Critica Sociale - Anno XV - n. 17 - 1 settembre 1905

CRITICA SOCIALE 263 plebi, forse? La Sicilin, lasciata a sè, notnva giusta– mente il Konnino, trovcrchbo il rimedio. )ra la Si– cilia, ahhnndonata n sè stessa, che compie la sua rivoluzione in faccia nll'ltalia, la quale sta, C'oll'arme nl piede, a guardarla, è un sogno dello ' 1 ·Milio e una notti ,,. }~ allora dovremo attendere la i:iun piena maturità democratica? Altro sogno, anche questo. Dove è una plebe serv11,e una ristretta casta che si è accnpnrrata il potere, la vita democratica è 1111 mito. Vi saranno nelle campag-no 1-{l'llf)pi f'ami– glial'i in lotta, ma non vi potranno essere competi– ;doni politiche di partiti e tanto meno di clussi. Il problema meridionale non può es~oro risolto che dallo forze democrntichc dell'ltalia non meri– dionale. Esso si presonhl quindi con la noccssifa di un intervento dello Stato, conquistato dalle forze clcmocratichc e fog~iato a strumento di rinnovazione del :Mezzogiorno. Quella credenza un po' mistica nella virtt1 miraco– losa dello Stato, che noi settcnLl'ionali abbiamo sposso ,·olto rimproverato ai nostri amici del Sud, non è in fondo che il presentimento di quc~ra nc– ccssifa ineluttabile. Donde il dovere nostro, il dovere della democrazia, di non tradire lo speranze del Mezzogiorno, di non assolvere il nostro debito verso cli esso col solo e stcl'ile compic,nto per le sue vit– time frequenti. JlUl'troppo, fino ad ora, noi abbiamo sentito assai cleholmente questo nostro imperioso dovere. r cosi– eletti riformisti, attralli dai bisogni urgenti del pro– letariato industriale, entro cui hanno costrutti i loro nuclei 1>H1vigorosi, hanno speso la loro attività nella richiesta, non sempre fortunata, di una legi– slazione operaia che, con la protezione della donna e del funciullo 1 con le mngistrature 1.uhitroli 1 con il contratto cli lavoro, con il riposo settimanale, rinvi· gol'isca, per la sua lottn, ht l'lasse Javorntrice. T se• dicenti rivoluzionari, clei;iclerosi di galvanizzare la combattività politica dei Circoli troppo anemici per l'assenza cli un \'asto movimento operaio. hanno dato la caccia ai L. succhioni ,, e innalzate alla dignità di una pregiudiziale univorsa le cosidette spese impro– duttive. l1'inalmente i sindacalisti hanno, nel caos già grande delle idee e delle coso, getti,ta la loro sfìduciu. in og-ni azione po8itiYa sullo Stato e nello Stato, e attizzato in seno al socialismo o alla demo• crnzia uno di quei dissidi che arrestano e paralizzano quando non isteriliscono del tutto. Così tutte le voci, ora blande ed orn tragiche-, che ci vennero dal l[ezzo1,tiorno, non furono mai suffi– cienti a richiamare l\,ttenzione del socialismo con· tinontale e della democrazia, e a strn.p1it11· loro una affermazione che fosse qualcosa più cli una. vaga promessa. Jnrnno quei poYeri contadini, che. nel mattino del 20 g-ennnio 1893 1 tornando clalPaver lavorntc lieta– mente le terre demaniali di Caltavuturo, s'ebbero piomho invece di giustizia, ci ricord!lrono che la questione delle terre demaniali cte,·e cs'§cre final– mente risolta. Dopo ~li studf e le proposto, che su questa Rivista pubblicò Pasquale Ui F'ratta, nessuno nel nostro partito rn,ò riprendere la questionc 1 pro– porne unn soluzione pmtica e agitarla nel paese. Nel 18!).1 1 a Scrradifolco, ad Alcamo, a Casale l•'loresta, a Giardinello, a Lercara, a l'ictrnperzia, a Oibcllina, a S. Caterina \'illarmosa, il ~rido <·olquale lo folle mo~sero minacciose contro il J\luniripio, o \'i incontrarono la morto, fu: abbasso le fcisse/ Anche og-i,;i,quanclo le prime notizie dell'eccidio di Gran– michele parhwnuo di un'insurrezione contro il )fu– nicipio1 il primo pensiero di tutti i commentatori fu cli sup1>orre che la sollevazione avesse origine dal– l'applicazione del fuocatico. Ebbene, ancom oggi, se il dazio sui farinac_ei venne finalmente aholito, la Sicilia è ancora la regione che ha il mn~gior nu- moro cli Comuni chiusi. Quanto al fuocatico e allo altre imposto locali, applirate nel Mezzogiorno come un tcstntico odioi:-0 1 110Rinrno pensa 1 nò il Ooverno - r la cosa è s1>iC'g1.lhile - nè la dcmocrnzia - e questo è peggio - a proporre una legge speciale per le regioni meridionali, che provveda ad abolirle. Quanto scandalo non proclm1se nell'ltaliil settcn• trionale l'adunanza dogli agrari siciliani alhl sala Httj!onn! Quel grido cli af}()litelal che proruppe una– nime da tutte le bocche alla constatazione delle !:!pesr comunali pet· 11isLruzione elemenbtre, servl alle indignazioni a freddo della nostra gente ben pen– Sfrnto. J,:ppure ancora oggi l'idea di una grande lotta contro l'analfabetismo rispunta soltanto nei primi propositi dei ministri novellini clcll'istruzionc, e non trova nè appoggi validi nè volontà risolute nei par• titi della democrazia. I~ il latifondo'~ Due volte, con duo criteri di,•ersi e con indirizzi cho 110n sono certo qurlli del socia– lis11101 la questione dC'll'agricoltura meridionale ,·enne alfu1•riatn in forma concreta. La prima volta tentò riimlverla Francesco Crispi nel 1894, ma il suo di– segno cli legge per l'enfiteusi dei beni degli enti mo· rali e per i miglioramenti dei latifondi dei privati nelle pro\'incie sic-iliane naufragò ne,rli Uffici. La seconrla volta 1 e piì.1di recente, si provò il Sonnino col suo disegno per lo sgravio a metlt dell'imposta fondioria e l'adozione cli nuovi contratti agrari. Ma non ohho miglior fortuna. Il suo disegno riposa nel– l'onorata sepoltura degli archivi e i 1>atti agrari attendono le laboriose conclusioni d'infìnite Com· mhssioni di studio. Ora, in cotesta questione, che è forse la maggiore che i11comba.sull'Italia nuova, han no sapu to mani– festare una loro ferma volontà il socin.li~ mo e la democrazia? E l'hanno forse oggi, questa YOlontà 1 men trn il pericolo è alle porte coi sassi':' . • * Quando si pensi alle audaci riforme inglesi in ll'lancla, dove pure la rh•oluzione borghese era pas· sata abolendo il diritto feudale mt\ lasciando intatto il contenuto economico dell'antica struttura medioe– vale, e sopratutto si ricordino i vasti piani di Olnd• stono, ancora più audaci della recente l'iforrrnt com– piutn, non si può non lamentare la noncuranza dei partiti democratici 1>er questi gran<li prohlemi 1 nei quali potrebbero esercitare utilmente lll loro attività e roi quali potrebbero raccogliere adesioni insperate. Però ~iova ora credere che il luguhre richiamo cli Granmichcle dimostri it tutti 1 alle chlssi dirigenti come alla democrazia, la Yacuità e il chinno di questi anni cli inerzia. ~j giova sperare che In. democrazia senta finalmente h\ pro1>ritlresponsabilità o prO\'veda per l'an·enire. Certo, il :\lezzogiorno non può attendere la propria redenzione nel giro di pochi anni, nè per virtù dei vecchi e logori partiti che giuocano, nei corridoi di Montecitorio, sulla vecchia scacchier" dolPintrigo, un portafoglio o un sottosegretariato. Ma, a.ppunto per questo, la democrazia non deve preoccuparsi di 11clnttare le sue soluzioni all'esiguità dC'II0 sue forze attu111i 1 o assottigli1lrC le sue propoi:ìte fino a farlo pas~arc per le crune ministeriali. Intorno alle sue t1oluiioni, francamente democratiche ed audacemente rinnovlltrici, essa potrà raggruppare quante forze giovani, vive, :ra,rliardo progressive sono oggi, e piil saranno domani, in rtnlin.. Dopo la proclamazione della repuhhlica in Frr.ncia, nC'lltl gara \'iolc11tt1 dei partiti, Thierl!3 disse, e fu paro\11 profetica 1 che la l<'rnncia sarchho stah1 del più sa~1:do. Oggi noi credituno che nel nostro paese, fm tanto desiderio di rinnovazione, si po:,sa dire che l'Italia sarà del più auditce, Vabbia que::ihL ourlacia il socialismo) l'ahbia la

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