Discorso del cavaliere Emilio Visconti-Venosta ministro per gli afffari esteri

c 23 logica dei proprii principii e dalla propria situazione. Esso non poteva di fatti nè masèherare, nè palliare nel suo linguaggio su tale questione quei sentimenti e quei pr.incipii di cui noi siamo la vivente incarnazione. (B ene!) In un ordine di comunicazioni amichevoli noi dovevamo fare appello ad una umana e sapiente iniziativa che fosse indotta a cercare il rimedio del male colà dove ne era la radice, nel sentimento nazionale compresso e negato. Io non imprenderò, o signori, ora a discutere (chè sarebbe completamente intempestivo) le possibilità pratiche dell'iniziativa a cui noi facevamo appello e gli ostacoli che poteva incontrare; solo mi preme di constatare che il Governo non ha fallito al debitò suo .di ii.nsi l'interprete dei sentimenti del paese, che la voce dell'Italia non è mancata in quel grande concerto che si sollevava dall'opinione liberale di ~utta Europa; . che infine, nei nostri rapporti con quelle due potenze che rappresentano la base naturale delle nostre al- • leanze, noi abbiamo constatato il nostro accordo in quegl'intenti a cui si rivolgevano contemporaneamente gli uffici della Francia e dell'Inghilterra. Queste rimostranze, o signori, voi lo sapete, non furono ascoltate dal Governo russo, il quale credette che ad ogni provvedimento relativo alla Polonia .dovesse precedere la repressione della.rivolta. L'azione diplomatica delle maggiori potenze d'Europa non poteva cessare per questo, e si rivolse a cercare un titolo pel quale potesse esercitarsi , in forza delle stipulazioni esistenti relative alla Polonia.

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