Critica Sociale - Anno XVI - n. 16 - 16 agosto 1906

25-1 CRITICA SOCIALE orizzonto più vasto si apro dinanzi a loro, e vogliouo risolutamente marciare ver.i0 il solo e la vita. Bernstein, in questo senso, à ragione. Nel movimento socialista la coscienza del diritto, lo srorzo consapevole 1 l'intelligenza e la volontà sono fattori cosl reali e importanti come la necessità materialo. Ma - o qui ritorna il chiodo su cui tenacemente battiamo - sono rattori tali, che, senza la necessità materialo, o non esisterebbero, o non avreb– bero l'imJJOrtnuza che ànno raggiunto. Sotto questo punto di vista la ragiono è clel Kautsky. u Volontà, sentimenti, sforzi verso condizioni più giuste - nota il Kautsky in un passo già. riportato - vi fu– rono in ogni tempo; eppure non condussero al socia– lismo. t: mani resto, dunque, che solo una volontà parti– colare, solo una intelligenza varticolare, possono condurre :1:;~;:,~!'.s;~• d~:~ 1 ~r~~r::~: t n;. 1 :10:~1K~!~~,!~ci:;\~nfi:·~: dovo l'intelligenza che il modo <li produzione socialista ò il J)iì1alto, da, dovo il sentimento che l'ordino attuale ò ingiusto? Questa lo. questiono alla quale dovevasi ri– spondere. ,., ~~ questa la questione In cui, nel precedente capitolo, abbiamo implicitamente risposto. 1nratti 1 se volontà, desiderio del meglio, speranze e previsioui di una costituzione sociale basata su ronda– menti piì1 giusti, coscienza di diritti e vaga aspirazione a conquistarli ci sono stati e ci sono in ogni tempo e in ogni società, come in ogni tempo ò e sarà. sempre nell'animo umano un cumulo di desideri e di voglie, noi però abbiamo visto che tali desidert, tali aspirazioni, tali voglie non raggiungono la forza su/{lcente accennata dal Kautsky, non si traducono in atto, non escono dalla nebulosità che lo avvolge, non cessano d'essere plato– niche per rli\•enire reconde di ratti, se non quando as– surgono alla potenza di veri e propri bisogni. Le aspirazioni non contano niente, come non conta niente, per difendersi dallo ingiustizie e dai mali, la coscienza di questi mali o di questo ìngiustizie. "Obi si mettn - osserva Antonio Labriola - su la via di confinare tutta la proressione dì fode del socialismo nella semplicissima illazione -dallo sfruttamento riconosciuto, alla rivendicazione, sicura solo perchè legittima, degli sfruttati - non ha che da faro un passo sul terreno assai liscio della logichotta 1 per ricondurre tutta la storia del genere umano ad un caso di coscienza, e lo svolgersi successivo di tante forme di vita sociale a tante varia– zioni di un continuato errore di contabilità. ,, (1). L'importante, invece, ò quando dalla coscienza della ingiustizia si passa alla lotta contro di essa, quando la volontà di rare si converto nel raro 1 e dal campo del sentimento, del pensiero si pnssa a quello dell'azione. Ora, noi l'abbiam visto: non ò nell'arbitrio umano che ciò aneuga sempre; non ò nello spirito umanù 1 o\·unque e sempre, la forza, non solo di effettuare i propri sogni e di soddisraro i propri desideri, ma anche soltanto di accingersi alla loro ctfettuaziono o soddtsrazione; anzi, il più dello volte, i desideri o le aspirazioni giacciono inerti in fondo all'animo nostro, e noi le culliamo colla speranza e la rassegnazione, cercando di addormentare il dolore che proviene dalla rinuncia, con la stessa fllo• softa della volpo che non polò mangiar l'uva. Solo in un caso i desideri e lo aspirazioni esplodono, battono violentemente allll. porta dol nostro cuore e della nostra mente per uscire all 1 ape1·to e tradursi in azionei solo in un caso il doloro cerca, al di fuori dell'animo, il rimedio a sò stesso: - quando cioè l'attività. che oc– corre per combatterlo o vincerlo non sia più noiosa e faticosa del <loloro stesso; qua.udo convengci agire; quando (1 D14ro,·1·ell(IO <Il- 11oc1r,Usmo e <11, (llosoflt1, noma, 1~98, Jl. 33. si presenti al nostro dolore una via di salvezza, o, per l'aumentata potenza e insopportabilità del nostro male, ci sembri tale anche quella che prima cl spaventava per la sua lunghezza ed asprezza. Allora il desiderio si converte in bisogno, e la t:olontcì diventa una irresistibile 11ecessitù. 15. - La classe OJ)eraia fa del socialismo non perchò 1;oglia farlo, ma perchò à bisogno di farlo. E il bisogno anche qui, come sempre 1 à le sue radici nel dolore. Noi, infatti, dimoNtrcromo - e non sarà dirftcile: 1 ° che in regime borghese o capitalista i dolori della classe lavo– ratrice sono accresciuti; 2"' che tale aumento à reso di por sè stesso accessibili molti mezzi di lotta e di con– quista (atti ad eliminare il dolore), che prima, nel suo stato di maggioro apatia 1 la classe lavoratrice non era al caso di usare; 3° che il regime borghese à egli stesso fornito dei mozzi di lotta e di conquista agevoli e con– venienti, che rendono possibile alla classe lavoratrice di aspirare a un J)iÌt alto tenore di \'itd, e ànno quindi de– stato noi suo animo molti desideri e molti dolori, che prima o non erano sòrti o si era.no assopiti per forzata rinuncia. Per questa triplice ragione, la classe lavora– trice s'è svegliata dal suo torJJOre 1 e sente il bisogno irresistibile di muoversi e di progredire; l'ambiente bor– ghese non soltanto le ù. dato la spinta, ma le à anche spianata la via, porchò marci diretta e spedita alla sua redenzione. ... 16. - Col progredire della società, col passaggio dal mondo feudale a quello moderno, i clolori della classe lavoratrice sono aumenta.ti. Col crescere della persona– lità dell 1 operaio 1 coll'aumento stesso del suo benessere materialo, s'è accresciuta la sua infelicità, è sorto nel suo animo un malessere, una. irrequietezza, una serie di dolori mora.li, non meno acuti di quelli fisici, che prima. ignorava. Certo, la condizione socia.lo o Il benessere fisico dei nostri operai sono migliorati, nè si possono lontana– mente paragonare, come fa qualche storico e sociologo da comizio, alla condizione o al benessere degli schiavi e dei servi della gleba. Differenze più grandi non si po– trebbero trovare; molto più grandi di quelle che pas– sano tra un patrizio romano o un signore feudale e un nostro 11 grasso borghese .,. Barriere economiche, giuri– diche, morali divi,levano gli schiavi e i servi della gleba dai loro padroni, rormando una triplice mura.glia cinese insormontabile. Di qua o di là duo società diverse, due mondi diversi per usi, co<,tumi, bisogni; mentre oggi una stessa morale e uuo stesso diritto atrratellauo gli uomini delle società civili; o, se ancora giganteggia dinanzi ai nostri occhi la muraglia economica, non è chi non veda. come larghe breccie siano In essa già aperte, attraverso le quali è un continuo flusso e riflusso di fortunati che a,·anzano o di infelici che tornano indietro. Ma ciò non vuol dire che 1 aumentando l'uguaglianza sociale, sia aumentata. la felicità; anzi questa ò andata diminuendo col continuo innalzarsi delle classi inferiori i sicchè noi possiamo dire che, aotto tutti gli nspetti, morali e fisici, la condiziono del lavoratore moderno è tutt'aff,1tto l'op– posto della condizione dell'antico lavoratore. Questo, trattato da bestia, si credeva bestia; non abituato alla libertì~, al lusso, ai comocli della vita civile, non li ap– prezzarn; egli, o non avovn. dolori, o, avendoli, stagna– vano in un malessere vago, senza assurgere mai alla potenza }Jsicologica del bisogno.

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