Giuseppe Ferrari - L'Italia dopo il colpo di Stato del 2 dicembre 1851

, l t~ t lare degli inganni di rroseana' o delle arabe sottigliezze della Sicilia: e per chi guarda ai principj, l'indice di Rorna, i carnefici dell'Austria, l'antica c la nuova corruzione rl' Italia costituiscono un' unanin1ità crescente, spavenlevole, dinanzi alla quale Platone, Aristotele, Parmenide, Zenone, se redivivi, sarebbero proscritti, e lo sono ne' loro d-iscepoli. Da Inoltissimi t.etnevasi la solitudine, l' isolatnento che avrebbe insterilito il vero: pur troppo l'Italia è }Jacse di eccezione, dove ogni concetto è da secoli tr~adito c conduce al martirio chi lo segue. La tirannide . ' austro-pontificia snat.urò le menti e le tolse alla logica. l~ a terribile confusione che svolgevasi quattro anni so- , no era in ~erme nei tumulti del t 82 t; e Foscolo era t..; addotto a dichiarare che piit non voleva vedere la fac- ~ cia di un Italiano. Risalendo p iii oltre, Foscolo stesso ' l'aoconta la stolidezza iraconda e anarchica del triennio, dove le calunnie erano innuinel~evoli, e quindi le vere accuse inutili e impossibili. In Francia, in Gertnania, dappertutto gli uomini grandi procedono colla na·zione; in Italia trovansi soli c derelitti: nel secolo X VII I tr·oviamo la solitudine di Vico; la mia patria., dice egli, mi è stata madrigna, la sua scienza sen1bra rnalallia di un intelletto anomalo: nel secolo XVII ve- , diamo la solitudine di Vanini che fugge l'Italia, di Carnpanella che non può fuggirla e la cui voce non desta alcun eco. Nel XVI secolo Bruno, quasi esule, s'avventura in Italia e muore sul rogo, e non lascia scuola. Machiavelli, non inteso finchè vive, esclama: noi ~a·amo poveri, ambiziosi e vili, e muore addoloralo

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