Critica Sociale - Anno XVI - n. 23 - 1 dicembre 1906

CRITICASOCIALE 355 gran numero. Ma la nazione, per avviarsi a questo, si serve delPorgano che ha: questo organo è lo Stato. Un organo industrialmente troppo ancora imporfetto ed impreparato: organo politico e poliziesco che mal s'adatta d'improvviso a una funzione industriale tanto complessa. Pure converrà vi si adatti. Convien essere dei per– fetti sognatori, dei dottrinari ad oltranza, per con– cepire che si possa tornare ai vecchi regimi. Farne– tica chi sospetta, nelle presenti difficoltà, l'influenza della mano nera di interessi sepolti. Alla Camera sarit certo un rimbalzarsi di responsabilità, e, perchè tutti errarono più o 1110110 1 tutti avranno torto e tutti ragione. In realtà lo Stato deve fare la sua educa• zione industriale. A prezzo di quanti fallimenti e di quanti dissesti e di quante resipiscenze fiorirono le imprese private nel campo industriale? Lo Stato, che no11 può fallire, de,,e battere la medesima via. Può soltanto, erede delle esperienze passate, dispn– nendo di massimi mezzi, percorrerla più presto, ri– capitolare anche gli errori. E nello Stato industriale noi vedremo riapparire tutte le questioni politiche, che oggi sembrano ban– dito. Riappariranno, non più campate in aria, nella sfora dei principì 1 ma saldate strettamente agli in– teressi concreti. Oggi il lato tecnico prevale, perchè un grande organismo deve innanzi tutto esistere e funzionare. Ma dal fenomeno economico si sprigio– neranno ben presto il fenomeno giuridico ed il fe• nomeno politico, che sono la coscienza collettiva ad esso applicata. 1'utti gli interessi in contrasto; tutte le diverse vedute, auspicanti a indirizzi diversi e entranti in collisione, creeranno il nuovo diritto e la nuova politica specializzata, la politica e il diritto dello Stato futuro - nou di quello degli utopisti che attendono un qualsiasi millennio - ma di quello che già si svolge sotto i nostri occhi. . * ·> Conviene affrettare quest'opera agevolando i tra– passi. Noi pensiamo che due punti siano ancora troppo trascurati: la competenza dei corpi deliberanti e la cooperazione del personale. È sopratutto sotto questi due aspetti che lo Stato odierno appare disadatto alle sue nuove funzioni. Noi abbiamo un Pal'iamento " generico n· [ deputati e i senatori sono degli enciclopedici, quando non sono anche meno di questo. Finchè la politica era anch'essa qualcosa di generico, che si esauriva nei problemi della libertà, della onesta amministra– xione, ecc., si capiva che le cose bene o male cam– minassero a dispetto della incompetenza dei parla• mentari. Oggi il caso è diverso, e diventa sempre più dh'erso ad ogni giorno che passa. Quanto più le funzioni dello Stato si fanno complesse, e l'indu– stria invade la pubblica amministrazione, tanto più i bilanci dello Stato coprono sotto ogni capitolo un contenuto, di cui l'intitolazione del capitolo e la nuda cifra dell'appostazione per se stessi non rive– lano nulla [I bilancio diventa un enigma nella sua massima parte e per la massima parte di coloro che dovrebbero esercitarvi il controllo. Quel che si dice dei deputati e senatori può ripetersi quasi sempre dei ministri, coi:itretti perciò al funambolismo avvo– catesco nelle discussioni, e schiavi, nella pratica, della loro burocrazia. Per noi non è dubbio che l'evoluzione dello Stato appresterà i rimedf necessari a questo massimo guaio. Giorno verrà che uua specializzazione di funzioni, a base di competenza riconosciuta, si imporrà anche pei corpi deliberanti che reggono lo Stato. Ma fin d'ora è possibile attenuare questo male, con oppor– tune relazioni periodiche 1 che, ad illustrazione dei bilanci, do"1'ebbero venir pubblicate dai vari dicasteri, anzi dai varì Direttori ~lei servizi, fatti così non solo respommbili, ma critiCi dei serviz.t medesimi, e vigili suggeritori d'ogni riforma necessaria. Quanto più l'amministrazione dello Stato diverrà trasparente in tutti i suoi meandri agli occhi di chi è delegato a controllarla, tanto più la politica diverrà sincera e sostanziosa, la disputa correrà rasente alle cose, le fazioni cesseranno di dominare. Ciò suppone per altrn che l'Amministrazione stessa diventi più snodata nelle sue membra, che alla fit– tizia responsabilità µolitica dei :Ministri omnibus si aggiunga - e ne diverrebbe essa stessa più effet– tiva - la responsabilità palese e specifica dei loro più immediati collaboratori. Il Ministro dev'essere il Direttore dei suoi Direttori genera.li : ma non può, se non fittiziamente, coprire ed assorbire in sè tutte le responsabilità ad essi spettanti. E ciò ne conduce all'altro punto sostanziale: la cooperazione del per– aonAle esecutivo. .Ma di questo - che è tema assai vasto - gioverà fare oggetto di un articolo speciale. LA. CRITICA. SOCIALE, ANCORA L QUESTIONE MILITARE Per un opuscolo e per le d-forme. Quando scrissi che il generale Viganò non è uomo onde potersi aspettare qualche vera e utile riforma, fui facilmente profeta. Proprio allora era in corso di stampa un opuscolo, che il Ministro volle poi distribuire largamente all'esercito e nel quale, evidentemente per commissione dell'alto Superiore 1 un ufficiale - dicono dello Stato maggiore - ha trattato dell' "Eterna questione dei subalterni n· Vopuscolo 1 nella sua pomposa vacuità, è poca cosa e si occupa più di attaccare un giornale mili– tare poco in odore di santità, che non di studiare i mali onde soffre Pesercito e i rimedi dei quali ha bisogno. Ma per noi ha uno specialissimo valore perchè mostra a luce meridiana che il Ministro della guerra e i pezzi grossi dello Stato maggiore non si sono ancora resi conto delle condjzioni vere del– l'esercito e del grande pericolo che si asconde nella crisi presente e non sono perciò in grado di prov– vedere all'avvenire. Il Ministro si preoccupa della " questione dei su– balterni n, unicamente, come se in quella e nei cannoni dell'artiglieria stesse tutto il grosso del problema militare; un problema da risolvere con una manata .... di milioni! E fi\ dire dal suo porta– voce che ha ragione il colonnello Barone quando concentra tutta la questione odierna degli ufficiali sugli assegni: senza pensare che questa cosa è logica come la dice il Barone ed è uno sproposito come la ripete il .Ministro 1 o chi per esso: perchè il Barone non l'ha detta nel senso assoluto che le hanno dato al :Ministero, ma in relazione all'altro concetto, da lui pu1·e affermato, che " PAmministrazione militare è stretta dalla sproporzione permanente, cronica, che vi è tra bilancio ordinario e mole dell 1 ordinamento n· Che cioè, se non si può - come difatti non si può - accrescere il bilancio ordinario, bisogna ridurre la mole - sfrondarla, come dice precisamente il Barone - il quale sottintende, evidentemente, l'ine– vitabilità di un buon rimpasto dei quadri e per con– seguenza anche di una trasformazione delle carriere. Ma non bisogna esser troppo esigenti, in fatto di logica, con quel povero opm1colo semi-ministeriale. Basti dire che, a un cedo punto, riconoscendo giusto ciò che dice il 'Barone, che cioè la gran questione si impernia tutta sugli assegni, accetta senza riserve le verità da lui enunciate, e con qualche leggera riserva sulla forma. e sulla misura le proposte da lui

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