SociaUB1"0 e lf<rdlcallsmo nella 811.lHotecadOIII\ Crlllca SoclCII~, 19021. nuove, materiata di tutte le riforme economiche e so– ciali 1i che sono rivoluzioni esse stesse , 1 • Il voto del Gruppo socialista frustra anche queste ul– time speranze! ',) Senza immodestia. Chi stende la postilla si trova nelle condizioni più propizie all'equo arbitrare. Noi fummo, nel Gruppo, fra. i llO\'C che perorarono o vo– tarono pel voto negativo. Pre\'alsa la opinione op– posta - con riserva di mutarla se il i\linistro, i11 tema di politica laica e di riforma elet.tornle, non da\'a i richiesti affidamenti - consentimmo, all1ul– timo minuto, a dichiararQ noi il voto del Gruppo, a patto cli accentuare la. non-fiducia. Anzi 1 consentimmo 1rnr questo. La dichiarazione riproduciamo qui sotto, come " clocumeuto di causa ,,. Non abbifuno qui11di eia difendere noi stessi. Nessun preconeetto, o su~gestione di amor proprio, può farci 1 non diremo giudici (troppo ardua impresa), ma te– stimoni 1rnrziall. Ed ecco ciò che attestiamo: Di rado, nelle dispute del Gruppo, nella di~cordia formale, fu maggiore l'accordo sostanziale. Quasi tutti. i sostenitori delle due opi11io11i,sentivano il bilico quasi perfetto dE:I contro e del vro. l•'onnulavumo così, allora, il dilemma: i: se votiamo sì, parlln contro; se votiamo uo, parlare in favore,,. Sotti– gliezze, IHtradossi, se "olete: ma delle COtiC, non nostre. Argomento d'autorità? No, ma testimonianza d'uno stato d'imimo, riflesso d'una situazione. Badate: le u tendenze n non ri1.1pparvero. Erano pc! no, parecchi dei riformistissimi, Casalini 1 Prampolini, noi; pcl sì, taluno degli intransigenti pili accesi. Fummo una– nimi a delegare II tre di noi J1ultima decisionc 1 inap– pellabile, sui banchi. Ancora: se propugnammo i I ,•oto negati vo 1 fu meno per argomenti intrinseci (parlamentnrmentc, senth'amo che sarebbe un errore), pilt per reagire contro il sistematizzarsi possibile di una troppo fa. cile contentatura, e sopratutto pel timore di essere, fuori, non intesi e, peggio,· fraintesi. Non per co– dardia personale; ma pel disol'ientamento che teme– vamo nel 1>artito. Impossibile chiarii· tutto a tutti. Presenth,amo Fequi\'oco . .i\fa è criterio - ci rifletta lo Schiavi - eia usarne con molta discrezione. Li– vellarci ai meno evoluti sarebbe demagogismo, sal\•a l'intenzione. 'l'utta la propaganda socialista - inte11- diamo quella seria - ru rihcllione a ques-to oppor– tunismo ..... in maschera antiopportunista. . . . , Or è appunto sovra un gru1>po di equivoci, cbe poggiano, a senso nostro, le maggiori censure. Meno ci tormenta quella di incoerenza formale. Nessuno, a questi lumi di pragmat.ismo, ci vorrà pri:!ionieri perpetui delle formule tattiche e combatti\'e da noi stessi foggiate. Se i nostri deliberati trovano situa– zione mutata - forse concorsero a mutarla - man– tenerli nella lettera è contniddirne lo spirito. Mutata, \'eramente, la situazione non era j forse, bensì, sul mutare. Si brancolava in un crepuscolo, e si brancola ancora. I pronostici, in vario senso, si equilibravano. Tentennare, in questi casi, è savio, se anche non fosse inevitabile; come l'irrigidirsi è pericoloso. Oli equivoci magp-iol'i sono questi: I sì ed i no, argomenta lo Schiavi, acquistano, nell'urna, due soli colori; le moti\'azioni spariscono; ci si Mruola in un branco ... o nell'altro. - Veris• simo, se si vota una legge, se si intende a una crisi. Vero, tal volta, negli effetti, se col voto si sposta una maggioranza. (Qui, nè l'un caso, nè l'al– tro). Falsissimo 1 insostenihile, se il voto delinea, prepara una situazione. Allora il voto è lutto nei motivi, solo nei motivi.

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