Carlo Maria Curci - La demagogia italiana ed il Papa re

42 'fiRANNIDE potere guardare in viso ciJi già gli prosct·isse ' e gettar loro innanzi con aria trionfante: è "·enuta la notra volta! or siete alla nos!ra mcrcè! Davvero che questi .signori sono r.igenerati e risorti! Aveano tr~ppa rarrione di sb racciarsi pet· la rìgenerazione e pel nsorgi~1ento della patria! A questi patti chi non si sentirebbe commosse le viscere a tener·ezza pet· la povera plebe che soffre? Nè pH questo vorrei negare che sia slata utililà non piccola l'aver chiamato il senno pubblico a parlecipare dci polel'i nelle Camere legislative; dico solamente che questa · medesima utili là dipendendo tulta dalla quali là degfi uomini, ci faremmo una puerile illusione . pensando che l'averle istituite sia il medesimo che averne tratto pt·ofitlo. Se la Camera è la esclusiva espressione di un partito demagogico , essa sarà nn seme necessario di turbolenza pel Governo che dovt·à a tutli i modi di sfa rsene, come è incontrato ambedue le volte che si è riunita in Napoli. Che se la Camera è il ft·uuo dei brogli mi nisteria! i ) il paese resterà alla · mercè di un Ministero di spotico, c reclamerà invano l'esecuzione del suo mandato, come successe in Tot·ino, che avrà certo visto con iscandalo a quali pettegolezzi governativi può dechinarsi un Ministero. La Camera dei deputati torinesi era giobet·tista infino alle unghie, e l'abba te presidente con quanto ci può essere d~ at·li. e di maneggi vi avea locata una maggioranza dt snot devoti. Avvenuta nna piena rottura Ira essa Ca- ~era ed il Gioberti [lCl' l'intervento da costui voluto m Toscana' egli cadutone' e meditando il mestiere di

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==