Massimo d'Azeglio - Ai suoi elettori

i2 5i può dire, ha comincialo dopo l'armistizio, o almeno dopo quell'epoca, s'è reso piit sensibile anzi incomodo , m,ha coho in Fi1·enze, ove stavo ingegoandomi tli guarire, ed io elle ho sempre voluto liberUt vera, libe•·tà per tutti a _ un modo, libm·tà libe1·a- all'incirca come i contadini dicono giustizia giusta -m'è pat·so inTece di vedere che si voleva cambiar frasca e non cambiar vino, che non si voleva piit dispottsmo dall'alto, ma che se n'andava mettendo insieme• · un altro, nuovo di fabbrica, un despotismo dal basso, e che tutto si riduceva a mutare un basto vecchio con un basto nuovo, c credo che se gli asini potessero parlare direbbero che c'è sempre poco guadagno. lo che in questo la penso p1·ecisamente come gli asini, dissi fra me e me: - Così non ha da andare! -Ed appunto in qllei giorni cominciava quella tribolazione di Livo1·no, ed ogni giorno chi veniva di Firenze- ero in villa allora- me ne diceva una nuova: Che a Livorno il popolo aveva levato il rumore, e poi messo i n prigione il governatot·e, e che volevan calato il prez~o del sale e le paghe degl'impiegati, e poi che non c'era piil modo a tenm·li; volevan la guort'a, e la guerra subito al momento senza tanti discOl'si. Io capivo bene che non era affare n è di sale, n è d'impieg~ti, n è di guerra, e

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