Critica Sociale - Anno XIX - n. 23 - 1 dicembre 1909

CRITICASOCIALE 355 ma~gioranza degli italiani, legata agli aspri lavori della, terra, vive di pane e <li polenta; trema meno, all'accostarsi dell'inverno, se si ò comprato un po' cli grano e le resta da compera1·0 il sule. Se si fossero affrontate siffatte questioni, che sono di fame e di pellagra, ogni nostra considerazione d'oltro genere avrebbe taciuto. )fa, per lo zucchero, no. E vogliamo, subito, le riforme sociali, che Giolitti ha relegate in un secondo piano. Per fortuna, il materiale della riforma c'è. L1or– ganizzazione operaia cammina verso l'elaborazione nitida dei suoi cahiers; acquista una sempre cre– scente forza di selezione, tra le milio proposte, per organizzare il suo programma; supera le piccole reti di interessi contrari e le piccole pri\•ative di competenza, anche se si valgono della marca socia– lista. )lodena fu una tappa della Confederazione, contro il passato; non siamo lontani dalla seconda, per Pavvenire. Per le assicurazioni la via tracciata dalle Relazioni ciel Congresso di Modena era fatalmente eclettica nelle vario forme. Quanto lontani, ancora, dalla mèta della unificazione e del monopolio del regime assicurativo, che s'annuncia ormai dalla tribuna del Parlamento francese! I nostri intenti souo immediati e modesti; per la CassA. maternità il contributo statuale e la correzione degli orrol'i tecnici rilevati nella bella Relazione concordata fra operai ed industriali; per· la disoccupazione il sistema di Gand; per le malattie un coordinamento di contributi complementari del Governo alle Casse di mutuo soccorso, intensificate e rammodernate. Benissimo; solo per le pensioni di vecchiaia, a Modena e fino a qualche tempo fa, si era fatto del genericismo retorico; nessuna cifra, nessuno studio concreto; squillava solo il catastro– fico: o tutto o nulla. Cioè il nulla. Per fortuna la Confederazione, por la sua voce piì1 securn - Rigola - ha oggi ammesso il sano criterio della gradualità. Ed og:ri, per la inconscia collaborazione di alcuni, convinti della impossibilità di attuare integralmente, di un tratto, il metodo inglese, e anche quello tedesco-francese, si viene delineando un metodo ita– liano, che, senza accodarsi all'omeopatismo luzzat– tiano, stabilisca l'obbligatorietà intanto per le cate– gorie dei lavoratori che si trovano in età ancor giol'ine; e fiancheggi il nucleo centrale di questi provvedimenti, da un lato, con lo svilup1>0 di alcune forme di patronato per le schiere non beneficate dei più anziani, e dall'altro, con la. mutualità. scolastica, miracolosamente capace, col suo intenTento fino dal– l'età. bambina, di raccogliere i contributi degli Enti locali e di realizzare col minimo sfor;.:o i ril:rnltati più intensi nel campo della assicurazione. Con nn sistema di questa natura, si potrebbe strappare su– bito il principio· dell'obbligatorietà, poranco limitata. Jl nsto 1:errebbed<,st. E fors'anco v'è modo di fare un passo pii1 avanti. Se gli studi concreti non sono stati fatti con il bollo ufficiale della Confedera– zione, non sono per altro mancati, nel silenzio di qualch-e spirito riformatore. ·E, se ci limiteremo alle trecento lire all'anno ed ai sessantotto anni cli limite d'età, potrà baatarn ad un sistema robusto cli pensioni per tutti. un centinaio di milioni di cui (calcolate le disponibilitil odierne della Cassa nazio- 11ale1 una trentina di milioni da contribuirsi con sei lire all'anno dagli 01>erai, ed un contributo anche minore dai proprietari) lo Stato dovrebbe tirar fuori, ogni armo, circa la metà. Occorrercbho certo un mag– gioro cespite tributario; ma non più di ciò che an– drebbe ai doleieri col congegno Oiolitti. Vediamo dunque, serenamente, tra noi: abbiamo forza pel salto intero o ci accontentiamo del sistema ridotto italiano? Anche nel cam1>0 della cooperazione si precisano i propositi immediati. Un'adunanza della. Triplice operaia proclama, in questi giorni, la necessità della Banca del lavoro e ne concreta il pro~etto. b: unR. coda del vecchio pro~etto Puntano sulla colouizza– zione, da cui Luzzatti divelse la proposta, nel 190G, di un organismo bancario, alimentato dagli avanzi di bilancio; dalla continuazione deg-li assegni per le Casse ademprivili e lucane che ora dovrebbero ces– sare; da una frazione dei fondi di riserva degli Isti– tuti d'emissione; come ultima ratio, clalPemissione cli cartelle. Pur troppo, alcune condizioni, che c'erano tre anni fa, ora sono svanite; chi ci pensa agli avanzi di bilancio? e si consentirà. di toccare le ri– serve della Banca d'ltali;ì.? Per i fondi anteriormente destinati pel passato da 3ltri .Lstituti 1 è da evitare ogni ingiustificato allarme regionalistico. Comunque, il dovere cli intervenire, lo Stato ce l'ha. Se si son fatte le Banche pei ricchi, qualche hriciola si lasci per quella dei lavoratori. Semhra che si preferisca la forma autonoma a quella statuale; l'inizio sarà modesto; si fonderanno insieme l'fstituto coopera– tivo dell'Umanih~ria ed altri piccoli noccioli esistenti; e potrà, l'organismo nuovo, robustato dal concorso o dulia morale responsabilità dello Stato, esercitare unn forza cli attrazione sulle decine di milioni che possiede la dispersa mutualità italiana: spingendo questa ai depositi volontari al suo Banco. Qualcosa si potrebbe tecnicamente osservare nel meccanismo Luzr.atti-Della 'l'ol're; ma l'idea ò buona. A,·auti. Saremo sempre lontani, ahimò, dai cinquanta mi– lioni della. Banca prussiana delle Cooperative! Come al pane rlella vecchiezza, le organizzazioni operaie tendono al sostegno dell'istruzione, per l'età giovinetta. Sono i due crepuscoli della vita che ri– chieggono le nostre cure. Le pensioni e la scuola. Per la scuola elementare, la rwocnzione allo Stato fa o~ni giorno cammino. Il progetto Bonomi, serio e meditato, innesta felicemente sulla riforma fiuan– ziaria la conquista della cultura popolare. Certamente anche per la scuola, tenuto conto di ciò che già spen– dono Stato e Comuni, occorrerebbero altri trenta. o quaranta milioni. Quasi cento, in tutto, per le ri– forme che costano. C'è ormai un materiale già pronto, o vicino a ma.turare. Le idee grezze, annunciate da un anno su queste colonne, hanno ri,Testito forme più netto per la realizzazione. Ricordate? Quando '!'urati CO· minciò a martellare sovra questi punti (e con deboli forze qualche altro ribadiva i colpi}, ,,i furono dei sorrisi scettici, anche nel buon vicinato. Non era temerario sognare, a certi chiari di luna, un s9vver– timento trihutnrio? M~ il vecchio spirito demoera.· tico della riforma trihutaria si destò dallo stato la– tente j per la prima volta vi fu un contributo pro• prio delle organizzazioni a questo diavolerie di fi– nanzieri ; e l'impostazione tradizionale fu raddrizzata e corretta. Dopo il primo martelllo solitario, cadde la \'alanga dei progetti riformatori; e no fu saturo l'ambiente, sì che scoppiò la bomba Giolitti... Nel momento parlamentare, 1-1curn,couvulsiounrio o difficilissimo, semhra di vedere, al disopra delle persone, qualche barbaglio di luce per la nostrn piattaforma immediata. Il Governo affronta - errori tecnici a parte - il ritocco dei tributi e ne vuol cavare quaranta milioni, ma per le riforme sociali è sordo, e ci vuol persino la minaccia dell'ostrnzio– uismo (dopo il dramma dei tempi di Pelloux do– veva venire la farsetta di quelli di Cocco!) p('r strappare la prnsentazione di alcuni provvedimeuti minuscoli. Altri pal'iamcntari, fuori del potere, se fanno un viso scuro alle imposizioni nuove sulla rie• chezza, sventolano la bandiera di nlcunc riforme clw ci stanno a cuore. La nostra tatticn non è di acco– darci nè agli uni nè agli altri, mn di agitare il pro• gramma pieno, di cui l'una parte e l'altra vede solo un pezzetto. Dopo la pregiudiziale di spazzar via

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