Una città - anno II - n. 12 - aprile 1992

Identità e radici. Manipolazione genetica. Necessità di porsi dei limiti, anche radicali. Aborto, libertà di scelta, procreazione responsabile. Questi i problemi, centrali nella vita degli individui dei paesi moderni e specchio della foro concezione d, sé, affrontati da Giannozzo Pucci. sonale, senza una fede particolare, si possa arrivare a spogliarsi più di tanto. Esiste un livello sociale che deve fare queste scelte; la scelta di non usare la macchina la domenica può essere falla solo a livello istituzionale, non può essere fatta dai singoli, non sarebbe giusto. Le persone possono trarre felicità da una scelta pubblica di questo genere, ma solo se viene fatta a livello istituzionale. La persona che si autolimita non può trarne uguale soddisfazione; può succedere se ha una fede particolare, ma in questo caso non lo fa per autolimitarsi ma per la felicità che gli deriva da quel rapporto di fede. Dicevi che non c'è senso ad accumulare beni, ma se si parla di biotecnologie non si parla di un problema di tipo accumulatorio ma della vita in sé; della potenzialità e dei bisogni della vita in quanto tale. Come si può dire no al rimedio a malattie tremende in nome di una presunta naturalità? Il no è dovuto a due ragioni. Innanzitutto per i costi. Dicendo sì non puoi evitare che le nuove tecnologie portino ad una moltiplicazione pazzesca delle disparità e questo significa che non puoi più controllare l'uso di questo mezzo. più di tanfo male in un ambiente naturale non si può fare La tecnologia è ambiente; ha preso il posto che nel rinascimento aveva l'arte, quindi é ambiente. E una volta introdotta una determinata tecnologia nell'ambiente l'hai introdotta per iI bene e per iI male, perché l'ambiente è bene ed è male.C'è un ambiente che funziona per controllare il cattivo uso, il male, le cattive scelte dell'uomo: più di tanto male in un ambiente naturale non si può fare. Le biotecnologie incidono sul vivente e quindi si cambia l'ambiente e lo si cambia in un modo in cui l'uso buono è l'eccezione e l'uso cattivo diventa la regola. Questa è la conferma che il buono che questa tecnologia potrebbe portare è incommensurabilmente meno del male che porterà. Poi c'è una ragione etica per il no, una ragione che riguarda l'identità. Nel caso di un bambino affetto dalla sindrome di Down non so se intaccando quella sindrome con un cambiamento genetico non si vada anche ad intaccare qualcosa della sua identità. Mentre se io trovassi un modo naturale di curare la sindrome di Down la sua identità rimarrebbe intatta. E questo solo perché il rimedio è naturale? No, perché non supera la soglia della manipolazione dei geni. Allora l'identità è solo una questione di tipo genetico, biologico? sono importanti solo biologicamente, l'uomo è come un albero rovesciato che respira dalla chioma. l'uomo è un albero rovescialo, con le radici nella chioma E' come se avesse le sue radici nel pensiero. Ma ognuno di noi non ha qualcosa che trascende il nostro essere biologico? L'avere le radici nella chioma: non è questo che ci dà l'identità? No, l'identità è qualcosa di molto più profondo. La tesi secondo cui l'embrione diventa persona nel momento in cui comincia a sentire dolore, a capire il mondo, a provare sentimenti e desideri, postula il primato della conoscenza scientifica e questo è incompatibile con il rispetto dell'essere umano e di tulle le forme viventi. Le tecniche di fecon9azione in vitro, l'impiego degli embrioni a scopo di ricerca, negandone l'oggettivo carattere umano e sottoponendoli ad obbiettivi ed ambienti arbitrari, contrasta col principio che un essere umano non debba essere a completa disposizione di altri. L'unica tutela reale in questo campo è riconoscere il diritto-dovere alla formazione e allo sviluppo degli embrioni nel grembo materno e alla più ampia e illimitata tutela della donna da ogni forma di soggezione alla tecnica. Ogni cellula capace di riprodurre un essere umano intero è inscindibilmente legata all'io, cioè ali' essenza della personalità dell'individuo cui appartiene. La possibilità di rendere le decisioni scienti fiche così potenti sulla sostanza vivente deriva da tecniche capaci di ·esercitare una profonda violenza sulle cellule germinali, applicando nel loro mondo microscopico quei principi schiavistici da tempo banditi dal mondo visibile. Ogni interferenza inquesto campo lede il diritto al libero sviluppo della personalità e della coscienza perché introduce elementi immateriali di distorsione irreversibile dell'identità. Non c'è solo l'identità della persona, questa si può deprimere, può essere bastonata con atti che in un certo senso la negano. Tu puoi volontariamente farti schiavizzare e in tal modo deprimi la tua identità e la tua coscienza. Donare gli spermatozoi non è un allo di un livello molto alto da un punto di vista umano e culturale, non è un atto che potenzia l'identità dell'io. Gli spermatozoi devono fare la fine che fanno, seguire il loro corso naturale. Non devono essere utilizzati per altri scopi, questo lede l'identità, lede il tuo io, l'intimità più profonda. Allora ritorno al discorso delle nascite: naturali fino a che punto? Fino all.'aumento scellerato degli esseri umani sulla terra? Siccome noi siamo incapaci di autorestrizioni abbiamo totalmente eliminato dal nostro panorama l'idea, il significato, il valore e la ricchezza della parola castità, che è quasi un tabù nel nostro mondo. per i bisogni si dà un'unica risposta: soddisfare i bis~gni L'identità è qualcosa che io non so definire, ma che ruota attorno alla trasmissione della vita. Quindi io non posso superare la soglia della trasmissione della vita con interventi scientifici. Non posso sottoporre alla conoscenza del bene e del male, tipica del mondo scientifico, le cellule umane, quelle delle piante e degli animai i. lo posso selezionare piante e animali, scegliere il seme di questo o di quello, ma della pianta intera. Non devo andare a scavare nel DNA per scegliere questo o quel pezzo. Noi abbiamo radici che non Soprattutto nel campo del sesB I 110eca G1 o B1a so la tendenza, la civiltà, è tale per cui il sesso è quasi un obbligo. Il desiderio fisico è come separato dai rapporti fra le persone: è come dire ho bisogno di bere ed è una cosa separata, ho bisogno di mangiare ed è una cosa separata, ho bisogno di andare al gabinetto ed è una cosa separata, ho bisogno di sesso ed è una cosa separata. E ad ognuno di questi bisogni è obbligatorio rispondere in un'unica maniera che è quella di soddisfare il bisogno. Questa cosa, fra l'altro, intacca i rapporti di vera; profonda, sostanziale uguaglianza fra i sessi, non in senso materiale, ma in senso di dignità e di dialogo profondo. Perché si è portati a considerare l'altro sesso come una miniera per soddisfare un bisogno sessuale che non può mai essere negato. E' la civiltà dei consumi e del benessere. nella nostra fisicità, nel nostro corpo, c'è tuffo l'universo Quindi è difficile una risposta, è chiaro che io sono contro ogni forma di aborto, in qualunque circostanza, ma se dico questo postulo immediatamente il problema dell'autorestrizione. Ma non per evitare di avere i figli, che sarebbe di nuovo una cosa meccanicistica, ma perché esiste un valore in quella realtà. L'attrazione genitale fra le persone è solo una delle tante attrazioni e il dare troppo spazio a questa toglie spazio ad altre forme di dialogo profondo che ci possono essere anche fra marito e moglie. Livella idue ad un tipo di amore che, fral'ahro,èmolto recente. Direi che questo tipo di sessualità non è mai riuscito a riscattarsi dal moralismo vittoriano; in un certo senso è quasi il suo opposto, è l'altra faccia della medaglia. Non per dare dei modelli, ma il problema del controllo delle nasci te fra i popoli indigeni non è mai esistito. Certi popoli usano delle forme di autorestrizione pernoi inconcepibili: per esempio, fra gli Hunza quando la donna si accorgeva di essere incinta lasciava il letto del marito e ci tornava solo dopo aver svezzato il figlio, e non sono morti di malinconia. Non li voglio santificare, altre popolazioni avevano altre risposte, ma erano risposte culturali, legate ad un valore e non una cosa funzionale e basta. Tornando alla questione dell'identità, la valenza che dai all'embrione non dà per scontato che si sappia cosa sia nella sua essenza quell'embrione; non postula che l'essere umano sia essenzialmente un animale incapace di pensiero critico? Tocchi un punto chiave, perché nella nostra fisicità, nel nostro corpo,c'ètuttol'universo. Una delle contraddizioni principali in cui mi sembra che la Chiesa sia caduta è proprio quella di ammettere nei confronti della natura e degli animali quello che non si ammette nei confronti dell'uomo, per esempio nel campo della manipolazione genetica. Cosl facendo si apre una porta, che poi non si può più chiudere, per la manipolazione dell'uomo. Perché l'uomo ha le stesse leggi, sul piano biologico, delle piante, degli animali. Quindi quando guardo un'embrione al primo stadio, ed è la cellula uomo, io contemporaneamente ci vedo entrambe le realtà: c'è tutto l'uomo dentro. Certo non c'è l'uomo che ha fatto le scelte, CO ancora non le ha fatte. Ma non è questa capacità di fare scelte che ci definisce come uomini? Ci definisce nei confronti delle responsabilità della nostra vita. Noi non siamo responsabili di quello che ci avviene, non abbiamo fatto scelte. Non abbiamo esercitato la libertà, ma potenzialmente l'abbiamo tutla, intatta. Siamo nelle mani del Padre come un indigeno nel corpo della terra, perché siamo liberi: è il momento di massima libertà e felicità come esseri. la scelta vale con la bilancia pari, quando costa veramente Quando il bambino nuota nel liquido amniotico sperimenta una libertà, una felicità materiale che poi ricercherà sempre, che cercherà di riattualizzare nel corso della vita e nel contallo con la terra, con le stagioni, col profumo dell'erba, con gli alberi, gli uccelli,(' aria, sentirà ritornare queste pulsazioni, queste ondate provate in quel momento. Forse difficilmente le riproverà come in quel momento, perché nel resto della vita, nel momento della coscienza e della scelta, avrà sempre il pensiero della morte che lì non ha. E' come la pianta ali' origine, vicino alla creazione; è il momento in cui è più vicino al dito di Dio, è come se fosse nel paradiso terrestre, prima della caduta. Ma questa idea di una libertà originaria, fetale, che sempre ricerchiamo non è simile a quella che sta alla base del pensiero tecnologico, che ricerca il paradiso in terra? Non può darsi che gli esseri umani non siano di per sé liberi e che, proprio perché coscienti della morte, siano da questa consapevolezza obbligati a fare scelte, ed è qui che si gioca la nostra umanità e la nostra possibile libertà? No, perché allora Adamo non sarebbe stato uomo, non sapeva cosa significasse dover morire, ma era libero e ha scelto di mangiare il frutto proprio perché era Iibero. E perché c'era iI frullo? Il frullo, diciamo, era il limite. Ma se non sappiamo di dover morire è ovvio che mangiamo il frutto e lo mangiamo senza neanche sapere il perché; non è solo sapendo di dover morire che posso decidere come vivere, quindi anche di limitarmi? Nel momento in cui è nell'utero il bambino non si trova nella condizione di poter scegliere, ma nemmeno a sei, dieci anni. L'educazione dei genitori avviene tutta nel primo anno; in questa società, poi, le scelte vengono spostate sempre più in avanti. Ma questo non vuol dire che non sia uomo anche prima. La vita si gioca quarrdo la bilancia è pari, quando sei proprio tu che scegli. Son convinto che sia così. Quella vecchia morale che prendeva per buono il pentimento di chi, libertino per tutta la vita, dopo averne fatte di colle e di crude ali' ultimo chiamava il prete e si pentiva, non mi convince proprio. Non credo che abbia ancora la possibilità di giocarsi le· sue carte: la scelta vale quando la bilancia è pari, quando costa veramente, quando sei proprio tu, e non hai giustificazioni. Se hai giustificazioni è quasi una non scelta. La scelta giusta è un po' più annebbiata di quella non giusta che, invece, è sfavillante, che ti attrae o ti impaurisce. Allora la bilancia è veramente pari, perché pende più da una parte. La scelta è l'atto sovrano della vita, quello su cui ci si gioca la vita e non si vorrebbe perché costa e perché le conseguenze lì per lì non sembrano nemmeno tanto grandi, mentre dopo sono enormi. Ecco perché non mi convincono le concezioni dell'India sulla reincarnazione. Se ti reincarni quella non è scelta, perché qualunque cosa fai poi ti reincarni, e allora? Per me è la scelta che fa l'uomo. Ma come posso sapere se uno ha scelto e quindi se è veramente uomo? Non posso dire uomonon uomo, perché non posso giudicare. Non posso giudicare se uno ha fatto la scelta buona o cattiva, se l'ha fatta o non l'ha fatta. Come faccio a saperlo? Posso giudicare a partire da me, dal mio rapporto con la vita e con la morte ... Questo è molto giusto. Significa che guardi al problema come guardare a te stesso. Ma se fai così, vai a chiedere a uno rimasto a letto per tutta la vita, per non so quale malattia e morto a trent'anni; vagli a domandare se valeva la pena di vivere. A chi dice, per giustificare l'aborto terapeutico, che nel tal caso non valeva la pena di vivere, io chiedo: come lo sai? Una delle conseguenze più gravi dell'aborto legalizzato sta, nella generalità dei casi, anche da parte di medici che si dicono cattolici, nel tipo di considerazione che c'è negli ospedali per i malati, per certi tipi di malati, per la morte e per la vita. Qualunque cosa farai, non toglierai mai i disastri, le sofferenze, quelle ci saranno sempre. Ma quello che hai intaccato ammettendo l'aborto legalizzato è irrimediabile. Vi faccio l'esempio di una cosa capitata a me. Una mia zia molto anziana era in ospedale, soffriva di cuore. Anch'io di fronte ai douori ero in soggezione, non mi sono accorto di quello che succedeva. Lei dava noia, si voleva alzare. Siccome dava noia le hanno dato un calmante. Io ho dello "ma ...", invece dovevo dire "No". Lei è morta e le hanno rub~o la morte. Perché le hanno dato il calmante e perché non é tornata a morire a casa: questo era quello che voleva lei. Ma queste cose si fanno così, con noncuranza e disinteresse verso il malato. Questo è conseguenza dell'aborto, perché al piano di sollo si fa l'aborto. Diventa una cultura. Ma stai dando un giudizio di fatto o di valore? • E' una sensazione che io ho. Una volta ammessa quella cosa, passato quel limite, quel1' altra cosa diventa quasi comune. Intendiamoci, poteva esserci lo stesso, ma io ho la sensazione che sia più diffusa. E l'aborto clandestino allora, non era forse peggio? Molto meglio i clandestini. Nell'aborto clandestino una donna rischia di persona. Ed è clandestino, c'è il senso del pudore della clandestinità. Però io non posso chiudere questo discorso se non dico anche ché sono a favore del ritorno alla ruota in cui abbandonare i bambini. quello clte ltai intaccato ammeHendo l'aborto è irrimediabile Sono per riaprire le ruote, perché trovo di un'inciviltà pazzesca, per un popolo, chiudere la ruota e permettere l'aborto. Quando poi si tr◊vano bambini nel bidone della spazzatura ogni settimana e ospedali che fanno attività culturale. Guadagnano soldi affiliando i loro locali bellissimi per convegni e poi li spendono in ricercatori che vanno a studiarsi libri antichi scritti al tempo in cui invece i bambini nella ruota venivano messi. Non è detto che l'aborto legalizzato tolga la consapevolezza di ciò a cui si va incon- ' tro. Come,d'altra parte,non è detto che l'aborto clandestino garantisse tutto questo pudore ... Anche questo non può compensare la violazione della morale di tutti che l'aborto pubblico ha comportato. Tu non puoi, come Stato, come società, ammettere l'aborto istituzionalizzato: mentre ammetti l'aborto ammetti una liceità sociale. Anche se poi le singole persone lo vivono.con grosse contraddizioni, c'è H fatto sociale complessivo, i giovani che crescono con questa cultura. E i quindici figli fatti senza pensarci sono meglio dell'aborto? Sì. Io sono contrario alla maternità ed alla paternità responsabile, perché nell'uomo e nella donna la paternità e la maternità devono essere irresponsabili, come lo sono per un moscerino, per un filo d' erba. Perché c'è qualcosa che è più grande di noi, a cui noi dobbiamo essere al servizio. Qui si introduce un concetto scientifico, che è quello della responsabilità, mentre questa viene dopo, al momento che il bambino nasce. Non si può programmare il figlio: o un figlio o le vacanze. Ma non è questa la procreazione responsabile, queste sono banalità. Sì, ma è un banale mollo diffuso. Quello di cui dobbiamo preoccuparci sono le idee forza. Oggi idee forza non ne esistono, anzi non esistono idee. - UNA CITTA' 3

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