Critica Sociale - Anno XV - n. 4 - 16 febbraio 1905

CRITICASOCIALE 51 fizi immediati che può recare al lavoratore, quanto per 1a condizione monile, di Jibero contraente, i'ri cui Jo pone, sempre presente, sempre vigile, abilitato, con perfetta giustizia obiettiva, alla conquista di tutti i benefizi compatibili colle sue energie economiche, politiche, intellettive, tecniche e morali e colle con• dizioni dell'industria cui appartiene. Man mano che queste condizioni si elevano e che quelle energie si intensificano anche per suo fatto, esso procede di miglioramento in miglioramento, di conquista in conquista, fino al giorno - che nessun miracolo può anticipare, ma che per tal guisa non subirà alcun ritardo - in cui non solo tutti i parassitismi, mano mano assottigliati, saranno tolti di mezzo, ma in cui anche i prelevamenti dei profitti coonestati da)la cosidetta funzione direttiva potranno essere in mille modi e forme riassorbiti dalla massa lavoratrice, capace di dirigersi da sè stessa 1 in virtù dell'intima sua organizzazione e divisione del lavoro, sostituente la direzione tecnica elettiva al dispotismo padronale. Nel che, in fondo, è non solo un avviamento al so– cialismo1 ma è lo stesso socialismo in cammino; quel socialismo il cui avvento istantaneo, per virtù cli miracolosa predicazio11e o di cozzi subitanei, non è che una burla colossale. Anche, per questa via si svolge e perfeziona la lotta di classe vera e propria, nella sua forma più integrale, giusta la legge economica del minimo mezzo; lotta di conquiste assidue e di intese pro– gressive, lotta e collaborazione perennemente alter– nantisi, come alterna, nei singoli momenti 1 fra le classi sociali, è la vece degli interessi comuni e degli interessi contrastanti. Non dunque la lotta di classe scapigliata e romantica, senza piano e senza misura, alla quale, come ad Icaro nel volo repentino, si stac– cano le ali; questa, anch'essa, è lotta di classe, ma che mette il debole alla discrezione del forte stolta– mente provocato, è cioè lotta di classe socialista a rovescio. E il contratto collettivo risolve - esso solo - la questione dello sciopero. Questa forma di violenza collettiva, per gli utopisti della reazione come per quelli della rivoluzione, è dotata di virtù portentose e terribili: è uno spauracchio taumaturgico, contro il quale tutto è lecito a difesa, dal quale tutto si può sperare coll'offesa. Illusione madornale, come ogni fede nella violenza, in qualsiasi foggia. di violenza, illega.le o legale. In realtà lo sciopero, arme eccellente di rivcsg-lio e di educazione alla solidarietà nei primi incunaboli del movimento proletario; utile a parziali conquiste quando, eccezionalmente, il margine del profitto è cospicuo e finchè la classe imprenditrice è impreparata a difesa, nè la presidia lo Stato; perde ben presto ogni efficacia cli conquista seria e dura– tura e, urtando nel macigno incrollabile delle leggi economiche e nella resistenza soverchiante del potere politico, monopolizzato ancora dalle classi abbienti, si ritorce bene spesso contro chi la impugna. Allora anche i beuefizì, che lo sciopero procaccia qualche volta coll'imboscata e col ricatto, vengono bentosto elisi e ritolti. E nel campo dei servizi pubblici esso trova il terreno di pilt certe sconfitte, avendo per nemico immediato il pubblico - senza il cui favore non si vincono battaglie ~COL1omiche1 o non sono vittorie allegre. :Ma lo sciopero, se è impotente a edificare - e qui è l'errore dei rivoluzionari - è però formida• bile nel perturbare e distruggere; Jo sperpero di forze ch'esso può prorlurre è immenso e irreparabile; e qui è viceversa l'illusione dei reazionari, che pre– sumono di impedirlo opponendo violenza a violenza.. Costoro imagiuano il mondo qual era ai tempi del disperso artigianato; non veggono che, la concen– trazione industrinJe ponendo le parti più essenziali dell'organismo produttivo in mano dei lavoratori, che non si possono 1 quando siano compatti, nè so– stituire nè sopprimere - che non sanno ancora dil'igere ed imporsi, ma sanno ricusarsi ad obbedire - nulla può contro i grandi scioperi l'intimidazione della leg•~P nò la forza delle baionette - che del resto so popolo R.nch'esse e diventano ogni giorno piit un lJflI dnminatori. Questa nuo,•a forza distrul •l·1• J'e\ oluz ...,eeconomica ha partorito 1 non r I rh,lll{L!I e '"l'Sa a beneficio di una. clas~ I ~,;,;,•rr i1w beneficio di tutte. Q..... menrn eF<t:ic nel contratto colletti v1.1, 1,, 11,11 sciopero spende, senzt,. ri-:-e,,rutt, ~ oo- tenziale, mutamlu ·,,.f' 1,, su TI diritto elementare .... rdhil (J♦ 1 coalizzato a negare sè ste~~ 1 lav1Jro incro<;1,. le braccia viene allora, sotto ·irn dt.:l1 1 arb1trat1) obbligatorio estesa ai patti futuri, . 11ndato cnmro compenso e mercanteggiato periodican1~1.~... La praffazione 1 di cui ha le apparenze quando Ju ~ 10 · pero è scatenato in effetti - apparenza che lo svi– gorisce, eccitando contro sè le resistenze dei consu– matori - diventa, nella stipulazione del contratto di lavoro, una forza provvidenziale, genitrice di giu– stizia. Come la guerra, esso è utile in quanto possa scoppiare e non scoppii. Ttinunciata così liberamente e per determinato periodo la facoltà dello sciopero - senza danno pei lavoratori, che la scontano, nel contratto, contro correspettivo - nessun grande scio– pero è seriamente possibile, se una evidente vio– lenza non lo provochi: l'insurrezione della pubblica opinione basta a prevenirlo o a frustrarlo, senza dire di opportune cauzioni che possono aiutare l'o– nestà delle parti contraenti a mantenere gli im– pegni. Per i reazionari, come per i rivoluzionari - anime gemelle - queste non sono che utopie. Per i primi il lavoratore è un servo, col quale non si discuto; tutt'al più se ne accettano i Memoriali, scritti o parlati. Per i secondi la lotta col padrone non è concepita altrimenti che come ribellione. Lo sforzo graduale è troppo lento per essi. Accordi, impegni, arbitrati, tutte pastoie che spengono lo " spirito ri– voluzionario " delle masse. Meglio insorgere, quando si può, e buscarle sode! E poi 1 per gli uni e per gli altri, le intese sono impossibili i la ragione è una fanfaluca; lo stesso interesse beniuteso 1 la legge del minimo mezzo sono spiritose invenzioni dell'homo oeconomicus. Pure la ragione, l'interesse beninteso e la saggia applicazione della legge del minimo mezzo sono le grandi forzo della storia e le sole del progresso. Altrettanto la lotta è inevitabile e provvida, quanto la ,,iolenza - nella vita normale - è sterile o fu– nesta. La soluzione graduale - e altra non ve ne può essere - delle contese sociali si raggiunge met– tendo attorno a un tavolino poche persone intelli– genti, autorizzate e responsabili, ed obbligandole a discutere. Non solo l'itcc0rdo non è mai impossibile, ma, teoriramente almeno, è sempre impossibile che l'accordo 110n si 1·aggi.unga. Valutate la misura delle forze, delle capacità e degli interessi rispetti– vamente rappresentati, le condizioni dell'industria e le propensioni cli quel tribunale invincibile e inap– pellabile che è, nei paesi moderni, la pubblica opi– nione, vi è /ad ogni dissidio, in ogni dato luogo e momento, una soluzione matematicamente certu ed invttriitbile, la sola 1 in quel luogo e in quel mo– mento, più utile e più giusta per tutti; pei conser– vatori non ciechi che tengono all'ordine, pei rivolu– zi01rnr'ì non pazzi che si propongono il massimo incessante aumento delle energie proletarie. Non si tratta che di trovarla, ossia di volerla. trovare. Queste apodittiche idee noi anelammo procla– mando e svolgendo, a proposito del problema ferro-

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