Giuseppe Ferrari - L'Italia dopo il colpo di Stato del 2 dicembre 1851

l· l it9 _dai lcgittitnisti, dagli ·orleanisti veniva vàntata a insu lto de' retrogradi a cui era tolta, veniva spacciata a sirnulare l'azione della de1nocrazia. Quindi nessuno che Yolesse .parerc quello che era, nessuno che accettasse la risponsabilità d~lle proprie opinioni: ogni vantato principio, subordinato a n1ille eventualità, stnar,rivasi in un labirinto di ipotesi contraditlorie, la èui con- ' elusione.. ultima toglieva si al più s,ottile indagare delle ( rnenti. E ch·i proponeva istanze era detto vilissin1a penna, accusatore nefando delle intenzioni, del carattere onorando , della specchiala rettitudine, della privata i Ili ba tezza di don Basilio, che disarmàva poi la critica col proprio ridicol0, e dava ragione all'Ariosto, il quale . ' ·scrivev:-J non satire, ma scherzi, quasi dovesse il diritto italiano essere perpetuo trastullo di poemi berneschi . Quando l'io è spodestato, quando.non sente in sg l' essere un1ano èguale in tut~i, quando non sa rendet-, reciproco ogni diritto, ogni riguardo, e ·solo è spinto da signorile vanità a fanciullesca ribellione, l'autorità diventa legittin1a, e se non regna il prete, regnano i saltimbanchi. Il non aver principj fu ridotto a principio. Leggansi i libri della politica piemontese: vogliono il Piemonte in Lombardia, questo è necessario, questo è sacro: sia poi col papa o colla Francia, colla rivolu- ~ione o colla reazione, p,oco cale; 'Un progetto è .inviolabile, il resto è secondario, muta colle circostanze ; e si procede lodando, biasimando, simulando un socialismo che non è socialisn1o, una democrazia che non è democrazia, una Francia che non è la Francia; e le sQno dappertutto chimere, sen1i-verità , idee prese 3 / /

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