Critica Sociale - Anno XVI - n. 16 - 16 agosto 1906

24! CRITICASOCIALE ora piennmente accettata dagli integralisti 1 che Pu– nità esteriore è una maschera vuota ove 11011 palpiti sotto uu'anima concordo. Da essi, nei giol'lli, non lieti por il Partito, in cui si sperimentava a cuor leggero l'effimera potenza della pretesa dittatura proletaria, vennero i primi mòniti, i primi coraggiosi richiami alla realtà, le prime franche denunzie di quell'equivoco da cui ora tutti desiderano uscire. Per quet1to il riformismo socialistn non può avere oggi mi– gliore desiderio che di vederl' proclamato uf-Tici,llmente da un Congresso, che la unità - la vera unità so– cialista - non può assiderai che sopra una dottrina unica, un metodo unico, una tattica, varia nei suoi atteg-giamonti, ma ancor essa, nelle linee direttive, unica e iotrasgressibile. . .. Chiarita così la posizione reciproca dei tre gruppi) cerchian10 il terreno comune cle!J1intesa. I~ certo che i ferriani non possono allearsi cogli inte~ralisti (e a maggior rn~ione coi riformisti) se non rompendo apertamente la coalizione di Bologna e accettando di formulare una condanna esplicita degli allenti di ieri. Qui non si tratta, come pare creda il Perrì, di erigere una specie di Sant'Uffizio per scomunicare o bruci aro in effigie gli eretici; si tratta di affermare (ed ò questo l'ufficio cli un Con– gresso di Partito) quali dottrine hanno diritto nlla cittadinanza e quali no; quale è, per dirla in breve, il metodo del Partito socialista unitario e quale è inconciliabile con esso. Orii la fermezza dei Paoloni, dei )forgari 1 dei Cahrini 1 dei Ri,iola, su questo punto fondamentale e vitale, mi allida pienamente che l'accordo col !,'erri, se sarò. raggiunto, non lo sarl~ a scapito dclht chiarezza o della saldezza ciel Partito. Potrebbe mai il Cabrini) che ha scritto queUa nobi– lissima lettera agli elettori di :Milano, che si è riti– rato da1J1arringo parlamentare per non avere contatti coi rivoluzionari milanesi, acconsentire ora che la dottrina rivoluzionaria continutlssc ad avei· voce ne:,rli organi direttivi del Partito in nome della ... clh•isioue del lavoro? ( 1 ) Meno laborioso è trovare il contatto fra riformisti e integralisti. Forse, a chi leggo affrettatamente il manifesto integralista, l'accordo può parere a priori impossibile. Non formulano ussi, con le parole che abbiamo riferito più in alto, unn specie di condanna del riformismo) proclamato quasi altrettanto aberrante dalla dottrina socialista, quanto il sindacalismo? Ma chi, anche senza conoscere il pensiero intimo di molti uomini che quel manifesto hanno firmato, guardi n,I retto significato delle paro1e·non stenta a riconoscere che quello che si è colpito non ò il co– sidetto riformismo, quale virn e prospera e pensa in tante parti d'Ualia, ma è un riformismo di ma– niera, una vera degenerazione riforrnisb1., un pupazzo creato per metter paura piit che per significaro un pericolo vero ed attuale. Infatti, poichè per ~iudicaro di una corrente poli– tica biso~na guardare ai suoi atti collettivi e non n due o tre frasi uscite dulia bocca o dulia peuna di questo o quell'uomo di parte (e noi per giudicare del sindacalismo non ci siamo serviti soltanto ciel libro del J.nbriola o della Rivista del Leone, ma ah– biamo tenuto conto degli scioperi generali e delle agitazioni antiparlamenturi della loro frazione), ò doveroso giudicare il cosidetto riformismo itn.liano, (I, .\V(l\"Og11'fllCrllteQuesto righe QUfllldOIlo ledo nel TMl/1() del 13 agosto una lettera del Cabrlnl Che conferma queste mie, del re8to rac\11, su11posizlonl. l,a lehera conferma poi la lnteq)retaz1one che lo ho data J)IÙlnnnm:t ,li quella !)arto del manifesto 1ntegr11llsta che pare lulenda condannare Il rlfllrmlsmo. Per quanto eono8cessl a tonùo lo Intenzioni del mfl1rg1or1 lntogrs!lstl. ml ò caro SO!flllllnro (J\IC~ta ]lUl>bllC/lgloss11 dc:I Cabrlnl. osser\'anclolo là dove è in ntto e dove compie l'opera suu. Orn potrebbe sul scrio un qualche integralista accusare il socialismo gon0\'ese, o il memorabile movimento operaio del Heggiano, o le vaste imprese di cooperazione del Nofri e dei riformisti torinesi, come nclclormentatori dello spirito rivoluzionario del proletariato? Potrebbe nominare un solo vasto mo– vimento di cosicletto rifonnismo, in cui le alleanze non fossero contrattate volta a volta ma fllrette siste– maticamente per abitudine, o dove l'acq11iescen~a alla monarchia fo::ise proclamata. con le parnle o con gli atti? l~videntemente nessun integralista potrebbe riuscire in questo temerario cimento. E allora? Allora mi sembra che l'interprcluioue più ragionevole di quella condanna, che pare colpire tutta una frazione del Partito, e in realtà non col– pisce che alcune degenerazioni parziali, inevitabili forse in un grand~ organi::imo nazi()nale, sia questa: Gli integralisti hanno volut o (anc he per ,,incero la diffidenza della massa, nelht qua.le quattr'anni di pro– pa~andf~ rivoluzionaria hanno i ndotto il sospetto che socialismo senza aggettivi voglia dire radicalismo borghese) che, accanto alla. proclamata possibilità di alleanze e all'asserita necessità di riformc 1 ci sia uno scongiuro capace di cacciare di dosso la scal– mana ultra-riformista, cioò prettamente radicale. Si trntta insomnrn di una specie di memento homo ri– petuto nll'orecchio cli chi contratta un'alleanza o propugna. una riforma 1 per ricordargli i pericoli del– l'impresa e la µossibilit:\ di scivoloni irreparabili. .Ma allora io non vedo perchò il riformismo non possa accettare anche questa seritta: gudrdati dalle svolte, che l'integralismo vuol eretta a tutte le tor– tuosità pericolose. In sostanza il riformismo, così come lo concepiamo noi e lo concepiscono i Cabrini, i Morgari ed i Rigola 1 ha tutto da guadagnare nel non essere confuso con le sue calunniose figurazioni, disegnate 11 grandi linee iu tutti i pam]}hlets rivo– luzionari. Nò minore interesse gli può derivare dallo scinclcrf " la sua responsabilità dalle debolezze e dalle esito.dr, ni di quelli - pochi, per fortuna - che cre– d ono i l riformismo un ottimo mezzo per dispensarsi da essere socialisti. O non abbiamo fol'se sentito qualche neofita semiborghese dirci con molta in"'e• nuità: credevo che il vostro riformismo fosse 1;HL latt'e miele? Per tutte coteste rag'ioni, dunque, un'intesa fra riformisti, integralisti e ferriani non mi pare ùilficile. Certo, bisogna che Ferri lLbhandoni senza alcuna reticenzn la sua illusione cli un 1 unità iu cui tutti i metodi nblJiono piena cittadinanza e pieno diritto di tirarn contemporanetimcntc. verso i quattro punti de!Porizzonte, l'attività del l)artito. Certo, hiso(l'"na che l'alit. riformista consenta, non a sentir comhrn– nnto il suo metodo - ciò chP, essendo esso lo ste~so metodo degli integralisti, indurrebbe in un equivoco anche pC>gj!ioredel primo - ma a vedere ben se– parate dn lei quelle vere e proprie clcgenerazioui che Og'A'i non inquinano affatto nò la sua dottrina nè la sua nzione prntica, ma contro le quali ò bene mettere in guardia 1 fin eia ora, anche nel11iuteresse del riformismo medesimo) il movimento socialista. ( 1) Bisogna) insomma, che ciAscuna corrente, fatta la sua doverosa affermazione, si decida a 81\Crificare qualche cosa della sua particolare ,·ecluta alle esi– genze generali del Partito. Oggi l'esigenza suproma è questa: salvare il mo- ( 1 .. l'nfl 1>118'-' 11erun'Intesa i;iu qu('~to punto è- già dl~eg1lflta nel m1tnlte.1to del soch1llstl regi;l1tnl che recn anche le ttrnw d('I J•lì, noti rl!ormlStl d'llflllfl. E~sl offrono - o come potrel>\Jero negarla? - agli amici Integralisti la loro Ot'CrA 1ier d11re magi:-tore eoml111tth·thì al partilo, creare maggioro 1ntlmllll. rr11osso e Il mo,·trnento 1lrole– tarlo, emi(' (l('JH1r11rlouaturi\lmonto di 11ueg11 lllomentl s1111rt~· lnns• slm\lalJ!l! ohe \'I i,t fossero IlOl'o.v,·ontura ln!iltrutl.

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