Critica Sociale - Anno XIX - n. 11 - 1 giugno 1909

CRl'rICA SOCIALE 163 Di tante discipline e pseudo scienze - quali obbliga– torie e quali facoltative - che oggi opprimono la infe– lice classe dei maestri, nessun dubbio che la nuova sarà una delle poche utili, mirando non ad infarcire la mente di discenti e discepoli di una erudizione posticcia ed accademica, ma a dare una parte - e non la lllono importante - di quelle nozioni che possono veramente servire di guida nella vita viesuta del nostro popolo tribolato. lo verità, in questi ultimi tempi - per merito sopra– tutto del miniutro Orlando, che alla :Minerva dispiegò gli stesei sentimenti e criteri moderni dl cui ba dato qualche prova anche a Palazzo Firenze - i programmi delle scuole elementari sono stati abbastanza svecchiati, per farne qualcosa di meno burocraticamente rigido ed uniforme e di più rispondente ai vari biì!Ogni delle no– stre popolazioni; vari da regione a regione, da paese a paese, anzi 1 diremo meglio, da zona a zona, tal che non può dnrf!i la stessa istruzione al ragazzo dì città e a quello di campagna, al piccolo montanaro dalla mente circoscritta come l'orizzonte delle sue vallate, e al ran. ciullo nato e cresciuto in faccia alla radiosa immensità del mare. Ma i nuovi programmi, che pur prescrivono, nelle classi alte, l'insegnamento delle nozioni sull'amministra• zione della giustizia, sulle principali sanzioni penali, sulle obbligazioni civili e commerciali, sulla legislazione del lavoro, sulle istituzioni di mutualità e di previ– denza, ecc., ecc. contengono una grave lacuna, per chi almeno ami considerare la vita sociale nel suo reale fondamento; non contemplando essi alcuna nozione, sia pure elementarissima, che riguardi le scienze econo– miche. È imposta, sì, nelle cla~si Y e VI delle scuole femminili, l'Economia domestica, ma l'averla spogliata di qualdiasi principio teorico (vade ntro, Satana!) e l'averla limitata al se.iSO debole, dimostra chiaramente come quella disciplina addomesticata debba esser tutto ftlorchè scienza ed economia. Ora, qual ò la ragione di questo ostracismo? La ra• gione è presto detta. L'Economia non gode oggi - nè sappiamo 1 salva la prima metà. <lello scorso lìecolo, se abbia mai goduto - lo universali simpatie. 'l'roppo facilona o farraginosa un tempo - come l'odierna so– ciologia - era ritenuta allora una vacua esercitazione accademica; molto rigbla ed austera oggi, è sfuggita dai più corno una scienza astrusa. Ma questo non spiega tutto, anzi, a vero dire, spiega poco. Non mancano le scienze vacue e quelle arduo (mettiamo tra le prime, a mo' <l'esempio, la fllosofla· impartita nei licei, tra le se• conde l'algebra e l'astronomia) che hanno pieno diritto di cittadinanza nelle nostre scuole. l\fa l'ostracismo dato all'Economia ha un'altra profondissima ragione. L'Economia - come voi ben sapete - ha il pecmlto d'origine d'essere una scienza sociale, ma senza quegli adattamenti, senza quei possibilismi, senza quella casi– stica1 che caratterizzano le altre scienze sociali. Pren– dete l'etica o il diritto: -dove trovare discipline più adat• tabili e più servizievoli? Esse sono mere flCienze meso– logiche. Prodotto dell'ambiente, si modificano costante– mente coll'e,·oluzione dell'ambiente, tal cbe dalla schia– vitù alla servitù della gleba, dal disconoscimento cPogni diritto nella classe operaia alla moderna legislazione sul lavoro, tutto, in pratica o iu teoria) secondo i temtli ed i luoghi, hanno sempre giustificato ed ammesso. L'Economia, invece, no. Essa tende sempre più a di• venire una scienza pura, matematica, che fissa leggi eterne, meccaniche, d'equilibrio, all'infuori delle umane passioni o degli umani pregiudizt Fu un tempo, è vero, in cui si avevano tante scuoio economiche quante sono le varie tendenze politiche o i vart partiti che le im• personano; co~icchè, di fronte al libero scambio puro 1 si accampava - e non solo nella pratica, ma anche nella teorica - il protezionismo; di fronte al capita– lismo, come scienza degli interessi borghesi, sorgeva, armata delle suo feroci critiche e delle sue profezie apocalittiche, PEconomia socialista, con tutta una flglio– lan~a più o meno legittima di socialismi cattedrali, sta– toli, cristiani, e via dicendo. Oggi no; oggi Fl~conomia ba abbandonato, o almeno tende sempre più ad abbandonare agli avvocati e ai dilettanti della scienza certe artificiose distinzioni, af– fermando sdegnosamente - citiamo la tipica frase dì Pdntalconi - che di Scuole economiche non ce ne sono che due: quella cli coloro che sanno l'Economia e quella di coloro che non la sanno. Ma, ritirata nella sua tu,rris ebuniea, essa non poteva non perdere qualdlasi popolarità e gaadagnare viceversa. le acri antipatie di coloro che non concepiscono la scienza. -- e specialmente una scienza sociale - come fine a se stessa, ma come mezzo per la giustificazione <lolle proprie aspirazioni e <lei propri Interessi. E tanto più le antipatie e l'impopolarità dovevano crescere, dal momento che i principi, pazientemente ronda.ti ed illu– strati dagli studiosi della ricchezza nei loro tranquilli laboratori, sono in pieno contra.sto con le più turbinose o rumorose forze che, fuori, nel mondo, oggi della ric– chezza si disputano ciecamente il dominio. Qual olimpico disprezzo non debbono avere per la plutologia, come era chiamata un tempo, i capitalisti, gli intrapreuditori, glì speculatori dell'universo intero, i q1..1ali, in barba alte più elementari e sicure legg! ri– portate o illustrate nei più modesti trattati, vogliono ricondurre la produzione e il commercio a ritroso, dal campo internazionale a quello nazionale, sostenendo -– e qui sta il bello! - che a ciò sono indotti, non dal loro vilissimo e immediato tornaconto, ma dal loro in– commensural>lle spirito patriottico? g con quale sorriso di compassione non debbono ascoltare le esortazioni della scienza quei signori rivo– luzionari, che vanno illudendo il popolo lavoratore esser egli o poter divenire sin d'ora l'unico signore e l'unico arbitro nel campo della produzione? Le serene critiche dei competenti giungono bene sgradito agli orecchi di cotali fanatici, assuefatti agli applausi entusiasti delle folle ubriacate dalle loro reboanti parole, e se - come osservava ai suoi giorni Francesco Ferrara - il despota transige col demagogo, ma non perdona all'economista, noi, rovesciando la frase, possiamo ben affermare cbo oggi il demagogo transige magari coi despoti, ma non perdona agli economisti. Con ciò non è detto che la scienza - com'è fatale - non vada prend1mdo te sue allegre vendette. Dei danni, cbo il sindacalismo borghese (vulgo protezionismo) pro– duce alla lunga a so medesimo, non ci interessa ora di– scorrere. Mette conto invece di ricordare, se non altro di volo, le principali disillusioni a eui è condannata la classe lavoratrice dal protezionismo operaio (vulgo sin– dacalismo) e, in generale, dnl disprezzo o dall'ignoranza delle fondamentali regole economiche. Dimostra l'Economia - nè i sinclacalisti, eh.=,noi sap• piamo, Lo banno smentito - che una maggiore egua– glianza fro. le varie classi sociali e un rialio nel livello minimo delle fortune uon può esser dato se non da un aumento genei:ale della ricchezza. Citiamo testualmente

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