Giuseppe Ferrari - L'Italia dopo il colpo di Stato del 2 dicembre 1851

48 fatto prin1itivo, cedendo al molo spontaneo che anima -e va la nazione, ed al quale nulla poteva resistere, per cui l'unità stessa reclan1ava l'unificazione. Se gli Stati generali dal 1502 chiedevano l'unità dei codici, dei pesi, delle misure, unus Deus, unus rex, una lex, • unum pondus ~· se dopo gli Stati generali chiedevano l'unità dell'istruzione pnblica, la soppressione delle dogane interiori, ecc., il fatto stesso della convoca- ~: zione degli Stati sorgeva da una unità già antica e già assicurata col regno. Se dopo Filippo Augusto la monarchia estendevasi, se confiscava, se centrali zzava le provincie, se impadronivasi di nuovi Stati ' l aggregandoli col. I' antica Francia, la monarchia stessa, il potere centrale rappresentava un'unione previa, compila, un ascendente accettato e irresistibile. E ancora il lavoro dell'uomo era lento, impercetti~ bile, dipendente da atti involontat~i che riuscivano a risultati non previsti. Appena Luigi lX fondava un parlamento d~ Parigi, appena Luigi X impadronivasi dei casi r-egj del feudalismo, appena Carlo VI accordava lo stemtna del giglio a tutte le città di Francia. 11 terribile Luigi XI limitavasi a lottare contro alcune città. Arras gli resiste, ed egli la spiana; altre città gli resistono, cd egli parla di spianarle (de les arra- . ser), e non osa dare corso alla sua n1inaccia; la sua centralizzazione deve fermarsi nei limiti naturali stabiliti dall'ascendente di Parigi. Il terribile Richelieu deve lirnitat~si a decretare l'unità amn1inistrativa, a no.n1inare gli ispettori regj ( enquéteurs royaux) ,·agisce su di un regno già uno da sècoli, e deve de~

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==