Critica Sociale - Anno X - n. 11 - 1 giugno 1900

CRITICA SOCIALE 169 prcsuJ)pone un bisoi:rno dn. soddisfare, conviene, 11erchò si produca il moto, che il hi,oitno esista: inoltre, quando non si tratti di moti 1rnramcnte rittessi, occorre la 11er– cczione e l'apprezzamento chiaro dì quel bisogno. Quali erano i bisogni degli italiani in quell'epoca e come ernno essi appr ezza.ti? - Prescindiamo anzitutto dallo intelligenze su1>erìori che precorrono i tempi, e dello quali non ha mai scarseggiato l'Italia, ma che ben J)OCO J)OSsonoquando non i-ono comprese e material– mente sostenute dalle masse llOpolari e dalla piccola borghesia, unici e veri punti di le, 1 a nei rivolgimenti politici e sociali moderni. Occupiamoci dunque di que~tc e osserviamole a volo d'uccello nelle quattro o cinque parti costituenti la.peni,,olft italica di circa cinquant'anni addietro. Xel regno delle Due Sicilie, compremlente quasi mezza. Italia, il contrasto rra i pensatori libernli, perseguitati e imbavagliati, o la maggioranza delht popolazione, era striclente . .Xon che in mezzo a questa non seri>eggiasse il malcontento, ma. esso non da.va luogo che ad as1)ira– zioni conruse 1 a desiderii ,·aghi e incoordina.ti. L'im1)e– rante si,;tema. feudale o qua,;i feudale aYeYa abbrutito gli animi e i corpi - per servirci della vecchia frase - c il clero aiui:lva 1 come sempre, mirabilmente in questa opern, chiudendo, per quanto gli era possibile, ogni spi• raglio alla ragione. 1nflne il clima facile, il suolo fertile, benchò mal coltivato, permotteva110 a un gran numero di tirare aYanti giorno J)er giorno, tanto che a Napoli, per esempio, si poteYa senza disturbo lasciare che trenta o quaranta mila persone non sapessero la. mattina come avrebbero mangiato, o doYe a.nebbero dormito la sera. Stando cosl le cose 1 era imJ)ossibile che la massa popo– lare ave~se un concetto anche abbozzato della libertà e del modo di usarne, nonchò dei vantaggi che so ne ri– Ca\'ano. Quelle plebi non pote,·ano com))rendere che la libertà dà il mezzo al popolo di far sentire la sua Yoce e di esprimere i }JrOJ)ribisogni in forma legale, parlando, seri vcndo 1 associandosi; esse non conoscernno altro modo, per far sentire la loro voce, all'infuori di quello di ur– lare e\'entualmente per le piazze dei rimi o dei morie! ftnchò o ht goln. affiochisse o la polizi:t intenenis,;c. Tale il terreno che le !)recedenti rh'olte a.ve, ·ano la– sciato, e sul quale dove,•a alitare il soffio della rh·olu– zione del 'GO,J)ro,·eniente dal Xord; - che se qm•,;t.'\ rivoluzione attecchì e sortì, allora, buon esito, ciò si don) principalmente alla magica suggestione del gran condottiero, e, quindi, al giuochetto ca."ouriano. ~la sa-– rebbe stolto il fermarsi alle par\'enze SUJ)Crflciali,e delle ,,ere conclusioni che dohbiamo trurne diremo a suo tempo. Negli Stati pontificì aveYamo un1 tavolozza. alquanto ,·arioJ)inta 1 perchè le condizioni economiche di quelle J>OJ>Olazioni si riallacciavano da un lato, come nel Lazio e in una parte dell'Umbria e delle :Marche, a quelle dei rcgnicoli; dall'altro 1 a quelle della Toscana. e degli Stati dell'alta ltalia, come in porzione delle Marche e del– l'Umbria. e nelle Romagnc. lla condizioni s1,ecìali:-simc erano quelle della. ca pita.le. A Roma e nei dintorni, nessuna industria nel vero senso moderno della JHl.roln e poco curata. l'agricolturn; dell'Agro romano è inutile <lescri\,ere il troppo noto squallore, ripercuotentesi nelle condizioni di vita fisica ed intellettuale clegli abitanti. Roma però, ripeto 1 era una città assolutamente sui generis, nella quale gran parte della popolazione \'i\'eYa o sui forestieri o sullo Stato che, spendendo ben poco in im– J)rese d'interesse generale e a lunga. scadenza, distribuiva largamente imJ)ieghi 1 su.f:sidi, elemosine e l'-inecure, se- condo la coi1dizione sociale degli indi\•i,lui. La consue– tudine di vivere con poco laYoro e a forza. cli fa.yori e di protezioni era talmente penetrata in tutti i ceti, che le questioni ,,itali del !-ecolo ernno tenute assolutamente in dis1>regio. Per qualunciue disagio o colpo di anersa sorte, niun'altra idea illuminavn le menti, all'infuori di quella di ricorrere per aiuto o raccomandazione alla persona influente J)ii'1prossima o al 1mrroco. Della lillerh\ dai piì,, si rideva: "la libertà non si mangia,,, dicevano, bestemmiando così il diritto più sacro e piì1 utile della umanità. - Una cosa sola amareggiava. i romani, per quel senso intimo di fierezza e anche di dignitì~ che è miracolosamente sopra\'vissuto a tanti se• coli di teocrnzia; e questa era la )lresenza dei soldati stranieri, fissata.si, anche dopo la partenza. dei reggimenti francesi, negli zuavi o nei legionari cl'Antil>o. 11 20 set– tembre, fu forse lo SJ)arirc fii queste milizie che il popolo romano salutò con piì1 gioin. Del rc-;to, J)er il romano, superbo della sua città che riteneva come avente un'inF portanza speciale e mondiale su tutte le altre 1 astrnzion facendo, nel suo scetticismo, dn ogni profondità di idea religiosa, Homa non ingrandiYa nel suo concetto dive– nendo la capitale del regno d'Halia. E qui mi si lasci notnrc una YOlta.J)er tutte, che, per l'argomento da me trattato nel l)resente articolo, 11011 mi occupo della J)sico– logia generale delle varie popolazioni 1 ma soltanto dcll1nspetto sotto il quale esse, considera.te comples• sivamentc: guardavano trent'anni fa il cambiamento politico che si andava maturando. Se a noma la presenza delle milizie straniere era. un pruno nelrocchio dei cittadini, il ricordo della. occupa– zione austriaca esarcerbaYa gli animi dei toscani 1 i quali l)iì1di tutto rimproYerarnno al Oranduca. l'esser tornato mercè le nrmi tedesche e il mantenersi sempre qua.~i sotto hi tutela dell'imperatore di Viennn. Infatti, se si lascia questo da parte, il sistema politico ed economico in Toscaua si svolge\'a qua,;i sempre in modo così pa– trinrcalc, che i miti e gni sudditi di Sua .Altezza Sere– nissima \'i si adagiavano sopra con sufficente tranquillità, Soltanto, essi riJ)etevano sempre il famoso ritornello del poeta cli Pescia.: "non rngliamo leclf'schi ! l'!; e chiunque li avesse validamente aiutati n metter fuori gli austrìnri dall'lb1lia 1 sarebbe stato il ben\'enuto. 11 grido di guerra del '5!) li troYò, perciò, pronti a scattare e, in men cl1e non si dica, si sbarazzarono del Oranduca. che non YOleYa guastarsi coll'Austria. - Al grido di "vira l<t guerra! l'! si unì naturalmente anche quello di: vit:a la libertù .' m o la nota. dell'entusiasmo pa.triottieo raggiunse u11numero altissimo di \'ibrnzioni: ma per costituire un'armonia pe1·retta. non basta una nota, occorre una aggregazione simultanea. di suoni. Xell'alta. Jtalia. si ossenò qualche cosa di diYerso. I lombardi 1 oltre che all'indiJ)endenza dallo straniero, ane– la,•nno anche ad altro, e senti\'ano 1 J)iÌI o meno netta– mente, che 1 cessando dì e:IBcr trattati come popoli con– quistati, a\'rebbero potuto dare pili libera espansione allo loro atth•ità. )lilano ha dimostrato poi, col fatto, quanto valga Fa,·er coscienza di ciò che si mole e di ciò che si può. J,'innlmente, in Piemonte, ci imbattiamo in un moto anche piì1 cosciente. lvi non si tratta\'a naturalmente di rh•olgimenti interni, ma. di guerra contro una l)Otenza. estera 1 e quindi di aiuti J)iÌI o meno larva.ti alle rivolu– zioni delle altre regioni italiane, e Jliù tardi di altre guerre contro due Stati della penisola, cioè Napoli e Stati clella Chiesa. Or:i tutto ciò in Piemonte ru Yisto da tutti di buon occhio, tranne dagli ultra--legittimisti e dai_cle-

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