Una città - anno II - n. 12 - aprile 1992

DIBATTITO leffera Spazziamoli via! Sì, spazziamoli via, in maniera forte, chiara, inequivocabile; non meritano nulla! Neanche il rispetto che si concede al nemico, loro sono peggio. E al peggio non c'è mai fine. Hanno il potere, e lo usano per umiliarci ed angosciarci. Ma noi perché ci facciamo trattare così? Solo perché non abbiamo un progetto politico credibile che ci unisca e ci dia la forza per cambiare. O ci sono altre motivazioni? In campagna elettorale potrei cavarmela dicendo vota PDS, cosa che io faccio (preferenza Masini), ma non basta e non può bastare. Tutti capiamo che queste elezioni sono importantissime, e bisogna schierarsi e io mi schiero, è sbagliato nascondersi, far lo gnorri. Attenzione, la democrazia, il voto, la costituzione, la resistenza, secondo me sono valori insostituibili. No, non è retorica, io parto da qui! Fermatevi un attimo, non voglio e non posso farvi l'elenco delle cose di questi 20 anni. Sì, vedetevi un pessimo film, il primo tempo era cominciato bene, poi lo sapete come si è sviluppato, ora per me siamo al gran finale. Considerando che "i nostri" non arriveranno, che fare? No, non fate i furbi, non serve staccare la corrente, il film si ha da fare!! Ecco io voglio cambiare il regista, gli attori, la sceneggiatura, ma non sarà solo il voto che ci aiuterà. No, dobbiamo tornare ad essere protagonisti, rioccuparci in prima persona della nostra vita. Fermatevi una seconda volta, rispondete a voi stessi di quello che fate. Non si tratta di far rivivere un discutibilissimo passato o no! Noi che riteniamo di avere qualche cosa da dire, diciamolo! Abbiamo dei doveri con noi stessi. Smettiamola di nasconderci dietro i figli, la famiglia, le certezze che poi crollano al primo vento. Questo paese per me va alla deriva, dobbiamo inventarci il futuro e vederlo! Sì, vederlo. Io da tempo non amo più le vittime, basta, non le si può più sopportare. Dobbiamo usare gli strumenti che ci siamo dati, portarli giù dalle soffitte, ungerli ed usarli. Arriverà il tempo dove ci sarà bisogno di sentimenti forti, riscoprire valori veri, smetterla con le etichette. Sì, io sono preoccupato, non si può trasformare l'angoscia in ulcera. Bisogna ribellarsi. A Samarcanda tempo fa si parlò del "partito che non c'è". Ora Samarcanda tace (siamo in democrazia vero?), ma noi che l'ascoltiamo facciamo in modo che il 5/6 aprile nasca quel partito. Spazziamoli via! Buon lavoro. Valerio Pacchetti Da un nostro abbonalo abbiamo ricevuto una leffera clte ci invitava a schieraci nelle elezioni del 5 aprile. la riportiamo qui soHo. E' stato lo spunto per un dibaHlto fra alcuni di coloro clte fanno li giornale, per fare li punto su cosa stiamo facendo. Hanno partecipato: Fausto Fabbri, Franco Melandrl, Paolo Bertozzi, Carlo PoleHi, Gianni Saporeffi, Massimo resei Potetti. Secondo me nella lettera c'è il classico atteggiamento della forzatura elettorale, è una lettera scritta di impeto, in maniera romantica, dopo aver ascoltato i vari programmi che ti dicono: scegli questo, scegli l'altro; dopo aver respirato il clima che sta crescendo e quindi: "ritorniamo", "facciamo fronte", tutta l'attrezzatura nostalgicoideologica, "è ora di finirla", "il momento è grave" e vai. Finito il 5 aprile, un'occhiata veloce ai risultati, è andata male, è andata bene, ci vediamo alla Vecchia Stazione ... Il mio non vuole essere l'atteggiamento del radical-chic, però ho questa sensazione, anche parlando con altri: bisogna prendere partito, bisogna infervorarsi, spararle, e poi basta. ***** Melandri. lo mi chiedo se queste elezioni siano veramente quel momento cruciale che tutti, anche Valerio, sembrano credere. Mi chiedo se questo insistere sul pericolo delle Leghe o sulla crisi della sinistra sia dovuto al fatto che tutto questo si è rivelato nella sua drammaticità solo con le elezioni o se, invece, queste vengano in qualche modo drammatizzate per trovare, magari inconsciamente, una ragione per partecipare ad un rito. Un rito che, in fondo, non ha più tanto significato, ma che alla gente piace perché così si sente protagonista. A me sembra che la situazione di oggi non sia meno grave di un anno fa: è già da un pezzo che le Leghe sono ali' attacco, che il razzismo è sempre più diffuso e sfacciato, che la maggioranza della gente, soprattutto quella di sinistra, blatera spesso senza sapere quel che dice o vuole, che la sinistra è confusa. cosa fai domenica? Non so, torna mio figlio, sto con lui La drammatizzazione elettoralistica, invece di farmi saltare sulla sedia, ali' opposto mi fa sentire molto distaccato. Chi ci chiede di schierarci, soprattutto adesso perché ci sono le elezioni, in fondo si adegua al clima imperante; mi sembra che voglia la "linea" invece di cercare di capire. Noi, di fatto, ci siamo schierati più di una volta: del razzismo, dell'importanza della memoria, di quanto sia importante chiedersi che rapporto avere col diverso e chi sia il "diverso", parliamo da sempre; è su queste tematiche che è nato il giornale. Quello che ci viene chiesto da varie parti è, in fondo, di schierarci per la squadra. Ma se a me della squadra in quanto tale non interessa nulla? ***** Fabbri. L'altro giorno incontro un vecchio amico che mi fa "cosa fai domenica?". Un po' perplesso, perché qualsiasi proposta mi sarebbe parsa oltremodo strana, gli dico che tornava mio figlio dalla gita scolastica e stavo con lui.L'altro mi fa, "no, cosa fai alle elezioni". Ma a quel punto non c'era più bisogno di rispondere. Il più era stato detto. C'è stato un periodo per noi, e lo è per molti anche adesso, in cui il risultato elettorale aveva un'influenza diretta sulla nostra vita, in questo senso: uno è impegnato in un partito e buon parte della sua vita è spesa a lavorare in quel partito; come va il voto lo influenza in maniera diretta, il giorno dopo avrà difficoltà con i colleghi o gli avversari; sarà più felice, più contento; tutta una serie di rapporti personali vengono influenzati dal voto, e così è stato per noi quando eravamo impegnati in politica, quando ci interessava il voto o la riuscita di una manifestazione. Questo per dire che a noi interessano ancora le elezioni, ma quasi per forza di inerzia, però non c'è quasi più attinenza con la nostra vita sociale: che la sinistra vada bene o vada peggio non ha influenza diretta sulla nostra giornata quotidiana, ciò nonostante, è una scadenza politica che ci troviamo a seguire con interesse e con tifo. La questione del tifo secondo me andrebbe esaminata, perché a me capita, per esempio, di guardare casualmente un avvenimento sportivo e di fare il tifo non fregandomene assolutamente niente dei concorrenti. Mi piacerebbe capire quanta parte c'è di questo tifo oggi, quanta inerzia dal passato e quanto bisogno, invece, di fare di nuovo i conti con la politica, quanto è razionale un atteggiamento nei confronti di una scadenza che comunque ha delle conseguenze sul piano politico. Rispetto a questo, uno ha detto che l'ha sentito dire tutte le volte che le elezioni erano le più importanti, ad ogni elezione. Ed è vero. Un altro però ha ribattuto: attenzione, perché "attenti al lupo, attenti al lupo", ma poi il lupo arriva davvero. E anche questo è vero. Sono due cose vere, però non chiariscono il problema. Questo mi piacerebbe capire: quand'è che arriva il momento in cui a uno, se si considera cittadino della comunità in cui vive, non è consentito estraniarsi, anche se non gliene frega molto dei meccanismi della politica. Se c'è un momento, com'è successo nella storia, in cui CO succede qualcosa di grosso e ci si sente di dover intervenire. ***** Bertozzi. lo mi chiedo invece quando le elezioni non sono state importanti. Credo che, in società come le nostre, il problema delle votazioni sia importante perché mette in moto il problema della legittimazione. Sono d'accordo che iI problema delle Leghe non si pone esclusivamente adesso, ma la questione è se la Lega, pel momento in cui viene legittimata, cambi o non cambi la situazione. Affrontare le elezioni come un problema personale, porsi il problema se il 5 aprile cambierà qualcosa nella nostra vita quotidiana, è uno degli aspetti che le elezioni si portano dietro. spostano la vita? se si il problema di schierarsi c 'é Sembra che queste elezioni siano più importanti delle altre perché si paventa un cambiamento, il problema è che non ne è ben chiara la direzione. Allora mi chiedo se dar forza ad alcuni schieramenti anziché ad altri non ti cambi la vita, non solo a livello individuale, ma anche collettivo. Penso, per esempio, al problema della democrazia. Nelle società ci sono ambiti dove questa sbandierata democrazia non esiste, e sto pensando alla tanto dimenticata fabbrica, dove non esistono possibilità di utilizzare strumenti di questo tipo. Probabilmente una grande cosa come lo statuto dei lavoratori, che è diventato legge, che ha avuto la legittimazione e ha aiutato a percorrere un piccolo cammino, c'è stata perché ci sono state determinate elezioni, determinati spostamenti in un senso o nell'altro. Io trovo che sia sempre necessario porsi il problema se l'ambito politico che viene fuori dalle elezioni sposti la vita della gente o meno. Se la sposta, è giusto anche porsi il problema se schierarsi o no. ***** Melandri. E' indubbiamente vero che l' ambito politico sposta la vita di tutti, se così non fosse, non saremmo neanche qui a parlarne. Ed è indubbiamente vero che una lettura schematica di tale ambito magari ti permette di avere una bella posizione etica, ma sicuramente non contribuisce ad un tuo coerente modo di essere quotidiano. Io, per esempio, non sono più l'astensionista duro e puro di una volta, non me la sentirei più di farlo, però questo non mi porta neanche a dire che allora questa democrazia va bene. Quello che mi è chiaro è che non riesco a sentirmi partecipe dell'andazzo. Questo non vuol dire che non sia mai necessario prendere posizione, e magari anche schierarsi. Quando il nazismo comincia a distruggere le botteghe degli ebrei, uno che dica che della politica non gli interessa niente è schierato di fatto. Come dice Hans Jonas riferendosi ad Heidegger: uno che di fronte alla persecuzione degli ebrei non prenda posizione rimane certo un grandissimo pensatore, ma personalmente finisce per essere un miserabile; e se questo vale per Heidegger figuriamoci per gente comune come noi. Giustamente mi si dice che le elezioni sono nate anche per evitare che si arrivi fino a quel punto e non è che, razionalmente, non mi renda conto di certe cose, me ne rendo conto benissimo; ciò nonostante non mi sento spinto a partecipare attivamente. La qual cosa non vuol dire che non sia curioso, ma è un po' come.guardare il festival di Sanremo. li fatto è che le questioni che cerco di chiarirmi, e che mi sembra assurdo non porsi, non rientrano nella diatriba fra i partiti, nella rincorsa a tutti i costi ali 'elettore; mi sembra che siano questioni in gran parte situate su un altro piano, anche se dei punti di contatto, di travaso, con l'ambito politico attuale possono esserci. ***** Sapore/li. Prima si è parlato di "lupo". In questa lettera si parla continuamente di "noi"; a me verrebbe innanzitutto da chiedermi chi è il lupo e chi siamo noi. Qual è lo schieramento? Non è chiaro, non è scontato. La crisi della sinistra è talmente radicale che non è affatto scontato. lo sentimentalmente sono sempre stato di sinistra e morirò di sinistra. Ma non so più bene cosa significhi. Poi l'invito a schierarsi in campagna elettorale è banale perché se la cosa fosse così grave, l'invito dovrebbe essere quello di fondare un partito o di iscriversi ad un partito che c'è già. Perché tutti sappiamo che la politica è un lavoro quotidiano, un lavoro duro, i politici fanno un lavoro massacr3:nte, sanno bene che la politica è questa, è lavorare con la gente, nel bene e nel male. ora smeffiamo di menarcela, perclté c'è da menare Qui allora ci si chiede, anche come gruppo, di fare delle scelte di fondo. L'impressione che ho è che si accetti di fare autocoscienza, di rimettere in discussione tutto, ma come se fosse una cosa da fare per un breve periodo, dopodiché: ragazzi, smettiamo di menarcela, perché c'è da andare a menare. D'accordo, avete fatto il dibattito "vergognarsi di essere stati comunisti?", però adesso basta. Rimescolate, ricercate, andate a intervistare gente strana, anche non di sinistra, sì però adesso basta. Si è stati in casa per dieci anni, a leggere libri, a cercare di ricominciare a pensare, però adesso basta, mettiamo da parte il libro e andiamo a dar via dei volantini. Questo per me è folle, è un atteggiamento fuori dal mondo, che per di più con la politica ha poco a che fare, perché non capisce la realtà in cui stiamo vivendo. Lo smarrimento della sinistra e in generale del1'uomo di oggi, è talmente radicale che non si tornerà mai come prima. Basta pensare al concetto di progresso. Che uno vada in piazza a dire: "io sono progressista, seguitemi", "benissimo, spiegami cosa vuol dire". Non lo sa più e non lo può più sapere. E fa testo lo smarrimento di uno come Bobbio, il "pontefice laico" come lo chiama sarcasticamente il Sabato, che ammette che non sa più come fondare il "non uccidere". Un bel problemino. Di cui vale forse ritornare a discutere. Un problemino che non hanno poi solo i laici se è vero che, a due passi da casa nostra, in quella Europa sinistramente esaltata dal Papa a Santiago di Compostela, dei cristiani hanno ricominciato a massacrarsi anche nel nome di Cristo Re. E tornando alla lettera: la riprova dello smarrimento, se non del vuoto, è nella proposta che la lettera fa apertamente: quella di iscriversi al "partito di Samarcanda". Ora, saremmo ridotti malissimo se in Italia il partito della sinistra o il partito del progresso o il partito dei poveretti fosse il partito di Samarcanda. Personalmente trovo Samarcanda una trasmissione brutta, ma anche un po' sospetta, perché non fa altro che di videre ancora i buoni e i cattivi, perché i buoni sono sempre la piazza, perché quel vociare della piazza contro il palazzo a me fa anche un po' paura. Per non dire dell'immagine che questo "partito" dà del meridione, solo mafia, non so se per arrivare a dire che la DC è mafia, e non è vero, o, peggio, per fare audience in un nord ormai tutto antimeridionalista. ***** Tesei.lo domani sono stato invitato ad andare in una sezione del PDS. Se vado a quel dibattito a dire certe cose e prima dico: "voterò PDS però devo dire queste cose ...", ci sarà una reazione di un certo tipo, se dico: "io non voterò per il PDS per questi motivi ...", e dirò le stesse identiche cose, la reazione sarà completamente diversa. C'è una superecci tazione, nel clima elettorale i problemi vengono falsificati, la situazione stessa sa un po' di falso, anche se non è vero che le elezioni non contano, perchè quello che si muoverà nel sociale riceverà, nel futuro, un'interpretazione dal parlamento che ci sarà. Non solo, ma queste elezioni influenzeranno anche il sociale, perché se le leghe e le destre in generale avranno successo, è scontato che, per esempio, ci sarà un accanimento maggiore sulla questione degli extracomunitari, la destra si sentirà più legittimata a fare certe cose. L'invito a schierarsi della lettera, per me è rivolto a prima e a dopo dopo le elezioni. Nella sua lettera, Valerio ci richiama a un passato comune e ci invita, in nome di questo passato, ad avere anche un futuro comune, ma non riesce ad essere convincente. Noi abbiamo cominciato a dare delle risposte sul perché non ci può essere un futuro comune, però manca un pezzo, quello della riflessione ad alta voce, sul giornale, sul nostro passato. Non abbiamo mai scritto, mai reso in modo chiaro perché quel tempo è finito. Pensiamo che si capisca perché abbiamo cominciato a fare delle cose completamente diverse, che lasciano trasparire, però ho l'impressione che la gente non capisca. Dovremmo cercare di spiegarle meglio queste cose. Perché ho l'impressione che ci sia una spaccatura, un vuoto, fra il giudizio sul passato e le motivazioni che stanno dietro al nostro agire di oggi. Infatti Valerio nella lettera dice "noi" e la rivolge a dei compagni di strada, a persone che lui sente al suo fianco, non a gente che pensa di dover conquistare. Si dice: crisi della sinistra, ma noi non ne abbiamo mai discusso, non abbiamo mai detto ufficialmente che cosa, secondo noi, si stia muovendo oggi nella società e quale sia il rapporto tra crisi della sinistra e crollo del comunismo e che cosa c'entri il nostro giornale con questa situazione. Il nostro giornale a chi piace? A molti nostri ex -avversari o tuttora avversari, perché vi colgono delle riflessioni che loro avevano già fatto al loro tempo, ma quelli della nostra area fanno fatica a capire. se era per me ora l'Italia sarebbe come l'Albania Ad alcuni diamo l'impressione di non dire tutto quello che pensiamo perché ci vergognamo del nostro passato C'è, nel terzo numero, un intervista a Valerio che per me è molto bella. Lui conclude dicendo che è andato in Russia e ha visto un bambino dell'età di suo figlio che gli ha chiesto la carità; a lui è venuto da piangere. E' tornato a casa e ha detto con quelli del PCI: "ma che cosa mi avete raccontato in tutti questi anni? Ma come? Quello non era il paese per cui abbiamo lottato? Un bambino è venuto a chiedermi la carità". Sembrava il crollo di tutto. Mai ti aspetteresti adesso una lettera così. E invece, da una parte ti dice

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