Carlo Maria Curci - La demagogia italiana ed il Papa re

22 FELLONIA ebbrezza disfrenata di una compra plebaglia si decidevano i destini dalla nazione e degl'indi vidui, ad alle autoril à costitnite non si lasciava altro compito che il cieco debito di eseguire. Egli non ci volea meno della ipocrita improntitudine o della bambinesca semplicità del ·r. Ventura per riconoscere in quella razza di gente il voto ed il dirilto del popolo sovrano; per farne il panegirico, .e per recare a colpa di Pio IX l'avere scosso un o-io.zo indecoroso , e che sarebbe stato sti'U~ n v mento e mantice d'ingiustizia. Noi non crediamo che per un Governo possa esservi colpa più grave di quel che sia far prevalere nella cosa pubblica la sedizione plateai'e ed il tumulto. Con ciò esso impone a sè ed all' universale della nazione la pessima delle tirannidi, perchè tirannide della pessima minol'ilà; di una minori là sconosciuta, e che però non ha neppure il freno della vergogna; di una minorilà spesso ignoran.te dei diritti e dei fatti, e sem pre inaccessibile alla ragione; di una minorità voltabile a tutti i venti, prona a tuue le seduzioni, esposta a tutti g\' in- ' ganni, e che per giunta non è nè può .essere responsabile di veruna sua pretensione; di una minol'ifà in somma che se rappt·esenta qualcosa, rappresenta appunto il putridnme, il Tifiuto, la feccia della società, in quanto non può presumersi che nn uomo costumato eri istrnllo vada a ravvoltolarsi in quel fango e ad imbrodolarsi in quella belletta. Gran co~a e appena credibile! che un ginrlizio di guerra ~d'i pace, il quale è il più tremendo r.he possa propors1 ad un Pontefice padre comune dei fedeli ; che

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