Discorso del cavaliere Emilio Visconti-Venosta ministro per gli afffari esteri

7 le idee a cui dianzi ho accennato, ma questi d0cumenti non aggiungerebbero null~ essenzialmente a quanto ho l'onore di esporvi. Più in là io non potrei andare, pérchè, operançlo diversamente, mancherei a quella riserva che è debito del mio ufticio ed anche perchè; dando pubblicità ufficiale a queste comunicazioni, si potrebùe per avventura incorrere il pericolo di dar anche esistenza ufficiale a quelle difficoltà le quali noi invece continuamente ci travagliamo ad appianare. Noi abbiamo, lo ripeto, potuto credere che un pe~ riodo di riserva fosse indispensabile; noi abbiamo potuto, nelle gravi complicazioni che sorgevano in Europa, quando gli animi erano per altri argomenti perplessi ed incerti , por mente ad altre prospettive che ci si potevano aprire dinanzi, convinti, o signori, che le due grandi questioni non si trattano, nè si svolgono contemporaneamente in Europa in mezzo alle svariate combinazioni della politica generale. Ma, lo dichiaro, non abbiamo cessato di dccuparci della questione romana, e la questione romana fu sempre in cima dei nostri pensieri. Nè per questo, o signori, noi potevamo temere che questa questione fosse avvolta nel silenzio e nell'obblio. Questo pericolo non si è verificato , e ricorderò, per esempio, alla Camera che quando.il Governo francese, rispondendo a1le obbiezioni mosse dal Governo inglese intorno al congresso , presentò un programma meno esteso e più effettuabile, non escluse la questione romana, e si dichiarò pronto a trattare la questione dell'occupazione francese di Roma.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==