Critica Sociale - Anno V - n. 7 - 1 aprile 1895

CRITICA SOCIALE 00 p1>elu1·e possono attesta1·e;come non è fandonia lo affel'mare che i grassi propl'ietari siciliani hanno arrotondato i loro poderi con l'usurpazione di ter• reni comunali, provinciali e nazionali, quali sono le vecchie strade di campagna, dette t,·a~zere. Di questo usurpazioni potrei citarvene parecchie tl01~G1rgenli,dove, essendo io stato consigliere co– munale ed avvocato della provincia, ho tanto in mano da dire che quasi ogni giorno si debbono chiedere accessi di pretori o fare reclami al Genio civile, per 1•iavere terreni qua e là indebitamente appropl'iatisi da grandi elettori o da persone per altro modo influenti. E v'ò qualchecosa di pii, e di peggio. La mafia, le cui origini forse si debbono ad un sentimento di ribellione conti-o governi spoliatori e tirannici, per una delle solite contraddizioni sociali spiegabi• lissime, è ora ai servizi dei prepotenti danarosi, i quali, oltre servirsene a dil'ltto ed a rovescio, ne traggono lucri ingentissimi, comprando a vile prezzo buoi, cavalli e pecore rubati, che in tal modo for– mano le ricche mandrie dei signorotti, aventi pe1· ciò bisogno di estesi p:1scoli; la cui esistenza il buono ed ingenuo Rudinì fa risalire a cause cli– matiche o telluriche. La nobile Industria di com– prare animali rubati ò esercitata con JH'Ofìltodai borghesi di Bivona, Prizzi e Palazzo Adriano; e non sono due mesi che il Tribunale di Girgenti condannò due ricchi proprieta1·i di Ribera come ricettatori di buoi rubati al sig. Francesco Scibetta. l~d ora diteci che alla formazione dei grossissimi fondi, che si estendono qualche volta da una p1'0- vincia all'altra, sono concorse e la siccità e la natura dei te1·reni ! Ma nemmeno per sogno! Nè tampoco vi hanno contribuito le condizioni storiche o le posizioni dei luoghi. Un esempio basta. Piglio a prova del mio asserto una estensione di terre che da Licata, passando pel' .Fa,·ara, Siculiana, Ribera, Sciacca, va a Mentì, Sambuca e Santa Mat•· gherita: si tratta d'una linea quasi tulta litoranea con tre porti, Licata, Porto•Empedocle e Sciacca, e che nell'antichità ebbe tre fiorenti città, Gela, Agrigento ed lferaclea. Secondo il Rudinì, qui la proprietà dovrebbe essere frazionata: ebbene, in r~tn~;i~ d~ F~~~~,t~l~:::~ss:m1!tf~~~,e~~\ bai~~s~ Giudice, indi i latifondi del barone Agnello, non a grani, ma a vigne, per coltivare le quali il pro– prietario non usa nè la mezzadria nè il terratico, ma i1 cottimo più esoso. Andiamo avanti, marchese di Rudinì, e ci troviamo nello immense tenute tra ~lontallegro e Ribera, a pochissime miglia da Sciacca. A chi appartiene tutto questo ben di dio! A due proprietari milionari, al duca di Fet·l'andina ed al sig. Parlapiano, il quale in quest'anno ha piantato centomila vili; altro che grano; altro che siccità! Siete stanco, marchese, di percorrere queste cen– tinaia e centinaia di ettari? Riposatevi! E poi vi mostrerò, tra Menfi, Sambuca e Santa Margherita, altri latifondi, che sono d'un Buscemi, d'un barone Pianeta e d'un principe di Cutò. E tutti questi si– gnol'i sono sindaci, consiglieri provinciali, deputati provinciali ed aspiranti ad uno stallo a Monteci– torio, con la relativa catena di croci e commende. Arrendetevi, dunque, marchese di Rudinì, e non dite più che il latifondo siciliano è un prodolto di condizioni telluriche, climatiche e storiche; quando esso deriva in linea retta da abusi e prepotenze che il vostl'O liberalismo non ha fatto scomparire, anzi ha moltiplicato a dismisura. . . . Chieggo 1iochealtre righe alla pazienza dei leltori. Non si può negare che in certe parli della Sicilia B 1otec:nCJlnoB1arro l'acqua difetta e lo piogge sono sca,-se. Come spie– gare ciò, se quest'isola un tempo fu ricca di tanti pl'Odotti ! Certo la meleorologia non dovette cam– biare per decreto cli principe; ed il cambiamento va rintracciato in profonde e lar·ghe trasformazioni del tel'reno. Ed ò proprio cosi. . Gravata la Sicilia, dal 1800 ad oo-gi, di balzelli esaurienti per essere messa al liv~lo delle altro regioni italiche, il cui progresso non ha l'aggiunto; spogliata di un immenso pat1·imonio ecclesiastico, i cui proventi furono in gran parte inghiottiti da questo o da quel pubblicano; costretta a dare al– l'Erai-io pitl di quanto per essa si spendo; ha visto 1·iucarire tutto quanto è necessario alla vita, che stentata si trascina non solodalle classi lavoratl'ici, ma sinanco dal medio ceto, le cui donne, famose per lo spirito d'economia, 1·isparmia110su og11icosa e si adattano a fare in casa quei servizi che nel continente italiano sono affidati alle domestiche. Ora, in tale slato pieno di disagi, non potendosi chiedere nuove risorse all'industria, non nata, nò al commel'cio danneggiato dall'abolizione di privi– legi, come i 1101·U franchi, il rimedio era uno solo: sottoporre le terre alla coltura così detla rapace, che esauri le forze della natura, spogliò le pendici e le montagne di boschi e fece, d'un'isola piena di acqua e bagnata regolarmente dalle piogge, una terra secca ed adusta. Ecco come le condizioni telluriche e climatiche si riattaccano ad una causa sociale! Il 1'imedio a tanti e tali mali? Uno ve n'è, radi– cale: la nazionalizzazione della terra, che permet– terebbe la coltura razionale con mezzi svadati e potenti, quali può dal'li la società, tutta unila ad un grande intento: la nazionalizzazione della terra, ora che, come rilevasi dallo scritto di Rudinì, l'eco• nomia capitalistica si dichiara impotente a risolvere un problema, per essa irto di mille difficoltà. Ma la terra non si può socializzare nè in un'ora nè in un giorno e _per volontà di uomini benintenzionati. Che resta 1 Il progetto dei Fasci: ricostituire i de– mani comunali, accrescerli con espropriazioni ed affldal'li ai contadini, legati in cooperativa regio– nale, provvista di fondi dati dal Governo; il quale, se trovò milioni per l'Africa o per il palazzo del Par• lamento o per lo sventramento di Napoli, può anche frovarli per quest'isola, trattata sempre come terra di conquista. A tale progetto, che, attuato, immortalerebbe un ministro meglio di qualunque impresa africana, dovrebbe aderire il sig. di Rudioì, dacchè per lui la propl'ietà é un'istituzione che si ha da trasfor-• mare secondo lo esigenze sociali; e la legge sui latifondi, presentata da Crispi, con poche modifiche, non sarebbe che il p,·ogetto dei Fasci, a cui l'idea fu rubata. È certo però che non si farà nulla per la que– stione agraria della Sicilia, come non si farà nulla per la questione solfifera, della quale può darsi che mi occupi in un prossimo numero. FRANCESCO DE LUCA. L'abbonanzento c-um.ulativo alla Critica So– ciale e alla Lotta di classe costa L. 10 al– l'anno, L. 5 al semest,·e (pe,· t'estern ,·tspettiva– mente L. 14 o L, 7,50). Idem, esclustvamenle annuo, alla Critica e att' Italia del Popolo, L. 18 (este,·oL. 36),

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