Critica Sociale - Anno XX - n. 3 - 1 febbraio 1910

CRITICASOCIALE 37 "Que~to proprietario è Punico dei dintorni che usi i concimi chimici e gli aratri moderni. Il misoneismo dei;li alt.ri proprietarì è tale, che dicono di non volere usare gli aratri Sack perché rovinano i buoi! Con gli antichi sistemi queste terre fruttano al massimo cinque semenze, ma con le concimazioni artificiali se ne ricava invece da 18 a 24.. 11 Dopo ciò, ':!i dica male dell'emigrazione! Finche nelle classi dirigenti del Mezzogiorno durerà. Pattuale apatia, non daranno buoni frutti o frutti abbondanti nè il la– voro, vicino o lontano, nè le terre, nè i capitali, e solo la provvidenza divina, per chi ci crede, potrà operare il miracolo. Perciò fanno ridere coloro che, trii i mag– giori danni dell'emigrazione, si ostinano a noverare l'abbanrlono delle t.erre. I. ./on. Lacava, il quale, contro l'on. Bissolat.i, sorse a difendere i pro1>rietari suoi con– terranei, è appunto nuo di quelli che vede in questo abbandono J!esatto c,mtrappeso dei bentirizi prodotti dal movimento di cui discutiamo. ,: Il lato maggiore da controbilanciare all'ulile pro– dQtto dalle rimesse dei risparmi è il prodotto che da– rebbero le giovani braccia che partono, Stl ro~sero im– piegate nel miglioramento della terra o altrimenti nella propria regione. E questo un danno che non può valu– tarsi, ma è ben certo che esso as~orbisce o supera tutto Pavam:o dell'entrata , 1 • (') 1\fa, on. Lacava, a che ricantar sempre questa noiosa canzone delle" giovani braccia 11 ? Volerne, on. Lacava, di braccia! L'Italia ne è ancora ricca 1 nonostante l'e– migrazione, e la Romagna, i;e non altro la Romagna, è li pronta a scaricarne a migliaia uel Mezzogiorno, purchè si sappia impiegarle. Già dal Nord sono calati i missi dominici della classe operaia a studiare le lo– calità, e hanno trovato che ci sarebb~ dn far bene, che le terre sono fertili e redditizie, che i contadini e i braccianti dtll'ltalia settent.rionale potrebbero lavorarle. Però hanno fatto patti chiari prima di muovero un sol uomo da casa sua: u I richiedenti mano d'opera devono pern;are che è loro dovere creare adatte condizioni di vita a chi im– migrerà. Se nicchiano, se intendono rimanere co111esono attualmente, e continuare a camminare per il sentiero lle\la loro rovina, si lascino fare 1 chè ad essi potrà so– stituirsi nna borghe~ia più laboriosa e più :\\•veduta. ,, Cosi, in un suo opuscolo, il dott. Tiario Zannoni, in– viato dalla Umar1ila1·ia in Basilicata per studiarvi i mezzi adatti a determinare una emigrazione laggiù di contadini settentrioonli. E ci pare che abbia ragione. Aliti giovani bro.ccia non sì può chiedere soltanto di lavorare. Sono a~sociati ad esse, indissolubilmente (Me– nenio Agrippa in~egna), degli stomachi altrettanto gio– vani, provvh,ti di di~creto appetito. Ecco quanto i proprietari del Mezzogiorno dovrebbero ricordare prima di piangere sulle proprie sciagure. . .. Ma i proprietari da questo orecchio non vogliono intendere, o insistono nei loro lagoii senza nemmeno comprendere che sono contraddittorii. Perchè, o la mano d'opEtra emigrata costituiva veramente un alto valore economico ed una ricchezza per l'agricoltura, e allora c'è da chiedere ai signori padroni, in nome di qual principio e di qua.le giustizia facevano affluire il valore e la ricchezza tutto nelle tasche lc,ro e lasciavano i contadini a morire· di fame. Oppure, la terra, anche quando aveva braccia sufficienti che la lavorassero, (1) Pn:T11;0 LACAVA: Sufl11 ,:011di,io"i 1co11omic/1e•10(:iali dtlla Barili• cata, in Nuoaa .t.ntologi<l, r roarr.o 1907, non consentiva di pagare 1:1alari umani 1 e allora come 1:1i può sostenere che le rendite perdute controbilan– cino il grande afflusso di capitali determinato dall'emi– grazione? LMciamo alla logica padronale di risolvere questo enigma, e ci contentiamo d'osservare che i pro– prietari, quelli grandi almeno, dopo avere spinto i la– voratori ad emigrare, ed aver lacrimato sulla loro lontananza, fanno tuie accoglienza a quei miseri qnando ritornano, da costringerli spesso a ripassare l'Oceano. F. qui cerliamo la lJarola a nno che ne sa qualchecosa. . " I lavoratori, che tornano in Italia dopo aver rea– lizzato il sogno di accumulare un certo capitale, cer– cano d'investirlo nell'acqnisto di case e poderi ... Ma la borghesia detentrice della terra trae partito dalla fio– manda attiva, limitata per necessità di cose a certe zone di terreni 1 e li sopravaluta i'n modo enorme. Quello che vale due e rende per due, si \·ende per cinque. E' una nuova_ u.'lura, c_heetfettua un drenaggio di capit.ah 1 da coloro 1 quah h hanno guadagnati con tanti ~tenti, alla classe inoperosa e improduttiva. E' una forma di r~azione con cui la borghesia, danneggiata dall'emigra– z1one, ha cercato di rivalersi su di essa: allo stesso modo come ha cercato·e cerca di rivalersi con lo sfrut– tamento degli emigranti prima dtilla partenza. Natu- ~1~1~!~1:1~~ ilri~c~~vl:r~miji~ff~i?ei ~'lP!\~~i io g~\c: 1 ~~g~~~ 1 1~ terra comperata. E, poichè essi in generale non si adat– tano più al lavoro :mlariato, sono costretti a ritornare in America. Alle volte rimpatriano ancora con 1tltro denaro, ma trovano nuowi in:-1idie e nuovi atteutati; e .<,onocostretti n riprendere di nuovo la via dell't,silio; e questa volta per sempre. E così la nazione finisce col perdere definitivamente valide energie di lavoro, temprate alle prove più difficili e che si erano dimo– strate capaci di migliorare e progredire. ,, Cosi Viatm· nella Critica Sociale dell'anno scorso ( 1 ): e non altrimenti, pure nella Critica deH'anno avanti, uno studioso di altissimo ingegno, il Salvèmini, il quale, dopo aver riconosciuto che l'Italia meridionnle d'oggi non è più quella. di quindici anni fa, perchè l'emigra– zione ne ha sconvolto da cima a rondo tutti i rapporti economici, e i contadini non sono più come prima mi· serabili ed affamati, meutre "ogni giorno più misera– bile diventa la piccola borghesia parassita ed oziosa, che scrive sui giornali, e piange sulle miserie proprie, credendole in buona fede miserie di tutta l'Italia me– ridionale 11 , concludeva: " Queste nuove forze economiche, però, si trovano inceppate da tutte le parti dalPattuale organizzazione amministrativa. e politica dell'Italia. Il contadino, dopo aver pagati i debiti, dopo es~ersi costruita una ca- 1:1et"ta1 cerca di possedere della terra. E compra, a prezzi favolosi, piccoli pezzi di terra dai latifondisti cl1e se ne stanno tranquilli ad aspettare la preda. Ma, privo di istruzione tecnica, abbandonato in paesi senza via– bilità, escluso pel nostro sistema doganale dai grandi mercati, soffocato dal sistema tributario, non tanto grave per i pesi assoluti che impone, quanto rovinoso per la iniqua distribuzione di questi pesi, il nuovo piccolo proprietario, dopo alcuni anni, non può più sopportare il peso della proprietà; ricomincia a indebit1H8i, si ro– vina, rivende al latifondista per il decimo del prezzo d 1 acquisto la terra oramai coltivata; ritorna in America a lavorare, e ricomincia da capo. Il nosfro si,·t.-ma te– gnle, insomma, è tale che tutti i 1·ispanni, che i conta– dini fanno in Ame,·ica, vanno tutti a fini1•e ·nelle tosche dei g,·andi prop1·ielari, che vendono te te,Te incolle a p,·ezzi a1tissimi 1 e le 1·icomprano a p1·ezzi bassissimi, dopo pochi anni, coltivate, guadagnando le diflèl'enze f1·a i due prez::i e fra la rendila antica e la nuova.,, r). (I) VuT011;: L'<'mign1:io"11 d<'I Mt:iogior,io ptr k Americli11 e gli i"– lenmi del prol«iariofo, in Critica Socia/11, 1909. ~- 6-0. (1J O. S.u.vt1.11111: Suffrogio 1mi~rHl<1, qm,slio1111 1Uo!l"idiot111f<' 11 ,·i– for1itiSm<1, in Crilica Socia/11, 16 ott.obre 1908, n. 20. (E,trlltto Anche in opuscolo dell11, K Biblioteca della Oritica • : cent. 25).

RkJQdWJsaXNoZXIy