Critica Sociale - Anno XVI - n. 16 - 16 agosto 1906

250 CRITICASOCIALE Uno sguardo anche sommario no avverte che lo Stato si ò comportato come un buon industriale, i tecnici, anzi, àovrebbero diro come un ottimo industriale. Non soltanto ha òato, a prezzo pili che tenue, un prodotto ottimo, ma ancora ha determinato nella produzione pri– vata una savia concorrenza. Anche Io accuse d'indole tecnica contro il chinino di Stato si sono dimostrate prive di fondamento: questo prodotto, che la Farmacia centralo militare prepara con vera cura, è tra i pili puri che si trovino in commercio. Anzi, lo Stato si è interes– sato a far sì che pei l.lnmbini, che tanto occorre difen– dere contro la malaria, fossero offerte preparazioni più atte e meglio tollcrnte delle semplici pastiglie di bisol– fato. Ed ha risolto coi confetti e coi cioccolatini nl chi· nino (che oggi altre nazioni copiano da noi) quanto la industria priYata non era riuscita a fare. Ed, oltre nd essere un buon industriale, una volta tanto lo Stato non ha manr.ato alla sua promessa mo· raie. Avevamo proclamato che io dieci anni la mortalità per malaria sarebbe scesa del 50 O/o: rlopo sette anni di lotta, la promessa è interamente mantenuta, e l'esito accertato è tale che ne fa sicuri che in altri dieci anni la malaria sarà una piaga socialmente trascurabile per l'Italia. Nè si creda che l'indice della mortalità, diminuita sia artiflzioso. Basta consultare le indicazioni statistiche degli ospedali di Roma, per essere ben certi, che anche la mortalità è diminuita nei medesimi rapporti, talchè in questi ospedali sl accolgono oggi tanti ammalati in meno per malaria, da rappresentare il 50 °/o di quelli che primitiva.mente Yenivnno ricoverati. Successo non soltanto confortevole dal punto di vista igienico, ma più ancora per le conseguenze economiche. Si tratta infatti, per la sola Roma, di varie decine di mi· gliala di giornate di spedalità in meno, e quindi di un risparmio che supera il guadagno stesso realizzato dal– l'erario colla vendita del chinino. Per tutto ciò, dopo cinque anni di legislazione anti– malarica, è lecito rallegrarsi e constatare che questa parte della legislazione igienica, sulla quale tante spe– rami:e sociali poggiano, non ha fallito. F.. BERTAHF.UT. Il problmna della disoccupazione inIn[hilterra se,·01ulo yH stucVì pi,ì, 'J'e<·enfli Il concetto socialistico, che la disoccupazione tragga la sua origine d'essere fondamentale dalla proprietà privata capitalistica, ebbe origine nell'infanzia del regime industriale moderno e rispecchia di tale in– fanzia l'incompleta e unilaterale visione delle cause delle crisi industriali. La rapidità con cui si succedettero le grandi ap– plicazioni della scienza alla produzione fece sì che, da un lato, il capitale fosse scarso di fronte a.Ile possibilità d'impiego e che quindi i pochi, che si tro,•avano in possesso di grandi capitali 1 potessero trarre gran vantaggio dalle condizioni del momento e apparir così come monopolizzatori della ricchezia; e, d'altro lato 1 fece sì che ·costoro, armati delle nuove invem,ioni, appn-rissero come una forza frresistibile, devastatrice ùi tutto il rimanente della società. :Ma a poco a poco il capitale crebbe e diminuì la sproporzione sua con la domanda, sì di capitale che di lavoro, e, con lo stabilirsi di un equilibrio più alto e vasto, le crisi si fecero sempre meno acute, e la disoccupazione di elementi atti al lavoro, nonchè il pauperismo, andarono sempre piit diminuendo. Questo fatto statisticamente innegabile, che il Burns fece valere contro il Chamberlain, e che questi non potè che riconoscere, dispone anche della teoria so– cialistica. R, nondimeno, la disoccupazione non scompare, e non scompare il pauperismo, e ciò sembrerebbe an– dar contro la teoria economica, secondo cui ad ogni momeuto di per sè i varì fattori della produzione tendono a comporsi io armonico equilibrio. Come sta aclunque la cosa? Lasciamo da parte i politicanti che, a scopi non sempre confessabili, tendono a rendere il libero scambio responsabile della disoccupazione. Il libero scambio, se non sopprime la disoccupazione, la riduce certo ai minimi termini. Supponiamo che un automobile, costrutto in Frnncia, costì 30.000 lire, e che il me– desimo automobile, costrutto in Inghilterra, costi 35.000 lire; è evidente che, comperando l'automobile francese, si lasciano disponibili cinquemila lire, che possono servire ad altri scopi, a tener su la domanda di altri prodotti, che la compera dell'automobile in– glese lascerebbe cascare, e che ciò influirà quindi favorevolmente sulla domanda di lav'oro, la quale sarebbe minore se le dette 5000 lire non fossero così risparmiate. Nè in ciò v'è efflusso di capitale; v 1 è solo scambio di valori; e, ad ogni modo, l'efflusso non potrebbe eccedere i limiti oltre i quali la rarità tornerebbe ad attrarre capitali in Inghilterra ele– vando il saggio dell'interesse. Ogni tariffa pertanto tende a produrre disoccupazione col produrre un effetto analogo a quello del comperare l'automobile inglese invece del francese nell'esempio suddetto. Ripetiamo: come sta adunque la cosa? La risposta è molto semplice e viene identica da due diverse fonti, raggiunta con due diversi metodi. Da un lato, abbiamo il responso della Commissione Reale per la Riforma della Legge sui Poveri in re· !azione alla disoccupazione, che ha studiato il pro– blema induttivamente; e, dall'altro, abbiamo il re• cente indirizzo del Bowley, a.Ila riunione della Se· zione economica e statistica della British Association for the .Aclvancement of Science, in cui il medesimo problema è aggrndito deduttivamente. L'un responso costituisce la verifica dell'altro, e ogni studioso del grande problema deve meditare questi due hnpor– tantissimi documenti. Qui io non faccio che darne i motivi fondamentali, lasciando agli interessati di an• dare a fondo della cosa, di procurarseli e di dige– rirseli. Cominciamo dall'indirizzo dell'illustre statistico: " Qual è la causa e qual è il rimedio del fatto del– l'esistenza di un gran numero di persone atte al lavoro e che, nondimeno, o son disoccupate o lavorano a salari inferiori ad ogni ragionevole livello? "La minima conoscenza della teoria economica ci conduce a negare ogni possibile permanente assenza di domanda. per qualsiasi gran numero di lavoratori nor– mali. La difficoltà deve consistere nella natura ina,latta. dell'offerta. In una società. progressiva e. mutevole, vi sono continuamente nuove industrie in via di sviluppo e yecchie industrie che mutano di carattere o muoiono. E questo processo non significa nè implica necessaria• mente e generalmente il gettare sul lastrico cli laYora– tori attualmente impiegati. Esso implica piuttosto un freno alla domanda cli reclute nuove. Qnoste dovrebbero entrare in nuove industrie, che, in circostanze normali, le attraggono con salari reali più alti. " Tuttavia non esiste alcun servizio d'io formazioni ca– pace di fornire a. un arti~iano criteri sulla scelta della carriera di suo figlio. Molto potrebbe esser faito da rj– cerche matematiche ed attuarie, basate su successivi censi dello occupazioni, per prevedere quali industrie sono relativamente sovrapopolate . .Molto più potrebbe

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