Adolfo Rossi - Alla guerra greco-turca (aprile-maggio 1897)

la battaglia di Domokò 203 « Fratti, dietro d i noi, ci sorrideva, col fucile a tracolla, cercando un posto per collocars i; ad un trat to udii un tonfo come eli un corpo che cadeva. Mi Yoltai, era Fratti. « Lasciai per un momento il ciglione della collina c corsi verso l'amico; gli squarciammo la camicia ce rcandogli la ferita: un fi otto di sangue gli inondava il petto. La palla, entrata nella spalla sinistra, era uscita dietro la spalla destra. « Lo chiamammo ; balbettò qualche parola, c poi spirò. Io lo baciai, e col cuore spezzato corsi giù nel piano a raggiungere la mia compagnia, che, fucilando sempre, fronteggiava i reparti turchi già in rotta. « P erchè fuggivano? Tn quella giornata a,-e,·ano in campo un esercito potente; anche l'estrema ala destra, contro la quale il nostro generale ci a,·eva spinti malg rado gli o rdini del quart ier generale greco, che voleva ma ntenerci nell'inerzia, in sostegno di due batterie da montagna, sfuggiteci poi alla vista, era forte di 4000 soldat i eli fanteria e di quattro squadroni di cavalleria : dunque avrebbero dovuto vincere. « Noi invece eravamo quattro gatti, non pit\ di 6oo fucili che funzi onavano; ma i turchi devono esse rsi ingannati sul nostro numero, e certamente si sono spaventati delle nostre camicie rosse scendenti, in mezzo al g randina re delle palle, l' altro versante del colle come tanti fantasmi.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==