Massimo d'Azeglio - Ai suoi elettori

8 Vedete dunque, che io non posso in coscienza farvi istanza onde esser rielelto, e perciò non sono Cicero pl'o domo sua, e non parlo pet· interesse, rna parlo, e ct~ediatelo, amici miei, chè dico sul serio e non ischerzo ora , parlo per quell'amore che nutro e nutrirò fiocbè viva per la nostra sventurata Italia; parlo perchè la vedo troppo assassinata, e non tanto dagli stranieri, quanto dagli Italiani, da'suoi figliuoli medesimi; parlo perchè è un gt·an dolore, ma grande assai aver avuto sempre un peosiet· solo, un desiderio solo sin da bambino, aver sempre diretto ad un solo scopo ogni atto, ogni mossa, ogni pensiet·o; aver lavorato con lunga pazienza , con poche forze e pochissimi mezzi, come fa una povera formica che vi~n trasportando senza posa i suoi granellini un dopo l'ultro, sostenuta solo dalla speranza; aver tanto lavorato vagheggiando sempre l'idea d'un '. ltalia rinata, rinnovata, purgata dalle sue vergogne ; essersi trasportato colla mente ad un tempo in che il nome d' italiano non sarebbe piu un'otl'esa, un ludibrio, ma un fregio , un titolo J'onore! Aver veduto tanle lontane e pallide speranze farsi vicine, pl'ender colore e vita, parere ot·amai presso a doversi tenere per una realtà, apri t· le braccia pet· stringerle, gridare: Finalmente abbiam vinto, e non stringer che un'ombra!

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