Critica Sociale - Anno V - n. 11 - 1 giugno 1895

CRITICA SOCIALE 165 g•room. Li per lì non germoglia neppure il pen– siero di dargliene 79. Sta in a1•cione come un gio– vanotto. È alto cinque piedi e dieci pollici. Ha le braccia lunghe ed il carpo }H'0nunciatissimo 1 come cli chi ò famigliare colla sciabola, le spalle larghe, d'uomo forte, gli occhi g1•igi e luminosi. I cittadini si levano il cop1·icapo, taluni vi aggiu11gono un in• chino e molti lo seguano a dito agli amici. È il duca di Wellington, decus et tutanien pg,triae. È il comandante in capo dell'armata E lui che sta st~1diando il modo di rompere le ossa ai char– tisti. E già stato annunciato che egli sarà alla tesla dei «suoi» dragoni. La canizie gli imbianca le tempie striate dagli anni. La faccia ti documenta la sua fama di duca di ferro. È un aSsieme di rigidezza. È oblunga, ha il naso aquilino, le ciglia sviluppate e fitte 1 le guance un po' sgrassate dal tempo, la bocca di sfinge. Saluta col cilindro o con un semplice cenno del capo. Indossa il solito (1·oc1,-coat a doppio petto, il solito gilet bianco a tre bottoni o i soliti calzoni neri di panno militare, colla striscia nerissima lungo le cu,citure. I giornali sono furiosi. Il charlismo è la loro bestia nera. Il quotidiano è del lusso anche pel bottegaio: costa da 5 a 6 pence. Non c'è che il Daity News che abbia ridotto da poche settimane il prezzo a 3 pence. Ma ho già letto nel Sun della sera che ritornerà agli anticl1i amori dei 5. Come giornali sono supel'iori ai nostri. Hanno dei corrispondenti nelle capitali europee, il redat• toro della politica este1·a, il redattore parlamentare, il redattore capo, il direttore e da quindici a venti reporters. Sono pagati tutti a settimana. Il settima– nale del direttore va dalle 18, come quello del Dally News, alle 42 ghinee, come quello del celebre Gio– vanni Taddeo De Lane, il direttore del 'l'i1nes. La loro tiratura fa nascere qualche punto in– terrogati,•o. Il ,1101·ntngClwonicte, copia più, copia meno, ha ur.a circolazione di 3000 copie, il J)fo,•ning Post di 3020, il Moming Herala dì 350J, il Datly News di 5300, il Mo,.,,tng Adve,·tiser di 6600, il Sun di 10.000 e il Times quasi di 55000. La loro esistenza è principalmonto nella inserzione. Se i giornali rappresentano davvero l'opinione pubblica, le idee democratiche in queste isole sono ancora un sogno. Il 'l'imes, occupandosi della seduta parlamentare di ieri se1•a sulla grande dimostra– zione chal'tista che deve a,·er luogo lunedì, 10 aprile, si sbarazza del baluardo inglese, cioò del di1·itto alla riunione pubblica e alla libertà di parola, con una frase croatesca: « L'Inghilterra ha dato a ogni individuo un randello, perchè ciascuno faccia il proprio dovere. » Il giornale di Printing house square allude all'arruolamento dei policemen. · R. Mayne, uno dei due questori della metropoli, mi assicurò stamane che gli a1•ruolati superano i 200 mila. Sono duchi, sono mat•chesi, sono baroni, sono baronetti, sono deputati, sono figli di 1ords, banchieri, negozianti, bottegai 1 operai consenatori e gente con nulla da fare. È superbo, mi diss'egli, lo spettacolo di tutta una popolazione che si arma contro il nemico comune. Con un popolo che sente la toyally (devozione alla monarchia) come il nostro, la sovrana può dormire della grossa. llo letto tuttavia che la Corte, per• precauzione, trasportò le tende dal Bucl<ìngharn Palace al– l'Osbonie llouse, la residenza reale nell'isola cli lVight. Il consorte è odiato dalle masse e gli oratori della piattaforma popolare. lo consigliano continua• mente di condursi in Germania la sua Vittoria. Il Morning Ch>'ontcle ha pubblicato tre lettere indirizzate alla plebe (rnob), le quali, tutto som– mato, considerano il desiderio delle moltitudini di partecipare alla legislazione un'impertinenza. Ve no condenso una per documentarvi come la si pensa 1 nel 48, nella patria di Cromwell: « L'aristocrazia, che è alla testa del progresso, odia l'opp1·essione. Gli aristocratici sono gli operai della intelligenza allo stesso rIJodo che « voi siete gli operai della p1-oduzioue ». E follia credere che le classi inferiori possano faro il lavoro delle classi superiori. Ciò che voi avete di bisogno non è una rivolta contro le classi. )[a di crescere for•ti colla unione di queste. Rovesciare o intimidire un go– verno non può giovare ai lavoratori. Voi non do· vele badare a chi è al potere. li vostro interesse è di avere un governo che abbia modo di far ,•otare per voi schemi di legge in armonia coi tempi. Yoi siete operai e loro sono l01Yts, sono genllemen. I loro figli vanno sullo navi, che voi costruite, a proteggere le nostre industrie. Venite pure, come amici, a domandarci dei servigi. Venite a noi, come petizionisti, a spiegarci i vostri bisogni. Ma non venite a noi come aggPessori di strada, per terrorizzarci ed indurci ad assistervi. « Siamo noi il popolo e noi non permetteremo mai cho ci si porti la «. Charta del popolo» alle porte del nostro Parlamento! « PeL' popolo, scrisse il ,Moniing Ch,·ontcle, iu queste giornate chartiste, intendiamo la classe su• pel'ioro e la classe media e tutti coloro che hanno dei beni, del credito e del carattere. Per rnoù, una accozzaglia composta pl'incipalmente cliavventurieri politici della feccia, di demagoghi che fanno del• l'agita1.ione un mestiel'e, di ope1·ai ignoranti e illusi o di disoccupati e di ciò che gli scrittori di stati– stica chiamano classi pericolose. Voi non siete il popolo. Voi ne usurpate il nome. Voi non rappre• sentate che voi stessi » La chiusa del manifesto chartista al popolo, che dice umilmente, in ginocchio,che quostagrandedimo• st,·azione metropolitana accompagnerà la« preghiera del popolo», vate a di1·e, la petizione chartista, fino alle porte delle Came1·e legislative, è presa a calci c!alla stampa e dal popolo del Mo..ning Clwonicle. E della minaccia camulfata 1 della sedizione appiat– tata nel periodo che striscia. della rivolta incipiente. Ve In daremo noi la preghiera del popolo! I chartisti alla loro volta, nella seduta della Con• venzione nazionale di ieri, chiamano quotidiani, settimanali e bisettimanali tnfamous papers. Essi coacorvarono la loro collera in una mozione che accusa la stampa londinese di essere la vera ne– mica delle classi lavoratrici. Non si pa1'1a che della rivoluzione francese. 1~ poi salariati di queste isole del lie\~ito insurl'ezio– nale. Fra qualche giorno un esercito di simpatiz– zatod andrà in Trafutoar squa,·e a riassumere in un or•dine del giorno il tripudio delle masse inglesi pel grande avvenimento francese. Nei quartieri popolari spesseggiano i cappelli tlosci 1 alti, a coni, a larghe tesei colla penna di coda di pavone a si• nish•a. Nei salotti si parla di Luigi Filippo come di un cacone, che non ha avuto neppu1•e il disperato CO· rag~io di mostrare alla folla il sedere che fuggiva. Egh è scappato come un ladro cogli agenti che bussano alla porta. Si ripete con qualche am– mirazione la frase di Piscatory, che consigliava questo re infuriato dalla paura a non abdicare e a saltare in sella: Voirà,stire,te moment de monte1· ti chevat et de vous montrm·. La regina 1 con tutta la sua sifilide religiosa, voleva fare del marito un eroe. Jlo11 ami, il 11e(aut pas abdtquei·; plul6t tnoure::: en ,·oi. La sgraziata non sapeva che questi puppazzi del trono sono dei pusilli, degli uomini che lasciano gill le brache non appena la collera collettiva batte ai vetri reali.

RkJQdWJsaXNoZXIy