Massimo d'Azeglio - Ai suoi elettori

AI SUOI ELETTORI MASSIMO D'AZEGLIO It ali a mia ben ch è il parl at' sia iodaro o TORINO TIPOGRAFIA Dl LUIGI ARNALOI 1849

MAZ ò1ÒÙ òC11:j

Signo1~i Eletto'ri di St-rarnbino'! La Camera è disciolta : finilo il mandato del quale avele slimato farmi degno. Da un pezzo ho avuto in animo ringl'aziarvi , com'era dovere, della fiducia vostra. Mi venne meno il tempo e l' occas ione. Ora mi trovo aver l 'uno e l'altra , e ne approfitto per esprimervi prima d'ogni cosa la mia gratitudine; poi pel' dirvi due parole de'fatti miei, d~rvi conto di me, chiarire alcuni dubbi che non sat·ebbe meraviglia vi fossero venuti a mio riguardo. Se non fossi il vostro eletto , potreste dirmi: Che c'importa de' tuoi conti, de'tuoi fatti e de'tuoi dubbi ? Ed avreste ragione . Ma dopo avermi dati i vostri voti, è un altro discorso; e non vi può esiet·

4 indifferente che vi si dica: «Bravi! avete fatta una· << huona scelta - ovvet·o - dove diamine cc avevate il capo quando eleggeste il vostro << deputalo ! » E quest'ultima frase, quand'anche nessuno ve la dicesse, non sarebbe meraviglia, ripeto, che la diceste a voi stessi, come conseguenza di dubbi e sospetti sul falto mio: e neppure per questo vi saprei dar torto. Siamo giusti. Quando m'avete eletto io non avevo l'onore d'esset·e conosciuto di persona da nessuno di voi. E perchè vi siete decisi in mio favore? Percht~ forse vi venne alle mani qualche mio scritto , o romanzi o materie politiche. Perchè forse avete inteso dire che m'ero venuto sempre ingegnando di far qualche cosa .a pt·o dell' Italia: che ero slalo mandato via di Toscana, esiliato da Roma tempo- · ?'ibus illis e persino, son quattordici mesi - par un sogno·ora!- da Torino- cioè, non diciamo esiliato : pregato , consigliato d' andar altrove. Ed in grazia di quale accusa, tutti questi sffalti ? In grazia dell'accusa d'essere un cervello esaltato, una testa calda, un liberale troppo fuor de'limiti, una specie di perturbatore della pace pubblica. Di più vi sarà stato detto che a Roma l'inverno scorso m'ero aiutato anch'io quanto potevo , onde si venisse a capo delle riforme, delle leggi

sulla stampa; s'ottenesse la guardia nazionale, ecc. ccc., e finalmente che dopo le giornate di ~Iilano, m'ero messo nell' esercito per andare oHrepò a far quello che si potesse contro gli Austriaci. Udendo tutti questi fatti, era natm·ale che voi da quei buoni ltaliani che siete, pensaste: « Ecco « l'uomo che fa per noi. Se non è un buon « liberale, un vero Italiano costui , dove l'ahcc biamo a trovare? Pigliamo questo. >> E così m'avete eletto. Ora mi figuro che razza d'impressione v ' avr~• fatto il sentir dire che il vostro deputato, quel l\fassimo Az·eglio cacciato già per liberale esaltato, s'è trasfol'mato da quello d ' una volta; è ora un · retrogrado; in una pat·ola, mentt·e pensavate d'aver fa f.to buona spesa trovarvi invece. in ma n? un codino! Se vi faceste i segni di croee , non è da stupire, e s 'io ero in voi gli avrei fatti all'istesso modo. Ora dunqné si tt·atta di venir in ehiaro di questa faccenda, c vi deve premere quanto a me , onde non si possa dire che vi ]asciaste corbellare come ragazzi. La novella, amici miei, è poco allegra; e per quanto vi debba parere al modo che tengo nello scrivervi, che me la passi in celia piil che altro, sappiate che in cuore ho tutt'altro che fantasia di celiare.

6 Ma avete veduti mai i bambini quando si picchiano e voglion pure farla cla bravi, e mantenere il punto? Ridono per non piangere - e così fo io. C'è anche da dire che mi son venuti a noia -- e fors e è accaduto lo stesso a voi - totli i paroloni , tulti i furori a ft·eddo, tutto quel dare ora in trngico, ora in tenerezze, tutti quei superlativi , quegli aggettivi , quegli epiteti dei giorn:-1li e della stampa del momento. Non vi pare che sia una gran seccaggine quello stile spremuto collo strettojo a dispetto della ragione, della verità, del buon senso e della natura che è semplice e piana ed a portata di tutte le. menti? E nou vi sembra che volendo dire le proprie ragioni , la meglio è scrivere come si parla , senza credersi obbligati di assumere il tuono d'uno studente che prende la laurea? Se non isbaglio dovreste esser del gusto .mio, e pecciò vado innanzi con coraggio. Prima però di entrare in altro, una cosa vi voglio dire. GH• dovete averla mezzo capita. Si tratta d 'una apologia che intendo di farvi della mia vita pubhlica. L'apologia e il panegirico sono fratelli cugini , e fm· il panegirico da sè, vi parrà che non s'usi . E veramente , lo dico anche io , la trovo un po' curiosa. Da un'altra parte ditemi voi se posso fat·e altrimenti? Dit.emi se un accusato può difendersi senza parlar di sè e senza

7 più o meno lodarsi? E poi siccome a poco a poco non ci sarà più galantuomo al quale non si voglia appiccare questo benedetto codino, non è male di studiare la specie, come fanno i naturalisti quando scuoprono un nuovo animale, e vedere quali sieno i suoi distintivi , le sue qualità, i suoi inconvenienti ; e parlandovi di me, sarà a un dipresso farvi la storia di tutti, o almeno di molti altri codini, e perciò fate conto che non vi parlo d'un individuo, bensì d'una classe, e lo stesso conto farò io: nel qual modo io non avrò a pel'itarmi a parlare , e voi non avrete a ridere del fatto mio nell 'ascoltat·mi. i\'la ora che ci penso. . . . . non von·ei che di un'alt1·a cosa vi venisse da ridere. Non vorrei avesle da dire: « Già abbiar~10 capito : il « fine di lLttte queste chiacchierate è d'essere c< rielelto! » Io non so se vi verrebbe nepput· io menl<~ di elegget·mi per la seconda volta, e mi sta in u1eute anzi che ciò non dovesse accadere. Comunque stia la cosa, le mie circostanze private, lo stato della mia salule, non ·mi permetterebbero forse d,adempiere assiduamente ai doveri d'un nuovo mandato, se pure l'ottenessi da Ha vostra beuevolenza, ed in virth dell'ampia assoluzione di codinismo che mi concederete, son certo, dopo aver letto questo mio scritto.

8 Vedete dunque, che io non posso in coscienza farvi istanza onde esser rielelto, e perciò non sono Cicero pl'o domo sua, e non parlo pet· interesse, rna parlo, e ct~ediatelo, amici miei, chè dico sul serio e non ischerzo ora , parlo per quell'amore che nutro e nutrirò fiocbè viva per la nostra sventurata Italia; parlo perchè la vedo troppo assassinata, e non tanto dagli stranieri, quanto dagli Italiani, da'suoi figliuoli medesimi; parlo perchè è un gt·an dolore, ma grande assai aver avuto sempre un peosiet· solo, un desiderio solo sin da bambino, aver sempre diretto ad un solo scopo ogni atto, ogni mossa, ogni pensiet·o; aver lavorato con lunga pazienza , con poche forze e pochissimi mezzi, come fa una povera formica che vi~n trasportando senza posa i suoi granellini un dopo l'ultro, sostenuta solo dalla speranza; aver tanto lavorato vagheggiando sempre l'idea d'un '. ltalia rinata, rinnovata, purgata dalle sue vergogne ; essersi trasportato colla mente ad un tempo in che il nome d' italiano non sarebbe piu un'otl'esa, un ludibrio, ma un fregio , un titolo J'onore! Aver veduto tanle lontane e pallide speranze farsi vicine, pl'ender colore e vita, parere ot·amai presso a doversi tenere per una realtà, apri t· le braccia pet· stringerle, gridare: Finalmente abbiam vinto, e non stringer che un'ombra!

9 E veder poi il lavoro di tanti ~wni, di tanti uomini, di tante vite; il frulto di tanle veglie, e falic)Je, e sudori, c eu re, e pensieri, sperperato, distnttlo, reso inutile, rimandato Dio sa iu qual lo.ntano avvenire, c da ~hi? Dag·Ji stranierL dagli Austriaci, da'nostri nemici? No, viva Dio, dagli llaliani! dagli Itali.ani! Un povero contadino che senza buoi, senza tHa lro, senz3 marre avesse avuto a dissodare un terreno, e v'avesse logorate le mani e l'ugne, ed alla tìne a forza di strazj gli venisse put' fatto di veder verdcggiare il grano a fior di terra, se non i nemici o gli estranei, ma i fratelli, gli amici di costui gli entrassero pel seminato coi piedi e gli guastassero e sbarbassero ogni cusa, logli endogli quel poco ben di Dio per lui e per la famigliuola, ottenuto con tanti sudori, vi figurate qual cuore sarebbe il suo? Ora pensate che il dolore di costui sarebbe un diletto a fronte di quello ch'io provo al presente, chè uon si tratta d'un campo e d'una famiglia, ma si tratta della vita, dell'onore, dell'indipendenza, della libertà d'una nazione, di quella nazione pe.r Ja quale ho speso quanto avevo al mondo di fot·ze, ed alla quale ofl'ersi inutilmente il sangue e la vita. Pet~ questo parlo, e non per esser rielello, e, d'un~\ cosa sola vi prego, una sola cosa desidero 'l*

!O e vot<rei ottener da voi, che deste il voto a chi di mente e di dottrina fosse maggior di me; e ciò non vi sarù difficile. Ma uon basta; vorrei che il vostro eletto amasse l'Italia quanto l'amo io, :.tmasse l'Italia e non sè, e uon la propria ambizione, i l proprio partito, i l proprio interesse, ed in questo cercate chi mi sia eguale-- lo dico colla fronte levata - trovatelo, e mi basta. Ma ecco ciò che accade spesso a chi ~c rive! Si vorrebbe che la mente guidasse la penna ed invece la guida i l cuore. lo aveva stabilito non toccar certe piaghe~ e chiuder la porta a ·troppo amari pensieri, ed invece .. ... . E neppur per questo voglio ricominciare o lacerare quanto ho scrit.to. Son certo che capile l'animo mio, e sapete che se m, e venuto un momento l'umido ag1i occhi, pensando all,ltalia, ciò non fLl sentimeotalisrno calcolato, ma bensl un sospiro venuto propt·io dal pròfondo del cuore. Ma via, lasciamo per ora queste tristezze, e speriamo che un giorno o l'altro la Provvidenza si ricordi anche di noi. Per farvi dunque la storia della trasformazione mia- e di molti -in codini, bisogna che torniamo un passo addietro, e dovete sapere che avendo io per trent'anni di seguito corsa, visitata, studiata l'Italia da Siracusa a Torino,

l! mi pare, senza presunzione, di poter dire di •.;onoscerla, e, per non entrar in troppe spiegazioni, ed andare per Je corte, mi ero dovuto convincere che la massa degli Italiani di vel'a libet~tà ne capivano poco. E come avrebbero potuto capida coll'educazione civile e politica che avevano ricevuta? -E l'indipendenza la desideravano, ma senza però sentir grande smania di fare i sagrifizj necessarii per ottenerla. Dunque, dissi , pt~ima di tutto biso_gna pensare· a far loro compt~endere la libertà ed i benefizi dell'indipendenza, oudc poi incontrino volentieri le fatiche ed i peri col i necessari i a conquistarla. Secondo i l mio poco cet·vello mi pareva che il piano fosse ragionevole. Il pretendere che il uosta~o popolo si facesse ammazzare per cose che poco o nulla conosceva, mi sarebbe se_mbrato lo stesso che domandare ad un uomo di soffrire il martit·io prima d'avet·gli insegnato il catechismo. Non vi starò a raccontare che cosa facessi io e facessea·o molto meglio di me altre persone per eseguire questo piano: sapete all'incirca co- . me sono andate le cose· da tre anni in qua ; prima le riforme, poi le costit.uzioni, poi ora la t ora'e di Babele che oram_ai uno non s'intende più J'un l'altro, come se si fosse al tempo della disp ~ a·sione delle genti. Quest'ultimo stadio ~he ,

i2 5i può dire, ha comincialo dopo l'armistizio, o almeno dopo quell'epoca, s'è reso piit sensibile anzi incomodo , m,ha coho in Fi1·enze, ove stavo ingegoandomi tli guarire, ed io elle ho sempre voluto liberUt vera, libe•·tà per tutti a _ un modo, libm·tà libe1·a- all'incirca come i contadini dicono giustizia giusta -m'è pat·so inTece di vedere che si voleva cambiar frasca e non cambiar vino, che non si voleva piit dispottsmo dall'alto, ma che se n'andava mettendo insieme• · un altro, nuovo di fabbrica, un despotismo dal basso, e che tutto si riduceva a mutare un basto vecchio con un basto nuovo, c credo che se gli asini potessero parlare direbbero che c'è sempre poco guadagno. lo che in questo la penso p1·ecisamente come gli asini, dissi fra me e me: - Così non ha da andare! -Ed appunto in qllei giorni cominciava quella tribolazione di Livo1·no, ed ogni giorno chi veniva di Firenze- ero in villa allora- me ne diceva una nuova: Che a Livorno il popolo aveva levato il rumore, e poi messo i n prigione il governatot·e, e che volevan calato il prez~o del sale e le paghe degl'impiegati, e poi che non c'era piil modo a tenm·li; volevan la guort'a, e la guerra subito al momento senza tanti discOl'si. Io capivo bene che non era affare n è di sale, n è d'impieg~ti, n è di guerra, e

{5 che c' et·a sollo altro; capivo o credevo capire ehe si voleva levarsi una volta la fantasia di vcclet· piaulala quella benedetta repubblica: e dico la verità, mi ci riscaldai come nn corbello - ci t'ido ora- e scrissi d uc o tre ~u~ticoli couLro qu.ella truppa d' imbroglioni che se n'è poi andala, d'allora in poi girando per l'Italia, come nna compagnia comica, dando rappt~esentazioni ora qua, ora Ht fìnchè trovava minchioni che le facessero le spese. 1 te cose andat·ono innanzi come sapete, e sempre rtuesto benedetto Livorno faceva pazzie. Era come quando s'è messa la sella n un puledt·o, c che principia a salti e coppie di calci senza che si possa venir a indovinare dove diavolo la sella l'otfenda, o gli faccia il solletico; e se ne prova ot·a una , ora un'a ltt·a, e quello sempre" peggio. Alla fine si vide dov'era il difetto della sella.- Allt·o che sella! Tutt'a· un tratto il popolo dell 'eroica Livorno ( già sapete che ora chi fa più chiasso è più eroe ) scoprì che tutte le sue convulsioni, i suoi mali, te miserie sue e d'Italia nascevano da ·un urgente ed invincibile bisogno rion sodd isfallo, primo d'una Costiltwnte, secondo d'un Ll'linislc1'0 dlmzoc,·atico. Po~ leva dirlo prima! ma -~ p Imeno si seppe che dia .. volo aveva. Difatti, scuza eutt"ar in disturbi uè col sale, n è

i~ cogl' impiegati , e soprattutto senza partir subito per la guerra -- Radetzky è vivo pet' mit·acolo - la ~osa s'accomodò, c salvo qualche piccolo chiassolino di Lanl.o iu tanto, qualche dozzina di vetri rotti, qualche picchiata a questo o a quello, Ja Toscana riprese l'a vita solita, e le parve d'essersi levato un mattone d' in sullo stomaco. E io povero corbello che me l'ero presa sul serio colJa l'epubblica. - Furbo! Che volete? Ogni giorno se n' impara una. Fra il fatto di Livoruo da una paa·te, e quell'altro più in grande di Ft·ancia dall 'altra, campassi cent'anni , non m1 spavento più eli repubbliche. TulLO questo terremoto vedo che finisce con una mezza dozzina di portafogli. Non è poi la rovina del mondo! Tant' è Livot·no, che Fa·ancia e Germania, e credo io Turchia e Celeste Impero. Tutto il mondo è paese. E tant'è vero che sia così - visto che la scoletta veniva bene - eccoti a Genova principia la stessa cauzione. Il popolo non ha più bene se non ha la Costituente cd i1 Ministero democratico. Voi forse non ve ne siete accorti d'aver questa smania indosso: cattivo segno , segno che non siete popolo. Ora avr·ete anche voi come me una gt·an eu-

H' riosità di sapere che cosa sia questa Costituente e questo 1\-linistero democratico. Vi dirò prima quello che ho inteso clìn~ , poi quello che ne penso io. La Costituente a Genova -così dicono al popolo, s'intende- sarebbe che tutti quelli che son carichi di figliuofi, e campano eli braccia, avrebbero una 1ira al giorno per ogni individuo senza faticarsela; e per dir la verità se fossi un bracciante ed avessi di molli figliuoli, non mi puzzel'ebbc punto questo modo di Costituente. Fra i soldati la Costituente sarebbe, per quanto venne loro delt.o da -persone cleg·ne di fede, il lasciar armi, b:.u1qiere e caserme, metter la chiave sotto l'uscio e andarsene ognuno pe' fatti suoi. A Livorno invece la faccenda era meno grassa. Si trattava d'una cosa da nulla: semplicemente di riunire , per mezzo d'elezione a suffragio universale, un'adunanza di deputati presi da tutti gli stati italiani, che decidesse a che modo e sotto che governo s'avesse a vivere d'or innanzi: se s'avesse, verbigrazia, a riunire l'Italia tutta sotto un sol principe, opput'e farne un gran repubblicone, ovvero tante repubblichette e via discorrendo. E naturalment.e - ogni Costituente deve ave1·e una forza per farsi ubbidire - il re di Napoli da un lato, Carlo Alberlo dall 'altro, coi loro esercili che in lutto sommeranno a un

!6 250,000 uorntnJ, potete figurarvi che pt'emut·a avt·ebbero avuto di far arar dt·itto chi s i fosse messo in capo di voler fare a modo suo, c non a quello della Costituente. ll Papa c i l Gt·auduca l'uvrebbero anch'essi aiut.ala alla meglio, e capite bene che c'era dell'inlet·essc di tutti i principi a far così e non altrimenti. E poi c'è l'esempio di Germania fresco, fresco. Vedete l' impet·atore d'Austria ed il re di Prussia come hanno ubbidit~ a puntino alla Costituente di .Francfort, e messo mano alla spada perchè ognuno le ubbidisse. Pensate se in Italia non sarebbe avvenuto lo stesso! Tutto era combinato bene e con una sapienza politica da far stordire. Peccato, che poi- non so davvero perchèpare che non se ne voglia far altro. Accade sempre così: quelli che se n' intendono, e che accomoderebbero tutto in un lampo, non trovano chi dia loro retta. Nel male di questo raffreddamento per la Costituente, c'è però stata una fortuna. Mentre ne passava la voglia ai nuovi ministeri democratici, n'è passata, da quel che pat·e, la voglia anche all'eroica Livorno, all'et·oica Genova ed all'eroica Roma, dove (m'et·o scordato dirvelo) coll'istesso metodo s'erano ottenuti gli stessi efl'etti; salvo che a Roma si giocò di coltello e di schioppetta come avete weduto dai fogli. Ed a proposito di Roma la

!7 Costituente di Roma e quella di Torino, parlo dell'Italiana, sono all'incirca le stesse cose. Secondo questa l'asse1nblea lascerebbe ogni Stato ilali.'lno fare i fatti suoi a suo modo, e soltanto penserebbe a provvedere e dirigere le cose della guerra, salvo a provvedet·e poi pih oltre a guerra lì n ita. Se avete Iella la storia, non occorre che v'insegni quanta sapienza racchiuda questo progetto. Come tutti sanno, piit sono i capi che comandano e dirjgono, più una guerra va a vele gonfie: e di falli, Ciro, Alessandro, Gengis Kan, Cesare, Napoleone ed Attila flagellum Dei non vinsero per altra ragione che pet' aver avuta la furberia di provvedersi d'una Costituente. E gli antichi Romani, come sapete, nei casi gravi e ne'gravi pericoli se ne sono usciti sempre sani e salvi col metodo semplicissimo della Costituente. E adesso che ci penso.. .. credo che a Radetzky sian riuscite put' troppo bene le cose, perchè a Vienna vi era la Costituente. Ora dunque ehe v'iJo dello come spiegano la Costituente i gran professori , i filosofi , i lelLerati, voglio pur dirvi che co~a ne pensano altri, e verhigrazia io. È vero che poco sono ~ andato a scuola, e non so di legge e di dritto, nè di metafisica o filosofia: ma ho ·studiato uu .. poco qu~l gran libro che si chiama il mondo,

• !8 l'ho corso per la strada maestra non solo, ma , per Ia traversa, per sentieri e per \ iofloli, ho conosciuto d'ogni classe e generazione rl 'uomini cominciando dai Re, e terminando :li banditi e ai briganti, e se non ho impat·ato ·molto, ho 1>erò imparato a farmi un' idea de'vizii , delle virtil, delle passioni, delle tendenze degli uomini , di quello che si può sperare o aspettare da loro, del possibile e dell'impossibile; ho imparato, vet~bigrazia, che ognuno deve_ far l'arte sua e non l'altrui: che l'arte di condun·e gli uomini non si può fare se uon si conoscono, e uon s'è praticato mollo con loro. Ho imparato che per condurre imprese politiche bisogna aver grossa compagnia, aiuto da molli, e che per persuadere e condursi diet~o molti, e metterli nelle idee che si credon buone, non è il rrìiglior metodo prenderli a calci nel sedere . o minacciarli nella persona e nell 'avere, o far loro temere che non abbiano più ad a'7er pace uè bene per Dio sa quanto: che insomma chi ha bisogno d'amici non conviene che si faccia uemici. Ho imparato, verbigrazia, che chi vuoi mettere la ·briglia a un cavallo che aombra, t' hu a prender colle buone e dargli la voce, e non sbigottirlo cogli nrl.i o sbattergli la briglia sul muso.

!9 • Ho imparato, per esempio, che vo1endo rompere un muro sodo e vecchio , è meglio usar un piccone piuttosto che il capo, perchè a servirsi del capo, si rompe il capo, ed il muro resta tal e quale. Onde chi non avesse piccone, è bene che vada per esso prima di mettersi al lavoro. Ho imparato che se si vuol alzar un peso coll'argano, bisogna metter quanta piil gente si può alle stanghe, e dar loro In voce, e far che dian la spinta tutti insieme ; e non metter loro invece iu capo di tirar chi di qua, chi di là , chi prima, chi dopo. Tutte queste belle cose ho imparato, ed altre simili. << Oh che c 'entrano queste novelle che ci ve- >> n i te dieendo colla poìitica? >> penserete vo\ >> ~ Che c'entrano? c'entrano così bene, che tutta la politica sta H: e sapete che cos' è il genio 1 n politica? t i l buon senso. t saper combinare forze c resistenze. Per questo vedete come la politica prese nte dell'Italia cammina diritta!!! .... , Ora dunqu e che sapete a che scuola sono stato, e che cosa ha imparalo, vi dirò che cosa · mi pare della Costituente Taurino-Romanesea. Io credo che Costituente venga da costituire, che se non sbaglio dovrebbe voler dire fondare. edificare. Ora per fondare ed edificare prnna

iO di tutto ~i vuole un~area che sta nostra e che nessuno ci disputi. Un 'arca pulita, li ber~,, dove 11o11 d sia altro già foudato - nel qual caso si vede generalmente che pt'ima di fondar roba di nuovo, si sgombera il vecchio. Data l'arca, ci vuol materiali, lavoranti capaci, attrezzi e via via. Ora dall'allegoria salto a piè pari nel caso coucl'elo, nel caso nostro, e dico, c~ e se l'area dell'Italia fosse sgombra da Austriaci, da Re c da Regine, Arciduchi e Arciduchesse, Duchi e Duchesse, Principi c principesse con tulla la loi'O coda che è lunga più di quel che si crede; se quest'area fosse pulita e spazzata, e non basta, fosse lontana 500 miglia ::.Imeno dalt>Europa -- un' isola sull'Oceano, figuratevi - e non basta ancora; si tl'ovassero in Italia dieci cervelli, non dico piil che le pensasserò a un modo, alJora uvanli la Costituente, ci slo anch'io, la credo non solo opportuna ma indispensabile. .Ma st.ando iuvcce le cose come slau no 1 cogli Austriaci, i Priuci p i, i Governi c la loro coda, o la Costituente vontt •comandare ai Principi ed ai Governi, c m i farete favore a dirm i con qual i for~e si farà ol~bedi.re: o i Principi faranno unu risata in viso alla Costituente, e così finirebbe · e dovrebbe finit·e, cd ~llora mi pare che si può l'isparmiare il viaggio ai Costituenti. Ed ecco che ci ·.si pt·esenla subito il caso d'applicare una

2l delle massime che ho imparate alla mia scno1a eli politica. Pet· rompere i muri bisogna aver in mano iJ piccone. Col capo si fa poco frutto, c per ridurvela in volgare, per fondare, editìcare, costituire, ree., ci vLtol fot·za: e chi non l'ha, dà del capo pet· le mura. Lo vedete se le novelle mie ci avevan che fare colla politica!!!. ..... Persuadiamcene ; la Costituente coi battaglioni non ve la può; vedete queJla di Vienna, di Berlino e di Francoforte, che è stata la pih curiosa! Professoroni, gran scienziati, gran filosofi, cime d'uomini. Vedete come è andata a finire! Che l'Italia s'unisca, formi una:confederazione, metta insieme uomini, denari, forze d 'ogni genere, oh! a questo ci sto, e son cent'anni che lo predico. Ma questo si fa con sei o sette plenipotenziari, uomini di cuore, di mente, pratici, che se n'intendano, e così si fa bene e presto. l\la volersi unire per via di Costituente, con quella poca gelosia, quella poca vanità, quella poca chiacchiera che abbiamo io corpo noi Ilal iani, è lo stesso che voler far riso l vere un problema d'algebra da un mercato di riven· ùugliole. Oh se la cosa è cosi semplice, così chiara -

~2 direte voi - come mai i nostri p1·ofessori l'hanno messa a mano, e con essa ha,nno fatto furore a quel modo? Qui, amici miei ed elettori carissimi , entriamo in un altro capitolo; nel capitolo del mestiere d'uomo politico, e quasi quasi mi tornerebbe tacere, perchè alla fine anch'io bene o n1ale mi son fatto uomo politico, e questa oramai è l'arte mia, ed es porre i ferri di bottega in vetrina non mette conto : senza dire che lutti i miei confratelli (e già m'hanno in tasca discretamente) Dio sa come mi tt·iboleranno. So che metto la mano in un gran vespaio, ma pazienza, a ogni modo . son sempre stato Giovanni Boccadoro, ed ho detto come la pensa v o a grandi e piccini, e son troppo innanzi per mutal'e scuola. Dovete dunque sapere - ma per amor di Dio resti fra noi - .. che un uomo politico ha un bell'aver talento, studio, capacità, ardire; con tutte queste doti può benissimo restar sempre al primo gradino della scala e ad un bi - sogno anche morirvi di fatue . E che cosa può esser la sua fot·tuna? Una parola. Una parola basta a fat· la fortuna d'un uomo politico? Basta e avanza. Ma bisogna sapere scoprire quella adattata - qui sta il talen.lo - quella che t'a pel momento, quella cbe farà più

j5 colpo sull'uditorio, in date circostan~e ; e poi saperla dire a tempo con anima, con fot·za, con insistenza, con fede; ed in fatto di fede acca - dono fenomeni curiosi. Vi sono tali che cominciano dal dire una minchioneria senza crederci affatto; e poi a fot·za di ripeterla e vedere che . incontl·a e sentirsi dit· b1'avo, terminano col persuadersene e tenerla per articolo di fede, e intendete bene che quando si può giungere a tanto si arl'iva al sublime del genere e del mestiere. Passata di moda, o logorata la parola, passa di'moda quasi sempre anche l'inventore. Questo, s'intende, bisogna aspettarselo. ln Italia da tl'e anni in qua s'è fatto un gt·an consumo di parole, e un gran logorìò d'uomini per conseguenza. La prima, la principale, la pih usata e perciò la pih logora è la parola Italia. Hanno aHro in capo ora i nostri politici. Poi nazionalità, indipendenza, libe1·tà, riforma, costituzione, guerra santa, crociati, frat elli, tutte parole - e molte altre che taccio per non al - lungarla troppo - che hanno fatto fortuna, e la fortuna di qualcuno; ma tulte usate oramai ed arciusate, e da buttarsi tra ferri vecchi.. Ditemi un po'? un galantuomo (o più se vo- ' l~te) che si sentisse c.hiamato da Dio a uscir

2~ dai guai e rlivenlar qualche cosa di grosso, ministro, verbigrazia, e non volesse resistere alla voce celeste; ditemi se, volere o non volet·c, non o-ti toccava stillarsi il cervello rincfti~ trovasse t! qnella benedetta parola, nuova di fabbrica, che non avesse che far nulla con tutta la l'(~ba nsa1a, nlla qnale non si rivolta pih nessuno? E cosl appunto haunu fatto. Hanno trovata la · parola Costituente, colla controfodera del Ministero democ1·atico, e vedete un po'! se c' è voln1o nn pezzo a trovarsi tutti in sedia con un hravo porlafogl i solto braccio? # E poi dite che non basta una parola a fnt' fortuna! Vi dico io che val piit di quatt1·o nnmet'i sicuri. Delle due parole, quella che mi diverte di piit è la seconda, il Ministero detnocratico. E' parrebbe che i ministeri passati fo~sero dei dodici pari del re Arturo c della tavola rotonda! Bisogna di do: gli uomini sono gran corbelli! A contentare i pesciolini pure ci voglion brieiole. Gli uomini si contentan di parole e campa no d'aria. Secondo il mio poco cervello, . in uno stal.o eostituzionale ci deve essere un minister.o nè ùemoct•atico nè aristocratico, ma un ministero ,

2-a du~ provveda agli interessi di tutti, secondo le leggi comuni stabilite dalla costituzione, vale a dire, un ministero realmen te costituzionale. E se questo ministero sarà composto d'uomini ouesti e capaci, siano essi nati d' un duca e barone ovvero d'un bracciante, è cosa da non farne il miuimo caso. Se invece si vor rà o che siano tutti della co- - sta d'Adamo, ovvero tutti usciti d'un fondaco o d' una bottega, senza badare alla loro virlit ed al loro intelletto, non solo le faccende anderanno a traverso, ma anelassero anche a modo, sarebbe sempre non un governo per tutti e di tutti, un governo alla pari, un vero governo costituzionale e perciò della maggiori là, bensl un governo di parte, un governo di setta che stnrà in conti nuo contrasto, in ostilità continua contro Ja setta opposta finchè a questa non venga falto scavalcarlo. Vedete dunque che questo appellativo di Ministero dcnwcratico, o significa una cosa ingiusta, dannosa, che può esser germe di' discordie, disordini, e cagione perci_ò di debolezza nel governo, ovvero è una paro1a vana e senza sens'b, e che non dice nulla. 1\t i pare che parlo cose che intende ognuno, cose elementari che le vede un orbo. Oh, andategliela a far capire a certi, se vi ba2 '

2-6 sta l'animo! E con queste parole si diventa ministri! .Ma v'è un allro gua1o. Queslo vocabolo democratico, e fallo a maglia, s'al1unga o si accorcia a piacere e può audare a molte misure. Un professòre di Toscana, tra primi impiegali di quel governo, spiegava, non è mollo, il yocabolo in questo modo; diceva, che non basi a va essersi liberati d::~ ll'arislocrazia del sangue e de' titoli, ma bisognava liberarsi anco di quella .de' quattrini, della proprietà, e che non s'era fatto nulla finchè non si riduceva questa alla sola proprietà personale. Yale a dire che un uom dabbene non ha di suo che la pelle. La camicia è già furto, e quelli che la portano ancora sono aristocratici. C'è da consolarsi che i ministeri democratici del giorno non sembra11o per ora inclinati ad acceltare la definizione del professore, ed invec-e <li spogHarsi vado vedendo che ri\'Cslono sè e gli amici; e fin qui poco mnle. Come dunqtle jntcndono la parola democrazia ed il titolo di ùemocralico? Democrazia, come snpde, viene çla dcmos po.:. polo. Chi è il popolo? l)are un nulla rispondere a qneslo (1nesito, ep-

27 pure tutta la difficoltà sta qui. O per dir meglio )a questione sarebbe· chiara per sè stessa, ma c'era molti cui tornava che fosse oscura , e l'hanno imbrogliata in modo che non ci si vede ]urne. ' Vediamo un po' se riuscisse tirarla in chiaro. Ne' tempi addietr·o, ne' Lempi -del privilegio vi erano celi distinti. Clero, nobiltà, e popolo. Questi tempi sono passati. Rcquicscant, e non ci pensiamo .altrimenti. • Al presente, diuanzi alla legge eguale per tuUi, senza privilegi per nessun ceto, non è piit possibile ammettere distinzione veruna: ma siccome un nome bisogna pure darselo, come ci chiameremo tutti insieme? Popolo. Dunque chi è il popolo? Siamo lutti. Il popolo defìnilo ed inteso a questo modo è la vera, la sola autorità che esista al mondo, ora che sono sparite le fantasmagorie del dritlo divino; a quest'autoriUt m'inchino e dobbiamo inchinarci tntl.i. Non ne conosco altra maggiore o più rea1e, ed alla quale sia più giusto e ragio- . ' nevole obbedire. I\-Ia bisogna .star con tanto d'occhi, amici miei! "con quest'autorità, con questo popolo v'è chi sa fare di gran bei giuochi di bussolotti, c si trovano impresurj politici che in falto di colpi di

2H scena ne sanno un punto pih degli imp rcsarj teatrali. Quando siamo al teatro, e sia la scena, verhigrazia, nel foro romano; che un impresario metta insieme una cinquantina di visi piil o meno romani, li faccia uscire dalle quinte da un lato, girar davanti alla ribalta, rientrare dall 'a ltro lato e poi riuscire di nuovo, e seguitar lo stesso gioco, onde i cinquanta pajano migliaia, la cosa è in regola e saremmo mollo indiscreli se pel prezzo della porta pretendessimo di pii1, e rìon volessimo accettare quei cinquanta galantuomini come il complesso di tutto il popolo romano. 1\ia nelle rappresentazioni politiche, qtwndo la scena è sulle nostre piazze e per le nostre strade; quando poche comparse non solo vogliono farsi credere un int.ero popolo, ma pretendono esercitarne la suprema autorità, e far la legge a tutti, bisognerebbe esser imbecilli per accettar questa legge. Eppure ..... mi rincresce di dirvelo, la cosa va così, n è più uè meno. Una compagnia di comparse eli professori di ch iassi e di tumulti va girando per l'Italia da un paese all'altro coll'incarico di rappresentare • il popolo. Chi ha bisogno di un popolo, d' una dimostrazione per diventar ministro, o per allro, se l'intende col capo•comico, la compagnia ar- · riva, le sì danno pochi soldi, le parole da gr i·

29 darP, e In cosa è fuUn. L'indomani si vede comparire poi sul giornale ---:o che il popolo dcli'eroica ..... e qui il nome della ciltà << s'è leva to << come nu sol uomo contro chi calpesta i suoi di- « ri lti, tradisce la santa c..: nusa del popolo.... ccc. » E ln bnona g0u!e se la beve, e con qncste ig: ìobili farse si .t:Hrigono oramai le sorti d'Hali:.~, i des tini di qnesto infelice popolo conda nnato nd essere o preda d'estranei, o zimbell o de'suoi, di coloro che dnvr~bbero esserne i primi difensori, che l'hanno in bocca ad ogni momento e non purlano, non giurano che in nome suo! Povero popolo! Si gtida che i governi passati lo avevano avvil1to, corrotto; ed era vero pur troppo. 1\'Ia si corrompe meno ora, domando io? S' inganna meno? S'insulta, s'avvilisce meno? Qunl nome si dee dnre a chi induce o con menzognt o con denaro una classe povera ed ignorante a gft·cnarsi e commettere violenze per idee, per parole che neppur comprende? A chi falsa la prima, la più importante fra le educazioni d' un popolo che vog1ia esser libero, quella del rispetto alla legge, aHa legittima aulorith? E chi tiene questi modi per saziar l' ambizione e la cupidigia; chi per qoes te basse passion i abusa della semplicit.ù, dell' inco lpabile ignoranza del popolo, che titolo merita? ' ...

50 Chi ama il popolo veramente~ gli parla di doveri piit che di diritti, e sugli uni e sugli altri gl'insegna la verità. Chi ama il popolo, non lo adula come s'aduJavano i re assoluti, non gli dice come l'aio di tuigi XV disse al suo re bambino mostrando- · gli una moltitudine -Si re_, tctut cela est à vous! È vero che il popolo (re bambino anch'esso) ama ed accarezza chi l,adula, e respinge chi gli parla la verità. È vero che coa q!le!"ita o noo s'acquista popolarità o presto si p~rde, ma un uomo onesto può desiderare Ju popolal'ità e cercarla per 1'ie oneste e leali; deve però sapervi rinunciare piuttosto che macchiare la sua coscienza colle menzogne, od il suo onore coll'adulazione. ta popolarità è come il denaro. È lecito farne tesoro per vie incolpabili, ma si deve sapersene ~pogli~re OYe la virtit, l'amor di patria ve lo comandi. Se il popolo sapesse a qual caro prezzo gli si faccia pagare la popolarilà, ue farebbe dono con più giudizio! ~la, di rete voi, alla fine come si conosce il popolo, come si distingue il vero dal falso? Come si può sapere, quando si vede in piazza, s'egli sia il popolo l'cale o l'artificiale? Come si distingue?

5l Sarebbe lo stesso che domandarmi come si distingtte il gracidar de' ranocchi dalla voce della bufera e della tempesta. Nnn lo vedemmo forse tutto il popolo nella sua potenza, nella sua maestà l'anno scorso? N,on lo vedemmo tutti per l'intera Italia sorgere unito, compatto, innumerabile nella manifestazione òe' suoi desiderj, della sua allegrezza per la nuova aur·ora che si levava lucente sulla terra itatiaua? Non vedemmo a Roma, a Firenze, a Genova, a Tor)no., le piazze, le ,,ie, le chiese, i teatri rigurgitare dell'onda del popolo? le cnmpagne, i pnesi, le ville piene di feste, di canl.i, di bandiert:'? pieni i cuori di gioia, gli occhi di lacrime, le bncche d'evviva e di grida che salutavano un'età nuovn, un nuovo cielo, una terr~ · nuova? Non bastava vedere quell'immenso commovimento, quelle fronti sicure, quegli occhi arditi e set·eni per h•ggervi un sentimento comune, vero, prof<;>ndo; un desiderio unico, una speranza sola? E che cosa agita e suscita il popolo, il popolo vero, l'uni,·ersale; se non un sentimento vero, profondo, comune che esprima un bene renle per tutti, sentito, inteso e voluto da Lutti, sospirato da tutti? Quando uno di siffatti sentimenti si destn nél popolo, allot·a si vede sorgere il popolo reale, allot·a appaiono le grandi manifestnzioni di Roma,

. 52 Firenze, Genova e Torino nell'anno scorso! l'VIa per questè commedie di Costituenti e ministeri democratici non si scuole il popolo vero più di quel che si scuole un Icone aHa vista d'un grillo: e si vedono soltaulo le chiassate di <ftlt!st'anno, lo fur·se di Livot·no c di Genova re... citate da ignobili compar~e. Ecco come si distingue il popolo vero: non temete, nou c'ò da slwgliorc. Di questo popolo si facciano difensori, ilc'suoi dritti si facciano cu8Lod i i ministeri democratici, · ' inleuda ;w cosi la democrazia e staremo per l oro, e fat~emo di dimenticare di qual ragione fu il popolo che gl'innalzava ul potere e poneva in loro mano i destini d'Italia. Sì, dimenticheremo la loro origine, ma rimardt un lristo fatto da deplora t'e. Onde l'Italia veramente risorga. , v'è qualche cosa che passa innanzi all'ind ipendenza ed alla libertà: qualche cosa che è pih importante spaa·- gere, promuovere e predicare coll'esempio piit che colle parole. V'è una base da porre a fondamen to di tutto l'ediflzio senza la quale si sarà edificato su ll'arena; b base della probilà politica, del senso morale. In poch i mesi s'è pototo vedere pur troppo se esso ahboudi tra noi . c se vi sia necess ità ' ' anzi urgenza . che col0ro ai quali pih son volli

,..,,.. i) i) gli sguardi della moltitudine, le oll'rano esempj di virli1, di generosiUl, di lealtà e di sncrifìzio. Ora, fu un doloioso fulto il vedere in\'ece che uomini d'iutem2rata vita e di chias·a fama; uomini che pel passato avevano consecrale alla patria le veglie , gli studi, le fa ti che ed esposta per essa la vita, fossero ess i a dare il tristo esempio d' un potere acquis tato con poco nobili mezzi , con meno lealUq colla intimidazione della maggioritt\ tranquilla ed onesta per opera di pochi promotori di disordine, in uou parola per opera di setta. Lo ripeto, è un fallo tristo e doloroso; perchè già troppa in Italia è la foga, il dominio delle passioni individuali, de'privati interessi, già fatale a\la causa nostra si mostra lo sfrenarsi delle cupidigie e delle ambizioni ; ed a fat· fronte a questo torren te non bastano le teorie, le belle pagine, gli alli e g~ne rosi insegnamenti, anzi questi mezzi tornano af1'ntto inutili ed inefficaci, e soltanto efficaci sarebbero i belli e grandi esempi di coloro che s'acquistarono fama di virtù, di sapienza, di patria carità, di coloro che si posero a capi ed a guide della nazione. E quando questi falliscano al glorioso carico, quando in essi può troppo l'ambizione , l'amor di sè e de'proprii vantnggi , l'etfetto del mal esempio è purtroppo infinitamente piit esteso. 2*

\ 54 Chi non oserebiJe farsi scusa del suo mal ope· rare cogli alli d'uomini di dubbia vita, d'incerta fama, e di poco lode voi i anlecedeuli, trova nou solo scusa, ma assoluzione completa ne' portamenti d'uomini che ode essere virtuosi e degni d'onore e di rispetto. Il pii.1 contagioso ed il peggiore de'mal esempi non è quello dato da' tristi , ma quello dato da' buoni. Non è però mio desiderio render il numero tlegli angioli caduti, m:1ggiore di quello che è. Così invece potesse dipendere da me il f:u che l'Ila! i a annoverasse ogni giorno tra suoi figliuol i un'alta mente, un bel caraltère di più! Voglio dunque credere, c certo spero e des idero, che i mezzi oscuri , illegali e viol cnlf, che servirono onde levar~ in grado uomini che ogni buon Italiano ebbe in ono re ed in islirna, fossero usati senza t o t" o parleci paz ione ed a lor·o insaputa. l\la mi duole pel bene d' ltalia che crb sia avvenuto e che d sen so morale, l' cccitamenro a grandi sacriHzi, la ten denza generosa ed all a, abbiano ricevuta una tanta otl'esa da coloro che do,·evano invece furseue ora come pcl passato i piil gelosi ed ardenti propugual ori. Queste mie paroìe risuoneranno dure a pi1.J d'un orecchio: entreranno acule i a più d' ua cuore, ma queste parole dove\' ano esser pronunciate, pronunciate francamente.

:5~ Non si dirà che ia llnlia non s'è trovata voce che si levasse 3 difesa de' santi ed incorruttibili principii della giustizia, della verità, della le~dllt e dell'onot·c. Se l'udire tali parole contrista uomini, che IJo onorati e stimati, e che desidero potere onorare e stimare nelravvenire, come pel passato, neppure a me è dolce il pronunciarle. l.Ha l'ho stimato un dovere, c nel dovere non si guarda al diletlo: ho stimato poi che non si sconven :sse a me il dirle, perchè se io non risplendo per sapienza , per ingegno, per grundi fatti e per estesa fama, posso almeno dire a viso aperto e sicuro di no·n venire smentito, ch'io fui mosso in tutta la vita mia dall'amore di Italia, noa dall' amot· di me stesso, ch'io non cercai r i~ onori, n è gradi , n è oro , e posso dire che d i quello ch'io predico agli altri n'ho dato io stesso l'esempio. Voi forse, amici miei, troverete che son , poco modesto e che mi vanto. Posto che vi fosse venuto qneslo pensiero, sarebbe un tristo segno per l'epoca e pel paese in cui viviamo. Se per chi ha parlato, scritto e s~è adopera~o 3 pro della patria potesse esser vanto il dire , che quel parlare, que' portamenti non erano un amo per pescar ciondoli, ricchezze o porlafogl i; si doyrebbe lrarne argomento poco

56 favorevole alla morale pubblica. ed ngli uomini politici del giorno. Comunque sia , io credo che un uomo pui> rendere a sè stesso testimonianza di lealtà, senza ' esse t~ deU.o vantatore per questo. l\Ja d'nna cosa in un'altra mi lrovo aver mezzo smarrito i) primo proposito del mio discorso, quale era farvi conoscere in qu~l rn odo si fosse operata la mia metamorfosi, di li beral e in codino. Non credo però d'essere andato fuor di strada tanto quanto forse vi parrù a prima vista. Io enlrai a parlare de' chiassi di Roma, Livorno, Genova; delle Costituenti , de'ministeri democratici, della democrazia, del modo rl ' intcnderl a , d'intendere il pòpolo, d' intendere la liberU1, e poichè ho toccati tutti qnesli argo - menti vi trovo appnnto opportuni![• di tornare nel merito della causa del mio codini:;mo, ed anzi farne giudici voi stess i, el ettor i carissimi. Avete udite le mie opinioni sn que' pu nti che sono i pih controversi in questo momento. Ora - siate sinceri - vi par egli che il mio modo di giudicare sia quello d'un codino? d'un retrogrado? ct'un apostata della fede nazionale, della causa italiana? Non mi saprei mni persuadere che a tutte queste interrogazioni voleste rispondere con allreltanti sì. E credo invece che non lrovercte le mie opiaio:li poi tanto retrograde e codine.

57 Eppare per queste opinioni precisamente sono stato accusato, giudicato, convinto e condannato per codino ..... e potrei aggiungere giustiziato ; poichè sulla piazza di Livorno fui pubblicamente arso, in effi gie, badiamo, a grande edificazione d i tutti i gcnr.rosi, di tutli gli eroici fi·alelli che ass istevano a queste reminiscenze degli auto-dafè dell'antica inquisizione. .Mn consoiiamoci. L'anlica inquisizione durante molt i seco li ha certo brucialo il bruciubile, e non s i pnò accns:trla d ' a vm~ mancato d'attività. Non è p el' Ò riuscita a bruciare mai nè la ragi one, nè il buon senso. Avviso per l'inquisizione moderna ch0 forse s'immagina di riuscirvi . Ora l'i stor ia del mio codinismo, e di quello di molti allri , l'avete intesa e ne sapete quan to mc. Potrei aggiungere che oltre l' auto-da-fè di J.J ivorno fui tempesl.at.o d'articoli di giornali e d i letl cre ci eche, che mi annunziavano mi si sarebbe fatta la pcl1e; che venni sulle liste dci conda nnati a morte; e per quanto non ne credessi gran cosa di tutti questi esterminii, tuttavia siccome Ilo pu r veduto individui picchiati rna13mcn te per aver detto e stampato quello che pensavano ; sicèomc ho veduto prendersi d'assalto gli ufl1ci di ccrli giornali, che trovavano il basto del ministero democratico pih grave di

38 quello dell'antico ministero aristocratico; così ho detto uom e/w si guarda mezzo salvato , ed uscendo la sera giravo largo a' cani i e stavo preparato, ed in avviso per quello che potesse succedere. E allora mi veniva in mente che essendomi tutta la vita ingegnato di lavorare per la libet·Là, non potevo lagnarmi di. non esser riuscito nel- · rintenlo, poichè v'era persino la libct'là diJ picchiare chi nor1 la pensava come il ministero democratico ed i suoi amici. Del resto queste son cose di poco momento, e non voglio stare ad u[astidirvene pih oltre. Ilo parlato di me quel tnnto che era necessario, onde voi, miei elettori, sa peste che derrata avete per le mani. Ora parliamo delle cose pubbliche, sulle quali vi verrò esponendo certe mie idee; onde sempre più venia!c a conoscere come la pensi, e possiate giudicare se le mie opinioni quadrino colle vostre. Poid1è abbiarn parlato di democrazia, diciamo un po' due parole d'at·istocrazin, onde la questione sia veJ:.tta da tuili e due i lati. In ogni altro paese potrebbe dirsi un'anticaglia questa questione: ma in Piemonte no. Put' l roppo a guarda t· le cose si no i n fondo rn i p~H d~ vedt~r '-~ che sotto la questione politica ci sil sempre qutlla qnistione di classi e d'uomini , •

~9 qnetla t11~dedef. la tl'ibulatione del nohile e del nou nobile , che è pl\ggio della gramigna; più Si sharba, pih riciccia. So che poco ho abitato il Piemonte, e che ora da pih d'un anno ne fui assenf e~ io che per carattere e p~t· abito ho sempre odiato que' pettegolezzi e que'puntigli di celo, avevo sperato che, data la Costituente, <.lislt'ulli i privilegi, divenuli una san t~ volta Lutti eguali, non si par.. !asse piit di la li miserie, auzi neppnr vi si pensasse; e mi pareva ~i fossero Jn ftterie p ii.t importanti dn tral.tare e d~ condurt·e a !enn ine : ma ritorliato i n patria dopo po cb i gio rni mi sono accorto che la lite de'ce ti Juht - ---- aUo stato Ja... lente se vogli:Ht10 - nié.t dura, e elle siamo d'accordo al solito come le campane rotte. Anzi quas i quas i s i polreuoe dire che la ques tio· ne s'è complicala di pii.t, poìch è per l'addietro si trattava di nobili e borgll es i; Ota invece è entrata d i mezzo una c lassifieazione nuova dell'a.. ristocl'azia ; non v'è pih so lamente qu ella dèl sangue, ma è ven uta fuori l'tt ltra della _prop t'ietà , della ricchezza, dell' ingeguo; insomma pare ehe per andae bene bisognerebbe che una nazione fo.:;se eorne q!lell:t scatola Ji tedeschini di stagno, dove tuili i solduti sono precisamente simili ed eg·uali dal prituo sino alPulLimo - \ per la buona r:1 gione che con unu forma sola si fanu o lutti.

Invece dunque tl 'anùar avauti siamo andali addietro : e in qnesta come in altra cosa. Non mi lusingo certamenle d1esscre io da tanto da comporre o solo ravvicinare gli estremi di questa l ile, ma pure a forza di dire e di battere chi sa che a qualche cosa non si riesca. E se v'è poi uomo che si senta e debba esser tenuto imparziale in . questo fatto, souo io · quello certamen te. Tut! i qnanti mi conoscono, sanno che in quei tempi in cui si poteva far il cavalierJ e andar :1 cresta rilta, io fui sempre popolo per abitud ini e per costume, e direi democratico, se questa parola non mi fosse ven uta in uggia dopo che l'ho veduta diventar l'espressione d1una nuova nris tocrazia alla rovescia, d'un'aristocrazia dal hasso all'alto o a sott' insù, colle sue esclusioni, i suoi privilegi , le sue soverchierie ed imperUnenze, tale e quale come l'antica. E questa nuova aristocrnzia democratica ha tnlmente copiato i modi dell'antica che a chiuder gli occhi e non vedet' i visi e gli abiti e' par d'essere talvolta nell'età dell'oro, de'baroni • e de'signorotti, nel bel mezzo del secolo XVII; pare di leggere un capitolo de' Promessi Sposi, e che sian risuscitati i don Rodrighi c gl' Innominati. Costoro mandavano a dire ad un curato di

4i non marilat~ due giovani; ad un giudice di non proseguire un tal pfocesso. N on son mol! i, non dico mesi ma g1orni, si stampava a Livonio un giornale detto il Cittadino Italiano. Si prcsenlano i bravi al direttore, e gli dicono non 8ia at' clito di continuare la sua pubblicazione, altrimenti...... · A Genova ora pcndeilte un p1·occsso per gli ulti mi dhìOI'dini. t)l pret;cntnno i hrovi al giudice, e gli dicono chu s'e.glì sarit tanto ardilo da continuurlo, nvrà da far con Joro. Domando io se ft·a questi nuovi don Rod~'ighi cd il don Hodrigo vecchio c'i sia differenza? E domanderei poi a coloro che vogHono rimottel'lo in moda: -c rubarg!i il meslicre, se essi ct'edo no che il mondo abbiu tt~o!o pensa t o, studiuto, discusso; abbia tanto combattuto e soff0rto, c futl.c · tante rivoluzioni e tnnto tra menlo per non ottenere nllro che di cambiare il don Roùrigo vecchio con nn don Rodrigo nuovo? Per mutare un dnn Rodrigo di bucnto, con un don Rodl'igo sudicio? Se l' immaginas.sero, mostrerebbero di saperla ]unga, affeddiddio! lo so, e lo concedo, e r~to detlo, c l'ho scr'iUo •' e stampa to, che l'aristocrat~ia vecchia - non solo quel la dei tempi di don Rodrigo -ma quest'altra più vìcina che tutti abbiamo veduta, per

42 quanto Cosse oramai spogliata d'ogni privilegio, era pur sempre una cosa strana, non adattata ai tempi, uua cosa incomoda, nn vecchiume. Ilo d~tto e scrilto che molti fra' nobili, forse anche senza volerlo o avvedersene, mostravano nel fare, nel di scorrere, nel tutt' insi (~ me un non so che da farsi aver in tasca dal prossimo. Ilo lavorato per r1nanto pofevnno le mie fo1·ze, · c, bisogna esser giusti, hnnno lavorato con me altri dell 'nristocrazia, onde si venis~e a quelle tol'me <.li governo che tolgono ogni privih1 gio, scio1gono le gerarchie, le corti, e tolgono di potersi nnoml)ÌCat·e su pc' rami dflgli alberi gcnoalogici, onùc coglier le fa·utta migliori, mcnln~ gli altri slunno coll'acqua alta bocca ed a stomaco vuoto. Tutlo ciò è stalo fatto, s'è nlla metn; il randello è pa~!ilato. sn tntli i capi, e ciii lo portava più alto degli altri ha dovuto fnr ln riverenza, J'arisl.ocrnzia è caduta, è in terra, e sto per dire mo1·ta e sotterra t a. Ot·a poi mi pare basti; mi pa•·e che si possa far pace, vivere e lasciar viven\ c ricordarsi che in Italia ci sono queslioni più importnnti di quelle dei conti e delle contesse, ed altt·e colpe più gravi di quella d'esser nato di loro. Se nell'allro mondo - non pnrlo di quello avvenire, al quale siamo tutti avviati, ma del

45 mondo passato, di quello più d'ogni altro oscuro e ignoto, donde partono le nostre anime per venire a vestirsi di corpo sulla terra - se, dico, in cotesto mondo le anime poless._ero scegliere il loro posto quaggiù; se vi fosse, verbigrazia, un ufficio ove, a somiglianza delle stazioni della strada di ferro, si potesse a piacere domandare i primi, i secondi,. i terzi posti, un posto di conte, un posto di marchese, concederei che si potesse fur un delitto a chi avesse avuta la pr~suntione di prendere un posto at·ist.oct·utico , ed arrivare su questa terra sotto fot·mu ùi cavaliere. 1\Ia questa cosmogonia, o piutlosto psicogonia, non è, che io sappiu, tenuta per cc1·ta da· nessuno, e per conseguenza nessuno può esser reso responsabile dellq sua fede di battesimo. E se si intentlesse spingefe tanto le cose da v.ole•· nmdere reale ed etfetliva questa responsabi .. lità e far un clelil.to ad un galantu<>:mo pel solo fatto d' esser nato di sangue blc·u, accadrebbe qu.ello che è sempre accaduto e sempa·e accadrà quando se ne vuoi tt·oppo, e si pretendono co:- se ingiuste; che chi si sente picchiato a tor·to, ripicchin, chi non è lasciato xh'ere non lascia vi.. \'ere gli altri , ed invece di godersi ognuno un po' di bene, c'è del malanno per tu Lli: che come si suo( dire « L' ingordigia, rompe il sacco, » e chi lo fol'za troppo lo strappa.

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