Carlo Maria Curci - La demagogia italiana ed il Papa re

XXXVI AVVERTENZA gli eccessi che deploriamo, e che farebbero desiderare il regresso ad una condizione, ove si parlasse meno di libertà) ma se ne aodesse alquanto di più. Ad ogni modo despoti che fossero o no i nostri Principi, è stato mostruoso e sacri lego questo aizzare i popoli alle rivolte ·in nome di Cl'islo e ùel suo Vangelo. Noi sfideremmo tulla la perizia patrislica del rinomato Teatino a recare una sillaba dai santi Padri o dalla Chiesa che somigli la sua diceria; ancorchè· se ne volessero interrogare i tempi, nei quali si ge- . mca davvero sollo la tirannide. Nè dico per questo che· i Padri e la Chiesa l'approvassero: dico sì veramente che i popoli pe1· un tal rispello non hanno uopo di stimolo ma di freno ; come, per esempio, il dirillo ed cd il dovere di alimentarsi non è stato giammai subbiclto di sacre parenetiche, perchè gli uomini Lrasmo-- dano pel soverchio e non pcl manco. I veri amici della Società che ne cercano il bene senza arnbirne i plausi, oppongono l' argine dove sborra il fiume, e si recherebbero a coscienza crollarlo o inindebolirlo ove appena si tiene all'impelo ; e ciò fece perpetuamente la Chiesa, tenendosi sulle orme del suo Istitutore d"ivino. Ora tra gli abusi possibili del potere civile screditato, incerto e vacillante da una parte, e ]a licenza dei popoli dall'altra, i quali solo oggimai obbediscono a·gl' istinti animaleschi e non conoscono e non soffrono alcun freno, vede ognuno de qnal parte sia il bisogno che si raffermi l'argine. 1l Gioberti scrisse dei suoi censurati che essi favorirono la libertà quando poclzi la professavano, e la combattono· . .

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