Critica Sociale - Anno XVI - n. 23 - 1 dicembre 1906

360 CRITICASOCIALE posiziono economica e sociale privilegiata. È questa in– sufficienza che spiega il ~uccedersi dei vari centri cli ci– viltà imperiale e, nel loro seno, il formarsi 1 in una data classe, d'un lipo superiore di vita, che forma l'Ideale del tempo. Ed è solo col prevalere, da circa un secolo e mezzo, della produzione sul commercio, ò solo con la incontestata superiorità delle forze pro1uttive o la loro crescente adequazione al consumo, che la conquista di nuovi mercati diviene sempre ph'.1 J>Ossibilesenza guerre e invece per mezzo di prodotti; e che la crescente ef– ficienza del processo produttivo consente una crescente opzione ed elevazione del lavoratore, che ne ranno una forza politica e sociale sicuramente avviata alla elimi– nazione di parassitismi, che hanno cassato di essere utili superstrutture protettive della civiltà 0\'Ol\'entesi. Tale la catena di processi, di cui l'economia comunale ò un anello cos\ importante. Noi non possiamo seguire, per brevità, il nostro au– tore nella dilucidazione realistica dell'influenza della economia medievale sul diritto ecclesiastico, sul diritto penale e commerciale, ecc. Nè possiamo soffermarci sui paragrafi, torse un po' \'aghi ed eccessivamente sintetici, sullo cause economiche della Riforma e dell'Umanesimo, espressione la prima della rottura dei paesi nordici, eco– nomicamente in risveglio, con il sistema economico del• l'alto medio evo agrario consacrato dal diritto canonico ; ed il secondo, epressione del dissolversi dell'economia capitalistica fiorentina ed italiana o della ripresa della economia fondiaria, approdante politicamente al Cesa– rismo, con l'eccesso fatale del capitale improduttivo da una parte, e dall'altra una popolazione che a\'eva im– parato a dispregiare 11 lavoro e ad attendere tutto dall'alto. Ma 1 del pari, non possiamo trascurare il compendio che l'Arlas cl dà della sua bella trattazione, in cui si coor– dinano I risultati degli studi più recenti, e l'economia comunale ha assegnato il suo posto nella storia razio– nale dell'evoluzione economica. In questo compendio, esaminato le soluzioni che del problema del Comune diedero il Dilcher, il Loria, il Marx, l'Arias pa9sa alla sua. Per lui il fulcro dell'evo– luzione sociale sta nel progressivo mutarsi dolle energie produttive in ordine armonico o successivo, per intrin– seca virtù, con a base la produttività della terra e la possibilità di mantenimento cho es.sa presenta. Così lo sfruttamento della terra, esercitato a larga base in noma, genera il particolarismo agrario dell'alto medio evo e del feudalismo che ne ò l'espressione politica e giuri– dica; ed a sua volta il reudalesimo agrario genera, per evoluzione intrinseca, il feudalesimo commercialo ed ur– bano ciel basso medio evo a base di ricchezza mobi– liare; e da questo, ove si verificano le condizioni favo– revoli, per evoluzione pure intrinseca, si passa all'eco– nomia nazionale mercantilistica nei grandi Stati monar– chici con cui s'apre l'e\'o moderno. Nella dilucidazione di questo suo modo di vedere, l'au– tore ci tiene a differenziarsi dalle scuole materialiste del Marx e del Loria. Per lui le istituzioni politiche e so– ciali non sooo semplici e vaghi riflessi della costituzione economica, ma organi reali e J)Ossenti di tutela e di sviluppo delle energie produttl"o, effetti e cause del processo generale profondo. Assurda è, dal suo punto di vista, la pretesa del marxismo, che con la socializza– zione dei me.,,zi di produzione cesserà d'esistere ogni legge storica perchè gli uomini faranno da sè la storia (Engels), unici creatori della medesima; ciò suppone la perretta onniscenza della realtà. cosmica, e approda alla divinizzazione dell'uomo. J I vero ò che, ad ogni momento della sua storia fati• cose, l'uomo si troverà. a lottare contro i limiti che la sua conoscenza pone all'applicazione di più potenti energie produttive; si troverà a lottare contro questi limiti per superarli i e questa efficienza produttiva governerìl. sempre in ultima istanza i rapporti mutevoli tra. le classi e il grado di autonomia di ciascuna. 11 naturalismo storico, chè cosi I' Ariu chiama il suo sistema, temper:i corto i bollori rivoluzionart, in quanto non può diM, come coloro che credevano di poter sovrap• porre l'uomo alla natura: " pugna.te II alle classi or su• bordi nate; ma può dire e dice: " inspirate le vostre azioni allo studio consape,·ole delle momentanee neces– sità. che la vita v'Impone e mai non discostatevene. Im– parate e non dimenticate che l'antagonismo che vi se• para. è più apparento che reale. Vi è ad ogni nuova fase di lotta qualche di cosa superiore e di recondito ch& vi accomuna, e voi dovete, volta per volta, per regolare efficacemente l'opera vostra, scoprirlo e conoscerlo w Ed è così, con un sentimento di calma fiducia nell'av– venire, che si chiude questo pensoso volume, per cui si radica e approfondisce in noi la convinzione che ogni permanente passo verso la civiltà. superiore si compie non con la sterile lotta demolitrice e condannalrice del presente tutto quanto, ma con una diligente selezione e sintesi di esperie11zo 1 che risolve in una superiore ar– monia I presenti contrasti. A. CRESPI, DAZIO SUL GRANO EIMPOSTA FONDIA NEL LA'l'IFONDOSICILIANO Il dazio sul grano estero. - Non vuolsi qui ripetere quanto si è detto pro e contro il dazio sul grano estero, ma solo rilevarP la triste influenza da esso esercitata a favore ciel barbarico lati– fondismo. Alla ragione umana, di non rincarire a favore monopolistico di pochi possessori delle ro'rze produttive, il prezzo di quel pane quotidiano che il buon Gesìl invitò a domandare nella pregÌ1iera _a J)io padre, si aggiunge per la Sicilia la ragione sociale di non premiare il mostro, che succhia e avvizzisce tutta la vita dell'Isola. li1ra gli argomenti portati a favore del dazio s~l grano estero quando se ne discuteva nel 1894, c1 fu quello che esso avrebbe evitato la disoccupa– zione e la emigrazione, e che era preferibile un pane più caro, che si potesse comprare anzichè l'opposto. La falsità dell'argomento, qua11tu1;que fosse rilevata allora dai liberisti, ora è provata dai risul– tnti, completamente diversi da quelli fatti sperare dai protezionisti. Si faceva allora sperare che il dazio avrebbe elevato la produzione e liberato la nazione dall'enorme tributo pagato all'estero con l'importazione dei grani. L'Italia, con quel dazio, venne sottoposta a un brutto dilemma: se la previsione si avvornvu, lo Stato avrebbe perduto una delle sue maggiori en– trate e compromesso il bilancio pubblico· non avve– randosi, si è seguitato a pagare un eno;me tributo all'estero, un altro allo Stato ed uno ben nrn.ggiore in premio dell'ozio latifondista, tutto sul prezzo del pano popolare. . È a_v,·enuto quel che infallibilmente si sapc,·a, che 1I dazio sul grano estero, anzichè di stimolo ad una più intensiva produzione, è servito a premiare l'as– senteismo e a tenere sempre lontani i capitali <lai miglioramento dei terreni ahbandonati nello stato di primitiYa selvatichezza. Era naturale: il dazio fa

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